Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15063 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 19/06/2017, (ud. 21/02/2017, dep.19/06/2017),  n. 15063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30081-2010 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO TOSI, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

M.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA LUCREZIO CARO 63, presso lo studio degli avvocati ANTONIO

PESELLI, GIOVANNI ZOPPI, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIOVANNI RIMMAUDO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 693/2009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/12/2009 R.G.N. 679/2008.

Fatto

RILEVATO

Che con sentenza n. 693/2009 la Corte di Appello di Genova ha riformato la sentenza del Tribunale di Massa che aveva respinto la domanda di M.S. ed ha accertato l’illegittimità del termine apposto al contratto stipulato con Poste Italiane spa ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, con causale relativa a “ragioni di carattere sostitutivo correlate all’esigenza di provvedere alla sostituzione di personale addetto al servizio di recapito assente nel periodo dal 2.5.2005 al 31.5.2005 “.

Che la Corte ha ritenuto illegittimo il termine per non avere Poste Italiane spa fornito la prova della sussistenza della ragione sostitutiva, essendo stata la M. utilizzata per coprire un posto resosi vacante, come era emerso dalle testimonianze raccolte in primo grado. che avverso tale sentenza Poste Italiane spa ha proposto ricorso affidato a tre motivi, poi depositando anche memorie ex art. 378 c.p.c.. Che la M. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che i motivi di ricorso hanno riguardato: 1) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, degli artt. 1362 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere i giudici di appello erroneamente affermato che l’assunzione sarebbe avvenuta non per ragioni sostitutive, ma per esigenza strutturali, per far fronte a carenze di organici. Secondo la società ricorrente l’assegnazione della lavoratrice ad una zona di recapito vacante, ove verificatasi effettivamente, si sovrapporrebbe comunque alle esigenze sostitutive, data la piena legittimità di una sostituzione per “scorrimento”; 2) violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 112 e 115 c.p.c., dell’art. 1419 c.c. e D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per non avere la corte territoriale ritenuto l’essenzialità del termine, desumibile dal tenore letterale del contratto, la cui nullità determinerebbe la nullità dell’intero contratto e non solo della clausola. 3) in via subordinata, la ricorrente società ha chiesto infine l’applicazione dello ius superveniens, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 7 con la cassazione della sentenza con rinvio per la rideterminazione del risarcimento;

Che il primo motivo è infondato. Questa Corte ha statuito (cfr cass. n. 208/2015) che l’apposizione del termine al contratto di lavoro, nell’ambito del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, impone di “di indicare in modo puntuale le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle sue esigenze, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze che la stessa sia chiamata a realizzare, nonchè la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa”. Il datore di lavoro ha quindi l’onere di specificare le ragioni oggettive che giustificano l’apposizione del termine e competerà quindi al giudice di merito accertare la sussistenza di dette ragioni, valutando ogni elemento idoneo a darne riscontro (Cass. 2680/2015). La Corte territoriale ha motivato adeguatamente rilevando che da tutte le testimonianze raccolte era emerso che la M. non era stata adibita a sostituire personale assente per ragioni varie – malattia, ferie – bensì a coprire un posto che risultava vacante dal 2002. Ed invero questa Corte ritiene ammissibile il cd “scorrimento”, dovendosi riconoscere all’imprenditore – nell’esercizio del potere organizzativo – la facoltà di disporre (in conseguenza dell’assenza di un dipendente) l’utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena, ma sempre che vi sia una correlazione tra assenza ed assunzione a termine, nel senso che la seconda deve essere realmente determinata dalla necessità creatasi nell’azienda per effetto della prima (così Cass. n. 6787/2013).

Che altresì infondato è il secondo motivo di ricorso. Questa Corte ha più volte ribadito che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria anche nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”. Da ciò deriva che, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative, e pur in assenza di una norma che ne sanzioni espressamente la mancanza, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, all’illegittimità del termine, ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso, consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola, pur se eventualmente dichiarata essenziale, e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (così Cass. 12985/2008, Cass. n. 7244/2014).

Che invece va accolto il terzo motivo, con riferimento all’applicazione dello jus superveniens, costituito dalla normativa di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 come richiesto da parte ricorrente, trattandosi di giudizio “pendente” ai sensi del citato art. 32, comma 7. Sul punto si richiama la recente sentenza di questa Corte a SSUU n. 21691/2016, secondo cui la violazione di norme di diritto di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 può concernere anche disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano norme applicabili perchè dotate di efficacia retroattiva, posto che la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale della sentenza impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente pur in assenza di impugnazione specifica di quest’ultima. Nel caso in esame la società ricorrente, vittoriosa in primo grado e dunque appellata in secondo grado, ha impugnato con ricorso di cassazione la sentenza di appello nella parte in cui aveva disposto la condanna al risarcimento del danno, denunciando l’errata applicazione degli art. 1206 c.c. e ss in punto di esatta determinazione dell’obbligo retributivo con riguardo alla messa in mora. La ricorrente ha quindi proposto ricorso contro la parte principale della decisione, dalla quale dipende, in quanto legata da un nesso di causalità inscindibile, la parte legata alla quantificazione del risarcimento del danno.

Che la sentenza va quindi cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante all’odierna parte contro ricorrente per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia con cui è stata disposta la riammissione in servizio (cfr per tutte Cass. n. 14461/2015), con interessi e rivalutazione da calcolarsi a far tempo dalla sentenza dichiarativa della nullità del termine (cfr Cass. n. 3062/2016).

PQM

 

La Corte accoglie il terzo motivo, rigettati gli altri e, cassa in relazione al motivo accolto, rinviando alla Corte d’Appello di Genova, anche per le spese, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 21 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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