Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15061 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 19/06/2017, (ud. 21/02/2017, dep.19/06/2017),  n. 15061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29201-2010 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.M., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO CARPAGNANO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4167/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 03/12/2009 R.G.N. 1783/2007.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza pubblicata il 3.12.09 la Corte d’appello di Bari rigettava – per quel che rileva in questa sede – il gravame di Poste Italiane S.p.A. contro la sentenza dell’11.5.06 con cui il Tribunale di Trani, dichiarato nullo il termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato (per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da Innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002”) con P.M. per il periodo 2.5.02 – 30.6.02, aveva accertato la sussistenza d’un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fra le parti, con conseguente condanna della società a riammettere in servizio il lavoratore e a pagargli gli arretrati;

che per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a cinque motivi;

che P.M. resiste con controricorso;

che l’udienza originariamente fissata per il 13.1.16 è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle S.U. sulle ordinanze di rimessione nn. 14340/15 e 15705/15;

che nelle more della prima fissazione dell’udienza l’originario difensore di parte controricorrente (avv. Domenico Carpagnano) è stato sostituito da nuovo difensore (avv. Luigi Carpagnano).

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 e art. 4, comma 2 dell’art. 12 preleggi, degli artt. 1362 c.c. e ss. e art. 1325 c.c. e ss., per avere la Corte territoriale dichiarato illegittimo il termine apposto al contratto de quo;

che analoga censura viene fatta valere anche con il secondo motivo, sotto forma di denuncia di vizio di motivazione;

che il terzo motivo prospetta violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, artt. 115, 116, 244 e 253 c.p.c. e art. 421 c.p.c., comma 2, per non essere stata ritenuta ammissibile la richiesta di prova testimoniale avanzata dalla società per dimostrare la diretta incidenza, sull’unità produttiva del lavoratore assunto a termine, dei processi nazionali di mobilità e riposizionamento del personale.

che analoga censura viene sostanzialmente fatta valere con il quarto motivo sotto forma di vizio di motivazione; che il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 2094, 2099 e 2697 c.c., nella parte in cui la gravata pronuncia non ha affermato che alla lavoratrice spettano le retribuzioni solo a decorrere dal momento dell’effettiva ripresa del servizio e che comunque in tal caso andrebbe applicato lo ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32;

che ritiene il Collegio l’infondatezza del primo e del secondo motivo (da esaminarsi congiuntamente perchè connessi), atteso che la sentenza impugnata ha in realtà ritenuto, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, non provata la sussistenza, rispetto all’assunzione dell’odierno controricorrente, della causale dedotta in contratto; per l’esattezza, i giudici di merito hanno ritenuto che Poste Italiane S.p.A. avrebbe dovuto dimostrare non solo l’esistenza, in generale, d’un processo di mobilità interna riguardante gli addetti al recapito, ma anche e soprattutto che tale processo riguardava pure la sede di destinazione di P.M. e avrebbe altresì dovuto provare che all’atto dell’assunzione dell’odierno controricorrente tale processo non si era ancora esaurito; ciò assorbe ogni altra considerazione svolta in ricorso circa la validità della causale medesima;

che il terzo e il quarto motivo – anche essi da esaminarsi congiuntamente perchè connessi – sono da disattendersi perchè inidonei a confutare la motivazione sul punto espressa dalla sentenza impugnata, che ha rettamente rilevato che il tenore dei capitoli di prova testimoniale indicati dalla società non facevano altro che riepilogare il contenuto della contrattazione aziendale relativa alla causale dell’assunzione a termine, senza afferire al thema probandum come in sintesi riportato nel capoverso che precede;

che il quinto motivo è fondato solo nella parte in cui invoca l’applicazione dello ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32 dovendosi a riguardo seguire la sentenza n. 21691/16 delle S.U. di questa S.C., che ha statuito che una censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattivamente applicabili anche ai giudizi in corso (come l’art. 32 cit.: cfr., per tutte, Cass. n. 6735/14), atteso che il ricorso per cassazione ha ad oggetto non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico;

che, dunque, ben può chiedersi l’applicazione anche in sede di legittimità dello ius superveniens intervenuto, come nel caso di specie, dopo la sentenza impugnata e prima della proposizione del ricorso per cassazione, con l’unico limite, non verificatosi nel caso di specie, di intervenuto passaggio in giudicato della statuizione relativa alle conseguenze economiche dell’accertata nullità della clausola di apposizione del termine (passaggio in giudicato da escludersi essendo ancora sub iudice la questione relativa alla validità del termine);

che, in conclusione, accolto nei sensi di cui sopra il quinto motivo e rigettati i primi quattro, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante all’odierna parte controricorrente ex art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. n. 14461/15), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (cfr., per tutte, Cass. n. 3062/16).

PQM

 

accoglie nei sensi di cui in motivazione il quinto motivo, rigetta i primi quattro, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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