Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15061 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15061 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 13706-2012 proposto da:
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO “GAETANO
MARTINO” DI MESSINA P.I. 03051890832, in persona del
legale rappresentante pro tempore elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo
studio dell’avvocato RAFFAELE VILLA, rappresentata e
2015
1523

difesa dall’avvocato GIUSEPPE LOSI, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

BASILE VINCENZA C.F. BSLVCN46B64E606V, domiciliata in

Data pubblicazione: 17/07/2015

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato, FERNANDO RIZZO, giusta delega in atti;
– controricorrente nonché contro

– intimata ricorso successivo senza n.r.g.
NONCHE’ DA:
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA C.F. 80004070837, in

persona del Rettore pro tempore, rappresentata e
difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i
cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI,
12 ope legis;
– ricorrente successivo contro

BASILE VINCENZA C.F. BSLVCN46B64E606V, domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato, FERNANDO RIZZO, giusta delega in atti;
controri corrente al ricorso successivo

AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO “GAETANO
MARTINO” DI MESSINA P.I. 03051890832;
– intimata avverso la sentenza n. 127/2012 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 02/02/2012 r.g.n. 1034/2010;

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA C.F. 80004070837;

i.
NS

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/04/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato LOSI GIUSEPPE;
udito l’Avvocato RIZZO FERNANDO;

Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Lavoro

Svolgimento del processo

Con sentenza del 2 febbraio 2012, la Corte di Appello di Messina ha
confermato la pronuncia del primo giudice con cui era stato accolto il ricorso
proposto da Vincenza Basile dipendente dell’Università di Messina in servizio

appartenente all’ex VIII livello del personale universitario.
L’Università e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Gaetano Martino”
erano state condannate, in solido, al pagamento, per il periodo dal gennaio 2001
al maggio 2006, dell’indennità prevista dall’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979
nella misura equiparata al trattamento economico di un coadiutore
amministrativo dell’ex nono livello del personale delle unità sanitarie locali,
successivamente divenuto di primo livello dirigenziale del ruolo sanitario.

2.—

Per la cassazione di tale sentenza l’Azienda Ospedaliera ha proposto

ricorso con quattro motivi. Avverso la medesima sentenza ha ricorso per
cassazione anche l’Università di Messina con due motivi. Basile Vincenza ha
resistito con controricorso.
L’Azienda Ospedaliera e la Basile hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

3.—

I motivi del ricorso dell’Azienda Ospedaliera possono essere come di

seguito sintetizzati:
con il primo mezzo di impugnazione si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 con riferimento al capo della decisione in
cui è stata rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva e si sostiene
che obbligata alla corresponsione delle differenze retributive – derivanti dalla
equiparazione con il trattamento economico del personale del servizio sanitario
nazionale – era soltanto l’Università e non l’Azienda Ospedaliera;
con il secondo motivo si censura il medesimo capo della sentenza impugnata
ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per motivazione insufficiente;
con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del
d.P.R. n. 761 del 1979, del Decreto Interministeriale del 9 novembre 1982 e dei
contratti ed accordi collettivi dei camparti Università e Sanità, con riferimento al

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Udienza 2 aprile 2015
Presidente MAcioee Relatore Amendola

presso il locale policlinico, quale funzionario dell’area amministrativa contabile

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Sezione Lavoro

capo della decisione che ha confermato l’equiparazione, a fini economici, del
funzionario amministrativo universitario al personale delle unità sanitarie locali
già inquadrato nell’ex nono livello retributivo e successivamente appartenente
alla qualifica di dirigente di primo livello del ruolo sanitario;
con il quarto motivo si censura il medesimo capo della sentenza impugnata ai

che la Corte territoriale abbia prima affermato la rilevanza esclusiva, ai fini della
equiparazione, della qualifica posseduta, e poi, in maniera contraddittoria, abbia
poi considerato la decisività delle mansioni effettivamente espletate, omettendo
l’enunciazione di un criterio logico per l’individuazione del corretto
inquadramento.
L’Università di Messina ha articolato i seguenti mezzi di impugnazione:
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.
igs. n. 517 del 1999 per avere la sentenza impugnata affermato la legittimazione
passiva dell’Università;
con il secondo mezzo di gravame si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 in combinato disposto con l’art. 35 del
CCNL 1998/2001 del comparto Sanità, sostenendo che l’equiparazione tra le
diverse figure professionali del personale universitario e di quello del servizio
sanitario nazionale deve avvenire mediante valutazione delle effettive mansioni
espletate.

4.—

Procedendo alla trattazione in ordine logico, vanno esaminate

preliminarmente ed in unico contesto le censure avanzate in punto di
legittimazione passiva dall’Azienda Ospedaliera e dall’Università di Messina, con le
quali i due Enti declinano reciprocamente la legittimazione, nell’alternativa che la
stessa debba far carico al soggetto che risulta giuridicamente datore di lavoro
(tesi dell’Azienda) o al soggetto utilizzatore della prestazione (tesi
dell’Università).
Le doglianze sono infondate.
Questa Corte, in controversie analoghe, ha reiteratamente affermato la
congiunta titolarità dal lato passivo del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio in
capo sia all’Università sia all’Azienda Ospedaliera sulla scorta dell’insegnamento
delle Sezioni unite (sent. n. 8521 del 2012; conforme: Cass. SS.UU. n. 17928 del
2013) secondo cui la configurazione del rapporto di impiego con l’Università, se

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Presidente MAcloce Relatore Amendola

sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per motivazione contraddittoria; si contesta

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Sezione Lavoro

vale a fondare l’obbligazione di quest’ultima di corrispondere l’indennità di
equiparazione, non vale ad escludere la legittimazione passiva di altri soggetti,
cui debba ricondursi un rapporto di servizio connesso al particolare meccanismo
che regola il rapporto di lavoro dei dipendenti “strutturati” in organismi distinti
dall’Università (adesivamente, tra le ultime, v. Cass. n. 5325 del 2014; Cass. n.

5.— Parimenti infondati il terzo ed il quarto motivo del ricorso dell’Azienda
Ospedaliera ed il secondo motivo del ricorso dell’Università, da esaminarsi
congiuntamente per la oggettiva connessione dei rispettivi contenuti.
5.1.— Giova premettere la ricognizione normativa delle disposizioni rilevanti
ai fini della decisione.
La norma che per prima sancisce il diritto del personale universitario a vedersi
riconoscere un’indennità che remuneri la prestazione assistenziale svolta dal
personale non medico, che opera nelle cliniche e negli istituiti di ricovero e cura
convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente con le Università, è la
L. 15 maggio 1974, n. 200, recante disposizioni concernenti il personale non
medico degli istituti universitari.
Il diritto è poi precisamente disciplinato dal d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761,
art. 31 (stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali), che al comma 1
prevede che al personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le
cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura, convenzionati con le regioni e
con le unità sanitarie locali, è corrisposta un’indennità, non utile per la pensione
(diviene pensionabile a seguito della sent. della Corte Cost. n. 126 del 1981),
nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico
complessivo a quello del personale delle unita sanitarie locali, di pari funzioni,
mansioni e anzianità; analoga integrazione è corrisposta sui compensi per lavoro
straordinario e per le altre indennità previste dall’accordo nazionale unico,
escluse le quote per le aggiunte di famiglia.
Il comma 4 dell’art. 31 vincola la corresponsione di tale indennità
all’equiparazione del personale universitario a quello del S.S.N., a parità di
mansioni, funzioni e anzianità secondo apposite tabelle contenute negli schemi
tipo di convenzione di cui alla L. n. 833 del 1978, art. 39.

Con il Decreto Interministeriale 9 novembre 1982, recante l’approvazione
degli schemi tipo di convenzione tra Regione e Università e tra Università e Unità

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Presidente ~idee Relatore Amendola

1078 del 2015)

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Sezione Lavoro

Sanitaria Locale, tali schemi vengono approvati e con l’art. 7 si introduce una
specifica disciplina per il personale universitario non medico, prevedendo che
“…ai fini previsti dalla presente convenzione la corrispondenza del personale
universitario a quello delle USL viene stabilita nell’allegata tabella D…”.
5.2.— Le modalità di equiparazione del personale non medico di cui alle

suscitato notevoli difficoltà di concreta applicazione dando luogo ad un rilevante
contenzioso.
In materia le Sezioni unite di questa Corte, con la sent. n. 8521 del 2012
(Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Gaetano Martino” ed Università
degli Studi di Messina vs Arezio), hanno avuto modo di affermare quanto segue:
A) la normativa primaria contenuta nel d.P.R. n. 761 del 1979 non recava una
disciplina specifica circa i criteri di commisurazione dell’indennità – se non il
principio di equiparare il trattamento economico complessivo a quello del
personale delle unita sanitarie locali, di pari funzioni, mansioni e anzianità
demandando, piuttosto, ad un decreto che contenesse apposite tabelle tale
compito (art. 31, co. 4, d.P.R. n. 761/79); “conclusione obbligata è dunque che la
equiparazione è concretamente stabilita nell’allegato “D” del D.I. 9 novembre
1982″, da considerarsi, con la consolidata giurisprudenza amministrativa,
esplicazione di discrezionalità normativa non suscettibile di sindacato in assenza
di profili di chiara illogicità;
B) corollario di tale regola è che la corrispondenza con il personale di pari
qualifica e mansione del ruolo sanitario ex D.I. 9 novembre 1982 deve essere
determinata in base all’inquadramento del personale universitario nelle aree
funzionali, nelle qualifiche e per profili professionali secondo le mansioni svolte ed
i compiti assegnati in base al D.P.C.M. 24 settembre 1981;
C) rilevano a tali fini le norme di legge particolari di cui ha beneficiato il
personale suddetto, e precisamente la L. n. 312 del 1980, art. 85, in base al
quale il personale universitario in servizio alla data del 10 luglio 1979 è stato
inquadrato nei profili professionali di collaboratore e funzionario tecnico secondo
le mansioni svolte a prescindere dal titolo di studio;
D) risulta irrilevante la sopravvenuta perdita di efficacia del D.I. 9 novembre
1982 cit. – con l’intervento del d.P.R. n. 348 del 1983 – o dal 1986 – a seguito
della L. n. 23 del 1986 che ha istituito il ruolo speciale del personale medicoscientifico, posto che il nuovo contratto del personale USL succeduto all’accordo

R.G. n. 13706/2012
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Presidente MAdOCe Relatore Amendola

disposizioni citate, e le ricadute in materia di trattamento economico, hanno

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del personale ospedaliero cui si richiama il citato D.I. non può avere altro effetto
se non quello di comportare l’adeguamento dell’indennità di perequazione in
parola;
E) allo stesso modo, il richiamo, contenuto nel decreto del 1982, alla
ridefinizione delle qualifiche ed alla riforma del ruolo del personale tecnico-

prospetta la perdurante operatività nel tempo.
Quanto all’efficacia temporale di tale assetto normativo in relazione alla
sopravvenuta disciplina contrattuale successiva alla privatizzazione del rapporto
di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazione, questa Corte, ancora a
Sezioni unite, sulla base di un analitico esame di tali fonti collettive, ha sancito
che l’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 ha continuato a trovare applicazione, nelle
more dell’approvazione di una tabella nazionale per la ridefinizione delle
corrispondenze economiche tra il trattamento del personale addetto a strutture
sanitarie convenzionate e quello del personale del S.S.N., e che sono state
“conservate le indennità di perequazione in godimento e le collocazioni in essere”
(sul punto v. Cass. SS.UU. nn. 6104 e 6105 del 2012).
Solo con il CCNL del comparto Università 2002-2005, sottoscritto il 27
gennaio 2005, il personale in servizio presso le Aziende Ospedaliere Universitarie
è stato individuato per fasce secondo una specifica tabella che per ogni
inquadramento del personale universitario identifica l’equivalenza di posizione
economica nel S.S.N. secondo i profili professionali riscontrabili in esso (art. 28).
5.3.— Il Collegio condivide tale impianto argomentativo.
Esso già ha avuto seguito in sentenze di questa Corte rese su analoghi ricorsi
proposti dalle medesime amministrazioni (Cass. SS.UU. n. 17928 del 2013; as.
Cass. n. 12908 del 2013; Cass. n. 5325 del 2014), sino a giungere all’ordinanza
n. 1078 del 2015 pronunciata in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c.,
per manifesta infondatezza del ricorso proposto dall’Azienda Ospedaliera
Universitaria Policlinico “Gaetano Martino” avverso sentenza della Corte di Appello
di Messina che aveva confermato l’accoglimento delle pretese di collaboratori
professionali tecnici di laboratorio, inquadrati nella settima qualifica funzionale
universitaria, alla equiparazione con il personale sanitario dell’ex nono livello, poi
divenuto primo livello dirigenziale.
Una volta che l’interpretazione della

regula furis è stata enunciata con

l’intervento nonnofilattico della Corte regolatrice – sino a riconoscere di dover

R.G. n. 13706/2012
Udienza 2 apnle 2015
PresIdente MAdoce Relatore Amandola

scientifico non comporta limiti di durata alla disposta equiparazione, ma ne

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respingere le opposte prospettazioni per infondatezza manifesta e tanto più se
affermata rispetto ad analoghe pretese di lavoratori dipendenti dello stesso
datore di lavoro – essa “ha anche vocazione di stabilità, innegabilmente
accentuata (in una corretta prospettiva di supporto al valore delle certezze del
diritto) dalle novelle del 2006 (art. 374 c.p.c.) e 2009 (art. 360 bis c.p.c., n. 1)”

Invero il rafforzamento della funzione nomofilattica, attuato con strumenti
processuali diretti a consolidare la “uniforme interpretazione della legge”,
rappresenta, sul piano dei principi costituzionali, da una parte una più piena
realizzazione del principio di eguaglianza (art. 3, co. 1, Cost.) e d’altra parte
indirettamente favorisce anche la ragionevole durata del processo (art. 111, co.
2, Cost.), perché è proprio la certezza del diritto e l’affidamento sulla tendenziale
stabilità dei principi di diritto a rappresentare un forte argine deflativo del
contenzioso. In sintesi, il principio costituzionale per il quale il giudice è soggetto
soltanto alla legge – e non ai precedenti – è necessariamente bilanciato dal
principio di eguaglianza, che vuole tutti uguali davanti alla legge, coniugato con il
principio della “unità del diritto oggettivo nazionale” (art. 65 Ord. Giud.).
Si è altresì rilevato, sebbene con specifico riferimento alle disposizioni
processuali, che se la formula della legge, la cui interpretazione è nuovamente
messa in discussione, è rimasta inalterata, una sua diversa interpretazione non
ha ragione di essere ricercata e la precedente abbandonata, quando l’una e l’altra
siano compatibili con la lettera della legge, essendo da preferire – e conforme ad
un economico funzionamento del sistema giudiziario

l’interpretazione sulla cui

base si è, nel tempo, formata una pratica di applicazione stabile (cfr. Cass.
SS.UU. n. 10864 del 2011; Cass. SS. UU. n. 23675 del 2014; avuto riguardo ad
una disciplina di diritto sostanziale v. Cass. n. 17010 del 2014).
5.4.— Ciò posto, avendo la Corte territoriale deciso la controversia al suo
esame conformemente ad un orientamento già espresso dai giudici di legittimità,
la sentenza d’appello non è meritevole delle censure che le vengono mosse.
Invero, considerando che le mansioni di riferimento per accertarne la
corrispondenza sono quelle ricomprese nella qualifica professionale di
appartenenza del dipendente dell’Università, va esente dalle censure prospettate
la sentenza impugnata che per i funzionari amministrativi universitari già
appartenenti alla VIII qualifica funzionale, in base a detta tabella D del D.I. 9
novembre 1982, ha commisurato l’indennità di equiparazione al trattamento

R.G. n. 13706/2012
Udienza 2 aprile 2015
Presidente MACioCe Relatore Amendola

(Cass. SS.UU. n. 15144 del 2011).

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economico del coadiutore amministrativo di nono livello del ruolo sanitario,
successivamente corrispondente al primo livello dirigenziale.
Meccanismo di equiparazione già avallato dalle richiamate decisioni di questa
Corte, non potendo il Collegio condividere il precedente rappresentato da Cass. n.
19190 del 2013 – reso peraltro rispetto a diversa Azienda Ospedaliera – il quale,

unite, ha tuttavia ritenuto che “un collaboratore o un funzionario tecnico, pur in
disparte il titolo di studio posseduto, non potranno mai essere equiparati, sulla
base del D.I. 9 novembre 1982 e della qualifica di appartenenza come ivi prevista
e rapportata a ruoli sanitari ordinari, a figure dirigenziali”. Infatti, sia la citata
pronuncia delle Sezioni unite, sia le successive decisioni conformi di questa Corte
(Cass. SS.UU. n. 17928 del 2013; Cass. n. 12908 del 2013; Cass. n. 5325 del
2014; Cass. n. 1078 del 2015), sono state rese proprio in controversie in cui
collaboratori o funzionari rivendicavano l’equiparazione ad un trattamento
economico di livello dirigenziale, quale risultante dalla intervenuta contrattazione
collettiva.

6.— Conclusivamente entrambi i ricorsi devono essere respinti.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con
compensazione per la metà, tenuto conto di talune oscillazioni giurisprudenziali
cui ha dato luogo il presente contenzioso.

P.Q.M.

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e condanna le ricorrenti in solido al
pagamento della metà delle spese di lite liquidate per l’intero in euro 5100,00, di
cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al
15%.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 2 aprile 2015.

pur rifacendosi ai principi espressi dalla sentenza n. 8521 del 2012 delle Sezioni

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