Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15061 del 02/07/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15061 Anno 2014
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CIGNA MARIO
SENTENZA
sul ricorso 5135-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI
12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
MORENI ROSARIO;
– intimato
avverso la sentenza n.
33/2009
–
della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di BRESCIA, depositata il
26/01/2009;
Data pubblicazione: 02/07/2014
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/05/2014 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato GIACOBBE che ha
chiesto raccoglimento;
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Moreni Rosario ha proposto ricorso dinanzi alla CTP di Brescia awerso avviso di accertamento con
il quale l’Agenzia delle Entrate di Brescia aveva rideterminato ai fini IRPEF e CSSN 1996 il reddito
di partecipazione dichiarato da esso contribuente quale socio al 50% della FIM srl, società nei cui
confronti era stato accertato un reddito superiore a quello denunciato; nelle more del detto
giudizio ha presentato domanda di definizione della lite pendente ex art. 16 L 289/2002,
prowedimento di diniego, che è stato impugnato dal contribuente.
L’adita CTP di Brescia, riuniti i ricorsi, li ha respinti.
Con sentenza depositata il 26-1-2009 la CTR Milano, sez. distaccata di Brescia, ha accolto l’appello
del contribuente; in particolare la CTR ha rilevato che, ai sensi dello stesso art. 16 L. 289/2002,
“l’omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate non determina
l’inefficacia della definizione …”; che la norma sulla riapertura del condono (d.l. 143/2003) non
conteneva alcuna distinzione tra procedimenti pendenti prima e dopo il 1-1-2003; che pertanto, in
assenza di specificazioni da parte del legislatore circa una diversa modalità di trattamento della
prima rata, nulla impediva alla parte di awalersi delle condizioni più favorevoli previste dalla
disciplina di riapertura del condono; che, di conseguenza, essendo stata validamente presentata la
domanda di definizione della lite pendente, doveva ritenersi cessata la materia del contendere e
dichiarato estinto il giudizio.
Awerso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un
motivo; il contribuente non svolgeva attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando —ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- violazione e
falsa applicazione dell’art. 16 L 289/2002, 1, commi 1, 2 e 2 sexies, d.l. 143/2003, 2, comma 49, L
350/2003, premesso che il ricorso in questione era stato introdotto in data 21-2-2002 (e, quindi
prima dell’1-1-2003) e che la domanda di condono risaliva al 16-4-2004, sosteneva che la CTR si
era limitata a richiamare il su menzionato principio di cui all’art. 16 L 289/2002, senza tuttavia
approfondire la peculiarità della disciplina contenuta nel d.l. 143/2003; quest’ultimo, infatti, aveva
prorogato sino al 16-4-2004 la possibilità di accedere alla definizione delle liti pendenti alla data
del 1-1-2003 (art. 1, comma 2, d.l. cit) ed aveva previsto (per i contribuenti che -ai sensi del de
prowedendo però solo al pagamento della prima sulle undici rate previste; l’Agenzia ha emesso
comma 2- prowedevano ad effettuare entro il 16-4-2004 “versamenti utili” per la definizione di
cui all’art. 16 L. 289/2002) che le rate trimestrali di cui al detto art. 16 decorressero dal 16 maggio
2003 e che le rate scadute a tale data dovessero essere pagate contestualmente all’effettuazione
del suddetto versamento utile; di conseguenza, in base alla detta disciplina, il versamento che
dava luogo al condono (se effettuato, come nel caso di specie, il 16-4-2004) doveva tradursi nel
pagamento contestuale delle prime quattro rate scadute (precisamente quelle del 16 maggio
versato solo la prima rata (quella del 16 maggio) e non anche le altre (16 agosto 2003, 16
novembre 2003 e 16 febbraio 2004) ed era incorso, quindi, nella violazione del cit. art. 1, comma 2
sexies, d.l. 143/2003, con conseguente legittimità del rigetto (o inefficacia) dell’istanza di
definizione.
Il motivo è fondato.
L’art. 1 del di. 24 giugno 2003, n. 143 (convertito in legge n. 212 del 2003), come modificato dal
d.l. n. 355 del 2003 (convertito in legge n. 47 del 2004), dopo aver stabilito, al comma 2, che “i
contribuenti che non hanno effettuato, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente
decreto, versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui agli
articoli 7, 8, 9, 9-bis, 11, comma 4, 12, 14, 15 e 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (….),
possono prowedervi entro il 16 aprile 2004”, precisa, ai comma 2 sexies, ultimo periodo, che “per
i contribuenti che prowedono, in base alle disposizioni del comma 2 del presente articolo, ad
effettuare, entro il 16 aprile 2004, versamenti utili per la definizione di cui all’articolo 16 della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, le rate trimestrali previste dal
medesimo articolo 16, comma 2, decorrono dal 16 maggio 2003; contestualmente
all’effettuazione del suddetto versamento utile, sono pagate le rate scadute a tale data”.
Orbene, come già affermato di recente da questa Corte, “dal tenore letterale della norma e dalla
sua ratio si evince che l’efficacia della proroga al 16 aprile 2004 del versamento della prima rata
utile per la definizione – per quanto qui interessa – delle liti pendenti ex art. 16 della legge n. 289
del 2002 è condizionata al contestuale pagamento di tutte le rate trimestrali decorrenti dal 16
maggio 2003 già scadute: queste ultime, cioè, devono considerarsi come facenti parte della prima
rata prorogata, come se fossero, quindi, “inglobate” in questa, e non possono, pertanto, essere
qualificate come rate “successive” alla prima ed equiparate alla disciplina di queste dettata dal
comma 2 dell’art. 16, la quale concerne un inadempimento soprawenuto e non origina
2003, 16 agosto 2003, 16 novembre 2003 e 16 febbraio 2004); il contribuente aveva, invece,
dell’obbligazione” (Cass. 5664/2014).
Il ricorso va, pertanto, accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va
decisa nel merito ex art. 384 cpc, rigettando il ricorso introduttivo del contribuente.
La novità della questione giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo del contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma in data 16-5-2014 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria
P.Q.M.