Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15060 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 19/06/2017, (ud. 28/06/2016, dep.19/06/2017),  n. 15060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3448-2014 proposto da:

BANCA NAZIONALE LAVORO S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B, presso lo studio degli avvocati ROBERTO PESSI, FRANCESCO

GIAMMARIA che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

L.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA

VIA POMPEO MAGNO N. 23/A presso lo studio dell’avvocato ROSSI GUIDO

(studio legale Proia & Partners) che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TALLIA FILIPPO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281913/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 02/08/2013 R.G.N. 2811/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito l’Avvocato SERRANI TIZIANA per delega verbale avvocato PESSI

ROBERTO;

udito l’Avvocato ROSSI GUIDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte territoriale di Milano, con sentenza depositata il 2/8/2013, dichiarava inammissibile l’appello interposto dalla Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale di Milano che aveva dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare adottata dalla stessa, in data 8/7/2009, nei confronti di L.F., nonchè l’illegittimità del licenziamento intimatogli in data 26/1/2010 ed aveva ordinato la reintegrazione del dipendente nelle precedenti mansioni e con il precedente inquadramento contrattuale, con condanna della Banca a risarcire il danno cagionato nella misura di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dal dovuto al saldo.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. sulla base di due motivi (sintetizzati sub 5) a pag. 43 del ricorso), ulteriormente illustrati da memoria depositata ai sensi dell’art. 378 codice di rito.

Il L. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. (d’ora innanzi BNL S.p.A.) denuncia l’erroneità della declaratoria di inammissibilità del ricorso in appello di BNL avverso la sentenza di primo grado e deduce, conseguentemente, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 342, 434 e 112 c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento. Lamenta, al riguardo, in particolare, che la Corte di merito abbia erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso in appello, nonostante esso contenesse specifiche censure alla sentenza in ordine al mancato riconoscimento della sussistenza della giusta causa del licenziamento.

2. Con il secondo motivo la società si duole della conseguente omessa pronuncia nel merito dei motivi di gravame, poichè, a causa di tale errore, la sentenza omette del tutto di valutare e pronunziare nel merito in ordine a tutte le censure specifiche mosse dalla società e, per l’effetto, a parere della stessa, avrebbe violato l’art. 112 c.p.c., “che le imponeva di pronunciarsi su tutte le domande formulate in appello”.

1.1; 2.1 I motivi – da trattare insieme, perchè all’evidenza, connessi – sono fondati.

E’, innanzitutto, da osservare che dai motivi articolati nel ricorso per cassazione si evince una critica adeguata, specifica ed argomentata a supporto delle censure che si operano alla sentenza oggetto del giudizio di legittimità.

Al riguardo, è pure da sottolineare che, nel pieno rispetto dell’art. 366, n. 6 codice di rito, la società ricorrente ha riportato nel ricorso di cui si tratta, in modo analitico, tutti i motivi di appello, dai quali si evince che le critiche alla sentenza di primo grado erano state specificamente formulate, mentre la sentenza della Corte di merito ha reputato che l’atto di gravame fosse carente proprio nella specificazione dei motivi, mancando la parte argomentativa che, contrapponendosi alla sentenza impugnata, con espressa motivazione, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico.

Peraltro, poichè, alla stregua di un ormai consolidato orientamento di questa Suprema Corte, nel caso in cui si lamenti l’insussistenza del ritenuto difetto di specificità dei motivi di impugnazione, risultando dedotto un error in procedendo, è consentito al giudice di legittimità interpretare autonomamente l’atto di appello per accertare se alla Corte territoriale sia stato devoluto l’esame del punto (cfr., tra le molte, Cass., S.U., n. 16/2000; Cass., n. 25308/2014; Cass. n. 23226/2015; Cass. n. 4959/20/16), nella fattispecie, avendo la parte ricorrente riprodotto nel ricorso di legittimità, come innanzi detto, tutti i motivi di gravame, può osservarsi, in questa sede, che la BNL S.p.A., in quella sede avesse svolto i motivi in termini di adeguata specificità ed in modo tale da controbattere le argomentazioni complessive poste a fondamento della decisione dalla sentenza impugnata, contrapponendo, altresì, una diversa ed opposta soluzione giuridica. Peraltro, nei motivi, vengono riportate anche le singole contestazioni disciplinari poste a fondamento del licenziamento per giusta causa intimato al dipendente, perchè la Corte fosse in grado di valutarne la gravità ai fini della sanzione irrogata.

Ed è noto (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 25218/2011; 18307/2015; 2814/2016) che il grado di specificità dei motivi è da considerare integrato quando alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellato in modo da incrinarne il relativo fondamento logico-giuridico; la qual cosa, nella fattispecie, è avvenuta, perchè la società, in sede di gravame ha svolto i propri motivi di impugnazione in termini del tutto incompatibili con le complessive argomentazioni della sentenza impugnata.

3. Per tutto quanto in precedenza esposto, la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito, a quanto affermato, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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