Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15060 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15060 Anno 2014
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: SCODITTI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso 10569-2009 proposto da:
MAGGIORE RENT SPA in persona del Procuratore Speciale
pro tempore, elettivamente domiciliateL in ROMA VIA
FABIO MASSIMO

45,

presso lo studio dell’avvocato

MATTEO LUIGI CARMELO, che

lck rappresenta e difende’,

giusta delega a margine;
– ricorrente –

2014

contro

1759

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato, in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che 1o. rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 02/07/2014

- controrícorrente nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA 1, MINISTERO
DELLE FINANZE;

– intimati COMM.TRIB.REG.

di ROMA, depositata il 12/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott.

ENRICO

SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MATTEO che si
riporta agli scritti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 93/2008 della

Svolgimento del processo
In data 17 ottobre 2006 veniva notificata alla Maggiore Holding s.p.a. (fusa per
incorporazione nella Maggiore Rent s.p.a.) cartella di pagamento per la somma
di €1.586.568,38, con cui veniva contestata, ai sensi dell’art. 6 d.m. 13
dicembre 1979, la tardiva prestazione della garanzia prevista per l’eccedenza
di credito IVA compensata nell’ambito della liquidazione dell’IVA di gruppo per

disposizioni che consentivano in caso di gruppo di società alla società portatrice
di una posizione creditoria di trasferire il proprio credito d’imposta ad un’altra
società gravata da debito di imposta, invece di chiedere il rimborso del credito
IVA. La società contribuente impugnava la cartella deducendo che non
potevano essere applicate le sanzioni previste dall’art. 13 d. leg. n. 471/97, ma
soltanto quella prevista dall’art. 11, perché il ritardo nella prestazione della
garanzia non poteva costituire omissione del versamento d’imposta, e ciò in
considerazione del fatto che il versamento dell’importo corrispondente alle
eccedenze di credito compensate ha natura di deposito cauzionale, trattandosi
di somma non incamerata dall’Amministrazione finanziaria a titolo definitivo.
La CTP rigettava il ricorso proposto dalla società. Veniva disatteso dalla
Commissione Tributaria Regionale del Lazio anche l’appello, sulla base della
motivazione secondo cui la mancata prestazione di garanzia idonea faceva
sorgere l’obbligo del versamento dell’imposta dovuta entro il termine di
presentazione della dichiarazione annuale.
Ha proposto ricorso per Cassazione Maggiore Rent s.p.a. sulla base di
otto motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., la
nullità della sentenza per mancata e/o non corretta individuazione di una delle
parti in relazione agli artt. 132 n. 2 e 156, comma 2, c.p.c. Lamenta la
ricorrente che, nonostante sia stato rappresentato in atti che Maggiore Holding
s.p.a. si sia fusa per incorporazione nella Maggiore Rent s.p.a., nella sentenza
si individua erroneamente quale appellante Maggiore Holding s.p.a. anziché
Maggiore Rent s.p.a. Denuncia quindi che l’errata indicazione della parte

1

l’anno 2002, in applicazione dell’art. 73 d.p.r. n. 633/72 e del citato d.m.,

determina la nullità della sentenza ai sensi del secondo comma dell’art. 156
c.p.c.
Il motivo è infondato. La ricorrente non deduce che al giudizio ha
partecipato la società incorporata, ma denuncia solo l’inesatta indicazione del
nome della parte nell’intestazione della sentenza, avendo partecipato al
giudizio l’incorporante, e non l’incorporata. Come affermato da questa Corte,

della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la
procedura di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., quando dal contesto della
sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti;
comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che
non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 cod.
proc. civ., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a
mezzo della lettura dell’intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si
riferisce (Cass. 26 marzo 2010, n. 7343; 24 maggio 2003, n. 8242). Il motivo
di impugnazione ha ad oggetto solo l’erronea indicazione, ma non la
permanenza di una situazione di incertezza non eliminabile a mezzo della
lettura dell’intera sentenza (ed infatti il quesito di diritto è formulato solo nei
termini se l’errata indicazione di una delle parti possa essere sanzionata con la
nullità della sentenza). La parte richiama il mancato raggiungimento dello
scopo dell’atto (da cui deriverebbe la nullità ai sensi del secondo comma
dell’art. 156 c.p.c.), ma non illustra le ragioni del perché lo scopo non sia stato
raggiunto, nel caso di specie, per effetto della erronea indicazione della parte,
e ciò tanto più considerando che da questa Corte è stato affermato che, pur in
mancanza di indicazione espressa delle parti, oltre che nell’intestazione della
sentenza, anche nel corpo della stessa (sia che si tratti della parte dedicata
all’enunciazione dello svolgimento processuale, sia che si tratti della parte
motivazionale), il requisito della indicazione delle parti può essere soddisfatto
qualora vi sia nella sentenza una sorta di indicazione indiretta, cioè per
relationem, che consenta senza equivoci di ritenere che essa è stata
pronunciata anche nei confronti della parte non espressamente indicata (Cass.
24 agosto 2007, n. 17957).

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l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione

Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.,
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso o
decisivo per il giudizio. Lamenta la ricorrente che non risultano indicati i criteri
logici che hanno condotto il giudice del merito ad equiparare il trattamento
sanzionatorio previsto per il mancato versamento dell’imposta alla diversa
fattispecie della tardiva costituzione della garanzia fideiussoria.

cassazione, con cui si deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata
in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto,
ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art.
366-bis c.p.c, deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo
motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione
riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto alla illustrazione
del motivo, così da consentire al giudice di valutare immediatamente la
ammissibilità del ricorso stesso (da ultimo Cass. 8 marzo 2013, n. 5858).
L’indicazione riassuntiva non ha ad oggetto un fatto controverso, ovvero le
ragioni per le quali l’insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione, ma se la mancata esplicazione del criterio adoperato
per l’equiparazione ai fini degli effetti giuridici di due fattispecie asseritamente
diverse costituisca omissione di motivazione. In secondo luogo, e trattasi del
secondo profilo di inammissibilità, il vizio motivazionale non è dedotto con
riferimento ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ma in relazione
all’interpretazione della norma di diritto, e dunque a ciò che può essere
denunciato solo ai sensi dell’art. 360 n. 3.
Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 51, 54, 54 bis, 56 e 60 d.p.r. n.
633/72 e 6 I. n. 212/2000. Lamenta la ricorrente che l’emissione della cartella
di pagamento non è stata preceduta da alcun atto prodromico, come l’avviso di
accertamento ai sensi dell’art. 54 d.p.r. n. 633/72 o l’invito a pagare ai sensi
dell’art. 60, comma 6, medesimo d.p.r., in violazione anche dell’art. 6 I. n.
212/2000 che prevede che l’amministrazione, a pena di nullità dei

3

Il motivo è inammissibile, sotto un duplice profilo. In tema di ricorso per

provvedimenti, deve informare il contribuente di ogni fatto da cui possa
derivare l’irrogazione di una sanzione.
Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 54 bis d.p.r. n. 633/72. Lamenta la
ricorrente che l’esito del controllo automatico della dichiarazione non è stato
comunicato nel termine di cui all’art. 54 bis d.p.r. n. 633/72.

violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 23 Cost. in relazione all’art. 6,
comma 3, d.m. 13 dicembre 1979 e 73 d.p.r. n. 633/72. Deduce la ricorrente
che il terzo comma dell’art. 73 d.p.r. n. 633/72 autorizza il Ministro della
Finanza a disporre con propri decreti le modalità procedurali cui devono
attenersi le società controllate e la società controllante per attuare
l’unificazione dei risultati del gruppo fiscalmente rilevante ai fini IVA. L’obbligo
di prestare garanzia, posto a carico delle controllate che riversano alla
controllante le loro eccedenze di crediti, previsto dall’all’art. 6, comma 3, d.m.
13 dicembre 1979 non ha però natura procedurale, e dunque in tale parte il
decreto ministeriale eccede i limiti della delega e deve essere disapplicato.
I motivi dal terzo al quinto sono inammissibili. Nel giudizio tributario,
l’oggetto del dibattito processuale è delimitato da un lato dalle ragioni di fatto
e di diritto esposte dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato, e dall’altro dagli
specifici motivi d’impugnazione dedotti dal contribuente nel ricorso introduttivo
(Cass. 11 maggio 2007, n. 10779). Il motivo di impugnazione dedotto, che la
ricorrente ha indicato nella sommaria esposizione dei fatti della causa, è quello
secondo cui il ritardo nella prestazione della garanzia non può costituire
omissione del versamento d’imposta. Rispetto a tale motivo di impugnazione
quelli indicati nei motivi in questione appaiono nuovi e dunque, in quanto non
dedotti nell’originario ricorso, devono ritenersi inammissibili.
Con il sesto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis d.p.r. n. 633/72, dell’art. 6 d.m
13 dicembre 1979, dell’art. 13 d. leg. n. 471/97, e dell’art. 3 d. leg. n. 472/97.
Deduce la ricorrente che il versamento dell’importo corrispondente alle
eccedenze di credito compensate, in alternativa alla prestazione della garanzia

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Con il quinto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.,

fideiussoria, ha natura di deposito cauzionale, si tratta cioè di un deposito a
garanzia dei crediti IVA compensati nella liquidazione dell’IVA di gruppo (tant’è
che la somma è soggetta a restituzione, maggiorata degli interessi). Il
mancato versamento non è dunque inadempimento all’obbligo di imposta. Ne
discende che non può trovare applicazione, per il divieto di estensione
analogica della disposizione sanzionatoria, l’art. 13 d. leg. n. 471/97, previsto

Con il settimo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis d.p.r. n. 633/72, dell’art. 6 d.m
13 dicembre 1979, dell’art. 13 d. leg. n. 471/97, e dell’art. 3 d. leg. n. 472/97.
Il motivo coincide con quello precedente, e viene articolato solo per una
diversa formulazione del quesito di diritto.
I motivi sesto e settimo, da valutare unitariamente in quanto coincidenti,
sono infondati. In base al combinato disposto degli artt. 73, ultimo comma,
d.p.r. n. 633 del 1972 e 6, comma 3, d.m. 13 dicembre 1979, il quale ultimo
rinvia all’art. 38 bis, comma 2, d.p.r. n. 633 del 1972, nell’ipotesi di eccedenze
di credito risultanti dalla dichiarazione annuale dell’ente o società controllante
ovvero delle società controllate, compensate in tutto o in parte con somme che
avrebbero dovuto essere versate dalle altre società controllate o dall’ente o
società controllante, le società, il cui credito sia stato estinto, devono, in sede
di presentazione della dichiarazione annuale, prestare apposite garanzie per
l’ammontare relativo. In caso di mancata prestazione delle garanzie si deve
versare all’Ufficio entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale
l’importo corrispondente alle eccedenze di credito compensate. Come
affermato da questa Corte, la

ratio della norma è quella di garantire

preventivamente l’Amministrazione Finanziaria in merito al recupero di quanto
dovuto all’Erario, ove successivamente al rimborso k, ne sia accertata la
mancanza dei presupposti giustificativi (Cass. 29 marzo 2009, n. 6835).
NDalla funzione di garanzia per il fisco della prestazione di cauzione,
ovvero del pagamento dell’importo corrispondente alle eccedenze di credito
compensate, è stato desunta da due pronunce di questa Corte l’inapplicabilità
della sanzione, prevista per il caso di omesso versamento dell’imposta

5

per il versamento d’imposta.

risultante dalla dichiarazione annuale, all’ipotesi della mancata prestazione
della garanzia, data la mancanza di eadem ratio ed in considerazione del
principio di stretta legalità (Cass. 20 ottobre 2010, n. 21515 e 23 dicembre
2005, n. 28689). Secondo altro orientamento, più recente, in mancanza di
cauzione o del sostitutivo pagamento delle eccedenze, non si realizza la
fattispecie compensativa e l’imposta non può dirsi pertanto versata entro il

caso di omesso versamento (Cass. 3 aprile 2013, n. 8034 e 23 dicembre 2005,
n. 28692). Il Collegio condivide l’orientamento più recente.
Dalla natura cautelare della prestazione di cauzione, o del sostitutivo
pagamento delle eccedenze, non discende l’inapplicabilità delle sanzioni per il
caso di omesso versamento dell’imposta perché, fermo restando la natura dei
detti adempimenti, in mancanza di essi, come precisato da Cass. n. 8034 del
2013, non ha luogo la fattispecie compensativa. Non essendosi prodotto
l’effetto della compensazione resta efficace l’obbligo di versamento
dell’imposta. L’applicazione della sanzione si collega dunque all’inadempimento
di quest’ultimo obbligo, e non all’omessa prestazione della cauzione o
all’omissione del pagamento sostitutivo. La sentenza impugnata si è attenuta a
questo principio di diritto
Con l’ottavo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis d.p.r. n. 633/72 e dell’art. 6 d.m
13 dicembre 1979. Deduce la ricorrente che il termine di cui all’art. 6, comma
3, d.m. 13 dicembre 1979 per la presentazione della garanzia fideiussoria non
è perentorio.
Il motivo è inammissibile. Il motivo di impugnazione dedotto, che la
ricorrente ha indicato nella sommaria esposizione dei fatti della causa, è quello
secondo cui il ritardo nella prestazione della garanzia non può costituire
omissione del versamento d’imposta. Rispetto a tale motivo di impugnazione
quello indicato nel motivo in questione appare nuovo e dunque, in quanto non
dedotto nell’originario ricorso, deve ritenersi inammissibile.

6

termine ex lege prescritto, sicché vanno comminate le sanzioni stabilite per il

ESENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5

MATERIA TRWVIAltbi
L’evoluzione della giurisprudenza di legittimità, sulla questione di cui al
sesto e settimo motivo, costituisce giusto motivo di compensazione delle spese
processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il giorno 13 maggio 2014

Il co i.iere est.

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