Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15058 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/06/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 22/06/2010), n.15058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25754/2006 proposto da:

BALDASSINI – TOGNOZZI – PONTELLO COSTRUZIONI GENERALI S.P.A., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presse lo studio

dell’avvocato NICOLAIS LUCIO, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati LA PERA ANTONIO, DEL RE ANDREA, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 58,

presso lo studio dell’avvocato GRECO MARIA IMMACOLATA, che io

rappresenta e difende (giusta procura speciale atto notar CARLO

PENNAZZI CATALANI di Roma del 13/05/10, rep. 5 9334) unitamente

all’avv. BARTOLI Salvatore (giusta procura a margine del

controricorso);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5168/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/01/2006 r.g.n. 3043/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato GRECO MARIA IMMACOLATA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24 ottobre 2003 il Tribunale di Roma, giudice del lavoro, accoglieva la domanda di M.P., intesa ad ottenere, nei confronti della società Baldassini – Tognozzi Costruzioni Generali s.p.a., il risarcimento dei danni conseguenti alla sua mancata assunzione obbligatoria, a seguito dell’avviamento disposto dall’Ufficio Provinciale del Lavoro, e, per l’effetto, condannava la predetta società al pagamento delle corrispondenti retribuzioni.

2. Tale decisione veniva impugnata dalla società, ma la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 9 gennaio 2006, respingeva il gravame. In particolare, la Corte di merito osservava che all’assunzione del M. non poteva ostare, come preteso dalla appellante, la difformità fra la qualifica di “addetto alla manovalanza”, riportata nel nulla – osta di avviamento, e quella di “muratore, stuccatore e posatore” risultante dalla tessera di iscrizione al collocamento obbligatorio, d’altra parte, era emersa, in base alla documentazione acquisita in giudizio, la piena corrispondenza tra la qualifica posseduta dal lavoratore con quella di iscrizione e con quella richiesta dalla società nel prospetto presentato ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 9, (muratore e carpentiere), e, inoltre, il possesso delle mansioni specializzate era stato espressamente indicato dal lavoratore in sede di colloquio preliminare; infine, la commisurazione del risarcimento alle retribuzioni previste per l’operaio specializzato conseguiva all’accertamento della effettiva qualifica posseduta, a prescindere da quella risultante formalmente.

3. Di questa sentenza la società (ora denominata Baldassini-Tognozzi-Pontello Costruzioni Generali s.p.a.) domanda la cassazione con ricorso articolato in quattro motivi. Il lavoratore resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione della L. n. 68 del 1999, artt. 8 e 9, e della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 6. Si sostiene che l’obbligo di assunzione non poteva che scaturire dalle formali previsioni dell’atto di avviamento relative alla qualifica posseduta, mentre non potevano assumere alcun rilievo le circostanze di fatto valorizzate dalla sentenza impugnata, quali il colloquio “preassuntivo” e i documenti prodotti in giudizio dal lavoratore.

2. Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, la ricorrente deduce che, in ogni caso, anche i profili lavorativi risultanti dalla predetta documentazione non corrispondevano affatto a quelli della qualifica di operaio specializzato, di cui alla richiesta di avviamento, poichè i profili di muratore e carpentiere ben potevano essere ascritti alla qualifica di operaio qualificato, giusta la classificazione del c.c.n.l. per le imprese edili.

3. Il terzo motivo denuncia violazione della citata L. n. 68 del 1999, artt. 2, 8 e 9, e della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 6, nonchè del D.P.R. n. 333 del 2000, art. 7. Si lamenta che i giudici di merito non abbiano disapplicato l’atto di avviamento, stante la evidente difformità della qualifica ivi indicata rispetto a quella richiesta dalla società e considerato che, ai sensi delle citate disposizioni, l’avviamento di lavoratori con qualifiche solo “simili” a quelle richieste è possibile solo previo addestramento o tirocinio.

4. Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione per avere la Corte di merito trascurato la specifica eccezione della società riguardo alla predetta illegittimità dell’avviamento.

5. I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, sono fondati.

5.1. Il thema decidendum della presente controversia impone di considerare la portata da assegnare al termine “qualifica” di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 9. Ed infatti le specifiche finalità sottese al disposto di quest’ultima norma e la lettera della stessa L. n. 68, art. 2 – nella parte in cui fa riferimento a strumenti che permettano di valutare adeguatamente le persone con disabilità “nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto”, nonchè ad “analisi di posti di lavoro…. e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi di lavoro” – portano ad escludere una opzione ermeneutica volta ad assegnare al termine “qualifica”, di cui al summenzionato art. 9, comma 2, una portata astratta ed indefinita, rendendo di contro doverosa una interpretazione che – in conformità delle linee guida della vigente normativa sul lavoro dei disabili – assegni al suddetto termine un significato più concreto, da intendersi cioè come specificazione delle capacità tecnico-professionali -di cui deve essere provvisto l’assumendo – che siano richieste per la sua collocazione lavorativa. Soluzione che, come questa Corte ha già precisato con la sentenza n. 6017 del 2009, pronunciata in analoga controversia, oltre ad accreditarsi sulla base della considerazione che la domanda di avviamento non possa, in ragione delle esigenze da soddisfare, che risultare attualizzata dalla effettiva e specifica situazione aziendale nell’ambito della quale deve collocarsi la posizione lavorativa del disabile, trova sul piano normativo un pieno riscontro anche nell’art. 10 della legge in esame. Tale norma, infatti – nel regolare, come detta la sua rubrica, il “rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti”, e nello statuire, al comma 1, che ai lavoratori assunti a norma della presente legge si applica “il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi”, e nel rimarcare ancora, al comma 2, che “il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni” – conforta l’assunto secondo cui in un sistema di c.d. avviamento mirato, che sia funzionalizzato a trovare un giusto equilibrio tra gli interessi del lavoratore disabile e del datore di lavoro, deve assegnarsi il dovuto rilievo alle specifiche, variegate e speculari caratteristiche dell’area produttiva in cui si opera, ed in relazione alle quali va parametrato il trattamento, oltre che economico, anche normativo, del lavoratore disabile.

5.2. Nè di certo può essere trascurato il rilievo che un ancoraggio della richiesta e dell’avviamento del disabile alle concrete mansioni che egli andrà a svolgere nell’azienda sulla base della sua capacità tecnico-professionale finisce per accrescere i margini di garanzia per la sua intregità psico-fisica, agevolando l’applicazione dell’articolato apparato normativo – incentrato in primo luogo sui D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, attuativi della direttiva della Comunità Europea 12 giugno 1989 n. 391 e di altre direttive ad essa collegate – volto alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Motivo questo che non è certo estraneo alla disposizione della L. n. 68 del 1999, art. 9, comma 2, nella parte in cui condiziona l’obbligo del datore di lavoro di assumere il lavoratore, che sia in possesso di una qualifica “simile” a quella di cui alla richiesta, a condizione che sia rispettato l’ordine di graduatoria e sia operato il necessario “addestramento o tirocinio da svolgere anche attraverso le modalità previste dall’art. 12”.

5.3. Discende, da ciò, che l’obbligo dell’impresa di procedere all’assunzione viene meno allorchè l’avviamento sia avvenuto per una qualifica diversa, se pure simile, a quella specificata nella sua richiesta, non potendosi addossare all’impresa richiedente la responsabilità di sopperire a tale formale difformità mediante indagini di fatto sulle pregresse esperienze del lavoratore e su quanto da lui riferito in sede di colloquio “preassuntivo” (v. Cass. 6017(09 cit.)- Deve quindi enunciarsi il principio di diritto secondo cui: “La ratio della L. 2 marzo 1999, n. 68, art. 9 – che attribuisce al datore di lavoro la facoltà di indicare nella richiesta di avviamento la qualifica del lavoratore disabile da assumere a copertura dei posti riservati in un sistema di c.d. avviamento mirato – va ravvisata nel consentire, mediante il riferimento ad una specifica qualifica, la indicazione delle prestazioni richieste dal datore di lavoro sotto il profilo qualitativo delle capacità tecnico – professionali di cui il lavoratore avviato deve essere provvisto, secondo la formale indicazione dell’atto di avviamento, al fine di una sua collocazione nell’organizzazione aziendale, che sia utile all’impresa e che nello stesso tempo, per consentire l’espletamento delle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto, non si traduca in una lesione della sua professionalità e dignità. Ne consegue che il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’assunzione non soltanto di un lavoratore con qualifica che risulti, in base all’atto di avviamento, diversa, ma anche di un lavoratore con qualifica “simile” a quella richiesta, in mancanza di un suo previo addestramento o tirocinio da svolgere secondo le modalità previste dalla stessa L. n. 68 del 1999, art. 12″.

6. La sentenza impugnata non si è attenuta a tale principio, avendo ritenuto l’obbligo dell’assunzione a prescindere dalla – pure accertata – diversità della qualifica posseduta dal lavoratore rispetto a quella richiesta dall’impresa e non avendo considerato che, invece, la normativa prescritta per l’avviamento al lavoro vincola il datore di lavoro solo con riferimento ad una richiesta che trovi riscontro, formalmente, nell’atto di autorizzazione all’avviamento. La decisione va pertanto cassata con rinvio della causa alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, perchè definisca la controversia in base all’enunciato principio di diritto, pronunciando anche sulla domanda della società – rimasta assorbita – di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado. Il medesimo giudice di rinvio provvederà altresì sulle spese del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

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