Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15055 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. I, 28/05/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 28/05/2021), n.15055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18909/2020 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Pescara presso lo Studio

dell’avv Danilo Colavincenzo, in via Anton Ludovico Antinori nr 6;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale Ancona, Ministero Dell’interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata il

27/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/04/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale rigettava la domanda proposta da M.A., cittadino della (OMISSIS), nato a (OMISSIS), ritenendo che, alla stregua delle risultanze processuali, la condizione di rifugiato non potesse essere concessa, perchè il richiedente non era esposto a persecuzioni per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza a gruppi sociali, opinioni politiche non essendo stato lo stesso in grado di riferire con precisione e concretezza in merito alle persecuzioni di natura religiosa di cui si affermava vittima.

Osservava con riferimento alla protezione sussidiaria che la misura non potesse essere concessa per la mancata esposizione del richiedente nel suo paese al rischio di condanna a morte e al rischio di tortura escludendo che nella regione di sua provenienza sussistesse una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

Quanto alla protezione umanitaria, infine, riteneva che la stessa non potesse essere concessa perchè il ricorrente aveva fondato la richiesta sulla base della situazione di instabilità politica del Paese rilevatasi insussistente e comunque per la mancata integrazione nel tessuto socio economico italiano. La sentenza è stata impugnata da M.A., con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) ed e), art. 3, comma 3, lett. a, b e c, comma 5, lett c), art. 6, comma 2, art. 7, comma 2, lett. a), art. 14, lett. b e c e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2 e 3 e art. 27, comma 1 e 1 bis.

Si critica che il tribunale in sede di esame della domanda, pur muovendo da una netta valutazione di attendibilità e verosimiglianza, avrebbe escluso i profili di rischio per il richiedente relegando la vicenda ad una dimensione privata sicchè una volta escluso lo status di rifugiato esclude anche i requisiti della protezione sussidiaria senza svolgere una approfondita istruttoria su elementi pertinenti rappresentati dal richiedente con riguardo all’aggressione subita e alla messa in pericolo della sua stessa vita e sulla protezione fornita dalla Stato per quel che riguarda le vessazioni subite all’interno del contesto familiare.

Si censura altresì la valutazione espressa in ordine alla condizione generate della (OMISSIS) espressa sulla base di fonti non aggiornate.

Con il secondo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti: la carenza o omessa valutazione della condizione generale della (OMISSIS) in relazione alla condizione individuale del richiedente alla luce dei presupposti del D.Lgs. n. 257 del 2007, art. 14, lett. c) nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Si lamenta che il tribunale avrebbe escluso l’esistenza di una violenza generalizzata senza precisare la zona di provenienza e senza svolgere i dovuti approfondimenti circa l’evoluzione degli scontri in (OMISSIS) e della violazione dei diritti umani, carenze queste che non avrebbe permesso la corretta correlazione della condizione individuale del richiedente con quella del Paese di origine.

Il primo motivo di ricorso denuncia plurime violazioni di legge senza confrontarsi compiutamente con la motivazione impugnata, limitando le doglianze ad un generico dovere di cooperazione istruttoria.

Nel caso di specie il Tribunale non ha ritenuto che la narrazione fosse priva o carente di credibilità ma ha valutato che le cause che avevano indotto il ricorrente a lasciare il proprio Paese, ovvero il difficile rapporto con i fratellastri per motivi di gelosia, sono estranee alle ragioni che legittimano il riconoscimento dello status di rifugiato e ad altre forme di protezione.

Analogo rilievo va esteso alla richiesta della domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, avendo il Tribunale richiamato, in conformità al dovere di cooperazione sullo stesso gravante, le fonti internazionale – nella specie il report 2020 del sito del Ministero degli Esteri (OMISSIS), idonee a dimostrare l’inesistenza di una situazione di conflitto armato interno e/o internazionale nel Paese d’origine del richiedente, nè la censura indica, in modo specifico, elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, attraverso richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire a questa Corte l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (ex multis Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, n. 26728).

Il secondo motivo è parimenti infondato.

Il Tribunale ha escluso la condizione di vulnerabilità e l’assenza di una prova dell’integrazione in Italia, non essendo, a tal fine, sufficiente l’aver frequentato un corso di lingua all’interno del centro di accoglienza ed ha correttamente svolto il giudizio comparativo sicchè il motivo si risolve in una generica doglianza delle condizioni di sicurezza e di instabilità politica, senza peraltro alcun puntuale riferimento alle fonti internazionali.

Va ricordato che la concessione della protezione umanitaria risponde ad una fattispecie complessa alla cui definizione concorrono con le condizioni di vulnerabilità personale del richiedente protezione, positivamente scrutinabili anche in relazione alle condizioni di instabilità del paese di rimpatrio, l’integrazione raggiunta nel territorio nazionale.

Colui che ricorre in cassazione non può pertanto circoscrivere la censura alla decisione di merito di rigetto alla mancata valutazione da parte del giudice della situazione di instabilità del paese di origine senza, nel contempo, portare contestazione alla ritenuta mancata sua integrazione in territorio italiano (Cass. SU a 29459 del 13/11/2019).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nessuna determinazione in punto spese per la mancata attività difensiva del Ministero.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

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