Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15054 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/06/2010, (ud. 20/05/2010, dep. 22/06/2010), n.15054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3663-2007 proposto da:

COMUNE DI (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 229,

presso lo studio dell’avvocato DI PIETRO UGO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MILLEFIORI TOMMASO, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CORETTI

ANTONIETTA, CORRERA FABRIZIO, MARITATO LELIO, giusta mandato in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2440/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 25/01/2006 r.g.n. 1423/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositalo il 9.4.1999 C.V. proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 4557 del 11.3.1999 con cui l’INPS gli chiedeva il pagamento, in qualità di Sindaco del Comune di (OMISSIS) nel periodo in contestazione) della somma di L. 107.200 a titolo di sanzione amministrativa e L. 20,000 a titolo di spese per aver occupato due lavoratrici con la qualifica di addette alla pulizia dei locali del Comune senza provvedere alle assicurazioni sociali in favore dei competenti Istituti e senza inviare i modelli DM 10/M all’Istituto e l’ammontare delle retribuzioni all’INAIL. Eccepiva il ricorrente la prescrizione di ogni preteso credito e l’insussistenza dell’addebito posto a base dell’ingiunzione in quanto le lavoratrici in questioni ( D.L.P. e U.M. A.) avevano operato sempre autonomamente e saltuariamente per la pulizia degli uffici comunali, in virtù di chiare convenzioni sottoscritte dalle parti e approvate dalla Giunta Comunale di (OMISSIS) e dalla sezione provinciale di controllo sugli enti locali, sicchè non poteva configurarsi tra tali lavoratrici e il Comune alcun rapporto di lavoro subordinato, contrariamente a quanto ritenuto dall’Inps.

Chiedeva, quindi, l’annullamento ingiunzione opposta.

Con altro ricorso depositato il 28.4.1999, il Comune di (OMISSIS) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 386 del 4.3.1999 con cui era stato ordinato all’Amministrazione il pagamento, in favore dell’Inps, della somma di L. 58.900.708, oltre spese legali, per contributi previdenziali e somme aggiuntive dovute per il periodo 1.5.1990 – 31.12.1992. Deduceva l’Amministrazione opponente l’insussistenza della obbligazione contributiva in quanto erroneamente, in seguito ad accertamento dell’Ispettorato del Lavoro in data 14.3.94, le lavoratrici predette erano state ritenute dall’Inps lavoratrici subordinate alle dipendenze del Comune; le stesse avevano, invece, instaurato con l’Amministrazione opponente rapporti convenzionali a carattere autonomo, mai impugnati, e, pertanto, anche in considerazione delle obbligazioni assunte con le convenzioni regolarmente sottoscritte dalle parti e approvate dalla Giunta e dal Consiglio Comunale di (OMISSIS) e della Sezione provinciale di controllo sugli enti locali, dovevano qualificarsi lavoratrici autonome.

Chiedeva, quindi, la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

In relazione ad entrambi i ricorsi l’INPS si costituiva, deducendo l’infondatezza delle opposizioni richiamando quanto specificato nei verbali di accertamento dell’Ispettorato del lavoro n. (OMISSIS).

I due procedimenti a cui avevano dato origine i due ricorsi ora indicati venivano riuniti, per ragioni di connessione, all’udienza del 30.10.00.

La causa veniva decisa dal Tribunale di Lecce con sentenza del 21.11.05 che rigettava entrambi i ricorsi.

2. Avverso tale decisione proponevano appello C.V. e il Comune di (OMISSIS) con distinti ricorsi depositati entrambi il 9.5.2003.

Al gravame resisteva l’INPS. Le due cause venivano riunite all’udienza collegiale del 22.6.2004.

La Corte d’appello di Lecce con sentenza del 21 novembre 2005 – 25 gennaio 2006 rigettava gli appelli, compensando tra le parti le spese di lite.

3. Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione il comune di (OMISSIS), in persona del sindaco p.t..

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo il comune ricorrente denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. nonchè vizio di motivazione sostenendo che spettava all’INPS fornire la prova positiva della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato con le due lavoratrici suddette; tale onere probatorio non era stato assolto dall’Istituto.

Con il secondo motivo censura l’impugnata sentenza per vizio di motivazione nel riscontro degli indici rivelatori della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato.

2. Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

Sul primo motivo di appello (violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.) va rilevato che nel caso di specie il primo giudice ha esattamente usato i propri poteri istruttoria al fine di verificare quanto aveva formato oggetto di richiesta monitoria, procedendo all’esame dei testi come richiesti; per cui sotto questo profilo i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio dell’onere della prova; come pure non censurabile è la valutazione di merito della prova per testi al fine di verificare quanto l’Ispettrice del lavoro aveva verificato in sede di ispezione amministrativa.

In ordine al secondo motivo (violazione ed erronea applicazione dei principi di diritto in materia di individuazione e/o riscontro degli indici rivelatori del lavoro subordinato) la Corte d’appello ha puntualmente osservato che dalle dichiarazioni rilasciate all’Ispettore del lavoro in occasione della visita ispettiva effettuata in (OMISSIS), presso la sede comunale, era emerso che le lavoratori in questione fin dal 1990 erano state addette alle pulizie dei locali del Comune per due ore al giorno per quattro giorni la settimana, attività lavorativa espletata in maniera subordinata, nonostante la sottoscrizione di apposita convenzione al fine di apparire come contratto d’opera un rapporto di lavoro che, per le modalità di espletamento, non può non essere qualificato subordinato.

Infatti al fine della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato è necessario avere riguardo, più che alla qualificazione utilizzata dalle parti, ancorchè espressamente enunciata in un atto scritto (convenzione), alla effettiva natura ed al reale contenuto del rapporto stesso, nonchè alle modalità di espletamento delle mansioni che costituiscono l’oggetto della prestazione lavorativa.

Nel rapporto di lavoro di cui è causa – ha osservato la Corte d’appello – l’oggetto della prestazione è rappresentato dall’energia lavorativa che le lavorataci hanno posto a disposizione del datore di lavoro nell’adempimento della loro obbligazione che era quella di tenere sempre puliti i locali; in questo senso l’energia lavorativa prestata si inseriva nell’organizzazione comunale che, in quanto tale, non poteva non prevedere anche quello della pulizia della sede del Comune stesso, a prescindere dal fatto che nell’organico del personale comunale vi fosse o meno un posto di ausiliario con compiti di addetto alle pulizie.

In realtà – ha concluso la Corte d’appello all’esito di valutazioni di merito non censurabili in sede di legittimità in quanto assistite da motivazione sufficiente e non contraddittoria – si è trattato nella specie di reale rapporto di lavoro subordinato, sub specie di contratto d’opera di cui aveva solo la veste formale, ma non anche il contenuto sostanziale.

3. Il ricorso va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione delle questioni dibattute e della problematicità della ricostruzione dei fatti di causa) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

 

 

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