Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15054 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15054 Anno 2014
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 7326-2012 proposto da:
COSTRUZIONI DI MARTINO SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliatc
in ROMA VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato
ESPOSITO ROBERTO, che lov rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ALIBERTI ANDREA giusta delega
2014

in calce;
– ricorrente –

1753

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatq in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 02/07/2014

STATO, che lgrappresenta e difende;
controricorrente avverso la sentenza n. 70/2011 della COMM.TRIB.REG. di
FIRENZE, depositata il 05/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato RUFFINIxtdelega
A (Avvocato ESPOSITO che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Toscana con sentenza 5.9.2011 n. 70 ha

prime cure che aveva dichiarato legittimo l’avviso di accertamento dei maggiori ricavi
non dichiarati dalla società per l’anno 2004, con conseguente liquidazione delle
maggiori imposte dovute per IRES , IRAP ed IVA, in relazione a sottofatturazione del
prezzo di compravendite immobiliari.

I Giudici di appello rilevavano che “il raffronto fra i prezzi delle compravendite
esposte nei preliminari e quelli risultanti dai rogiti” presentavano anomale variazioni in
diminuzione negli atti pubblici di vendita e che, pertanto, sussisteva la prova
documentale della omessa dichiarazione di maggiori ricavi, confermata da ulteriori
elementi acquisiti dai verbalizzanti nel corso delle operazioni di verifica, quali in
particolare le dichiarazioni di alcuni acquirenti attestanti il pagamento di ulteriori somme
non contabilizzate dalla società, mentre i chiarimenti e le giustificazioni forniti dalla
società non inficiavano il convincimento raggiunto sulla imposta evasa.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società deducendo
quattro motivi ai quali resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

Con i primi due motivi la società censura la sentenza per vizio di insufficiente
motivazione ex art. 360co l n. 5 c.p.c. (primo motivo), o in alternativa, per vizio di
1
RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Con est.
Stefano ivieri

respinto l’appello proposto da Costruzioni Di Martino s.r.l. e confermato la decisione di

omessa pronuncia su alcuni motivi di gravame ex art. 360co l n. 4 c.p.c. (secondo
motivo) in relazione alla omessa considerazione da parte dei Giudice di appello:

che in diversi casi non era stata rilevata la difformità di prezzo tra preliminare e
rogito

– che la difformità di prezzi riscontrata era giustificata dalla ritardata consegna degli
immobili agli acquirenti
che la pretesa fiscale relativa al recupero a tassazione delle differenze di prezzo
costituiva solo una parte degli importi indicati come maggiori ricavi dall’Ufficio
nell’avviso di accertamento.

Tale la critica che è stata formulata alla sentenza di appello, appare evidente che nel
caso di specie non viene in questione la violazione dell’obbligo di corrispondenza tra
pronuncia e domanda, atteso che il vizio di omessa pronuncia su una domanda o
eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra
chiesto pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., ricorre quando vi sia omissione di
qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni
richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge
che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un
contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa
pronuncia di accoglimento o di rigetto (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 7653 del
16/05/2012): ne segue che il vizio di nullità processuale in questione non si verifica

quando la decisione adottata comporti comunque la reiezione della pretesa fatta valere
dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo
ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di
domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logicogiuridica della pronuncia (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 20311 del 04/10/2011).

Nella specie la CTR ha assolto all’obbligo di pronuncia, avendo fornito la regola del
rapporto tributario dedotto in giudizio, mediante accertamento della legittimità del
2
RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Con
Stefano Oliiiieri

provvedimento impositivo e della pretesa fiscale, ritenendo destituite di fondamento la
giustificazioni fornite dalla società in relazione alle “anomalie” rilevate dai verbalizzanti
circa i prezzi di vendita, giustificazioni tra le quali era da ricomprendersi anche il
pagamento di somme effettuate dagli acquirenti a favore di soggetti terzi “a titolo
diverso” dal corrispettivo di compravendita.
La questione controversa attiene piuttosto alla valutazione probatoria dell’unico

dell’accertamento fiscale, si duole infatti la stessa ricorrente: pag. 31 e 32 ricorso)

e non di

autonome obbligazioni tributarie -rispetto a quelle fondate sulla esatta determinazione dei ricavi
derivanti dalle compravendite- idonee a configurare distinte pretese fiscali oggetto di

autonome impugnazione da parte della società contribuente, e tali da fare insorgere un
ulteriore e diverso obbligo di pronuncia della CTR.

Ricondotta la censura nell’alveo del vizio motivazionale dedotto con il primo motivo,
osserva il Collegio che l’indicato parametro del sindacato di legittimità ex art. 360co l n.
5 c.p.c. impone che il fatto dimostrato in giudizio -del quale si lamenta la omessa od
inesatta valutazione da parte del Giudice di merito- deve risultare

“decisivo”,

richiedendosi un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la
soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se
fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Il
mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della
pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze
processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di
mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento
è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di giuridico fondamento (cfr.
Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 14973 del 28/06/2006; id. Sez. L, Sentenza n. 25608 del
14/11/2013. Il requisito di decisività conforma il mezzo di impugnazione anche dopo la

riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., operata dall’art. 54 del d.l. 22

3
RG n. 7326/2012
tic. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Con st.
Stefan

rapporto tributario (di insufficiente esame degli altri elementi -probatori- posti a base

giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134: Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 e n.
8054 del 07/04/2014).

Tanto premesso dalla lettura della pure ampia esposizione del motivo non emerge in
alcun modo il ‘fatto decisivo” volto ad incidere sugli elementi primari o secondari della
fattispecie costitutiva della pretesa fatta valere dalla Amministrazione finanziaria,

alternativa dei fatti rispetto alla valutazione degli stessi compiuta dal Giudice di appello,
nonchè in una mera reiterazione delle prospettazioni giustificative della riscontrata
differenza tra i prezzi pattuiti nei preliminari ovvero tra gli importi che gli acquirenti
hanno dichiarato di aver pagato come corrispettivo di vendita ed i prezzi indicati invece
nei rogiti.

La complessa ricostruzione della vicenda fornita dalla società (ricorso pag. 32 , lett. a)
per spiegare le differenze tra gli importi del prezzo dei preliminari ovvero dei
corrispettivi effettivamente pagati dagli acquirenti e quelli inferiori riportati nei rogiti (la
società avrebbe acquisito le quote di ALFA s.r.1., detenute dalle famiglie Meo e Maccari, venendo
quindi a seguito della fusione per incorporazione ad acquistare la proprietà sull’area edificabile già
nel patrimonio della società incorporata i Costruzioni Di Martino s.r.l. avrebbe permutato le quote di
ALFA s.r.l. con la proprietà dei beni futuri, stipulando con i membri delle predette famiglie i
preliminari di vendita aventi ad oggetti gli edifici da costruire sull’area indicata; i promissari
acquirenti avrebbero, tuttavia, medio tempore “ceduto” a terzi, ad un prezzo superiore, gli immobili
da costruire, “costringendo” la società a stipulare con questi i rogiti, “senza incassare alcunchè” pag. 11 ricorso- poichè le somme versate dai terzi a titolo di prezzo, maggiori rispetto a quelle
indicate nei rogiti, sarebbero state corrisposte alle famiglie Meo e Maccari) non trova nel motivo

alcun elemento “decisivo” di riscontro tra le emergenze istruttorie del giudizio di merito
– come peraltro affermato dai Giudici di appello nella motivazione della sentenza impugnata – : in

particolare con riferimento alle dichiarazioni rese dagli acquirenti Pepi, Fiaschi,
Bussagli e Lari -ricorso pag. 12, 24 e 25-, i quali hanno riferito di aver versato somme a
Meoni Ilaria, Meoni Alessandra, Maccari Pietro, Maccari Elena, la società ricorrente non
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RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons.
Stefano j1ivieri

venendo a risolversi le argomentazioni svolte dalla ricorrente in una descrizione

indica alcun elemento di prova a supporto della tesi secondo cui tale ultimo importo
doveva riferirsi ad un preesistente contratto tra i Maccari e Meoni e gli acquirenti
diverso dal preliminari e definitivo concluso con Costruzioni Di Martino s.r.l. avente ad
oggetto la cessione del medesimo immobile, tanto più che la dichiarazione di Lari
Andrea introduce un ulteriore elemento di incertezza laddove riferisce di non ricordare
se persino il saldo fosse stato corrisposto “alla impresa Di Martino oppure alla sig.ra

riconoscersi il requisito essenziale della decisività, venendo a richiedere la ricorrente una
-inammissibile- rivalutazione del materiale istruttorio conforme alla prospettazione di
parte meramente alternativa alla valutazione dei fatti compiuta dal Giudice di merito che,
nel proprio libero convincimento, ed in mancanza di riscontri documentali diversi dalle
fatture, dai contratti preliminari e definitivi, rinvenuti nel corso dell’accesso effettuato
dai verbalizzanti, idonei a fornire prova di un differente titolo negoziale giustificativo
della “distrazione” del pagamento del maggior prezzo di vendita a soggetto diverso dalla
parte alienante, ha ritenuto raggiunta la prova presuntiva della imputazione alla società
dell’effettivo prezzo di vendita così determinato a base dell’accertamento, comprensivo
anche delle maggiori somme corrisposte dagli acquirenti. Tale valutazione di merito,
che è insindacabile in sede di legittimità ove esente da errori e vizi logici, non è inficiata
pertanto dalle dichiarazioni rese dai predetti acquirenti in quanto il pagamento da parte
agli acquirenti a soggetti terzi di una parte del prezzo di vendita non esclude, infatti, la
riconducibilità anche di tale importo al corrispettivo contrattuale dovuto alla società
alienante (tanto in considerazione della identità del bene immobile oggetto della cessione, quanto
della inesistenza di titoli contrattuali diversi da quelli, acquisiti nel corso della verifica, ed idonei a
far sorgere vincoli obbligatori ed a trasferire la proprietà esclusivamente tra la società alienante e gli
acquirenti), avendo ritenuto la CTR irrilevanti le modalità attraverso le quali la società ha

disposto delle maggiori somme versate a titolo di prezzo della compravendita, delegando
gli acquirenti al pagamento ovvero indicando i destinatari del pagamento della quota di
maggior prezzo.

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RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

C
est.
Stefano livieri

Meoni” -ricorso pag. 33-, con la conseguenza che agli indicati elementi probatori non può

Analogamente privo del requisito di “decisività”, ex art. 360co1 n. 5 c.p.c., è
l’elemento probatorio delle garanzie fidejussorie rilasciate dalla banca a favore di Meo e
Maccari, essendo manifestamente inidonei tali documenti a fornire la dimostrazione di
un accordo -e del contenuto del medesimo- tra il beneficiario della garanzia ed il
soggetto terzo che ha acquistato l’immobile e quindi ad inficiare la decisione impugnata

Quanto alla doglianza della società ricorrente (ricorso, pag. 35, lett. b) relativa alla
mancata allegazione all’avviso di accertamento dei verbali delle dichiarazioni rese dai
terzi acquirenti in ordine ai pagamento delle maggiori somme a titolo di prezzo di
vendita, osserva il Collegio che, ove intesa a far valere un divieto di acquisizione
probatoria di tali documenti, deve ritenersi evidentemente inammissibile, in quanto la
censura avrebbe dovuto essere fatta valere come “violazione di norma processuale” ex
art. 360co1 n. 4) c.p.c. (e non attraverso il vizio logico di motivazione ) con la specifica
indicazione della pretesa norma di diritto violata che prescrive la “inutilizzabilità” in
giudizio del documento non allegato all’avviso; qualora poi la ricorrente avesse inteso,
invece, censurare la mancata rilevazione da parte della CTR del vizio di nullità
dell’avviso di accertamento per omessa allegazione dei documenti sui quali si fonda la
pretesa, anche in questo caso la censura formulata con il primo motivo di ricorso si
palesa inammissibile, in quando dedotta -anzichè in relazione all’art. 360co l n. 3 c.p.c.con riferimento al diverso ed incompatibile parametro normativo dell’errore di fatto ex
art. 360co1 n. 5 c.p.c..

Analoga considerazione va svolta anche in relazione alla contestazione (ricorso pag. 36,
lett. d) dell’argomento probatorio concernente la concessione agli acquirenti di mutui

bancari di importo superiore al valore delle compravendite risultanti dai rogiti,
argomento utilizzato dalla CTP nella sentenza di primo grado, cui fa riferimento “per
relationem” anche la CTR : premesso che la ricorrente a sostegno della tesi di una prassi
generalizzata delle banche di concedere mutui per importi eccedenti il valore degli
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RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Con st.
Stefano
ieri

nella parte in cui riferisce alla società alienante il maggior prezzo pagato dall’acquirente.

immobili, indica soltanto un’unica dichiarazione resa da tale Carcione -il quale ha
affermato che l’importo superiore ottenuto a mutuo era dovuto alla “necessità di
provvedere a spese accessorie”, la doglianza appare del tutto generica avendo omesso la
ricorrente di indicare in relazione a quali contratti di vendita l’Ufficio finanziario
avrebbe rideterminato il valore della vendita posizionadolo sull’importo del mutuo
erogato all’acquirente, e per ciò stesso difetta il richiesto elemento di “decisività” della

delle ragioni per cui, venendo meno tale elemento probatorio, la decisione che accerta i
maggiori ricavi conseguiti dalla società verrebbe ad essere privata dei supporti forniti
dagli altri elementi probatori.

Infondate debbono ritenersi anche le censure (ricorso pag. 35, lett. c; pag. 36, lett. e)
concernenti la omessa considerazione da parte della CTR di elementi di prova incidenti
sulla diversa determinazione del “quantum” della pretesa tributaria.

La società si duole che la PA ha proceduto ingiustificatamente a recuperare maggiori
ricavi sulla base della stima dell’ Agenzia del Territorio, anche nei casi in cui i prezzi
dei rogiti “corrispondevano” alle dichiarazioni degli acquirenti (anno 2004: acquirenti
Altavilla, Salvadori, Messeri, Gozzo, Fontani pag. 14 ricorso ) contestando altresì che i

maggiori valori applicati erano riferiti agli anni 2004/2005, mentre il prezzo pattuito nei
preliminari risaliva agli anni 2000/2001. Orbene se, da un lato, l’accertamento da parte
della Amministrazione finanziaria del maggior valore del corrispettivo fatturato, non
trova alcun ostacolo nel prezzo pattuito dalle parti nelle vendite immobiliari, potendo
sempre essere recuperato a tassazione il maggiore imponibile ove il corrispettivo
dichiarato risulti difforme dall’effettivo valore di mercato del bene (cfr. Corte Sez. 5,
Sentenza n. 1549 del 24/01/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 12249 del 19/05/2010), dall’altro lato,

la doglianza relativa alla data di riferimento dei maggiori valori accertati difetta di
autosufficienza in quanto, a fronte della contraria allegazione dell’Agenzia fiscale (pag. 9
controric.) per cui la stima dei valori immobiliari è stata calcolata alla data del
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RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino sr.!. c/Ag.Entrate

Ste

st.
ivieri

prova omessa od inesattamente valutata dalla CTR, mancando qualsiasi indicazione

preliminare, quando tale contratto è stato rinvenuto, ed alla data del rogito quando non è
stato possibile reperire il preliminare, la parte ricorrente avrebbe dovuto corredare la
propria censura con la puntuale trascrizione dei documenti (attestanti la data della
pattuizione e la cronologia del valore in concreto accertato dall’Ufficio),

tanto al fine di

consentire al Giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e,
quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per

nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Corte
cass. Sez. L, Sentenza n. 6023 del 12/03/2009; id. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010;
id. Sez.. 3, Sentenza n. 13677 del 31/07/2012; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 48 del 03/01/2014).

Priva di fondamento è poi la censura secondo cui l’Ufficio avrebbe recuperato a
maggiore ricavo erroneamente anche l’importo fatturato come IVA, regolarmente
versata, costituendo una mera ed indimostrata ipotesi, in assenza di specifica indicazione
della prova, che il pagamento del maggiore importo dichiarato dagli acqurenti fosse
comprensivo anche di IVA.

Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza di appello per violazione degli
artt. 39, 40, 42 comma 2 e 3 del Dpr n. 600/73, dell’art. 7co l della legge n. 212/2000,
dell’art. 85 Dpr n. 917/1986 TUIR, in relazione all’art. 360co 1 n. 3 c.p.c., avendo
erroneamente la CTR ritenuto implicitamente esente da vizi di legittimità l’avviso di
accertamento, laddove lo stesso doveva invece ritenersi affetto da nullità in quanto
fondato su documenti (le dichiarazioni rese dai terzi acquirenti circa il pagamento di somme
maggiori rispetto a quelle indicate come prezzo nei rogiti)

non riprodotte nel contenuto

dell’atto impositivo e non allegate all’avviso notificato alla società

Il motivo è inammissibile in quanto il vizio di nullità dell’avviso risulta contestato
dalla società con i motivi in primo grado (pag. 9 ricorso) ma non anche riprodotto
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RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute

successivamente con i motivi di gravame, nè con la memoria aggiunta presentata in
secondo grado, come risultano trascritti nel ricorso per cassazione

(pag. 19- 21 ricorso).

Ne segue che la questione, estranea alla materia ricompresa nel “tantum devolutum” al
Giudice di appello, non può essere “nuovamente” prospettata in sede di legittimità, e la
censura va, pertanto, dichiarata inammissibile.

600/73, nonchè dell’art. 24 della legge n. 88/2009 (legge comunitaria 2008).
La società ricorrente sostiene che erroneamente i Giudici di appello hanno ritenuto
legittimo l’accertamento del maggior valore degli immobili effettuato mediante la stima
dell’Agenzia del Territorio (basata sui dati dell’Osservatorio del Mercato ImmobiliareOMI) e la verifica dell’importo dei mutui erogati agli acquirenti, in quanto in tal modo
erano venuti ad applicare la presunzione legale di determinazione del “valore normale”
degli immobili compravenduti -calcolato in misura non inferiore all’ammontare del mutuo
fondiario o del finanziamento bancario concesso agli acquirenti- stabilita dall’art. 35 comma 23

bis DL 4.7.2006 n. 223 conv. in legge 4.8.2006 n. 248, sebbene tale presunzione legale
fosse stata ritenuta incompatibile con le nonne dell’ordinamento comunitario ed
eliminata dalla successiva legge comunitaria 2008 (n. 88/2009).

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
La norma asseritamente applicata dall’Ufficio finanziario, introdotta in sede di
conversione del decreto legge con il comma 23 bis aggiunto all’art. 35 (“misura di
contrasto alla evasione fiscale”) disponeva che “per i trasferimenti immobiliari soggetti ad

IVA finanziati mediante mutui fondiari o finaziamenti bancari, ai fini delle disposizioni
di cui all’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n.
633, terzo comma, ultimo periodo, il valore normale non può essere inferiore
all’ammontare del mutuo o del finanziamento erogato”.
L’art. 14 del Dpr n. 633/72, come modificato dall’art. 24 della legge 7.7.2009 n. 88,
dispone che “Per valore normale si intende l’intero importo che il cessionario o il
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RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Con il quarto motivo è dedotto il vizio di violazione degli artt. 39, 40 e 42 Dpr n.

committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la
cessione di beni o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera
questione nel tempo e nel luogo di tale cessione o prestazione”, in difetto di rilevazione
dei prezzi di acquisto relativi a beni analoghi o, in mancanza, di beni simili, dovendo
assumersi a parametro il “prezzo di costo” del bene (comma 2, lett. a)).
Tanto premesso osserva il Collegio che la critica non viene rivolta al criterio di

compravendite analoghe o simili, nè ai criteri di rilevazione statistica di tali dati utilizzati
dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (che concernono, come è dato evincere dal
provvedimento 27.7.2007 della Agenzia delle Entrate, le “quotazioni ….r(erite alla relativa zona
omogenea ovvero, in mancanza a quella limitrofa od analoga censita, al periodo dell’atto di
compravendita o a quello precedente in cui è stato pattuito il prezzo con atto avente data certa e
allo stato conservativo normale… ” ), quanto piuttosto alla applicazione della presunzione

legale in quanto determinazione automatica del maggiore valore del bene riferito
all’importo mutuato o finanziato.
La censura, come sopra definita, è priva del requisito di specificità ex art. 366co l n.
4) c.p.c. in quanto, non soltanto la parte ricorrente omette del tutto di indicare in
relazione a quali contratti di vendita il valore sia stato determinato in riferimento
all’importo mutuato, ma non indica quale criterio di valutazione in concreto, diverso od
incompatibile con quello del “valore normale” di cui all’art. 14co3 Dpr n. 633/72, abbia
utilizzato l’Ufficio per determinare il maggior valore imponibile, tanto più in presenza
della contraria allegazione della Agenzia fiscale resistente secondo cui i valori 0M1
srebbe stati acquisiti solo ai fini di un riscontro della esattezza dei maggiori valori
accertati.
Il motivo si palesa quindi inammissibile per omessa individuazione dello stesso
oggetto della asserita violazione delle norme di diritto indicate in ~fica.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la società contribuente condannata
alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in dispositivo.
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RG n. 7326/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

h

Co
Stefan

vieri

indagine utilizzato dalla Agenzia del Territorio per reperire i dati concernenti le

—a

P.Q.M.
La Corte :
– rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio
di legittimità, liquidate in € 12.500,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio 13.5.2014

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