Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15052 del 11/06/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15052 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: TEDESCO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6636/2014 R.G. proposto da
PALUMBO VINCENZO, rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale in calce al ricorso, dall’avv. Isabella Alì Bevilacqua, con
domicilio eletto in Roma, via Giovanni Nicotera 29, presso lo studio
dell’avv. Marco Catelli;
-ricorrenti contro
MUNI PROSPERO, MUNI SIGNORINA, VASQUEZ PAOLA, VASQUEZ
VINCENZO, rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a
margine del controricorso, dall’avv. Giuseppe Sapienza, con domicilio
eletto in Roma, via Bergamo 3, presso lo studio dell’avv. Giuseppe
Gitto;
-controricorrentiavverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 1753,
depositata il 10 ottobre 2013.

Data pubblicazione: 11/06/2018

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14
febbraio 2018 dal Consigliere Giuseppe Tedesco;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Gianfranco Servello che ha concluso per l’inammissibilità e in
subordine per il rigetto del ricorso.

Nella controversia promossa da Muni Prospero, Muni Signorina,
Vasquez Paola, Vasquez Vincenzo, promissari venditori di porzioni
immobiliari in Taormina, oggetto di preliminare stipulato con il
promissario acquirente Palumbo Vincenzo (attuale ricorrente), la Corte
d’Appello di Catania, riformando la sentenza di primo grado, ha
dichiarato la risoluzione di diritto del contratto per inadempimento del
Palumbo.
Secondo la ricostruzione della corte di merito, la risoluzione di
diritto rifletteva la diffida ad adempiere notificata dai venditori il 31
luglio 2004. Con tale diffida del 31 luglio 2004 i venditori avevano
intimato il pagamento della seconda rata del prezzo pattuito per la
vendita. Essa seguiva una precedente richiesta dei venditori del 12
maggio 2004, rimasta senza esito.
La seconda rata del prezzo, in base al contratto, avrebbe dovuto
essere corrisposta al momento di approvazione del progetto per i lavori
di ampliamento dell’immobile compromesso in vendita: tali lavori di
ampliamento avrebbero dovuto essere eseguiti dai promittenti
venditori.
La corte d’appello ha individuato un nesso fra l’obbligazione del
promissario di corrispondere la seconda rata del prezzo e l’obbligazione
dei promittenti di effettuare i lavori di ampliamento, nel senso che il
pagamento doveva servire a fornire ai promittenti la provvista
necessaria per effettuarli.
Ha poi censurato la condotta del promissario, che non aveva
completato il pagamento della seconda rata del prezzo, né dopo una
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FATTI DI CAUSA

richiesta del 12 maggio 2004, né dopo quella notificata dai venditori il
31 luglio 204 ai sensi dell’art. 1454 c.c. a mezzo ufficiale giudiziario,
con la quale era stato certamente informato dell’avvenuto rilascio della
concessione edilizia.
Infine, quanto all’ulteriore fatto eccepito dal compratore, che i

precedente la comunicazione del maggio 2004, la corte di merito ha
ritenuto verosimile quanto dedotto al riguardo dai venditori, secondo
cui gli assegni non erano stati tempestivamente posti all’incasso per
venire incontro alle richieste di dilazione del promissario. Ad ogni modo
la corte di merito ha rimarcato che gli assegni furono posti all’incasso,
senza esito, il 28 giugno 2004, prima che fosse notificata la diffida ad
adempiere.
In tale situazione la corte di merito ha riconosciuto giustificata la
scelta dei promittenti venditori di non eseguire le opere di ampliamento
previste nel contratto, in presenza dell’inadempimento del promissario
acquirente.
Secondo la corte distrettuale il giudizio di proporzionalità andava
effettuato avuto riguardo al rapporto tra la somma non pagata e quanto
dovuto per la seconda rata e non rispetto al prezzo complessivo
pattuito.
Per la cassazione della sentenza Vincenzo Palumbo ha proposto
ricorso affidato a tre motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE.
1. Il primo motivo denuncia violazione dei principi in tema di
inadempimento contrattuale e degli art. 1453, 1455, 1460 c.c. (art.
360, comma primo, n. 3, c.p.c.).
Si sostiene che la corte d’appello ha operato la comparazione fra le
diverse condotte dei contraenti sulla base di un esame incompleto della
fattispecie, in quanto non ha tenuto conto dell’inadempimento dei
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promittenti venditori erano in possesso di due assegni già da epoca

promittenti venditori, i quali, obbligati per contrattba eseguire i lavori
di ampliamento entro dodici mesi dal rilascio della concessione edilizia,
avvenuto nel mese di ottobre 2003, non vi avevano provveduto, pur
disponendo già di una parte della somma e pur essendo in possesso
di altri assegni, che furono messi all’incasso solo il 28 giugno 2004. La

della seconda rata fu «principalmente determinato dalla ritardata
comunicazione, da parte dei promissari acquirenti, del rilascio della
concessione edilizia».
1.1. Il motivo è fondato nei limiti di seguito indicati.
La corte d’appello ha dichiarato risolto il contratto a seguito di
diffida ad adempiere notificata ai promittenti venditori il 31 luglio 2004.
L’inadempimento, giudicato grave, è identificato nel mancato
pagamento integrale della seconda rata del prezzo, che, secondo
contratto, avrebbe dovuto essere corrisposta al momento del rilascio
della concessione edilizia. La concessione è stata rilasciata nel mese di
ottobre 2003 e di ciò, secondo la corte di merito, il promissario era
state certamente informato «quantomeno» in virtù della richiesta
notificata ex art. 1454 c.c. a mezzo ufficiale giudiziario il 31 luglio 2004.
Trascura però la corte di merito che la richiesta del 31 luglio 2004
non era genericamente l’atto con il quale i promittenti venditori
comunicavano il rilascio della concessione edilizia e chiedevano il
pagamento della seconda rata del prezzo, ma era, appunto, una diffida
ad adempiere, ossia un atto finalizzato a determinare la risoluzione del
contratto sulla base di un inadempimento preesistente.
In verità, nella ricostruzione della corte di merito, sembra emergere
una complessiva svalutazione dell’obiezione del Palumbo fondata sul
ritardo nella comunicazione dell’avvenuto rilascio della concessione.
Tuttavia la corte distrettuale non si è spinta fino al punto di ritenere la
comunicazione inutile, perché non prevista nel contratto o comunque
perché irrilevante essendo il fatto certamente noto al contraente a

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corte di merito non ha inoltre considerato che il ritardo nel pagamento

prescindere dalla formale comunicazione. La corte di merito ha
superato l’obiezione del promissario in base al rilievo che la
comunicazione era quantomeno avvenuta con la diffida ad adempiere
del 31 luglio 2004 (nello stesso senso i controricorrenti nella memoria,
pag. 13).

si avvale dello strumento dalla diffida deve essere già vittima dell’altrui
inadempimento. In quanto la legge prevede che la diffida sia fatta «alla
parte inadempiente», deve escludersi che la diffida possa essere
intimata prima della scadenza del termine di esecuzione del contratto.
«La diffida ad adempiere, nella sua struttura logica e sistematica, è uno
strumento offerto ad un contraente nei confronti dell’altro
inadempiente per una celere risoluzione del contratto, affinché il
contraente adempiente non resti vincolato all’altro fino alla pronuncia
del giudice e possa provvedere con altri alla realizzazione del suo
interesse negoziale» (Cass. n. 3851/1978)
La ratio dell’art. 1454 c.c. è quella di fissare con chiarezza la
posizione delle parti rispetto all’esecuzione del contratto, mercé
formale avvertimento alla parte diffidata che l’intimante non è disposto
a tollerare «un ulteriore ritardo nell’adempimento» (Cass. 8844/2001;
conf. 27530/2016 in motivazione).
Se ne deduce che l’infruttuosa scadenza del termine di diffida
aggiunge un nuovo inadempimento all’inadempimento pregresso. In
considerazione di tale carattere della diffida si giustifica il principio,
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, che la gravità
dell’inadempimento deve essere valutata al momento della scadenza
del termine di diffida «e, nel caso di più e successive diffide, in
riferimento a quella situazione determinatasi, anche in ragione delle
relative motivazioni, alla scadenza del termine fissato con l’ultima di
esse ed all’interesse della parte all’esatto e tempestivo adempimento»
(Cass. n. 2979/2001; conf. n. 9314/2007; n. 18696/2014).
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Ma il ragionamento trascura che ex art. 1454 c.c. il contraente che

In contrasto con tali principi la corte di merito ha riconosciuto
l’avvenuta risoluzione di diritto in conseguenza della infruttuosa
scadenza del termine di diffida senza preventivamente accertare se
l’altro contraente fosse già in ritardo al momento della notificazione
della diffida ad adempiere, ad esempio perché la comunicazione del

l’avvenuto rilascio era noto al compratore, perché la comunicazione era
contrattualmente inutile al fine di determinare l’esigibilità della
prestazione oggetto della diffida, ecc.
Gli altri profili di censura del primo motivo, sotto lo schermo della
violazione di legge, censurano un omesso esame di fatti (che i
promittenti venditori erano obbligati a completare i lavori entro dodici
mesi dal rilascio della concessione e che disponevano di parte della
provvista, in quanto corrisposta in anticipo), che sono stati invece
considerati dalla corte d’appello, che ha ravvisato l’esistenza di un
collegamento fra l’obbligo dei venditori e il pagamento della seconda
rata, nel senso che il pagamento della seconda rata aveva anche la
finalità di procurare ai promittenti venditori la provvista per effettuare
i lavori di ampliamento pattuiti.
Tale yinterpretazione della volontà contrattuale non ha costituito
oggetto di censura.
Quanto al resto delle censure, queste si dirigono contro
apprezzamenti di merito non censurabili in cassazione: «Nei contratti
con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di
inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di
ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi
interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa
responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia
causato il comportamento della controparte, nonché della conseguente
alterazione del sinallagma. Tale accertamento, fondato sulla
valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice
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rilascio della concessione edilizia era stata fatta in precedenza, perché

di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente
motivato» (Cass. n. 13627/2017; n. 10477/2017).
2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1455 c.c. e dei
principi

in

tema

di

valutazione

della

proporzionalità

dell’inadempimento.

rapporto all’ammontare della seconda rata e non al prezzo complessivo
(art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.).
2.2. Il motivo è fondato. La sentenza, nel valutare la gravità
dell’inadempimento, ha considerato il rapporto fra quanto pagato dal
promissario venditore per la seconda rata 4 quanto avrebbe dovuto
pagare per il medesimo titolo, rimarcando che ben oltre il 40% della
rata non era stato corrisposto. Diversamente, ai fini della risoluzione
del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento della
prestazione, l’indagine circa la gravità della inadempienza deve tener
conto del valore, determinabile mediante il criterio di proporzionalità,
che la parte dell’obbligazione non adempiuta ha rispetto al tutto,
nonché considerare se per effetto dell’inadempimento si sia verificata
ai danni della controparte una sensibile alterazione dell’equilibrio
contrattuale (Cass. 6367/93; n. 3742/2006; n. 24003/2004).
3. Il terzo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio in relazione alla mancata esecuzione dei lavori di
ampliamento delle terrazze e alla disponibilità ad adempiere
manifestata dal promissario.
Il motivo è assorbito.
4. Si impone, pertanto, in relazione ai profili accolti del primo
(-rff5fi-vo, la cassazione della sentenza, con rinvio ad altra sezione della
Corte d’Appello di Catania, che provvederà a nuovo esame attenendosi
ai principi di cui sopra e regolerà le spese del giudizio di legittimità.

La corte di merito ha valutato la gravità dell’inadempimento in

P.Q.M.
accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il primo e il secondo
motivo; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza in relazione ai
motivi accolti; rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania
anche per le spese.

Sezione civile, il 14 febbraio 2018.
Il Consigliere estensore.
E,

Il Presidente

M.

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NOM

DEPOSITATO IN CANCELARA
Roma,

11 GIU. 2018

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda

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