Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15052 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15052 Anno 2014
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 7302-2012 proposto da:
COSTRUZIONI DI MARTINO SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliatq,
in ROMA VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato
ESPOSITO ROBERTO, che lq rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ALIBERTI ANDREA giusta delega
2014

in calce;
– ricorrente –

1751

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata. in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 02/07/2014

STATO, che lq, rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 71/2011 della COMM.TRIB.REG. di
FIRENZE, depositata il 05/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato RUFFINI2sAdelega
414vvocato ESPOSITO che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Toscana con sentenza 5.9.2011 n. 71 ha

prime cure che aveva dichiarato legittimo l’avviso di accertamento dei maggiori ricavi
non dichiarati dalla società per l’anno 2005, con conseguente liquidazione delle
maggiori imposte dovute per IRES , IRAP ed IVA, in relazione a sottofatturazione del
prezzo di compravendite immobiliari.

I Giudici di appello rilevavano che “il raffronto fra i prezzi delle compravendite
esposte nei preliminari e quelli risultanti dai rogiti” presentavano anomale variazioni in
diminuzione negli atti pubblici di vendita e che, pertanto, sussisteva la prova
documentale della omessa dichiarazione di maggiori ricavi, confermata da ulteriori
elementi acquisiti dai verbalizzanti nel corso delle operazioni di verifica, quali in
particolare le dichiarazioni di alcuni acquirenti attestanti il pagamento di ulteriori somme
non contabilizzate dalla società, mentre i chiarimenti e le giustificazioni forniti dalla
società non inficiavano il convincimento raggiunto sulla imposta evasa.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società / deducendo
quattro motivi ai quali resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

Con i primi due motivi la società censura la sentenza per vizio di insufficiente
motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c. (primo motivo), o in alternativa, per vizio di
1
RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Con est.
livieri
Stefan

respinto l’appello proposto da Costruzioni Di Martino s.r.l. e confermato la decisione di

omessa pronuncia su alcuni motivi di gravame ex art. 360co 1 n. 4 c.p.c. (secondo
motivo) in relazione alla omessa considerazione da parte dei Giudice di appello:

che in diversi casi non era stata rilevata la difformità di prezzo tra preliminare e
rogito

– che la difformità di prezzi riscontrata era giustificata dalla ritardata consegna degli
immobili agli acquirenti
che la pretesa fiscale relativa al recupero a tassazione delle differenze di prezzo
costituiva solo una parte degli importi indicati come maggiori ricavi dall’Ufficio
nell’avviso di accertamento (e che riguardavano -almeno sembra doversi
comprendere- anche le somme corrisposte a terzi e non alla società dall’acquirente
Calamassi e gli importi corrisposti dagli acquirenti a rimborso delle spese
anticipate dalla società per allacci a forniture servizi )

Tale la critica che è stata formulata alla sentenza di appello, appare evidente che nel
caso di specie non viene in questione la violazione dell’obbligo di corrispondenza tra
pronuncia e domanda, atteso che il vizio di omessa pronuncia su una domanda o
eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra
chiesto pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., ricorre quando vi sia omissione di
qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni
richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge
che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un
contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa
pronuncia di accoglimento o di rigetto (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 7653 del
16/05/2012): ne segue che il vizio di nullità processuale in questione non si verifica

quando la decisione adottata comporti comunque la reiezione della pretesa fatta valere
dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo
ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di
domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logicogiuridica della pronuncia (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 20311 del 04/10/2011).
2
RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Co
Stefano Vivieri

Nella specie la CTR ha assolto all’obbligo di pronuncia, avendo fornito la regola del
rapporto tributario dedotto in giudizio, mediante accertamento della legittimità del
provvedimento impositivo e della pretesa fiscale, ritenendo destituite di fondamento la
giustificazioni fornite dalla società in relazione alle “anomalie” rilevate dai verbalizzanti
circa i prezzi di vendita, giustificazioni tra le quali era da ricomprendersi anche il

di maggiori somme effettuate alla società a titolo diverso (rimborso spese) dal
corrispettivo di compravendita.
La questione controversa attiene piuttosto alla valutazione probatoria dell’unico
rapporto tributario (di insufficiente esame degli altri elementi -probatori- posti a base
dell’accertamento fiscale, si duole infatti la stessa ricorrente: pag. 29 ricorso) e non di autonome

obbligazioni tributarie -rispetto a quelle fondate sulla esatta determinazione dei ricavi derivanti
dalle compravendite- idonee a configurare distinte pretese fiscali oggetto di autonome

impugnazion4 da parte della società contribuente, e tali da fare insorgere un ulteriore e
diverso obbligo di pronuncia della CTR.

Ricondotta la censura nell’alveo del vizio motivazionale dedotto con il primo motivo,
osserva il Collegio che l’indicato parametro del sindacato di legittimità ex art. 360co l n.
5 c.p.c. impone che il fatto dimostrato in giudizio -del quale si lamenta la omessa od
inesatta valutazione da parte del Giudice di merito- deve risultare

“decisivo”,

richiedendosi un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la
soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se
fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Il
mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della
pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze
processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di
mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento
è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di giuridico fondamento (cfr.
3
RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino sr.!. c/Ag.Entrate

Con
Stefano O ieri

pagamento di somme effettuate dagli acquirenti a favore di soggetti terzi ed il pagamento

Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 14973 del 28/06/2006; id. Sez. L, Sentenza n. 25608 del
14/11/2013. Il requisito di decisività conforma il mezzo di impugnazione anche dopo la
riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., operata dall’art. 54 del d.l. 22
giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134: Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 e n.

8054 del 07/04/2014).

alcun modo il “fatto decisivo” volto ad incidere sugli elementi primari o secondari della
fattispecie costitutiva della pretesa fatta valere dalla Amministrazione finanziaria,
venendo a risolversi le argomentazioni svolte dalla ricorrente in una descrizione
alternativa dei fatti rispetto alla valutazione degli stessi compiuta dal Giudice di appello,
nonchè in una mera reiterazione delle prospettazioni giustificative della riscontrata
differenza tra i prezzi pattuiti nei preliminari ovvero tra gli importi che gli acquirenti
hanno dichiarato di aver pagato come corrispettivo di vendita ed i prezzi indicati invece
nei rogiti.

L’affermazione (ricorso, pag. 30 lett. a) che le differenze di prezzo trovano
giustificazione nei ritardi nella consegna degli immobili (idest nella corresponsione di
penalità per il ritardo pattuite nei contratti) costituisce una mera allegazione inidonea in
quanto tale a fondare il vizio di illogicità della sentenza impugnata.

La complessa ricostruzione della vicenda fornita dalla società (ricorso pag. 30 , lett. b)
per spiegare le differenze tra gli importi del prezzo dei preliminari ovvero dei
corrispettivi effettivamente pagati dagli acquirenti e quelli inferiori riportati nei rogiti (la
società avrebbe acquisito le quote di ALFA s.r.1., detenute dalle famiglie Meo e Maccari, venendo
quindi a seguito della fusione per incorporazione ad acquistare la proprietà sull’area edificabile già
nel patrimonio della società incorporata/. Costruzioni Di Martino s.r.l. avrebbe permutato le quote di
ALFA s.r.l. con la proprietà dei beni futuri, stipulando con i membri delle predette famiglie i
preliminari di vendita aventi ad oggetti gli edifici da costruire sull’area indicata; i promissari
acquirenti avrebbero, tuttavia, medio tempore “ceduto” a terzi, ad un prezzo superiore, gli immobili
4
RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Ste

s. est.
Olivieri

Tanto premesso/ dalla lettura della pure ampia esposizione del motivo non emerge in

da costruire, “costringendo” la società a stipulare con questi i rogiti, “senza incassare alcunchè” pag. 12 ricorso- poichè le somme versate dai terzi a titolo di prezzo, maggiori rispetto a quelle
indicate nei rogiti, sarebbero state corrisposte alle famiglie Meo e Maccari)

non trova nel motivo

alcun elemento decisivo di riscontro tra le emergenze istruttorie del giudizio di merito come peraltro affermato dai Giudici di appello nella motivazione della sentenza impugnata – : in

particolare con riferimento all’unica dichiarazione, relativa ai contratti del 2005,

l’importo indicato nel rogito versato alla società, anche l’ulteriore somma di € 84.000,00
versata a tale Lorenzetti che “doveva essere l’acquirente dell’appartamento”, la società
ricorrente non indica alcun elemento di prova a supporto della tesi secondo cui tale
ultimo importo doveva riferirsi ad un diverso e preesistente contratto tra Maccari e
Lorenzetti rispetto a quello concluso tra Costruzioni Di Martino s.r.l. e Calamassi avente
ad oggetto la cessione del medesimo immobile, con la conseguenza che agli indicati
elementi probatori non può riconoscersi il requisito essenziale della decisività, venendo a
richiedere la ricorrente una -inammissibile- rivalutazione del materiale istruttorio
conforme alla prospettazione di parte meramente alternativa alla valutazione dei fatti
compiuta dal Giudice di merito che, nel proprio libero convincimento, ed in mancanza di
riscontri documentali diversi dalle fatture, dai contratti preliminari e definitivi, rinvenuti
nel corso dell’accesso effettuato dai verbalizzanti, idonei a fornire prova di un differente
titolo negoziale giustificativo della “distrazione” del pagamento del maggior prezzo di
vendita a soggetto diverso dalla parte alienante, ha ritenuto raggiunta la prova presuntiva
della imputazione alla società dell’effettivo prezzo di vendita così determinato a base
dell’accertamento, comprensivo anche delle maggiori somme corrisposte dagli
acquirenti. Tale valutazione di merito, che è insindacabile in sede di legittimità ove
esente da errori e vizi logici, non è inficiata pertanto dalle dichiarazioni rese dai predetti
acquirenti in quanto il pagamento da parte agli acquirenti a soggetti terzi di una parte
del prezzo di vendita non esclude, infatti, la riconducibilità anche di tale importo al
corrispettivo contrattuale dovuto alla società alienante (tanto in considerazione della identità
del bene immobile oggetto della cessione, quanto della inesistenza di titoli contrattuali diversi da
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RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

C . est.
livieri
Stefan

dell’acquirente Calamassi, il quale ha affermato di aver dovuto corrispondere oltre

quelli, acquisiti nel corso della verifica, ed idonei a far sorgere vincoli obbligatori ed a trasferire la
proprietà esclusivamente tra la società alienante e gli acquirenti), avendo ritenuto la CTR

irrilevanti le modalità attraverso le quali la società ha disposto delle maggiori somme
versate a titolo di prezzo della compravendita, delegando gli acquirenti al pagamento
ovvero indicando i destinatari del pagamento della quota di maggior prezzo.

fidejussoria rilasciata dalla banca a favore di “Maccari Paolo”i essendo manifestamente
inidoneo tale documento a fornire la dimostrazione di un accordo tra il beneficiario della
garanzia ed il soggetto terzo che ha acquistato l’immobile e quindi ad inficiare la
decisione impugnata nella parte in cui riferisce alla società alienante il maggior prezzo
pagato dall’ acquirente.

Quanto alla doglianza della società ricorrente (ricorso, pag. 32, lett. c) relativa alla
mancata allegazione all’avviso di accertamento dei verbali delle dichiarazioni rese dai
terzi acquirenti in ordine ai pagamento delle maggiori somme a titolo di prezzo di
vendita, osserva il Collegio che, ove intesa a far valere un divieto di acquisizione
probatoria di tali documenti, deve ritenersi evidentemente inammissibile, in quanto la
censura avrebbe dovuto essere fatta valere come “violazione di norma processuale” ex
art. 360co l n. 4) c.p.c. (e non attraverso il vizio logico di motivazione ) con la specifica
indicazione della pretesa norma di diritto violata che prescrive la “inutilizzabilità” in
giudizio del documento non allegato all’avviso; qualora poi la ricorrente avesse inteso,
invece, censurare la mancata rilevazione da parte della CTR del vizio di nullità
dell’avviso di accertamento per omessa allegazione dei documenti sui quali si fonda la
pretesa, anche in questo caso la censura formulata con il primo motivo di ricorso si
palesa inammissibile, in quando dedotta -anzichè in relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.con riferimento al diverso ed incompatibile parametro normativo dell’errore di fatto ex
art. 360co l n. 5 c.p.c..

6
RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. es
Stefano
vieri

Analogamente privo del requisito di decisività è l’elemento probatorio della garanzia

Analoga considerazione va svolta anche in relazione alla contestazione (ricorso pag. 33,
lett. e) dell’argomento probatorio concernente la concessione agli acquirenti di mutui

bancari di importo superiore al valore delle compravendite risultanti dai rogiti,
argomento utilizzato dalla CIP nella sentenza di primo grado, cui fa riferimento “per
relationem” anche la CTR : premesso che la ricorrente a sostegno della tesi di una prassi

immobili, indica soltanto un’unica dichiarazione resa da tale Carcione il quale ha
)
“necessità
di
affermato che l’importo superiore ottenuto a mutuo era dovuto alla
provvedere a spese accessorie”, la doglianza appare del tutto generica avendo omesso la
ricorrente di indicare in relazione a quali contratti di vendita l’Ufficio finanziario
avrebbe rideterminato il valore della vendita posizionandolo sull’importo del mutuo
erogato all’acquirente, e per ciò stesso difetta il richiesto elemento di “decisività” della
prova omessa od inesattamente valutata dalla CTR, mancando qualsiasi indicazione
delle ragioni per cui, venendo meno tale elemento probatorio, la decisione che accerta i
maggiori ricavi conseguiti dalla società verrebbe ad essere privata dei supporti forniti
dagli altri elementi probatori.

Infondate debbono ritenersi anche le censure (ricorso pag. 33, lett. d ed O concernenti la
omessa considerazione da parte della CTR di elementi di prova incidenti sulla diversa
determinazione del “quantum” della pretesa tributaria.
La società si duole che la PA ha proceduto ingiustificatamente a recuperare maggiori
ricavi per € 79.200,00 sulla base della stima dell’ Agenzia del Territorio, anche nei casi
in cui i prezzi dei rogiti “corrispondevano” alle dichiarazioni degli acquirenti (anno 2005:
acquirenti Ferrara, Donzella -pag. 14 ricorso-, acquirente Altavilla -a pag. 33 ricorso-)

contestando altresì che i maggiori valori applicati erano riferiti agli anni 2004/2006,
mentre il prezzo pattuito nei preliminari risaliva agli anni 2000/2001. Orbene se, da un
lato, l’accertamento da parte della Amministrazione finanziaria del maggior valore del
corrispettivo fatturato, non trova alcun ostacolo nel prezzo pattuito dalle parti nelle
vendite immobiliari, potendo sempre essere recuperato a tassazione il maggiore
7
RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. e t.
vieri
Stefano

generalizzata delle banche di concedere mutui per importi eccedenti il valore degli

imponibile ove il corrispettivo dichiarato risulti difforme dall’effettivo valore di mercato
del bene (cfr. Corte Sez. 5, Sentenza n. 1549 del 24/01/2007; id. Sez. 5, Sentenza n. 12249 del
19/05/2010), dall’altro lato, la doglianza relativa alla data di riferimento dei maggiori

valori accertati difetta di autosufficienza in quanto, a fronte della contraria allegazione
dell’Agenzia fiscale (pag. 9 controric.) per cui la stima dei valori immobiliari è stata
calcolata alla data del preliminare, quando tale contratto è stato rinvenuto, ed alla data

dovuto corredare la propria censura con la puntuale trascrizione dei documenti (attestanti
la data della pattuizione e la cronologia del valore in concreto accertato dall’Ufficio), tanto al fine

di consentire al Giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e,
quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per
cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute
nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Corte
cass. Sez. L, Sentenza n. 6023 del 12/03/2009; id. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010;
id. Sez. 3, Sentenza n. 13677 del 31/07/2012; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 48 del 03/01/2014).

Priva di fondamento è poi la censura secondo cui l’Ufficio avrebbe recuperato a
maggiore ricavo erroneamente la somma di € 26.000,00 (con riferimento, sembra, alla
compravendita Calamassi: pag. 13 e 22 ricorso) includendovi anche l’importo fatturato come

IVA, regolarmente versata, costituendo una mera ed indimostrata ipotesi che “tra i
pagamentO dichiarati dal cliente figura anche l’IVA che è stata fatturata e pagata”
(ricorso pag. 13).

Con il terzo motivo la ricorrente censura la sentenza di appello per violazione degli
artt. 39, 40, 42 comma 2 e 3 del Dpr n. 600/73, dell’art. 7col della legge n. 212/2000,
dell’art. 85 Dpr n. 917/1986 TUIR, in relazione all’art. 360co l n. 3 c.p.c., avendo
erroneamente la CTR ritenuto implicitamente esente da vizi di legittimità l’avviso di
accertamento, laddove lo stesso doveva invece ritenersi affetto da nullità in quanto
8
RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. t.
Stefano ivieri

del rogito quando non è stato possibile reperire il preliminare, la parte ricorrente avrebbe

fondato su documenti (le dichiarazioni rese dai terzi acquirenti circa il pagamento di somme
maggiori rispetto a quelle indicate come prezzo nei rogiti) non riprodotte nel contenuto

dell’atto impositivo e non allegate all’avviso notificato alla società

Il motivo è inammissibile in quanto il vizio di nullità dell’avviso risulta contestato
dalla società con i motivi in primo grado (pag. 9 ricorso) ma non anche riprodotto

secondo grado, come risultano trascritti nel ricorso per cassazione

(pag. 17- 24 ricorso).

Ne segue che la questione, estranea alla materia ricompresa nel “tantum devolutum” al
Giudice di appello, non può essere “nuovamente” prospettata in sede di legittimità, e la
censura va, pertanto, dichiarata inammissibile.

Con il quarto motivo è dedotto il vizio di violazione degli artt. 39, 40 e 42 Dpr n.
600/73, nonchè dell’art. 24 della legge n. 88/2009 (legge comunitaria 2008).
La società ricorrente sostiene che erroneamente i Giudici di appello hanno ritenuto
legittimo l’accertamento del maggior valore degli immobili effettuato mediante la stima
dell’Agenzia del Territorio (basata sui dati dell’Osservatorio del Mercato ImmobiliareOMI) e la verifica dell’importo dei mutui erogati agli acquirenti, in quanto in tal modo
erano venuti ad applicare la presunzione legale di determinazione del “valore normale”
degli immobili compravenduti -calcolato in misura non inferiore all’ammontare del mutuo
fondiario o del finanziamento bancario concesso agli acquirenti- stabilita dall’art. 35 comma 23

bis DL 4.7.2006 n. 223 conv. in legge 4.8.2006 n. 248, sebbene tale presunzione legale
fosse stata ritenuta incompatibile con le norme dell’ordinamento comunitario ed
eliminata dalla successiva legge comunitaria 2008 (n. 88/2009).

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
La norma asseritamente applicata dall’Ufficio finanziario, introdotta in sede di
conversione del decreto legge con il comma 23 bis aggiunto all’art. 35 (“misura di
contrasto alla evasione fiscale”) disponeva che “per i trasferimenti immobiliari soggetti ad

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RG n. 7302/2012
ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. ekt.
vieri
Stefano

successivamente con i motivi di gravame, nè con la memoria aggiunta presentata in

IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari, ai fini delle disposizioni

di cui all’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n.
633, terzo comma, ultimo periodo, il valore normale non può essere inferiore
all’ammontare del mutuo o del finanziamento erogato”.
L’art. 14 del Dpr n. 633/72, come modificato dall’art. 24 della legge 7.7.2009 n. 88,
dispone che “Per valore normale si intende l’intero importo che il cessionario o il

cessione di beni o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera
questione nel tempo e nel luogo di tale cessione o prestazione”, in difetto di rilevazione
dei prezzi di acquisto relativi a beni analoghi o, in mancanza, di beni simili, dovendo
assumersi a parametro il “prezzo di costo” del bene (comma 2, lett. a)).
Tanto premesso osserva il Collegio che la critica non viene rivolta al criterio di
indagine utilizzato dalla Agenzia del Territorio per reperire i dati concernenti le
compravendite analoghe o simili, nè ai criteri di rilevazione statistica di tali dati utilizzati
dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (che concernono, come è dato evincere dal
provvedimento 27.7.2007 della Agenzia delle Entrate, le “quotazioni ….riferite alla relativa zona
omogenea ovvero, in mancanza a quella limitrofa od analoga censita , al periodo dell’atto di
compravendita o a quello precedente in cui è stato pattuito il prezzo con atto avente data certa e
allo stato conservativo normale… ” ), quanto piuttosto alla applicazione della presunzione

legale i in quanto determinazione automatica del maggiore valore del bene riferito
all’importo mutuato o finanziato.
La censura, come sopra definita, è priva del requisito di specificità ex art. 366co 1 n.
4) c.p.c. in quanto, non soltanto la parte ricorrente omette del tutto di indicare in
relazione a quali contratti di vendita il valore sia stato determinato in riferimento
all’importo mutuato, ma non indica quale criterio di valutazione in concreto, diverso od
incompatibile con quello del “valore normale” di cui all’art. 14co3 Dpr n. 633/72, abbia
utilizzato l’Ufficio per determinare il maggior valore imponibile, tanto più in presenza
della contraria allegazione della Agenzia fiscale resistente secondo cui i valori 0M1

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ric. Costruzioni Di Martino s.r.l. c/Ag.Entrate

Cons. et.
Stefano O vieri

committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la

sarebbeyostati acquisiti solo ai fini di un riscontro della esattezza dei maggiori valori
accertati.
Il motivo si palesa quindi inammissibile per omessa individuazione dello stesso
oggetto della asserita violazione delle norme di diritto indicate in rubrica.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la società contribuente condannata

P.Q.M.
La Corte :
– rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio
di legittimità, liquidate in € 7.000,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio 13.5.2014

alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in dispositivo.

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