Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15051 del 21/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 21/07/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 21/07/2016), n.15051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20157-2011 proposto da:

I.R., (OMISSIS), anche quale erede universale del padre

I.F., B.S. (OMISSIS), C.E.

(OMISSIS), C.G., (OMISSIS), U.I. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GAVORRANO 12, presso lo

studio dell’avvocato MARIO GIANNARINI, rappresentati e difesi dagli

avvocati LUCIO RICCA, VINCENZO POIDIMANI;

– ricorrenti –

contro

A.A., (OMISSIS), AL.RO. (OMISSIS),

AL.GI. (OMISSIS), AL.SE. (OMISSIS), A.T.

COSTITUITA (OMISSIS), tutti quali eredi con beneficio d’inventario

del loro genitore A.C., nonchè la SO.RI.CO. S.r.l.

p.iva (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BANCO DI S. SPIRITO 48,

presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO D’OTTAVI, rappresentati e

difesi dall’avvocato SEBASTIANO LEONE;

– c/ricorrenti con ric. incidentale condizionato –

avverso la sentenza n. 687/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 17/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 12 e il 16 ottobre 2004 i signori I.R. (in proprio e quale erede del padre I.F.), B.S., C.E., C.G. ed U.I. convenivano davanti al tribunale di Siracusa il signor Al.Co. e la società SO.RI.CO srl per sentir condannare i convenuti al risarcimento del danno conseguente al loro inadempimento al contratto preliminare 17/3/95 con cui le attrici I.R. e B.S. si erano impegnate trasferire a Al.Co. le quote di loro proprietà della SO.RI.CO srl, pari al 45%, del capitale sociale, e, corrispettivamente, l’ Al., in proprio e quale legale rappresentarne della società SO.RI.CO srl, si era impegnato ad accollarsi:

a) tutti i debiti derivanti dal concordato preventivo proposto da C.L., liquidatore di Pasti Service di C.L. e c. sas, si come omologato dal tribunale di Siracusa con sentenza 18/2/92;

b) il debito contratto da Pasti Service di C.L. e c. sas con la Gestione del credito fondiario della Cassa centrale di Risparmio per provincie siciliane (SICILCASSA) con mutuo ipotecario dell’8/8/88.

A fondamento della domanda gli attori esponevano che – mentre le sigg.re I. e B. avevano adempiuto all’obbligazione di trasferimento di cui al preliminare 17/3/95, cedendo a Concetto Al., con atto pubblico del 24.5.95, la loro quota del 45% del capitale sociale della società SO.RI.CO srl – Al.Co. e la società SO.RI.CO srl (di cui tutti i soci, con scrittura privata contestuale al rogito di trasferimento della quota societaria, avevano espressamente confermato e ratificato, nei confronti delle sigg.re I. e B., l’impegno assunto dalli Al. anche a nome di tale società) non avevano adempiuto alle loro obbligazione, non eseguendo il concordato preventivo della Pasti Service (che quindi era stata dichiarata fallita) e non pagando il debito derivante dal suddetto contratto di mutuo fondiario (con conseguente instaurazione, da parte della SICILCASSA, della procedura esecutiva su immobili di cui erano comproprietari gli attori C.E., C.G. ed U.I.).

Al.Co. e SO.RI.CO srl si costituivano tardivamente resistendo alla domanda e proponendo domanda riconvenzionale, prima (con la comparsa di costituzione risposta) di annullamento dei contratti di cui alle scritture 17.3.95 e 24.5.95 e poi (con memoria a firma di nuovo difensore depositata il 21.4.06) di risoluzione di tali contratti per inadampimento delle venditrici I. e B.. Nel giudizio di primo grado intervenivano, proponendo proprie domande risarcitorie nei confronti dei convenuti, anche C.S., comproprietario degli immobili staggiti dalla SICILCASSA a seguito del mancato pagamento del mutuo sopra menzionato, e S.C., socia accomandante della società Pasti Service di C.L. e c. sas, dichiarata fallita a seguito dell’inadempimento delle obbligazioni derivanti dal concordato preventivo. Il tribunale accertava l’inadempimento contrattuale dei convenuti e, in parziale accoglimento delle domande risarcitorie degli attori e dell’intervenuto Salvatore Cornelio, condannava i convenuti medesimi al pagamento in favore degli attori e di Salvatore Cornelio della sorte capitale di Euro 83.454,18 a titolo di risarcimento del danno derivato dell’esecuzione immobiliare subita per iniziativa della SICILCASSA; rigettava la domanda di S.C. e dichiarava inammissibile, perchè tardivamente proposta, la domanda riconvenzionale dei convenuti.

Adita con l’appello principale di Al.Co. e SO.RI.CO srl e con l’appello incidentale degli originari attori (sulla quantificazione del danno loro riconosciuto in primo grado), nella contumacia degli interventori C.S. e S.C., la Corte d’appello di Catania ribaltava la decisione di prime cure e – pur confermando l’inammissibilità, per tardività, della domanda riconvenzionale di risoluzione contrattuale proposta in primo grado dai promissari acquirenti accoglieva l’eccezione di inadempimento da costoro sollevata e rigettava tutte le domande proposte nei loro confronti degli attori e dagli interventori.

A fondamento della propria decisione la Corte argomentava che:

1) dal tenore del testo della scrittura 17.3.95 emergeva che le promittenti venditrici avevano dichiarato che il patrimonio della società le cui quote venivano promesse in vendita comprendeva beni mobili e immobili che in effetti erano invece di proprietà altrui;

2) la presenza dei suddetti beni nel patrimonio della SO.RI.CO srl costituiva qualità promessa della quota di partecipazione sociale promessa in vendita (e, successivamente, venduta);

3) che la mancanza della suddetta qualità promessa costituiva inadempimento delle venditrici idoneo a supportare l’eccezione di inadempimento degli acquirenti.

Avverso la sentenza della Corte etnea gli originari attori propongono ricorso per cassazione articolato in sei motivi.

La SO.RI.CO srl e gli eredi di Al.Co., deceduto dopo il deposito della sentenza di secondo grado, resistono con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per cassazione sia perchè notificato dopo il decorso del termine semestrale di cui all’art. 427 c.p.c., sia perchè notificato a Al.Co. presso il suo procuratore costituito in secondo grado, invece che ai suoi eredi. I contro ricorrenti propongono altresì ricorso incidentale su due motivi: con il primo motivo essi si dolgono della mancata condanna degli originari attori al risarcimento dei danni da lite temeraria ex art. 96 c.p.c.; con il secondo motivo, condizionato, essi lamentano che la Corte di appello avrebbe mancato di correggere l’errore in cui la sentenza di primo grado era incorsa trascurando il principio che l’onere del convenuto di provare il proprio adempimento sorge in concreto solo quando l’attore abbia offerto la prova del proprio diritto e del proprio adempimento.

Gli interventori C.S. e S.C., già contumaci nel giudizio di secondo grado, non si sono costituiti nemmeno in questa sede.

Nessuna delle parti ha depositato memorie.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza dell’8.3.16, nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno disattese le eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevate dai contro ricorrenti sia con riferimento alla dedotta tardività, sia con riferimento alla lamentata omissione della notifica agli eredi di Al.Co..

Sul primo punto, è sufficiente rilevare che il nuovo testo dell’art. 327 c.p.c. è stato introdotto dall’art. 46 (e non dall’art. 47, erroneamente richiamato nel controricorso) della L. n. 69 del 2009, cosicchè non trova applicazione la cit. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 bensì il comma 1 medesimo articolo, alla cui stregua, “Fatto salvo quanto previsto dai commi successivi, le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”. Nella specie, il giudizio è stato instaurato nel 2004 e pertanto il termine “lungo” per l’impugnazione era di un anno e non di sei mesi.

Sul secondo punto, è sufficiente richiamare l’approdo a cui le Sezioni Unite di questa Corte sono pervenute affermando, con la sentenza n. 15295/14, che l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione; con la conseguenza che deve giudicarsi ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi del primo comma dell’art. 330 c.p.c., presso il procuratore, alla parte deceduta, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento.

Passando all’esame dei motivi di ricorso, il Collegio osserva quanto segue.

Con il primo ed il secondo motivo – proposti congiuntamente in un unico corpo discorsivo, ancorchè rubricati separatamente con riferimento, il primo, alla violazione degli artt. 167, 189, 183 e 184 c.p.c. (nel testo, ratione temporis applicabile, anteriore alle modifiche entrate in vigore dal I marzo 2006) e, il secondo, al vizio di motivazione – i ricorrenti sostanzialmente denunciano l’errore in procedendo in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa accogliendo una eccezione di inadempimento che avrebbe, invece, dovuto giudicare inammissibile, perchè proposta dagli originari convenuti dopo il decorso del termine per propone eccezioni non rilevabili di ufficio. In particolare nel ricorso si evidenzia come l’esposizione delle ragioni dei convenuti svolta nella narrativa di fatto della sentenza gravata non riponi i contenuti della comparsa di costituzione e risposta a firma avv. Zappulla depositata dai convenuti (tardivamente) alla prima udienza di comparizione (14.1.05), bensì i contenuti della memoria di costituzione di nuovo difensore, a firma avv. Leone, depositata il 21.4.06, dopo il decesso dell’avv. Zappulla. I controricorrenti replicano che nel giudizio di primo grado essi avevano sollevato l’eccezione di inadempimento degli attori già nella comparsa di costituzione e risposta, mediante l’affermazione che le sigg.re I. e B. “avevano assunto l’obbligo di trasferire un immobile che mai hanno fatto prontezza di trasferire”.

I due motivi, da esaminare congiuntamente come congiuntamente sono stati esposti in ricorso, sono fondati.

La semplice lettura della comparsa di costituzione e risposta depositata dai convenuti nella prima udienza del giudizio di primo grado – trascritta a pag. 13 del ricorso per cassazione, in osservanza del principio di autosufficienza – rende palese che tale atto non conteneva nessuna delle argomentazioni menzionate nel riepilogo delle deduzioni dei convenuti svolto nella narrativa di fatto della sentenza gravata, e, in particolare, non conteneva alcuna eccezione di inadempimento. Nè può condividersi l’assunto, svolto a pag. 15 del controricorso, secondo cui tale eccezione, “esplicitata espressamente in corso di causa nella comparsa del 21.4.06”, era tuttavia già contenuta già nell’affermazione della comparsa di costituzione e riposta a firma avv. Zappulla secondo la quale le sigg.re I. e B. avrebbero “assunto l’obbligo di trasferire un immobile che mai hanno fatto prontezza di trasferire”.

Al riguardo va sottolineato che nella sentenza gravata non si fa alcun riferimento alla suddetta affermazione, in quanto vengono prese in considerazione solo le argomentazioni sviluppate nella memoria depositata il 21.4.06; nella specie, pertanto, non sussiste alcuna interpretazione della Corte di appello in ordine alle deduzioni svolte nella comparsa di costituzione e risposta depositata dai convenuti in primo grado il 14.1.05 (in relazione alla quale il sindacato di questa Corte sarebbe limitato al controllo di correttezza motivazionale, cfr. Cass. 7931/12) e, pertanto, compete a questa Corte verificare – esaminando direttamente gli atti processuali, come possibile in ragione della natura di error in procedendo del vizio denunciato – se, come prospettato dai contro ricorrenti, sia possibile ravvisare la proposizione di una eccezione di inadempimento nello stralcio sopra trascritto della comparsa di costituzione in primo grado dei convenuti. Il Collegio ritiene che tale verifica fornisca un esito negativo, in quanto l’eccezione di inadempimento, se non richiede l’adozione di forme speciali o formule sacramentali, postula pur sempre che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco, dall’insieme delle sue difese e detta volontà non emerge dal tenore complessivo della suddetta comparsa, la quale risulta centrata esclusivamente sulla asserita sproporzione tra le obbligazioni che le parti si assunsero con i contratti del 17 marzo e del 20 maggio 1995, dei quali in quella memoria viene chiesto non la risoluzione ma l’annullamento. In definitiva deve quindi concludersi che l’eccezione di inadempimento fu proposta dai convenuti solo con la memoria del 21.4.06, dopo lo spirare del termine di cui all’art. 180 c.p.c., nel testo ratione temporis applicabile, e quindi, trattandosi di eccezione in senso proprio, rimessa pertanto alla disponibilità ed all’iniziativa del convenuto e non rilevabile di ufficio (Cass. 11728/02), la Corte distrettuale ha errato nel ritenerla ammissibile ed accoglierla.

I primi due mezzi di ricorso vanno quindi in definitiva accolti.

Con i motivi dal terzo al sesto i ricorrenti svolgono le seguenti doglianze:

con il terzo, si deduce la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa nella interpretazione delle scritture contrattuali inter partes; con il quarto, si deduce il vizio di motivazione in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa ritenendo che la questione della mancanza di taluni cespiti nel patrimonio della società di cui era stata trasferita una quota partecipativa potesse essere proposta anche in difetto di uno specifico patto contrattuale;

con il quinto, si deduce la violazione degli artt. 1453 e 1455 c.c. in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa omettendo di comparare i contrapposti inadempimenti delle parti;

con il sesto, si deduce il vizio di motivazione in cui la Corte distrettuale sarebbe incorsa in ordine alla liquidazione dei danni derivati ai promittenti venditori dall’inadempimento dei promissari acquirenti.

Tutti tali motivi risultano assorbiti dall’accoglimento dei primi due.

Passando al ricorso incidentale, entrambi i motivi vanno dichiarati inammissibili: il primo perchè la doglianza relativa al mancato riconoscimento della responsabilità degli odierni ricorrenti ex art. 96 c.p.c. resta travolta dalla cassazione della statuizione della Corte distrettuale che ha accolto l’eccezione di inadempimento sollevata dagli odierni contro ricorrenti in sede di merito; il secondo perchè la critica mossa in detto motivo al ragionamento decisorio seguito dal giudice di primo grado (che, col ricorso incidentale condizionato, i contro ricorrenti lamentano essere stata trascurata nella sentenza qui gravata), può essere riproposta in sede di rinvio (sempre che sia stata dedotta come motivo di appello, cosicchè non si sia formato di un giudicato interno sul punto).

In definiva vanno accolti i primi due motivi del ricorso principale, dichiarati assorbiti gli altri, e va rigettato il ricorso incidentale.

PQM

La Corte, accoglie i primi due motivi del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Catania, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016

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