Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15050 del 17/07/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 15050 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

(OtIn

SENTENZA
sul ricorso 6744-2009 proposto da:

RUFFA DOMENICO C.F. RFEDMC57S22D589F, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli
avvocati ANTONIO CIVITELLI, GIOVANNI GIOVANNELLI,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
2224

contro

SAIPEM S.P.A. C.F. 00825790157, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

Data pubblicazione: 17/07/2015

,.

dell’avvocato ENZO MORRICO, che la rappresenta

e

difende, giusta delega in atti;
– controri corrente nonchè contro

GHIZZONI S.P.A.;

avverso la sentenza n. 339/2008 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 14/03/2008 R.G.N. 1897/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/05/2015 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato ROMEI ROBERTO per delega verbale
MORRICO ENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– intimata –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 14 marzo 2008, la Corte d’appello di Milano respingeva l’appello di Domenica
Ruffa (dipendente di Saipem s.p.a. che lo aveva trasferito con il ramo di azienda ceduto a
Ghizzoni s.p.a. il 27 novembre 2000) avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva

ramo ceduto.
A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva: l’effettiva preesistenza del ramo
d’azienda “Montaggi Terra Italia” (sulla base degli scrutinati elementi istruttori, tali da
escludere la dedotta operazione in frode alla legge 223/1991 e all’art. 47 1. 428/1990) al suo
trasferimento da Saipem s.p.a. a Ghizzoni s.p.a.; la corretta applicazione dell’art. 2112 c.c.,
nel testo precedente le modifiche apportate dal d.1g. 18/2001 in attuazione della direttiva
1998/50 CE e quindi dal (lig. 276/2003; l’inesistenza del vizio della procedura sindacale
precedente la cessione del ramo d’azienda per omessa comunicazione alla r.s.u. di Ghizzoni
s.p.a. (anche a prescindere dalla mancata deduzione delle sue ricadute sulla posizione dei
lavoratori), in difetto di prova di una sua costituzione presso la società. Ed infine escludeva
l’allegata estraneità del lavoratore al ramo ceduto, cui invece egli apparteneva per le mansioni
/

svolte di trattorista braccio laterali
e n funzione dei lavori di montaggio condotte o impianti nei
cantieri in Italia, in esso ricompre,si.
Con atto notificato il 11 e 14 marzo 2009 Domenica Ruffa ricorre per cassazione con quattro
motivi, cui resiste Saipem s.p.a. con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato
memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., mentre Ghizzoni s.p.a. è rimasta intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116
c.p.c., 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4 c.p.c., per erronea
assunzione, in difetto di prova, dell’effettiva preesistenza del ramo d’azienda (“costruzioni
terra Italia”) ceduto da Saipem s.p.a. a Ghizzoni s.p.a., sulla base dell’accordo sindacale 15
aprile 1999 di disciplina della CIGS contenente un riferimento ad un “settore costruzioni terra
Italia”, dell’ordine di servizio di nomina di un responsabile del ramo d’azienda in prossimità
della sua cessione e della perizia estimativa dei beni oggetto di trasferimento, con specifico

rigettato la domanda di illegittimità del trasferimento per contestazione dell’esistenza del

riferimento ad una “prospettiva” di autonomo ramo d’azienda, siccome elementi di
provenienza unilaterale pure inidonei, e per questo contestati, a fornire la prova della suddetta
effettiva preesistenza, a carico della parte datoriale.
Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1344 c.c., in
riferimento agli arti 1325, 1343 e 2112 c.c., in relazione all’ari 360, primo comma, n. 3 e n. 4

Italia” quale cessione di un’attività economica organizzata e non di un’eccedenza di personale
verso corrispettivo pattuito, in frode alla legge 223/1991 e all’art. 47 1. 428/1990 e per omessa
pronuncia su quanto devoluto, avendo la Corte territoriale, con succinta motivazione, limitato
il proprio esame ad una sola questione marginale (mancato trasferimento di tutti i contratti di
appalto in Italia), pure prospettata dubitativamente, senza neppure considerare quelle allegate
(diffusamente illustrate, per reiterazione del relativo motivo di impugnazione sub aa2,
trascritto a pgg. da 44 a 53 del ricorso), sintomaticamente deponenti per l’evidente illiceità
denunciata, avendo costituito il trasferimento dei lavoratori in eccedenza causa essenziale del
contratto ed esclusiva ragione del corrispettivo della cessione di attività, per il resto
inesistente.
Con il terzo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’ari 47 1. 428/1990, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per omissione ida Ghizzoni s.p.a. alle r.s.112
della comunicazione prevista da tale norma in ipotesi di trasferimento d’azienda e per difetto
di indicazione, nella comunicazione 13 ottobre 2000, delle conseguenze della cessione sui
rapporti di lavoro trasferiti anche in relazione alla procedura di riduzione di personale
immediatamente attivata per essi.
Con il quarto, il ricorrente deduce vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 5 c.p.c., per non avere la Corte territoriale adeguatamente spiegato le ragioni per
cui ha ritenuto (a pg. 4 della sentenza) non appartenere il lavoratore alle attività generali di
Saipem s.p.a., risultando così estraneo al preteso ramo d’azienda ceduto.
Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli arti 115, 116 c.p.c., 2697 e
2729 c.c., per erronea assunzione, in difetto di prova, dell’effettiva preesistenza del ramo
d’azienda (“Costruzioni terra Italia”) ceduto da Saipem s.p.a. a Ghizzoni s.p.a.,
inammissibile.

2

c.p.c., per erronea assunzione del trasferimento del preteso ramo d’azienda “costruzioni terra

Non si configura, infatti, il vizio di violazione di legge denunciato, posto che con esso il
ricorrente non deduce la violazione di una norma di diritto in senso proprio, per la mancanza
dei suoi requisiti peculiari, di sussunzione del fatto, accertato dal giudice di merito,
nell’ipotesi normativa (Cass. 28 novembre 2007, n. 24756), neppure mediante specificazione
delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si

dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina: così da prospettare criticamente
una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla
Corte regolatrice di adempiere al proprio compito istituzionale di verifica del fondamento
della violazione denunziata (Cass. 26 giugno 2013, n_ 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010;
Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).
Ma neppure sussiste l’ error in procedendo denunciato in relazione all’omesso accertamento di
difetto di preesistenza del ramo d’azienda ai sensi dell’art. 115 c.p.c. (pg. 30 del ricorso):
pertanto non integrante un vizio di attività, ma di valutazione del giudice.
Sicchè, il mezzo si risolve, in realtà, in una revisione critica del merito e nella contestazione
della valutazione probatoria, insindacabile in sede legittimità, in difetto di una denuncia dei
vizi logici di formazione del convincimento del giudice di merito (Cass. 16 dicembre 2011, n.
27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 marzo 2007, n.

assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita

5066),alla luce dell’argomentata ed esauriente motivazione offerta, esente da vizi logici e Ifiteppi«giuridici (a pgg. 2, 3 della sentenza);
Esso è comunque infondato, per l’effettiva preesistenza accertata dalla Corte territoriale, sulla
base degli elementi considerati (in particolare, a pgg. 2 e 3 della sentenza: accordo sindacale
15 aprile 1999, di disciplina della CIGS contenente un riferimento al “settore costruzioni terra
Italia”; ordine di servizio di nomina di responsabile del ramo d’azienda in prossimità della sua
cessione; perizia estimativa dei beni oggetto di trasferimento), di un ramo d’azienda
trasferibile. Con esso dovendosi intendere ogni entità economica organizzata in maniera
stabile, la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità: il che presuppone
comunque una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma (potendo conservarsi
solo qualcosa che già esiste) e non anche una struttura produttiva creata ad hoc, in occasione
del trasferimento o come tale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo,
dovendosi ritenere preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di

frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici ovvero di articolazioni non
autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza del rapporto
ad una entità economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalità; e ciò non soltanto ai
sensi dell’art. 2112, quinto comma c.c., come novellato dalla prima parte dell’art. 32 d.1g.
276/2003 (Cass. 15 aprile 2014, n. 8757; Cass. 27 maggio 2014, n. 11832; Cass. 4 dicembre

attuazione della direttiva 98/50 CE ed appunto del dig. 276/2003, come ritenuto ancora
recentemente da questa Corte (Cass. 24 ottobre 2014, n. 22688, alla cui argomentata
motivazione si rinvia), collocandosi la presente vicenda (parzialmente) traslativa nel
novembre 2000.
Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 1344 c.c., in riferimento
agli artt. 1325, 1343 e 2112 c.c., per erronea assunzione del trasferimento del preteso ramo
d’azienda “costruzioni terra Italia” quale cessione di un’attività economica organizzata e non
di un’eccedenza di personale verso corrispettivo pattuito, in frode alla legge 223/1991 e
all’art. 47 1. 428/1990, è infondato.
Ora, una tale prospettazione non è soltanto persuasivamente smentita dall’argomentazione
della Corte territoriale (a pg. 3 della sentenza), insindacabile in sede legittimità, ma è priva di
giuridico fondamento: non potendosi ravvisare un negozio in frode alla legge, né concluso per
motivo illecito, nella cessione di un ramo d’azienda ad un soggetto che, per le sue
caratteristiche imprenditoriali e in base alle circostanze del caso concreto, renda probabile la
cessazione dell’attività produttiva e dei rapporti di lavoro con finalità licenziamento
cessionario. Ed infatti, come questa Corte ha già avuto modo di ritenere, emerge dal
complesso delle elaborazioni della giurisprudenza e della dottrina che, per aversi frode alla
legge occorre: a) che la norma imperativa abbia natura non formale ma materiale, nel senso
che sia da essa enucleabile un precetto, non esplicitato, che vieti di raggiungere risultati
sostanzialmente equivalenti a quelli espressamente vietati; b) che vi sia identità di risultato fra
contratto espressamente vietato e contratto mezzo di elusione; c) che l’elusione sia svelata da
indici sintomatici. La frode alla legge opera come clausola generale di tipizzazione delle
condotte tenute in violazione di norme imperative: sicchè, per suo mezzo e dunque a seguito
del combinato disposto della norma imperativa speciale che pone il divieto e della norma
imperativa generale che sanziona la frode (art. 1344 c.c.), sono tipizzate non solo le violazioni

4

2012, n. 21711), ma anche nel testo anteriore alle modifiche apportate dal dig. 18/2001, in

••

dirette del precetto imperativo, ma anche le elusioni, gli aggiramenti, le violazioni mediate e
indirette, non apparenti e occulte del medesimo. Tuttavia, dal sistema di garanzie apprestato
dalla 1. 223/1991 non è possibile enucleare un precetto che vieti, ove siano già in atto
situazioni che possano portare agli esiti regolati dalla legge, di cedere l’azienda ovvero di
cederla solo a condizione che non sussistano elementi tali da rendere inevitabili quegli esiti.
Né un tale divieto è desumille dall’esame di un più ampio spettro di norme. Certamente,
l’evento della cessione di azienda è in grado di incidere fortemente sui diritti dei lavoratori, in
particolare sull’occupazione: e il legislatore ha predisposto, con gli artt. 2112 c.c. e 47 1.
428/1990, una serie di cautele (dalla previsione della responsabilità solidale del cedente con il
cessionario, in relazione ai crediti maturati dai dipendenti, all’intervento delle organizzazioni
sindacali), ma nessun limite, neppure implicito, ha posto alla libertà dell’imprenditore di
dismettere l’azienda sanzionandolo con l’invalidità o l’inefficacia dell’atto. E ciò dimostra
l’inconsistenza giuridica della tesi della nullità di una cessione che, lungi dal tendere alla
conservazione dell’azienda, si realizzi in condizioni e con modalità tali da renderne probabile
la dissoluzione. La validità della cessione non è pertanto condizionata alla prognosi
favorevole alla continuazione dell’attività produttiva, né di conseguenza all’onere del cedente
di verificare le capacità e potenzialità imprenditoriali del cessionario: trattandosi di un diritto
dell’imprenditore costituzionalmente garantito (art. 41 Cost.), non confliggente con altri diritti
costituzionali, considerato che i principi generali di tutela della persona e del lavoro non si
traducono nel diritto al mantenimento di un determinato posto di lavoro, essendo
costituzionalmente garantito il solo diritto di non subire un licenziamento arbitrario, come
affermato da Corte cost. n. 390/1999 e n. 56/2006 (Cass. 2 maggio 2006, n. 10108; conff.:
Cass. 20 marzo 2013, n. 6969; Cass. 26 gennaio 2012, n. 1085).
11 terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 47 1. 42811990, per
omissione da Ghizzoni s.p.a. alle r.s.u. della comunicazione prevista da tale norma in ipotesi
di trasferimento d’azienda e lacunosa comunicazione 13 ottobre 2000, è pure infondato.
La comunicazione in oggetto riguarda, infatti, le rappresentanze sindacali costituite nelle unità
produttive interessate, nonché le rispettive associazioni di categoria, cui, ove la cessione
riguardi un’azienda occupante più di quindici dipendenti, deve essere indirizzata per iscritto
almeno venticinque giorni prima: sicchè, il mancato adempimento dell’obbligo di
informazione costituisce comportamento contrario ai principi di correttezza e di buona fede,

5

•■

rilevante alla stregua di condotta antisindacale; mentre i lavoratori, avendo un interesse di
fatto al rispetto degli obblighi di comunicazione, non sono legittimati a far valere la carenza o
la falsità delle informazioni (Cass. 13 febbraio 2013, n. 3357; 13 novembre 2009, Cass. n.
24093; Cass. 22 agosto 2005, n. 17072).
Il quarto motivo, relativo a vizio di motivazione, per non adeguata spiegazione delle ragioni di

Esso è carente del momento di sintesi finale omologo al quesito, in violazione della
prescrizione, a pena di inammissibilità,

366bis c.p.c. E’ noto, infatti, che la

deduzione, nel ricorso per cassazione, di un vizio di motivazione della sentenza impugnata in
merito ad un fatto controverso, comporti l’onere, imposto dall’art. 366bis c.p.c., di indicare
chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per cui la motivazione sia insufficiente e che esso
debba essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche
formulandone al termine una sintesi riassuntiva, che costituisca un quid pluris rispetto alla sua
illustrazione così da consentire al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del
ricorso (Cass. 7 aprile 2008, n. 8897). E tale sintesi non si identifica con il requisito di
specificità del motivo, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., ma assume l’autonoma
funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza
logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della
decisione favorevole al ricorrente (Cass. 28 dicembre 2013, n. 28242; Cass. 8 marzo 2013, n.
5858; Cass. s.u. I ottobre 2007, n. 20603).
Inoltre, il mezzo si risolve nell’indebita sollecitazione di una revisione critica del merito e in
una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, insindacabile in sede di
legittimità, in difetto di denuncia di vizi logici di formazione del convincimento del giudice di
2

merito (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 marzo
2007, n. 5066), assenti nel caso di specie, per il corretto accertamento di fatto operato, con
motivazione congrua, in base al curriculum del lavoratore (in fattispecie analoga: Cass. 5
dicembre 2013, n. 27277), dalla Corte ambrosiana (a pg. 4 della sentenza).
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso, con la
regolazione delle spese di giudizio secondo il regime di soccombenza.

P.Q.M.

6

non appartenenza del lavoratore alle attività generali di Saipem s.p.a., è inammissibile.

La Corte
rigetta il ricorso e condanna Domenico Ruffa alla rifusione, in favore di Saipem s.p.a., delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 5.000,00 per
compenso professionale, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2015

Il Pre dente

legge.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA