Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15050 del 02/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 15050 Anno 2014
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 3345-2013 proposto da:
FALAPPA DANILO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
CASAL DE’ PAZZI 148, presso lo studio dell’avvocato
FELICIANI WALTER, rappresentato e difeso dall’Avvocato
LEONARDI RICCARDO giusta delega a margine;
– ricorrente –

2014
1749

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lq rappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/07/2014

avverso la sentenza n. 153/2011 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 02/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

riporta agli scritti;
udito per il controricorrente l’Avvocato VARONE che si
riporta agli scritti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato LEONARDI che si

RITENUTO IN FATTO.
l. A seguito di processo verbale di constatazione del
15.12.04, veniva notificato a Falappa Danilo, in data
12.8.05, un avviso di accertamento, con il quale
l’ufficio recuperava a tassazione, ai fini IRPEF per
l’anno di imposta 2002, i ricavi non dichiarati in relazione ad accrediti sui conti bancari intestati al contri2. L’atto impositivo veniva impugnato dal Falappa dinanzi
alla CTP di Macerata, che rigettava il ricorso.
3. L’appello avverso tale pronuncia, proposto dal contribuente, veniva, del pari, disatteso dalla CTR delle Marche, con sentenza n. 153/4/11, depositata il 2.12.11, con
la quale il giudice di seconde cure riteneva infondato
l’assunto dell’appellante circa la necessità, ai fini
della trasmissione dei dati e documenti acquisiti in sede
penale agli Uffici finanziari, dell’autorizzazione del
P.M., e reputava legittimo l’accertamento del maggior
reddito, operato dall’Amministrazione sulla base dei versamenti ingiustificati riscontrati sui conti bancari del
contribuente.
4. Per la cassazione della sentenza n. 153/4/11 ha, quindi, proposto ricorso Falappa Danilo affidato a quattro
motivi. L’agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 114,
125 e 329 c.p.p., 63, co. l del d.P.R. 633/72 e 33, co. 3
del d.P.R. 600/73, in relazione all’art. 360, co. l, n. 3
c.p.c.
1.1. Si duole, invero, il ricorrente del fatto che la CTR
abbia ritenuta legittimo e valido l’atto impositivo, nonostante l’Ufficio avesse utilizzato, ai fini dell’ accertamento tributario in discussione, gli atti di indagine raccolti dalla Guardia di Finanza nel procedimento penale n. 1870/02 RGNR, promosso, per gli stessi fatti,
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di An-

buente, ai sensi dell’art. 32 d.P.R. 600/73.

cona. Ed infatti, ad avviso del Falappa, a differenza
dell’ipotesi in cui la Guardia di Finanza opera sia come
polizia tributaria che come polizia giudiziaria, il presupposto indefettibile per l’utilizzabilità dei documenti, dei dati e delle notizie acquisiti in sede penale,
allorquando – come nella specie – i verbalizzanti operino
solo come organi di polizia giudiziaria, è costituito
dell’art. 63 del d.P.R. 633/72.
1.2. Nel caso concreto, peraltro, sebbene una sorta di
provvedimento autorizzatorio dell’organo giudiziario in
questione sussista, esso – risolvendosi nella laconica
locuzione “VNO, visto nulla osta” – sarebbe del tutto
privo di motivazione, in violazione di quanto prescritto
per i decreti penali dall’art. 125 c.p.p., e non sarebbe
stato neppure depositato nella segreteria del Pubblico
Ministero. Sicchè detto provvedimento non potrebbe consentire – anche in deroga al segreto istruttorio ex art.
329 c.p.p., come prevede l’art. 63 del decreto cit.
l’utilizzazione del materiale raccolto dalla polizia giudiziaria in sede di indagini penali.
1.3. Il motivo è infondato.
1.3.1. Va, difatti, osservato al riguardo che, sia in ma
teria di IVA che di imposte dirette, stante il dispost
dell’art. 33 del d.P.R. 600/73, l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, richiesta dall’art. 63, co. l, del
d.P.R. n. 633/72, per la trasmissione, agli Uffici delle
imposte, dei documenti, dati e notizie acquisiti dalla
Guardia di finanza nell’ambito di un procedimento penale,
è posta a tutela della riservatezza delle indagini penali, e non dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo o di terzi.
Ne discende che la sua mancanza, se può avere riflessi
anche disciplinari a carico del trasgressore, non tocca
l’efficacia probatoria dei dati trasmessi, nè implica
l’invalidità dell’atto impositivo adottato sulla scorta
degli stessi. L’autorizzazione in parola è stata, infatti, introdotta per realizzare una maggiore tutela degli

2

dall’autorizzazione del Pubblico Ministero, ai sensi

t

-3

_

interessi protetti dal segreto istruttorio (C. Cost.
51/92), piuttosto che per filtrare ulteriormente l’acquisizione di elementi significativi a fini fiscali (Cass.
11203/07; 27947/09; 27149/11).
1.3.2. Se ne deve necessariamente inferire – con riferimento al caso di specie – che la sussistenza di un decreto autorizzatorio, seppure non del tutto fornito dei rea fortio-

ri, comportare la dedotta invalidità dell’avviso di accertamento adottato dall’Ufficio sulla base del materiale
raccolto in sede penale.
1.4. La censura in esame va, di conseguenza, disattesa.
2. Con il secondo motivo di ricorso, il Falappa denuncia
la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, co. 7 1.
212/00, nonché dell’art. 111 Cost., in relazione all’art.
360, co. 1, n. 3 c.p.c.
2.1. La CTR avrebbe erroneamente disatteso l’eccezione
del contribuente, il quale aveva dedotto la violazione
del proprio diritto al contraddittorio, non avendo
l’Ufficio consentito al medesimo di attendere, prima di
emettere l’avviso di accertamento, il rilascio di copia
delle movimentazioni bancarie, poste a fondamento
dell’atto impositivo notificatogli. Senza la disponibilità di tale documentazione, invero, il Falappa non avrebbe
potuto agevolmente controdedurre alle contestazioni mossegli dall’Amministrazione finanziaria.
2.2. Il motivo è infondato.
2.2.1. Va osservato, infatti, che – in materia di imposte
sui redditi – l’Ufficio ha la facoltà, ma non l’obbligo,
di invitare il contribuente a fornire dati e notizie in
ordine agli accertamenti bancari, sicché, l’omissione di
tale invito non può determinare l’invalidità dell’accertamento induttivo sintetico operato dall’Amministrazione
finanziaria. Né può sostenersi che siffatta discrezionalità violi il diritto di difesa, ben potendo l’Ufficio
procedere al ritiro eventuale del provvedimento, nell’esercizio del potere di autotutela, in caso di osservazio-

quisiti formali previsti dalla legge, non può,

ni e/o giustificazioni successivamente proposte dall’interessato (Cass. 14675/06; 11624/13; 1857/14).
Sicchè è del tutto evidente che,

a fortiori, detta inva-

lidità dell’avviso di accertamento non può considerarsi
sussistente, nel caso in cui, sebbene invitato, il contribuente non si attivi nel fornire dati e notizie per
contrastare le risultanze degli accertamenti bancari
2.2.2. Orbene, nel caso di specie, è pacifico, e risulta
dall’impugnata sentenza, che il Falappa, regolarmente
convocato, non ha ottemperato all’invito a comparire
dell’Ufficio, per cui il preteso ritardo della banca a
rilasciare i documenti – ancora perdurante, stando al
contribuente, a distanza di numerosi anni dalla richiesta
– non può che considerarsi pretestuoso ed irrilevante,
come correttamente ha ritenuto il giudice di appello.
2.3. La censura va, pertanto, disattesa.
3. Con il terzo e quarto motivo di ricorso – che, per la
loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente
– Falappa Danilo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, co. l, n. 2 del d.P.R. 600/73, in relazione all’art.

360,

co.

l,

n.

3 c.p.c.,

nonché

l’insufficiente o contraddittoria motivazione su fatti
decisivi della controversia, in relazione all’art. 360,
co. l, n. 5 c.p.c.
3.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – a parere del ricorrente – nel ritenere applicabile la presunzione sancita
dalla norma di cui all’art. 32 co. l, n. 2) d.P.R. ad un
soggetto diverso dagli imprenditori e lavoratori autonomi, cui si riferisce la disposizione in questione, laddove adopera il termine “ricavi” (nella versione della norma applicabile ratione temporis) – anche quello di “compensi” (nella versione successiva alle modifiche introdotte dall’art. 1, co. 402 della 1. 311/04) – evidentemente riferibile solo a detti soggetti. Nell’anno 2002,
costituente oggetto dell’avviso di accertamento per cui è
causa, infatti, il Falappa non sarebbe stato né imprendi-

4

espletati dall’Ufficio.

- 5

tore – avendo cessato l’attività di impresa individuale
in data 31.12.98 – né lavoratore autonomo.
3.2. Del tutto errato sarebbe stato, poi, dedurre elementi di prova dall’esame dei conti intestati al Falappa ed
i suoi congiunti, essendo evidente che trattavasi di movimentazioni estranee alla formazione del reddito del
contribuente.
rare – sul piano motivazionale – che l’imputazione a redditi di capitale, delle risultanze dei versamenti sui
predetti conti bancari, avrebbe richiesto l’allegazione,
nell’atto impositivo, della fonte di tali redditi e, segnatamente, ove si fosse trattato di partecipazioni

SO –

cietarie, di quali società si trattasse.
3.4. I motivi sono infondati.
3.4.1. Ed invero, va osservato a tal riguardo che la norma di cui all’art. 32, co, l, n. 2) del d.P.R. 600/73
contiene una duplice previsione regolamentare, la cui
portata ed il cui significato è opportuno chiarire in via
preliminare.
La disposizione succitata contiene, invero, nella prima
parte, una disciplina di ordine generale – che difatti,
non a caso, è del tutto analoga a quella prevista, in materia di IVA, dall’art. 51, co. 2, n. 2 del d.P.R. 633/72
– consistente nel fatto che i “dati” e gli “elementi” acquisiti attraverso le indagini bancarie possono essere
posti a base degli accertamenti e rettifiche, di cui agli
artt. 38-41 del d.P.R. 600/73 (54 e 55 d.P.R. 633/72 per
l’IVA), se il contribuente non dimostra di averne tenuto
conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta, o che essi non hanno rilevanza allo stesso fine.
Nella seconda parte, riferibile al solo campo delle imposte dirette, la norma dell’art. 32 cit. prevede, inoltre,
la possibilità che i “prelevamenti” vengano equiparati ai
“ricavi o compensi” (l’aggiunta dei compensi è stata effettuata dalla succitata novella del 2004), ai fini delle
rettifiche ed accertamenti, ove il contribuente non ne

5

3.3. La CTR avrebbe, infine, omesso del tutto di conside-

indichi il “beneficiario”, e sempre che essi non risultino dalle scritture contabili.
3.4.2. Orbene, tra queste due diverse previsioni esistono
evidenti punti di contatto, rappresentati dal fatto che contemplando la disposizione succitata una presunzione
legale relativa, e non assoluta – in entrambi i casi il
potere impositivo può essere paralizzato in radice dalla
E tuttavia, siffatta dimostrazione deve diversamente articolarsi, a seconda che si tratti di “versamenti” sui
conti bancari, in ordine ai quali il contribuente deve
provare che questi ultimi sono registrati in contabilità
o che sono irrilevanti ai fini dell’imposizione, o di
“prelevamenti” dai conti, in relazione ai quali il medesimo deve dimostrare che sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili. Ed inoltre, considerato che, in materia, sussiste
l’inversione dell’onere della prova, alla presunzione di
legge (relativa) va contrapposta una prova specifica da
parte del contribuente, e non un’altra presunzione semplice, ovvero una mera affermazione di carattere generale, né è possibile ricorrere ad una valutazione equitativa (Cass. 18016/05; 25365/07; 16650/11; 13035/12).
3.4.3. La presunzione legale relativa posta dall’art. 32,
co. l, del d.P.R. n. 600/73, in altri termini, vincola
l’Ufficio tributario ad assumere per certo che i movimenti bancari effettuati sui conti correnti intestati al
contribuente siano a lui imputabili, senza che risulti
necessario procedere all’analisi delle singole operazioni, la quale è posta a carico del contribuente, in virtù
dell’inversione dell’onere della prova. Il contribuente
deve dimostrare, pertanto, che gli elementi desumibili
dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non
generica, ma analitica, con indicazione specifica della
riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia

6

prova contraria offerta dal contribuente.

estranea a

fatti

imponibili

(cfr.

Cass.

7766/08;

18081/10; 213939/13, con riferimento all’IVA).
3.4.4. Tanto premesso, non può revocarsi in dubbio che la
presunzione legale relativa alla summenzionata norma di
cui al alla prima parte del co. l, n. 2 dell’art. 32
d.P.R. 600/73 trovi applicazione anche ai soggetti diversi dagli imprenditori e dai lavoratori autonomi.
ste sui redditi, i dati e gli elementi risultanti dai
conti correnti bancari (cui fa rifermento la prima parte
del co. l, n. 2) dell’art. 32 d.P.R. 600/73) assumono
sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito
imponibile, se il titolare di detti conti – come dianzi
detto – non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi
dell’art. 32 cit., poiché questa previsione e quella di
cui all’art. 38 del medesimo d.P.R. hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura
dell’attività svolta e dalla quale quei redditi provengano.
3.4.4.2. Né può dedursi l’applicabilità dell’art. 32 cit.
ai soli soggetti che esercitino attività di impresa o di
lavoro autonomo dal riferimento testuale della disposizione ai “ricavi” ed alle “scritture contabili”, in quanto il dato letterale risulta limitativo unicamente della
possibilità per l’Ufficio di desumere reddito dai “prelevamenti”, giacché non può presumersi in via generale e
per qualsiasi contribuente la produzione di un reddito da
una spesa, a differenza che per imprenditori o lavoratori
autonomi, per i quali, invece, le spese non giustificate
– detratti i relativi costi comprovati dal contribuente possono ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti. L’utilizzo dei termini suddetti non può, dunque,
in alcun modo impedire all’ufficio di desumere per qualsiasi contribuente che i “versamenti” operati sui propri
conti correnti, e privi di giustificazione, costituiscano
reddito, dovendosi ritenere tale attività accertativa

7

3.4.4.1. Ed infatti, in tema di accertamento delle impo-

pienamente consentita dalla norma in esame e assolutamente ragionevole (Cass. 19692/11; 10578/11).
3.4.5. Se ne deve necessariamente inferire, con riferimento al caso concreto, che, essendo stati contestati al
Falappa – come si evince dall’ impugnata sentenza – non
il “prelevamenti”, bensì esclusivamente gli “accrediti”,
ovverosia i “versamenti” operati sui conti propri e dei
“l’invito a comparire dell’Ufficio”, la ripresa a tassazione degli stessi – in difetto di elementi di prova di
segno contrario da parte del contribuente – in quanto imputati a reddito di capitale, deve ritenersi pienamente
legittima.
3.4.6. A tal riguardo, va altresì rilevato che – contrariamente all’assunto del ricorrente – l’Ufficio erariale
non ha nessun obbligo di individuare (e, quindi, di provare) la fonte di produzione del reddito e, di conseguenza, di specificare quale delle fattispecie indicate nel
d.P.R. n. 917/86 sia produttiva dello stesso.
Ed infatti, non avendo il Falappa offerto prova alcuna
idonea a superare la presunzione di cui all’art. 32 del
d.P.R.

600/73,

la pretesa

del medesimo

relativa

all’asserita necessità di individuazione della fonte di
derivazione dei redditi imputati a “capitale” si palesa
assolutamente carente di interesse giuridico (art. 100
c.p.c.) in quanto le somme movimentate in detti conti
conservano sempre la presunzione della loro natura reddituale, dal momento che il contribuente non ha fornito la
prova, su di lui incombente, della natura non reddituale
delle stesse, ovvero del legittimo loro assoggettamento a
precedente prelievo fiscale (cfr. Cass. 1439/06).
3.4.7. Né può dubitarsi del fatto che in tema di poteri
di accertamento degli uffici finanziari devono ritenersi
legittime le indagini bancarie estese ai congiunti del
contribuente persona fisica, in quanto sia l’art. 32, n.
7, del d.P.R. n. 600/73, riguardo alle imposte sui redditi, che l’art. 51 del d.P.R. n. 633/72, riguardo all’IVA,
autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accer-

8

familiari, rimasti “privi di giustificazione”, nonostante

< - 9 - tamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente. Ed è del tutto evidente che siffatta ipotesi è senz'altro ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni ricongiunti (Cass. 18083/10; 26173/11). 3.5. Le censure in esame vanno, pertanto, disattese. 4. Per tutte le ragioni esposte, dunque, il ricorso proposto da Falappa Danilo non può che essere rigettato. 5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione; rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida in C 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 13.5.2014. scontrate sui conti correnti bancari intestati ai propri

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA