Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15042 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15042 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 16234-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega
2015

in atti;
– ricorrente –

1259

contro

DI CARA GIUSEPPA C.F. DCRGPP58P64G273B;
4

– intimata –

Data pubblicazione: 17/07/2015

i

Nonché da:
DI CARA GIUSEPPA C.F. DCRGPP58P64G273B, domiciliata
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato MANLIO GALLO, giusta delega in atti;

contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega
in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale avverso la sentenza n. 538/2009 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 22/04/2009 R.G.N. 189/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/03/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega verbale
GRANOZZI GAETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22.4.2009 la Corte di Appello di 13213, in riforma della sentenza di
primo grado , dichiarava che tra Poste italiane spa e Di Cara Giuseppa era intercorso un
rapporto a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto a termine
stipulato per esigenze eccezionali conseguenti a processi di ristrutturazione ex art. 8 del
0,1) LA- LeAA,10

c.c.n.l. del 1994

legprima indicatq in servizio e condannava le Poste al risarcimento del danno

commisurato a tutte le retribuzioni globali di fatto dalla data di messa in mora indicata in
motivazione ( 20.12.2004, data della notifica del ricorso di primo grado). La Corte
osservava che il termine doveva considerarsi nullo essendo stato il contratto stipulato
dopo il 30.4.1998, in assenza di disposizione derogatoria stabilita dalla contrattazione
collettiva ex art. 23 I. 56/87.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la società Poste Italiane, con sette motivi,
corredati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste l’intimatoti con controricorso che ha
proposto ricorso incidentale con un motivo ed ha anche depositato memoria ex art. 378
c.p.c.
Il collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente Poste spa deduce la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 1372, I comma, 1175, 1375, 2697
1427 e 1431 c. c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., assumendo l’erroneità della decisione in
ordine all’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso.
Deve rilevarsi, in ordine al primo motivo, come questa Corte abbia più volte affermato che
“nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un
termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per
mutuo consenso, è necessario che sia accertata — sulla base del lasso di tempo trascorso
dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto
dalle parti e di eventuali circostanze significative — una chiara e certa comune volontà delle
parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del
1

lavora

dopo il 30.4.1998; ordinava l’immediata riassunzione de

significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di
merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi
logici o errori di diritto” (v. Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass.
17-12-2004 n. 23554, Cass. 11-12-2001 n. 15621).
Tale principio va enunciato anche in questa sede, rilevando, inoltre che, come pure è
stato precisato, “grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo

certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v. Cass. 212-2002 n. 17070). Nella specie la Corte d’Appello ha osservato, con motivazione immune
da vizi logico giuridici, che nella specie non vi era stato alcun comportamento della
lavoratrice che potesse far presumere una sua acquiescenza alla risoluzione del rapporto
e che il solo decorrere del tempo tra la cessazione di quest’ultimo e la contestazione e
messa in mora da parte della lavoratrice non potesse essere in alcun modo interpretato
come volontà di accettazione della risoluzione per mutuo consenso.
Con il secondo motivo si allega la contraddittoria motivazione in ordine ad un punto
controverso e decisivo per il giudizio. La società aveva chiesto di accertare se il ricorrente
avesse svolto attività lavorativa dopo la cessazione del rapporto, accertamento che era
essenziale per verificare che il rapporto si fosse sciolto per mutuo consenso.
Il motivo è inammissibile per mancanza del cosidetto quesito di sintesi prescritto dall’art.
366 bis c.p.c. a pena di inammissibilità. Inoltre appare inammissibile in quanto non
sussiste alcuna carenza motivazionale posto che la Corte territoriale ha ampiamente
motivato in ordine alla genericità delle richieste istruttorie di Poste ( motivazione non
considerata nel motivo) e che, quindi, non è stata accertato lo svolgimento di alcun attività
lavorativa.
Con il terzo, si duole della violazione e della falsa applicazione dell’art. 23 I. 56/87, dell’art.
8 c.c.n.I del 1994, nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 16.1.1998, del 27
aprile 1998, del 2 luglio 1998 del 18.1.2001, in connessione con gli artt. 1362 c. c. e ss.,
sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., assumendo l’ efficacia non negoziale, ma
ricognitiva, degli accordi successivi e l’inesistenza di un diritto quesito dei lavoratori.

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consenso, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e

Con il quarto si allega l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio. Non erano stati considerati gli Accordi che avevano prorogato
l’efficacia dell’Accordo del 25.9.1997.
I due motivi vanno esaminati congiuntamente. Osserva il Collegio che la Corte di merito ha
attribuito rilievo decisivo alla considerazione che il contratto in esame è stato stipulato, per
esigenze eccezionali … – ai sensi dell’art. 8 del ccnI del 1994, come integrato dall’accordo

Tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa
Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al ccril del 2001 ed al d.lgs. n. 368
del 2001) – è sufficiente a sostenere l’impugnata decisione, in relazione alla nullità del
termine apposto al contratto de quo.
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione
alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del 1987, del potere di definire
nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962,
discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace
salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale
di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei
lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n.
21063, v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.
14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e
dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di
ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa
delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove, però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto
dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua

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aziendale 25 settembre 1997 – in data successiva al 30 aprile 1998.

inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre
Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e come va anche
qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo
sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e
con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno

trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile
1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la
ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in
forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n.
20608; Cass. 28-11-2008 n. 28450; Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979,
Cass. 18378/2006 cit.).
In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi precedenti, pur riguardanti la
interpretazione di norme collettive (cfr.. Cass. 29-7-2005 n. 15969, Cass. 21-3-2007 n.

11,_.

6703), va, quindi, confermata la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de
quo.

convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla

Né a diverse conclusioni può giungersi dall’esame dell’accordo del 18.1.2001, ovvero ‘

della disposizione di cui all’a rt. 25 del c.c.n.l. del 2001, pure invocati dalle Poste a sostegno
del proprio assunto.
Si ha riguardo ad un accordo — stipulato ad oltre due anni di distanza dall’ultima prorogache non potrebbe coprire mai il “vuoto” normativo creatosi nel periodo precedente, rendendo
legittimi comportamenti posti in essere in contrasto con norme imperative di legge. Ed in
ogni caso il nuovo accordo non potrebbe mai travolgere diritti già acquisiti nel patrimonio di
terzi nel periodo intermedio ( cfr. in termini Cass. n. 15331 del 7.8.2004).
Risulta, dunque, irrilevante il richiamo all’art. 25 del c.c.n.l. del 2001, sia perché esso si
riferisce chiaramente alle sole assunzioni da effettuare dopo l’entrata in vigore del nuovo
contratto, sia perché la possibilità di procedere ad assunzioni a termine” per esigenze di
carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione” è subordinata all’esito
di confronto con la controparte sindacale a livello nazionale ovvero a livello regionale, il
4

che, a ben vedere, conferma l’inesistenza di qualsiasi pregresso accordo generale per tale
. tipo di assunzioni.
Con il quinto si denunzia la violazione ed erronea applicazione degli artt. 1206, 1207,
1217, 1218 c.c. 1219, 1223, 2099, 2697 c.c.: il ricorrente aveva diritto alla retribuzioni
comunque solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio in quanto il diritto alla

Con il sesto motivo si allega l’omessa e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto
controverso per il giudizio in quanto era stata rigettata l’istanza istruttoria per stabilite
l’aliunde perceptum senza motivazione idonea.
Infondato appare il quinto motivo: dalla stessa giurisprudenza citata dalle Poste ( cass. n.
15331/2004, cass. n. 13136/2000) ormai consolidata emerge che spetta il diritto alla
retribuzioni dal momento in cui è stata offerta la prestazione, il che la Corte territoriale ha i.
accertato essere avvenuto con la richiesta nelle date indicate in motivazione, con le quakt
è avvenuta la messa in mora del datore di lavoro con l’offerta delle prestazioni e pertanto
si muovono censure inammissibili di fatto tendenti ad una “rivalutazione” dell’accertamento
di merito già effettuato; il quesito sviluppato a pag. 29 appare comunque del tutto inidoneo
in quanto generico e senza alcun riferimento alla fattispecie concreta ( per
l’inammissibilità di tale quesito cfr. cass. n. 17974/2011). Pertanto il motivo appare
inammissibile sotto il duplice profilo prima esposto.
Anche il successivo motivo appare inammissibile posto che manca il quesito di sintesi
previsto a pena di inammissibilità all’art. 366 bis c.p.c..
Con l’ultimo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219,
1223, 1227, 2099 e 2697 c.c. La liquidazione del danno doveva essere limitata alla luce
dell’aliunde perceptum e dell’inerzia del lavoratore.
Il motivo appare inammissibile in quanto non è stata accertato alcun aliunde percpetum e
non viene indicata la durata della pretesa inerzia del lavoratore. Inoltre il quesito di diritto a
pag. 32 appare inammissibile in quanto privo di correlazione con la fattispecie in esame.
Infine, osserva il Collegio che, con la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la società
ricorrente, invoca, in via subordinata, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato
5

retribuzione postula l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.

dall’art. 32, commi 5 0 , 6° e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore dal 24
novembre 2010.
Orbene, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter
applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia
retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione
ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070). Tale condizione
non sussiste nella fattispecie, benché, con sentenza della Corte Costituzionale n.
303/2011 siano state dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge 4 novembre 2010, n. 183 sollevate, con riferimento
agli artt. 3, 4, 11, 24, 101, 102, 111 e 117, primo comma, della Costituzione. Ed invero, i
motivi dedotti in relazione alla quantificazione del risarcimento sono stati dichiarati
inammissibili, il che preclude ogni esame della questione.
Il ricorso incidentale ( violal;one degli artt. 115 e 420 c.p.c.) va dichiarato inammissibile in
quanto non corredato dal necessario quesito di diritto..
Pertanto vanno riuniti i ricorsi. Va rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile
l’incidentale. Va condannatq, la società Poste al pagamento dei due terzi delle spese del
giudizio di legittimità ( tenuto conto della guaii maggior soccombenza delle Poste) e
compensaira le parti il residuo terzo, spese liquidate per l’intero di complessive euro
3.500,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
La Corte: riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile
l’incidentale. Condanna la società Poste al pagamento dei due terzi delle spese del
giudizio di legittimità e compensa tra le parti il residuo terzo, spese liquidate per l’intero di
complessive euro 3.500,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in ROMA, il 17.3.2015

della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di

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