Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15042 del 16/06/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 16/06/2017, (ud. 26/05/2017, dep.16/06/2017),  n. 15042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4966/2013 R.G. proposto da:

Comune di Palermo, rappresentato e difeso dall’Avv. Angela

Provenzani, elettivamente domiciliato in Palermo alla piazza Marina

n. 39 presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, per procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Acqua Marcia Turismo s.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Angelo Cuva e Giovanni Palmeri, presso lo studio di quest’ultimo

elettivamente domiciliata in Roma alla piazza del Fante n. 2, per

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia n. 84/29/12 depositata il 19 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26 maggio

2017 dal Consigliere Dott. Enrico Carbone.

Letta la memoria depositata dalla controricorrente, che insiste per

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

– In relazione a cartella di pagamento notificata ad Acqua Marcia Turismo s.p.a. quale proprietaria dell’albergo “(OMISSIS)” per la TARSU anno 2008, il Comune di Palermo ricorre per cassazione con due motivi avverso la conferma in appello dell’annullamento di primo grado.

– La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura, in quanto non rilasciata dal sindaco; l’eccezione è infondata, poichè il mandato è sottoscritto dal vicesindaco, organo vicario (D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 53, comma 2), senza che rilevi la specificità dell’impedimento del sindaco, fatto interno dell’ente (così, per la procura conferita dal vicepresidente della provincia, Cass. 6 aprile 2010, n. 8220, Rv. 612851).

– Il primo motivo di ricorso denuncia violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, per aver il giudice d’appello ritenuto illegittima la Delib. Comunale che ha differenziato la tariffa degli esercizi alberghieri da quella delle civili abitazioni; il motivo è fondato, poichè la Delib. Comunale che approvi per gli esercizi alberghieri una tariffa TARSU anche notevolmente superiore a quella delle civili abitazioni è legittima, essendo un dato di comune esperienza che tali esercizi abbiano una maggiore capacità produttiva di rifiuti (Cass. 12 marzo 2007, n. 5722, Rv. 596608; Cass. 3 agosto 2016, n. 16175, Rv. 640649; Cass. 7 dicembre 2016, n. 25214, Rv. 642030).

– La controricorrente solleva eccezione di incostituzionalità del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, che, così interpretato, violerebbe i princìpi costituzionali di uguaglianza e capacità contributiva; l’eccezione è manifestamente infondata, poichè la norma, come interpretata, non autorizza l’ente impositore a ignorare l’indice di produttività dei rifiuti, semmai gli consente di esercitare una potestà regolamentare differenziata per categorie e sottocategorie di attività, in base a verificabili dati di comune esperienza.

Nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1, la società propone istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per l’interpretazione dell’art. 15 direttiva 2006/12/CE e dell’art. 14 direttiva 2008/98/CE, con riferimento al D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 65, 68 e 69; i presupposti del rinvio non sussistono, in quanto la norma comunitaria rappresenta acte clair, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia formatasi proprio in tema di esercizi alberghieri; il principio comunitario “chi inquina paga”, espresso dall’art. 15 direttiva 2006/12/CE e dall’art. 14 direttiva 2008/98/CE, pone il costo di smaltimento dei rifiuti a carico del produttore o detentore, ma non impedisce al diritto nazionale di differenziare il calcolo della tassa di smaltimento per categorie di utenti, spettando al giudice interno accertare che alle singole categorie non siano imposti “costi manifestamente non commisurati” (Corte giust. 16 luglio 2009, C-254/08, Futura Immobiliare), spettando cioè al giudice interno verificare la concreta osservanza del principio di proporzionalità (Corte giust. 18 dicembre 2014, C-551/13, Setar); il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia presuppone il dubbio interpretativo, essendo il rinvio inutile quando – come nella specie – l’interpretazione della norma comunitaria sia autoevidente o il senso della stessa sia stato già chiarito da precedenti pronunce della Corte di giustizia (Cass., sez. un., 24 maggio 2007, n. 12067, Rv. 597142); non rileva quindi il profilo applicativo “di fatto”, che resta affidato al giudice nazionale, laddove – come nella specie – non involga un’interpretazione generale ed astratta (Cass. 24 marzo 2014, n. 6862, Rv. 630701).

Il secondo motivo di ricorso denuncia omessa pronuncia, per aver il giudice d’appello pretermesso la censura rivolta alla sentenza di primo grado riguardo la violazione del principio di autonomia degli anni d’imposta; il motivo è assorbito, poichè l’accoglimento dell’altro determina il rigetto dell’impugnazione della cartella.

Il ricorso deve essere accolto nel primo motivo, assorbito il secondo; non essendo necessari accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, col rigetto dell’impugnazione della cartella; compensate per i gradi di merito in ragione dell’esito difforme, le spese sono liquidate in base a soccombenza per il giudizio di legittimità.

PQM

 

Accoglie il ricorso quanto al primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e – decidendo nel merito – rigetta l’impugnazione della cartella di pagamento; compensa le spese dei gradi di merito e condanna la società controricorrente a rifondere al Comune di Palermo le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2017

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