Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15041 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15041 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 12985-2014 proposto da:
SOIL GEO S.R.L. IN AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA P.I.
04146560828, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FOLIGNO 10, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO
ERRANTE, rappresentata e difesa dall’avvocato
2015

ALESSANDRO DUCA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

875

contro

TROIA ANTONINO;
– intimato –

Data pubblicazione: 17/07/2015

avverso la sentenza n. 601/2014 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 20/03/2014 r.g.n. 64/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;

Generale Dott. FRANCESCA CERONI, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

R.G. 12985/2014
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con nota del 23-10-2012 la Soil Geo s.r.1., in amministrazione giudiziaria,
comunicava a Troia Antonino che “…a seguito del decreto n. 86/2012 del

d.lgs. n. 159/2011, il rapporto di lavoro instaurato” con lo stesso doveva
“intendersi risolto con effetto immediato a far data dal 19-10-2012”.
Il detto provvedimento espulsivo veniva impugnato dal Troia e il Giudice
del lavoro del Tribunale di Palermo, con ordinanza del 2-5-2013, in
accoglimento del ricorso, disponeva la reintegrazione del lavoratore e
condannava la detta amministrazione giudiziaria al pagamento delle
retribuzioni dal licenziamento all’effettiva reintegra.
Con sentenza in data 6-12-2013 il giudice, in parziale accoglimento
dell’opposizione proposta ex art. 1 commi 51 e ss. 1. n. 92/2012 dalla Soil Geo
s.r.1., confermata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra le parti e
ritenuto il licenziamento carente di motivazione oltre che inosservante del
procedimento disciplinare, dichiarava l’inefficacia del licenziamento stesso e
nel contempo dichiarava risolto il rapporto di lavoro e condannava la società
opponente al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata a 12
mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre al rimborso delle spese
processuali.
Avverso la detta sentenza la Soil Geoo s.r.l. proponeva reclamo, il Troia
si costituiva ed in via incidentale chiedeva la riforma della sentenza di primo
grado nella parte in cui aveva negato il diritto alla reintegrazione.

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Tribunale di Palermo, Sezione Misure di Prevenzione, ai sensi dell’art. 56

La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza depositata il 20-3-2014, in
parziale riforma della pronuncia di primo grado riduceva l’indennità
risarcitoria dovuta dalla Soil Geo s.r.l. al Troia Antonino a otto mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto, confermando nel resto l’impugnata

società a pagare al Troia il restante terzo.
In sintesi la Corte territoriale, qualificato come licenziamento l’atto
risolutivo comunicato in data 23-10-2012 e ritenuta corretta la lettura della
fattispecie operata dal primo giudice, il quale, una volta disattesa la legalità
formale del provvedimento espulsivo, per essere lo stesso privo di motivazione
oltre che inosservante delle garanzie disciplinari, aveva, nondimeno, rinvenuto
la sussistenza di una circostanza oggettiva, impeditiva all’ulteriore
prosecuzione del rapporto di lavoro, nella previsione dell’art. 35 comma 3 del
d.lgs. n. 159/2011, affermava che, al di là del pur discutibile inquadramento del
licenziamento de quo nell’ambito del licenziamento ontologicamente
disciplinare, appariva senz’altro integrata la violazione dell’obbligo di
motivazione che legittimava l’applicazione del disposto di cui all’art. 18
comma 6 1. 30/70 nel testo novellato dall’art. 1 comma 42 della 1. n. 92/2012.
La Corte, poi, accoglieva in parte il reclamo della società, rilevando che nella
specie la determinazione dell’indennità risarcitoria nella misura massima era
stata fatta in considerazione del fattore della violazione delle garanzie
disciplinari, le quali, però, non erano invocabili nel caso in esame caratterizzato
dalla fonte iure imperii del fatto risolutivo occorso, per cui, tenendo conto delle
altre circostanze t la detta indennità andava ridotta ad otto mensilità.

2

sentenza, compensando per 2/3 le spese di entrambi i gradi e condannando la

Per la cassazione di tale sentenza la Soil Geo s.r.l. ha proposto ricorso con
due motivi.
Il Troia è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE

inammissibilità del giudizio per difetto di giurisdizione ai sensi degli artt. 57 e
ss. del d.lgs. n. 159/2011, ed all’uopo rileva che la Soil Geo s.r.l. è in
amministrazione giudiziaria giusta provvedimento del Tribunale di Palermo,
Sezione misure di prevenzione, del 20-7-2012, reso ai sensi della normativa
antimafia, con conseguente temporaneo difetto di giurisdizione del giudice
civile ordinario, tale da rendere improponibile od improseguibile la domanda,
dovendo applicarsi la specifica e dettagliata procedura, prevista dagli artt. 57 e
ss. del citato d.lgs., per l’accertamento dei crediti dei terzi interamente devoluta
al Tribunale che ha emesso il provvedimento di sequestro.
Il motivo è inammissibile.
Come è stato precisato da questa Corte, infatti, “è inammissibile
l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità, stante il giudicato implicito formatosi sulla pronuncia di merito, ove
la questione non sia stata sollevata nei gradi anteriori di giudizio” (v. Cass. 269-2013 n. 22097, Cass. 10-7-2013 n. 17056, Cass. S.U. 22-4-2013 n. 9693).
Nel caso in esame sia in primo che in secondo grado la causa è stata decisa
nel merito e la questione del temporaneo difetto di giurisdizione risulta
sollevata per la prima volta in questa sede, di guisa che il motivo deve ritenersi
inammissibile.

3

Con il primo motivo la ricorrente denuncia improcedibilità ed

Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 35 e 56 del
d.lgs. 159/2011 e dell’alt 18 I. n. 300/1970, la ricorrente, in sostanza, lamenta
che la Corte territoriale ha violato la normativa del codice antimafia, in quanto,
pur riconoscendo la natura speciale e di ordine pubblico della stessa (“stante la

ritenuto nella specie violato l’art. 2 della 1. n. 604/1966 e inapplicabile l’art. 56
del d.lgs. n. 159/2011.
In particolare la ricorrente rileva che tale ultima norma trova applicazione
anche ai rapporti di lavoro ed in specie a quei rapporti che in virtù della
previsione di cui all’art. 35 dello stesso d.lgs., non possono essere proseguiti,
per cui l’amministratore giudiziario può risolverli, come è avvenuto nel caso in
esame, su autorizzazione del Giudice.
Tale motivo è fondato, come di seguito, e tanto basta per accogliere il
ricorso.
Il d.lgs. n. 159/2011 (Codice antimafia) all’art. 41, comma 4, stabilisce
che “I rapporti giuridici connessi all’amministrazione dell’azienda sono
regolati dalle norme del codice civile, ove non espressamente disposto” e
all’art. 56, (“Rapporti pendenti”) dispone che “1. Se al momento
dell’esecuzione del sequestro un contratto relativo al bene o all’azienda
sequestrata è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le
parti, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando l’amministratore
giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare
nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero
di risolvere il contratto, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto
il trasferimento del diritto.”
4

fonte iure imperii del fatto risolutivo occorso nella vicenda in esame”) ha

Lo stesso d.lgs. all’art. 35 comma 3 stabilisce, poi, che “Non possono
essere nominate le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto,
il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, ne’ le persone
condannate ad una pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai

stesse persone non possono, altresì, svolgere le funzioni di ausiliario o di
collaboratore dell’amministratore giudiziario.”
Essendo evidente il carattere speciale della normativa e la finalità di
ordine pubblico, che non può che comprendere tutti i contratti relativi al bene e
all’azienda sequestrata, nonché tutti i rapporti di collaborazione con le persone
indicate, deve affermarsi la applicabilità della normativa speciale anche ai
rapporti di lavoro, per i quali, quindi (al di là di quanto previsto dalla normativa
ordinaria, che resta applicabile “ove non espressamente disposto”), è prevista,
tra l’altro, una risoluzione del rapporto con recesso da parte
dell’amministratore giudiziario, autorizzato dal giudice, nei confronti dei
soggetti indicati dall’art. 35.
In tal caso è la stessa legge speciale che, in ragione della finalità di ordine
pubblico, prevede la giustificazione del licenziamento, che, del resto, non ha
natura disciplinare.
Orbene la Corte di merito, nella fattispecie, seppure correttamente ha
ritenuto “la fonte iure imperii (recte: di ordine pubblico) del fatto risolutivo
occorso” ed ha escluso la applicabilità delle garanzie proprie del licenziamento
disciplinare, erroneamente non ha applicato compiutamente la normativa
speciale ed erroneamente ha ritenuto che nella specie è stato violato l’obbligo

5

pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione. Le

di specificazione dei motivi del licenziamento, previsto dall’art. 2 della legge n.
604 del 1966 (nel testo vigente).
Seppure, infatti, deve convenirsi sulla applicabilità di tale obbligo
(costituente comunque principio generale in materia di licenziamenti) anche al

risulta soddisfatto.
Con la lettera di recesso, come si legge nella sentenza, l’Amministratore
giudiziario ha, infatti, comunicato al Troia Antonino (figlio di Troia Sergio, nei
confronti del quale era stato iniziato il procedimento di prevenzione), che “a
seguito del Decreto n. 86/2012 del Tribunale di Palermo, Sezione misure di
prevenzione, ai sensi dell’art. 56 d.lgs. n. 159/2011, il rapporto di lavoro” con
lo stesso “instaurato dalla Soil Geo s.r.l.” doveva “intendersi risolto con effetto
immediato a far data dal 19-10-2012”.
Orbene ritiene il Collegio che tale richiamo alla procedura e al decreto del
Tribunale (che, richiamato il disposto dell’art. 35 del citato d.lgs. e le persone
ivi indicate, aveva ordinato all’Amministratore di “rimuovere da qualsiasi
incarico o comunque compito tutti i soggetti che rivestano tali
caratteristiche…”), risulta senz’altro sufficiente al fine della specificazione dei
motivi del licenziamento, non essendo di certo tenuto l’Amministratore ad
esporre analiticamente e dettagliatamente tutti gli elementi di fatto e di diritto
posti a base del recesso (e tanto meno la evidente stretta parentela con il
soggetto destinatario della procedura).
In tali sensi, va quindi, accolto il ricorso.
L’impugnata sentenza va pertanto cassata e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, dovendo ritenersi legittimo ed efficace il recesso
6

recesso de quo, nel caso in esame, a ben vedere, il detto obbligo in effetti

de quo, la causa, ex art. 384, comma secondo, c.p.c., va decisa nel merito con il
rigetto della domanda introduttiva del Troia.
Infine, in considerazione della novità delle questioni e dell’esito delle fasi
di merito, ricorrono i presupposti per compensare le spese dell’intero processo

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel
merito, rigetta la domanda introduttiva del Troia, compensa le spese dell’intero
processo.
Roma 19 febbraio 2015
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

fra le parti.

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