Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15041 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15041 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 21678-2008 proposto da:
STELVIO 91 SCARL IN LIQUIDAZIONE in persona del
Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DELLA SCROFA

57,

presso lo studio

dell’avvocato PIZZONIA GIUSEPPE, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati ZOPPINI GIANCARLO,
RUSSO CORVACE GIUSEPPE giusta delega a margine;
– ricorrente
contro
AGENZIA DELLE

ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 02/07/2014

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente avverso la sentenza n. 53/2007 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 15/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

NAPOLITANO;
udito per il ricorrente l’Avvocato RUSSO CORVACE che
ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato ZERMAN che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 08/05/2014 dal Consigliere Dott. LUCIO

Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate — Ufficio di Monza 2 — sulla base di segnalazione

R.G.N.
21678/2008

della Direzione Strategie di controllo del dipartimento delle Entrate notificò
alla Stelvio 91 s.c.a.r.l. in liquidazione questionario, con il quale la società fu
invitata a produrre documentazione contabile inerente all’anno d’imposta

Non avendo la società dato seguito al questionario, l’Ufficio, per quanto qui
rileva, notificò ad essa il 14 novembre 2003 atto con il quale accertava

“redditi inferiori alla media (lista C)”, cui conseguiva una maggiore Irpeg
per € 16.510,09, una maggiore Irap per € 1.896,43, nonché una maggiore Iva
per € 9.056,07, con contestuale irrogazione di sanzioni per € 24.765,14.
La società impugnò l’avviso di accertamento dinanzi alla CTP di Milano
sulla base di tre motivi (esercizio della pretesa impositiva in forza
dell’applicazione di strumenti presuntivi di natura matematico — statistica per
la determinazione del maggior reddito, non applicabili a casi come quello in
oggetto; difetto di motivazione dell’avviso di accertamento per omessa
allegazione degli atti richiamati; infondatezza, nel merito, della pretesa
fiscale).
La CTP adita rigettò il ricorso. La pronuncia, appellata dalla società, fu
confermata dalla CTR della Lombardia con sentenza n. 53/40/07, depositata
il 15 giugno 2007.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la società, affidando il gravame
a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1998.

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia il vizio di nullità della sentenza
impugnata, nella parte in cui, confermando la decisione impugnata, ha
respinto il primo motivo d’appello della società, per difetto assoluto di
motivazione, ai sensi degli artt. 1 2° comma, 36 2° comma n. 4 del D. Lgs. n.
546/1992, dell’art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia il vizio di violazione dell’art.
42 del D.P.R. n. 600/1973, per avere erroneamente la sentenza impugnata
ritenuto soddisfatto il requisito della motivazione dell’avviso di accertamento,
in quanto emesso senza allegare i documenti in esso citati dai quali derivano i
dati ivi esposti (la c.d. lista “C” e le risultanze dell’Anagrafe tributaria).
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio d’insufficiente / illogica
motivazione in ordine a fatto controverso e decisivo per il giudizio,
lamentando che, nella parte in cui la sentenza impugnata asserisce che “nel
merito, la presunzione semplice formulata dall’ufficio non è stata superata
dalle prove contrarie fornite dal contribuente, che non ha provato in concreto
con quali modalità operava la società e l’eventuale insussistenza del reddito”,
essa sarebbe incorsa nell’apodittica valutazione dei documenti probatori
prodotti dalle parti.
4.

Nell’illustrazione del primo motivo, la ricorrente assume che,

disattendendo il motivo di gravame con il quale la società aveva ribadito
l’illegittimità dell’accertamento in quanto fondato su studi di settore, che non
potevano trovare applicazione, giusta l’art. 10 della L. 8 maggio 1998, n. 146
ed il d.m. 30 marzo 1999, nei confronti di società consortili e consorzi
operanti esclusivamente a favore delle imprese socie o associate, limitandosi
ad affermare che “è

palese che l’accertamento non trae origine
4

360 1° comma n. 4 c.p.c.

dall’applicazione degli studi di settore ma ex art. 39 comma 20 d.p.r. 600/73
attivato dalla mancata risposta agli inviti disposti dall’Agenzia delle
Entrate”, la sentenza impugnata della CTR sarebbe incorsa nel vizio
denunciato di carenza assoluta di motivazione, risolvendosi la stessa in una
motivazione meramente apparente.

Non sussiste, infatti, il denunciato error in procedendo quanto all’ipotizzata
assoluta carenza di un elemento imprescindibile contenutistico della
decisione, quale quello della “succinta esposizione dei motivi in fatto e
diritto” della decisione, come recita l’art. 36 2° comma n. 4 del D. Lgs. n.
546/1992, con formula quasi analoga a quella dell’art. 132 n. 4 c.p.c., poiché
il giudice di merito ha in realtà espresso, sia pure in modo succinto, la ragione
del proprio convincimento, ritenendo sufficiente ad escludere che nella
fattispecie in esame l’accertamento fosse stato basato sull’applicazione di
studi di settore, la circostanza, incontroversa in fatto, che l’accertamento fosse
stato originato dalla mancata risposta della società al questionario inviato
dall’Amministrazione finanziaria, con il quale le si richiedeva la trasmissione
di documentazione contabile relativamente all’anno d’imposta 1998, ciò
comportandone la qualificazione come accertamento induttivo, ex art. 39 2°
comma del D.P.R. n. 600/1973.
5. Il terzo motivo va esaminato con priorità rispetto al secondo, in quanto
basato su ragione più liquida.
5.1. In primo luogo il collegio ritiene che debba essere superata l’eccezione
d’inammissibilità della difesa erariale sotto il profilo della carenza di
autosufficienza del relativo motivo di ricorso, in quanto la mancata formale
indicazione dei documenti, dei quali si lamenta l’omessa considerazione in
5

4.1. Il motivo è infondato e va disatteso.

relazione al denunciato vizio motivazionale, è sopperita dalla precisa
indicazione (pagg. 23-25 del ricorso) dei dati necessari al reperimento degli
stessi ed alla loro individuazione. Si tratta, in effetti, come indicato, dell’atto
costitutivo e dello statuto della società consortile, già prodotti in all. 1 alla
memoria del 10.11.2004 nel giudizio di merito, e riprodotti quali all. 7 e 8 alla

Ciò è sufficiente, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass.
civ. sez. unite 3 novembre 2011, n. 22726 con specifico riferimento al
principio di autosufficienza del ricorso avverso sentenza di Commissione
tributaria regionale) a soddisfare l’onere di cui all’art. 369 2° comma n. 4
c.p.c.
Trattandosi inoltre di documenti, la cui produzione poteva essere effettuata
anche in appello, ex art. 57 2° comma del D. Lgs. n. 546/1992, la pronuncia
del giudice di primo grado di non tenere conto dei documenti che sarebbero
stati prodotti, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, tardivamente
rispetto al disposto dell’art. 32 dello stesso decreto, non necessitava di
specifico motivo di gravame, essendo sufficiente, affinché il giudice d’appello
potesse valutarli, che essi fossero prodotti contestualmente al deposito del
ricorso in appello.
5.2. Ciò premesso, il motivo è fondato e va accolto.
Parte ricorrente lamenta la mancata considerazione dei citati documenti, in
quanto comportante omessa ed insufficiente motivazione su fatto controverso
(il conseguimento da parte della società di utili superiori rispetto a quelli
dichiarati per lire 78.574.000, inferiori alla media dei redditi d’impresa)
decisivo per il giudizio, quanto alla fondatezza nel merito della pretesa
impositiva contestata dalla contribuente.
6

produzione documentale allegata al ricorso per cassazione.

È noto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la mancata
considerazione di un documento si traduce in vizio di motivazione della
sentenza impugnata, rilevabile in sede di legittimità, se ed in quanto comporti
un’omessa o insufficiente motivazione della sentenza stessa su un punto
decisivo della controversia (cfr. Cass. civ. sez. III 30 maggio 2002, n. 7923;

essere riferito pure alla formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. nel testo
applicabile ratione temporis alla presente controversia (per quanto qui rileva
motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio),
atteso che nella fattispecie in esame, come ben rappresentato dalla ricorrente
nella formulazione del conclusivo quesito di fatto richiesto ex art. 366 bis
c.p.c., norma anch’essa ancora applicabile, ratione temporis, al presente
giudizio, proprio i succitati documenti (atto costitutivo e statuto della società
consortile) potevano in astratto ritenersi idonei a dimostrare che la ricorrente,
in quanto società consortile senza scopo di lucro che ha agito in conformità al
suo scopo istituzionale (circostanza in fatto non contestata) non poteva che
produrre un margine di utile ristretto (fatto controverso e decisivo per il
giudizio) proprio per lo scopo mutualistico per cui la sua attività è svolta, cioè
per conto e nell’esclusivo interesse delle imprese socie.
La sentenza della CTR della Lombardia, nella parte in cui si limita ad
affermare genericamente che “nel merito, la presunzione semplice formulata
dall’Ufficio non è superata dalla prove contrarie fornite dal contribuente, che
non ha provato in concreto con quali modalità operava la società e
l’eventuale insussistenza del reddito” non consente di individuare il percorso
logico — giuridico in forza del quale — ove mai i succitati documenti fossero
da intendersi come ricompresi tra “le prove contrarie fornite dal
7

Cass. civ. sez. III 21 aprile 2000, n. 2000). Tale principio può, nella sostanza,

ESENTE DA REGISTMAJIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/ I 9g6
N. 1.3 l TAB. ALL.
– N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

contribuente” atte a vincere la presunzione fondata sulla mancata risposta al
questionario — in concreto essi siano stati ritenuti inidonei a superare detta
presunzione.
6. Resta assorbito l’esame del secondo motivo.
7. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto,

anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al terzo motivo, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del
presente giudizio di legittimità, a diversa sezione della CTR della Lombardia.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’ 8 maggio 2014
,i

con rinvio a diversa sezione della CTR della Lombardia, che provvederà

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