Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15040 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15040 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 9984-2008 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

(C.F.

00925091001), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato
CARLO BOURSIER NIUTTA, che la rappresenta e difende
2015
720

unitamente all’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO,
RUBENS ESPOSITO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

MELLUSO MARIO C.F. MLLMRA69A25F839L, elettivamente

Data pubblicazione: 17/07/2015

domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 58, presso lo
studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati TRAMONTANO LAURA,
D’ERRICO VINCENZO, giusta delega in atti;
– controri corrente –

di NAPOLI, depositata il 07/04/2007 R.G.N. 1473/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/02/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato ARMENTANO ANTONIO per delega BOURSIER
NIUTTA CARLO;
udito l’Avvocato COSSU BRUNO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1312/2007 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Napoli, notificato il 1.8.2003, il sig. Melluso
convenne in giudizio la Rai, Radio Televisione Italiana, affermando di
aver lavorato alle dipendenze della convenuta, presso il centro di
Produzione di Napoli, dal gennaio 1997 al marzo 2001, inquadrato
come costruttore di III livello; di aver stipulato con la stessa,
unitamente ad altri lavoratori con analoghe qualifiche, numerosi

televisive; tali assunzioni erano awenute ai sensi dell’art. 1, comma 2,
lett.e) della L. n. 230\62 per i primi tre contratti, mentre gli altri quattro
erano stati stipulati ai sensi del punto 1 della disciplina sui contratti a
tempo determinato di cui all’ipotesi di accordo 5.4.97 di rinnovo del
c.c.n.l. RAI del 6.4.95, ex art. 23 L. n. 56\87.
Lamentava che per nessuno dei programmi per i quali era stato
assunto era configurabile il requisito della specificità e della
temporaneità, né tanto meno quel vincolo di necessità diretta prescritto
dalla legge; che nel corso dei vari contratti era stato utilizzato per
collaborare alla realizzazione anche di altri programmi; che
relativamente agli ultimi quattro contratti, il termine era stato apposto
sulla base di una ipotesi non consentita dall’art.23 della L. 56\87; che i
vari contratti erano comunque stati stipulati per far fronte a carenze
strutturali di organico; che aveva svolto lavoro straordinario e festivo.
Tutto ciò premesso, chiedeva al giudice adito di dichiarare che tra le
parti si era costituito, ed era ancora in essere, un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato a far data dal 14.1.1997; che il suo
trattamento economico andava rideterminato, tenendo conto della
natura a tempo indeterminato del rapporto, dell’anzianità di servizio
maturata dal 14.1.97 e del fatto che, a decorrere dal 1 .7.01, lo stesso
aveva diritto ad essere inquadrato nel 7° livello; inoltre che lo stesso
aveva diritto a vedersi corrispondere, a decorrere dal 19.4.01, se del
caso a titolo di danni, la normale retribuzione globale di fatto come
costruttore di livello 7; che aveva infine diritto al risarcimento dei danni
alla professionalità, derivanti dal mancato svolgimento dell’attività
lavorativa successivamente al 19.4.01.
Chiedeva pertanto la condanna della società alla riammissione in
servizio con la qualifica di costruttore di 7° livello, con il pagamento

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contratti (7) a tempo determinato nell’ambito di svariate trasmissioni

della somma mensile indicata in ricorso dalla data del 19.4.01 alla
riammissione in servizio, ed alle relative differenze retributive tra
quanto corrispostogli fino al 3.3.01 e quanto invece dovutogli in virtù
del inquadramento spettante, da liquidarsi in separato giudizio, ed al
risarcimento dei danni alla professionalità, da liquidarsi in via
equitativa, oltre interessi e rivalutazione.
Costituitasi ritualmente in giudizio, la Rai s.p.a. eccepiva la prescrizione

nonché l’inammissibilità delle domande essendo stati i contratti a
termine successivi al 1.12.97 stipulati ai sensi dell’accordo sindacale
5.4.97, sicché l’eventuale rapporto a tempo indeterminato doveva
ritenersi comunque risolto per effetto della volontà novativa
manifestata dalle parti nei successivi contratti a tempo determinato,
owero per effetto della risoluzione consensuale del rapporto di cui al
contratto 26.9.97, sottoscritta dalle parti il 30.1.97; contestava
comunque in fatto ed in diritto tutto quanto dedotto in ricorso e
chiedeva il rigetto della domanda.
Il Tribunale, ritenuta superflua ogni indagine istruttoria, accoglieva la
domanda così come articolata in ricorso, ad eccezione del risarcimento
dei danni alla professionalità.
Avverso tale sentenza, la Rai s.p.a. proponeva appello; resisteva il
lavoratore.
Con sentenza n. 1312\07, depositata il 7 aprile 2007, la Corte di
appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza impugnata,
determinava in E.1.038,48 l’importo mensile della retribuzione da
assumere quale parametro del risarcimento del danno riconosciuto al
Melluso dal primo giudice, confermando nel resto la pronuncia di primo
grado.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la RAI s.p.a., affidato
a due motivi, poi illustrati con memoria.
:52-2-“°'””-c” c.

Resiste il Melluso con controricorso,

Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo la Rai s.p.a. denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1, comma 2, lett.e) e 3 L. n. 230\62 (art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c.). Omessa, insufficiente e contraddittoria

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dei crediti relativi al quinquennio antecedente la notifica del ricorso,

motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia
(art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.).
Formula il seguente quesito di diritto: “L’art. 1, 2° comma, lett. e),
della legge n. 230/1962, così come modificato dalla legge n. 266/1977,
deve essere interpretato nel senso che esso consente l’apposizione del
termine al contratto di lavoro ogni qual volta ricorrano i requisiti della
specificità oggettivo del programma e della temporaneità delle esigenze

soggettiva, inteso come , con la conseguenza che il datore
di lavoro non è tenuto o provare l’esistenza di quest’ultimo. Pertanto, ai
fini della legittimità dell’apposizione del termine ai contratti di lavoro
stipulati dalla Rai per la produzione di programmi e spettacoli ex art. 1,
lettera e) L.n. 230/62, è sufficiente l’assunzione a termine di personale,
di qualsiasi professionalità, purché correlata ad un programma
“determinato”, “nominato” ed “individuato”; non vi è necessità, invece,
che il programma o lo spettacolo siano dotati di caratteri tali da porsi in
una posizione peculiare, autonoma e differenziata rispetto alla normale
produzione dell’ente televisivo. Pertanto la specificità non può
significare , ma ben
diversamente il suo reale tenore va inteso come riferimento a
programmi determinati, individuati, specificati”.
1.1.-Il motivo è infondato.
Questa Corte ha più volte osservato che a norma dell’art. 1, secondo
comma, lettera e), della legge 18 aprile 1962 n. 230, come modificato
dalla legge 23 maggio 1977 n. 266 – la cui “rado” è quella di
consentire, al servizio radiotelevisivo di apprestare, a vantaggio
dell’intera collettività, una maggiore varietà e ricchezza di programmi e
spettacoli facendo ricorso all’apporto di diverse componenti culturali,
artistiche e sociali, al fine di rappresentare, in modo più completo e
dialettico, la realtà che si vuole illustrare – per le assunzioni di
personale riferite a specifici spettacoli o programmi radiofonici o
televisivi, è necessario che il relativo rapporto di lavoro risponda ad una
esigenza di carattere temporaneo che, essendo destinata ad esaurirsi
in un certo tempo, non consenta uno stabile inserimento del lavoratore
nell’organizzazione dell’impresa (la trasmissione o lo spettacolo non

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datoriali e non richiede, invece, il cosiddetto vincolo di specificità

devono essere necessariamente straordinari o occasionali, ma di durata
limitata nell’arco di tempo della programmazione complessiva, e quindi
destinati ad esaurirsi, Cass. ord. n. 3308 del 02/03/2012); è inoltre
necessaria la specificità dello spettacolo o del programma, e cioè che
essi, oltre ad essere destinato ad una temporanea necessità (ancorché
esso venga ripetuto nel tempo ed in diverse puntate), sia caratterizzato
dall’appartenenza ad una specie di un certo “genus” e sia,

inoltre,

pur necessari, sufficienti ad integrare la legittimità del termine); è
necessario altresì che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto
lavorativo si inserisca con vincolo di necessità diretta, anche se
complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma,
sicché non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo
ricorso al contratto a tempo determinato la semplice qualifica tecnica o
artistica del personale, correlata alla produzione di spettacoli o
programmi radiofonici o televisivi, dovendo trattarsi di soggetti il cui
apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo
professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il
contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato
dell’impresa (su tale ultimo aspetto cfr. in particolare Cass. ord. n.
7222\12). I suddetti principi, inoltre, si applicano anche nel caso di
assunzione a termine per l’effettuazione, nell’ambito di spettacoli o
programmi “contenitore”, di singoli spettacoli o programmi aventi ad
oggetto materie con qualche profilo comune, ed inseribili, pertanto, in
un contesto più ampio e generale quale appunto quello proprio del
“contenitore” (Cass. n. 16184 del 18/08/2004; Cass. n. 1291 del
24/01/2006; Cass. n. 24049 del 25/09/2008; Cass. n. 11573 del
26/05/2011; Cass. ord.n. 3308 del 02/03/2012; Cass. n. 4849 del
28/02/2014).
La sentenza impugnata si è attenuta a tali principi, evidenziando la
pluralità di programmi, alcuni dei quali realizzati e trasmessi per molti
anni (con conseguente difetto del requisito della temporaneità
dell’esigenza lavorativa), cui il lavoratore fu adibito; la mancanza di
specificità, nel senso sopra riferito, degli stessi; l’assenza del vincolo di
necessità diretta, sempre nel senso sopra riferito, evidenziando al
riguardo correttamente che esso non può ritenersi implicito nello

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individuato, determinato e nominato (non essendo tali ultimi requisiti,

svolgimento da parte del lavoratore delle mansioni, anche tecniche,
rientranti nella qualifica attribuitagli, evidenziando peraltro la natura
sostanzialmente esecutiva di esse (montaggio, smontaggio e
spostamento del materiale scenico), inidonea ad esprimere quel
particolare apporto culturale o tecnico richiesto per la realizzazione dei
vari spettacoli o programmi.
Ha infine correttamente concluso per l’irrilevanza della legittimità o

delegata ex art. 23 L. n. 56\87, una volta dichiarati illegittimi i
precedenti, con la conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato (cfr.,ex aliis, Cass. n. 6017\05, Cass. n. 2959\01).
La censura della ricorrente, quale peraltro chiaramente evincibile dal
quesito di diritto formulato (al cui oggetto la decisione della Corte di
cassazione deve essere limitata, Cass. sez.un. 9 marzo 2009 n. 5624,
Cass.7 marzo 2012 n. 3530), si sostanzia nella negazione di tali
consolidati principi, sicché deve senz’altro rigettarsi.
A ciò aggiungasi che le prove richieste dalla RAI circa i riferiti, necessari
requisiti dei contratti a termine, sono state giudicate generiche dalla
Corte di meritopag. 11 sentenza) e su ciò non vi è adeguata specifica
doglianza da parte dell’odierna ricorrente.
2.-Con il secondo motivo la società denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 18 aprile 1962 n.230, degli
artt. 1230 e ss., 1321, 1322, 1325, 1362 e ss., 1372, 1418, 1419,
1422, 2118 e 2697 c.c.; omessa e contraddittoria motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360, comma 1, n. 5
c.p.c.).
Lamenta che erroneamente la Corte di Appello ritenne che, nella
fattispecie in esame, il mero decorso del tempo tra la cessazione di un
contratto a tempo determinato e l’esercizio del diritto o dell’azione volta
a far valere la nullità del termine apposto al contratto fosse circostanza
inidonea a configurare una risoluzione per mutuo consenso del
rapporto eventualmente convertito in assenza della prova, a carico del
datore di lavoro, di ulteriori elementi oggettivi da cui desumere la
volontà delle parti di disinteressarsi alla prosecuzione del rapporto
stesso, elementi che, nel caso di specie, la Rai avrebbe omesso di
allegare e di provare.

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meno dei contratti stipulati sotto il vigore della disciplina collettiva

In relazione a tale specifico motivo di doglianza, rammentava
innanzitutto che il lavoratore era stato inizialmente assunto dalla Rai
dapprima con contratto dal 14.1.97 al 30.5.97, poi, con contratto dal
26.9.97 al 30.1.98 (risoltosi anticipatamente), infine, con contratto dal
1.12.1997 al 31.1.1998 stipulati ai sensi dell’art. 1, comma 2, lette)
della legge n.230\62, in relazione alla necessità rispettivamente della
produzione dei programmi “Verde Mattina”, “Furore” e “Furore 98”.

dalla cessazione di fatto dell’attività lavorativa e la prima
manifestazione di volontà del lavoratore di riprendere servizio
comportò la risoluzione per mutuo consenso del rapporto.
Lamenta che la Corte di merito ritenne che la società si era limitata a
dedurre il decorso di un certo lasso di tempo tra la cessazione del
rapporto e la contraria manifestazione di volontà del lavoratore, mentre
la RAI aveva eccepito sia l’aliunde perceptum da parte del primo,
chiedendo allo scopo l’esibizione dei modelli 740 e\o 101, ed in
subordine prova testimoniale in ordine allo svolgimento da parte del
lavoratore di altra attività lavorativa dopo la cessazione dei rapporti di
lavoro con la società, richieste istruttorie che erano state del tutto
ignorate dalla sentenza impugnata.
Formula il seguente quesito di diritto: “Il rapporto a tempo determinato
il cui termine sia illegittimo è suscettibile di risoluzione per mutuo
consenso anche per fatti concludenti. Pertanto, ai fini della risoluzione
del contratto di lavoro a tempo indeterminato, derivante dalla
conversione di un rapporto a termine in cui quest’ultimo sia stato
dichiarato nullo, assume rilievo precipuo quale fatto concludente
l’apprezzabile lasso di tempo decorso dalla data di cessazione del
rapporto convertito alla data in cui il lavoratore abbia manifestato la
volontà di impugnare il termine per farne valere la nullità”.
Indicava il fatto controverso in relazione al quale la motivazione era
stata omessa ed era comunque contraddittoria ed insufficiente nel
seguente: “Ai fini della valutazione del lasso di tempo apprezzabile
quale fatto concludente di mutuo consenso per la risoluzione del
rapporto a tempo indeterminato, derivante dalla conversione dei tre
rapporti a termine del 13.1.97, 26.9.97 e del 28.11.97 in cui il termine
è stato dichiarato nullo, assume rilievo il periodo temporale fra la data

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Lamentava quindi che il decorso del notevole lasso di tempo intercorso

di cessazione dell’ultimo contratto dichiarato nullo, cioè il 31.1.98, e la
data in cui il lavoratore ha manifestato per la prima volta la volontà di
impugnare il termine apposto al detto contratto, ciò che è awenuto
con la notifica del ricorso introduttivo del 1.8.03. Al contrario, nella
specie, non assume alcun rilievo il periodo di tempo, considerato dalla
Corte d’appello di Napoli, trascorso tra la cessazione dei singoli
contratti e la stipulazione del successivo owero tra la cessazione

2.1-Il motivo è infondato.
Va premesso che secondo l’incontestato accertamento della Corte di
merito fu la società a dedurre il rilievo del periodo di tempo trascorso
tra la cessazione dei singoli contratti e la stipulazione del successivo
owero tra la cessazione dell’ultimo e la proposizione dell’azione, pag. 6
sentenza.
In ogni caso, secondo il pacifico orientamento di questa Corte (cfr., ex
plurimis, Cass. 11 marzo 2011 n. 5887), ai fini della configurabilità
della risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso
(costituente una eccezione in senso stretto, Cass. 7 maggio 2009 n.
10526, il cui onere della prova grava evidentemente sull’eccepiente,
Cass. 1°febbraio 2010 n. 2279), non è di per sé sufficiente la mera
inerzia del lavoratore dopo la cessazione del rapporto, o il semplice
ritardo nell’esercizio dei suoi diritti, essendo piuttosto necessario che
sia fornita la prova di altre significative circostanze denotanti una chiara
e certa volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni
rapporto lavorativo (Cass. 15 novembre 2010 n. 23057).
Deve poi precisarsi che il decorso del tempo non può che apprezzarsi
dalla data di cessazione di fatto dell’intero rapporto (pur costituito da
plurimi contratti a termine) e non già dal primo contratto, solo
successivamente dichiarato invalido in sede giudiziaria, e sino al
momento della notificazione del relativo ricorso, ovvero della prima
manifestazione di volontà diretta a far valere la sussistenza di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
La Corte di merito ha peraltro accertato, senza che ciò abbia formato
oggetto di specifica censura in questa sede, che prima della
proposizione della domanda giudiziale il lavoratore inoltrò specifica
richiesta di riammissione in servizio il 18.4.01, reiterata nel marzo 2002

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dell’ultimo e la proposizione dell’azione”.

in occasione dell’espletamento del tentativo obbligatorio di
conciliazione; ha poi evidenziato che la società non aveva allegato
alcun elemento idoneo a rawisare nella fattispecie l’ipotesi di cui agli
artt.1230 e seguenti c.c., avendo incontestatamente escluso che dal
tenore dei contratti stipulati potesse desumersi l’esistenza di una
volontà novativa, difettando questi di qualsivoglia accenno all’intento,
dedotto dalla RAI, di risolvere il rapporto a tempo indeterminato e

Anche il secondo motivo è dunque infondato.
3.-Non rileva, infine, nella specie l’art. 32 L. n. 183\10, espressamente
dichiarato applicabile anche a tutti i giudizi in corso e pertanto anche al
giudizio di cassazione (cfr., da ultimo, ex professo, Cass. 29 febbraio
2012 n. 3056), non avendo la questione delle conseguenze economiche
derivanti dall’accertata illegittimità dei contratti a termine formato
oggetto di censure ad opera della ricorrente (deve al riguardo
evidenziarsi che l’accenno contenuto in ricorso circa l’aliunde
perceptum da parte del lavoratore, deduzione comunque viziata da
inammissibile genericità, riguarda unicamente lo svolgimento di altre
attività lavorative, successive alla cessazione del rapporto con la Rai, al
fine di corroborare la risoluzione consensuale del rapporto); ed invero,
nel giudizio di legittimità, costituisce condizione necessaria per poter
applicare lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia
retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che
esso sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di
censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il
cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso, a tal fine
rilevanti solo ove investano specificatamente le conseguenze
patrimoniali dell’accertata nullità del termine (cfr.

ex plufinnS, Cass.

ord. n. 7222\12, Cass. 8 maggio 2006 n. 10547), circostanza non
verificatasi nella fattispecie.
4. Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese di lite seguono la
soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in E.100,00 per

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costituire un nuovo rapporto a termine.

esborsi, E.3.500,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di
legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 febbraio 2015
Il Presidente

Il Consigliere est.

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