Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15039 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15039 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 4538-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
BARELLO EFISIO nq di titolare dell’omonima Ditta,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA CONSULTA
50, presso lo studio dell’avvocato MANCINI ANTONIO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato
FILIPELLO ELENA gius ta delega a margine;

Data pubblicazione: 02/07/2014

- controricorrente

avverso la sentenza n. 48/2007 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata il 13/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/05/2014 dal Consigliere Dott. LUCIO

udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MANCINI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

NAPOLITANO;

Svolgimento del processo
Il sig. Efisio Barello, titolare della ditta individuale Bar Carlo, impugnò

R.G.N.
4538/2008

dinanzi alla CTP di Torino l’avviso d’accertamento notificatogli il 21.12.2005
dall’Agenzia delle Entrate — Ufficio di Rivoli — ai fini Irpef, Iva, Irap,
addizionale regionale e contributi previdenziali non versati, oltre sanzioni, per

2001.
Il giudice tributario adito accolse il ricorso, essenzialmente contrapponendo
alle risultanze della verifica della Guardia di Finanza quelle della successiva
(gennaio 2002) ispezione svolta dall’Ispettorato del Lavoro, che aveva in
quella sede verificato la regolare assunzione delle due dipendenti rinvenute
presso l’esercizio all’atto della prima verifica della Guardia di Finanza.
L’appello proposto dall’Ufficio avverso detta sentenza fu rigettato dalla CTR
del Piemonte, con sentenza n. 48/38/07 depositata il 13 novembre 2007,
impugnata ancora dall’Agenzia delle Entrate con ricorso per cassazione,
affidato ad un solo motivo.
Il sig. Barello, nell’indicata qualità, resiste con controricorso.
La controversia – già chiamata dinanzi a questa Corte in adunanza in camera
di consiglio e sospesa, ex art. 39 comma 12° del D.L. n. 98/2011, convertito,
con modificazioni, in L. n. 111/2011 – a seguito d’istanza di prosecuzione del
giudizio del contribuente, che ha dichiarato di non avere richiesto la
definizione della lite fiscale, essendo decorso il termine del 30.6.2012, è stata
quindi fissata per l’odierna pubblica udienza.
Il controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione

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l’anno 1999, sulla base di verifica fiscale della Guardia di Finanza nel marzo

1. Va preliminarmente dato atto che non si è provveduto alla definizione
agevolata della presente lite fiscale ai sensi della succitata disposizione di
legge in tema di condono.
2. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia il vizio di
contraddittoria ed illogica motivazione su fatti controversi e decisivi per il

essenzialmente che il giudice di merito di secondo grado: a) non avrebbe dato
il dovuto rilievo alle dichiarazioni rese dalla (ex) dipendente Cuppari; b)
avrebbe sbrigativamente eliso due ritenute contrapposte dichiarazioni rese da
terzi, omettendo finanche d’indicarne la provenienza; c) non avrebbe
considerato che l’Andreassi e la Faussone, delle quali solo nel 2002 si è
accertata da parte dell’Ispettorato del Lavoro la regolare assunzione, erano
state rinvenute nella precedente verifica della Guardia di Finanza nel locale
del Barello e risultavano avere anche sottoscritto talune bolle di consegna di
merci per l’anno 2000.
2.1. Il controricorrente ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità
dell’avverso ricorso, sostenendo che in realtà esso non sarebbe diretto alla
verifica della correttezza dell’iter logico — giuridico dell’argomentazione
addotta a sostegno della decisione impugnata, ma volto a sollecitare alla Corte
il sindacato, ad essa precluso, su di una possibile valutazione in senso diverso
degli elementi di prova già vagliati dal giudice di merito.
2.2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, quantunque per motivo
diverso rispetto a quello dedotto da parte controricorrente, e ciò in quanto
l’unico motivo sul quale esso è basato è privo del c.d. momento di sintesi,
quale richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., norma che, per quanto abrogata, è
tuttora applicabile, ratione temporis, al presente giudizio, avente ad oggetto
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giudizio, in relazione all’art. 360 1° comma n. 5 c.p.c., lamentando

l’impugnazione per cassazione di sentenza pubblicata il 13.11.2007, in epoca
anteriore all’entrata in vigore della L. n. 69/2009.
Sulla questione le parti hanno avuto già modo d’interloquire con le memorie
depositate in occasione della prima trattazione del ricorso in camera di
consiglio.

controversia in oggetto gli elementi richiesti dalla succitata norma del codice
di rito sono emergenti dalla lettura del ricorso, la cui percezione non sembra
richiedere un’indebita attività interpretativa da parte del giudice di legittimità.
La giurisprudenza di questa Corte, che va in questa sede ribadita dal collegio,
ha invece più volte sottolineato che, nel caso previsto dall’art. 360 1° comma
n. 5 c.p.c., nel testo ancora applicabile ratione temporis al presente giudizio,
la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo al quesito
di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione
della sua ammissibilità (cfr., tra le molte, Cass. civ. sez. unite 1° ottobre 2007,
n. 20603; Cass. civ. sez. III ord. 7 aprile 2008, n. 8897; tra le più recenti di
questa stessa sezione Cass. civ. sez. V 8 marzo 2013, n. 5858; Cass. civ. sez.
V 18 dicembre 2013, n. 28242), avendo altresì precisato (cfr. Cass. civ. sez. V
18 novembre 2011, n. 24255) che il requisito richiesto dalla norma, allorché
non sia stato formulato, come nel caso in esame, il c.d. quesito di fatto, non
possa ritenersi soddisfatto anche quando l’indicazione del fatto decisivo
controverso sia rilevabile dal complesso della censura formulata, attesa la

ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive
del filtro di accesso alla Suprema Corte, la quale deve essere posta in

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L’Amministrazione finanziaria ha essenzialmente dedotto che nella

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AI SENSI DEL D.P.R. 26,4/1986
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condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore
che il ricorrente ritiene commesso dal giudice di merito.
3. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna della
ricorrente, secondo soccombenza, al pagamento delle spese del presente
giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’Agenzia delle Entrate
alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio
di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 4.100,00 per compenso,
oltre rimborso spese forfettarie ed accessori.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’8 maggio 2014
Il C sigliere estensore

P.Q.M.

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