Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15038 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15038 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 15226-2013 proposto da:
PIEMONTESE

STEFANO

PMNSFN60B05D612B,

C.F.

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE
AVEZZANA 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLO
ZUCCONI, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO
PIEMONTESE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

4101

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

I.N.P.S.
SOCIALE,

C.F.

80078750587,

in persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

Data pubblicazione: 17/07/2015

proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in
atti;
– controricorrenti nonchè contro

EQUITALIA NORD S.P.A., già EQUITALIA TRENTINO ALTO
ADIGE – SUDTIROL S.P.A., già EQUITALIA NOMOS S.P.A.,
già RISCOSSIONE UNO S.P.A. P.I. 07244730961;
– intimati –

avverso l’ordinanza n. 12759/2012 della CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 20/07/201 R.G.N.
27620/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato PIEMONTESE PAOLO;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
accoglimento revocazione, rigetto ricorso.

EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 25 agosto 2010 la Corte d’appello di Trento ha
confermato la sentenza n.220/2008 del Tribunale di Trento con cui era stato
rigettato il ricorso di Piemontese Stefano avverso la cartella di pagamento
n. 11220030003766664 con la quale l’INPS gli aveva richiesto, nella sua

qualità di socio coobbligato in solido della s.n.c. Bagni nell’Erba di Rosi
Serena, il pagamento della complessiva somma di € 37.922,61 a titolo di
contributi previdenziali, interessi e sanzioni per omesso o ritardato
versamento e di oneri accessori. La Corte territoriale ha motivato tale
decisione considerando ininfluente, per quanto rileva ai fini del successivo
ricorso per cassazione, l’eccepito difetto di legittimazione attiva
dell’Agente per la riscossione per la Provincia di Trento che non si è
avvalso della delega da parte del concessionario della riscossione
competente per territorio, in quanto l’atto ha comunque raggiunto il suo
scopo. Inoltre la Corte territoriale ha ritenuto tempestiva la notifica della
cartella in questione al socio sebbene notificata oltre il termine di cui
all’art. 25 d.P.R. 602 del 1973, in quanto il termine stesso decorre dalla
escussione del patrimonio sociale e, in mancanza dell’individuazione di
tale momento, dalla data di estinzione della società, per cui al socio
coobbligato solidale può essere notificata la cartella di pagamento anche
successivamente alla scadenza del termine per la notifica alla società.
Il Piemontese ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza
affidato a due motivi.
Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato violazione e falsa
applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ.; violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ. e conseguente violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 46 del d.P.R. 602 del 1973. In particolare si
censura l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui, riguardo al

A

o

dedotto difetto di legittimazione passiva dell’agente per la riscossione, si è
affermato la non necessità della delega avendo l’atto raggiunto il suo
scopo, e si deduceva la necessità della delega per la legittimazione del
medesimo agente per la riscossione incompetente territorialmente.
Con il secondo motivo si assume violazione o falsa applicazione di norme

2304 cod. civ. e conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 225
d.P.R. n.602 del 1973 con riferimento all’affermata decorrenza del termine
per la notifica della cartella di pagamento da epoca successiva alla
scadenza del termine per il pagamento del premio richiesto. In particolare
si deduce che l’INPS avrebbe dovuto notificare la cartella di pagamento nei
confronti di tutti i coobbligati.
Con ordinanza del 20 luglio 2012 la sesta sezione civile della Corte di
cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso essendo stato proposto
oltre sessanta giorni dalla notifica della sentenza eseguita il 15 settembre
2010 mentre il ricorso era stato consegnato per la notifica solo il 15
novembre 2010.
Il Piemontese ha proposto ricorso per revocazione avverso tale sentenza.
L’INPS resiste con controricorso.

di diritto ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 2291 e

Il ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il motivo di ricorso per revocazione si lamenta errore di fatto ai sensi
dell’art. 395 comma 1, n. 4 cod. proc. civ. non avendo la Corte di
cassazione considerato che il 14 novembre 2010, giorno di scadenza del
termine per la proposizione del ricorso era domenica, per cui la notifica
eseguita il giorno successivo doveva essere considerata tempestiva.

L

9,

Il ricorso per revocazione va accolto. Alla stregua del combinato disposto
degli artt. 391 bis, comma 2 cod. proc. civ. e 391 ter, comma 1, cod. proc.
civ. il ricorso per revocazione per errore di fatto ai sensi del disposto
dell’art. 395, n. 4 cod. proc. civ. può essere, nel caso in esame, accolto. Ed
invero i giudici di legittimità, con l’ordinanza impugnata, sono incorsi nel

data 15 novembre 2010 non considerando che il 14 novembre,
sessantesimo giorno dalla notifica — ultimo utile ai fini della tempestività
del ricorso — era domenica. La notifica è stata dunque eseguita in modo
tempestivo per essere stata la sentenza notificata il 15 settembre 2010,
come precisato nello storico della lite. Dunque l’ordinanza 12769 del 2012
della Sesta Sezione della Corte di Cassazione va conseguentemente
revocata (al riguardo, per l’ammissibilità del ricorso in cassazione per
errore di fatto ex art. 395, n. 4 cod. proc. civ. cfr. Cass. ord. 17 marzo 2010,
n. 6521).
Ciò premesso, in sede rescissoria il ricorso per cassazione originariamente
proposto va comunque rigettato.
Il primo motivo è inammissibile in quanto la verifica della circostanza se
l’Agente si sia avvalso o meno della delega, importa l’accertamento di
elementi fattuali e dell’osservanza di principi di diritto sia per quanto
attiene alla notifica della cartella per la riscossione del dovuto, sia per
quanto attiene alle altre censure contenute nel motivo scrutinato.
Circostanze queste non riscontrabili in questa sede di legittimità dal
momento che, in violazione del principio della autosufficienza del ricorso
per cassazione, non sono stati allegati al ricorso gli atti necessari per
esaminare la fondatezza delle censure in tale motivo contenuto, non
essendo al riguardo sufficiente il mero e generico richiamo effettuato nello
storico della lite.

suddetto errore di fatto perché hanno ritenuto tardivo il ricorso proposto in

Il secondo motivo ugualmente non può trovare ingresso in questa sede di
legittimità in quanto il Piemontese si è limitato ad affermare di essere
rimasto sempre estraneo all’amministrazione della società di persone e
quindi di non essere coobbligato solidale per quanto dovuto a titolo
contributivo dalla società (e conseguentemente di non potere essere

periodo giugno 2001- novembre 2001) ma non ha allegato, e sempre in
violazione del principio della autosufficienza al ricorso per cassazione,
alcun atto documentale capace di attestare che non sia più socio. Il
Piemontese, inoltre, non ha fatto riferimento sul punto d’Altra prova
ritualmente e tempestivamente acquisita al processo. Per di più il motivo in

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esame infondato stante il principio più volte ribadito dal giudice di
legittimità secondo cui anche alle obbligazioni che trovano la loro fonte
nella legge – come nel caso ora scrutinato – si applicano le previsioni
generali di cui agli artt. 2267, 2290 e 2300 cod. civ., secondo cui il socio di
una società in nome collettivo che abbia ceduto la propria quota risponde,
nei confronti dei terzi, ivi compresa l’Amministrazione finanziaria, delle
obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la cessione sia stata
iscritta nel registro delle imprese o fino al momento (anteriore) in cui il
terzo ne sia venuto a conoscenza, non riscontrandosi alcuna disposizione
che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di origine
negoziale (cfr. in tali sensi Cass. 6 ottobre 2011 n. 20447, che precisa anche
come l’adempimento dell’onere pubblicitario, quale fatto impeditivo di tale
responsabilità, deve essere allegato e provato dal socio che opponga la
cessione, cui adde più di recente, tra le altre, Cass. 13 marzo 2013 n. 6230).
In ragione della soccombenza solo parziale nel presente giudizio di
revocazione, e della natura delle questioni oggetto di esame, ricorrono
giusti motivi per la compensazione delle spese del presente giudizio tra le
parti costituite. Nulla con riferimento agli altri intimati.

destinatario della cartella di pagamento per i contributi previdenziali per il

P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso per revocazione;
Revoca l’ordinanza n. 12759 del 2012 di questa Corte;
In sede rescissoria rigetta il ricorso per cassazione;

Così deciso in Roma il 17 dicembre 2014.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

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