Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15038 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. II, 07/07/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 07/07/2011), n.15038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore

pro tempore, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a

margine del ricorso, dagli Avv. BEATRISOTTI Tiziana e Paolo Panariti,

elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo in Roma, via

Celimontana, n. 33;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore

pro tempore, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avv. ANTONIOLI Franco, elettivamente

domiciliato nello studio dell’Avv. Stefania Macina in Roma, via dei

Malatesta, n. 5;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Brescia n.

518 in data 15 maggio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3

maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 2 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 513 in data 15 maggio 2009, in accoglimento della proposta impugnazione ed in riforma della sentenza del Tribunale di Cremona, ha respinto la domanda con la quale il Condominio (OMISSIS) aveva richiesto la condanna del Condominio (OMISSIS) della stessa città al pagamento della somma di L. 40.000.000, pari alla quota di frutti civili di sua pertinenza a seguito della installazione, nel 1998, sul tetto condominiale, di una postazione Omnitel.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 22 giugno 2010, sulla base di un motivo.

Ha resistito, con controricorso, il (OMISSIS).

Con l’unico mezzo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

Il motivo è inammissibile perchè non è accompagnato dalla formulazione del conclusivo quesito di diritto, imposta dall’art. 366 bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.

Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Letta la memoria del ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che le osservazioni critiche contenute nella memoria illustrativa non sono dirimenti;

che, infatti, questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);

che per questo – la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimità travalicando la risoluzione della singola controversia – il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità: donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai criteri informatori della norma;

che, diversamente da quanto sembra presupporre il ricorrente nella memoria illustrativa, il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);

che nella specie il motivo non si conclude con un quesito che individui tanto il principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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