Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15037 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15037 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CO.GE.PA . – Costruzioni Generali Passarelli – s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

PASSARELLI Antonio

e IROLLO Anna, rappresentati e difesi, in forza di procura
speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Ugo Aveta, con domicilio per legge presso la cancelleria civile della Corte di cas- 311

sazione;
– ricorrenti contro
CANONICO Mario, CANONICO Carmine, CANONICO Vincenzo, CANONICO
Gabriella e CANONICO Silvana, rappresentati e difesi, in forza
di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Carmine Canonico, anche in proprio, e dall’Avv. Pietro Selicato,

45-38 11`;’

Data pubblicazione: 17/07/2015

con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma,
via Ferdinando Galiani, n. 68;
– controricorrenti avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 23

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 giugno 2015 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
uditi gli Avv. Ugo Aveta e Carmine Canonico;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Maurizio Velardi, che ha concluso per
l’accoglimento del quinto motivo del ricorso per quanto di ragione e per il rigetto dei restanti motivi.
Ritenuto in fatto
l. – Con atto di citazione notificato in data l ° marzo
1994, Maria Immacolata Mariconda esponeva che unitamente al
fratello Giovanni aveva stipulato con Antonio Passarelli, a
mezzo di scrittura del 13 giugno 1984, la permuta di un loro
fabbricato da demolire, sito in Gragnano alla via Nuova S. Leone, nonché delle circostanti zone di terreno, con nuove unità
immobiliari che il predetto Passarelli si impegnava a costruire sulle aree di risulta.
Precisava che lo schema negoziale adottato dalle parti
comprendeva un atto pubblico, con il quale i Màriconda alienavano al Passarelli il predetto fabbricato con le adiacenti zo-

eth

febbraio 2009.

ne di terreno, concordando, altresì, lo spostamento ed il regolamento di alcune servitù, ed un separato preliminare di
compravendita con cui il costruttore si obbligava a trasferire
ai due germani, in prestabilite proporzioni, taluni immobili

tratti, quindi, assumevano il ruolo di

facies aesterna di rap-

porti tra le parti che, in sostanza, continuavano ad essere
regolati dalla scrittura base di permuta.
Sennonché – proseguiva l’attrice – il Passarelli si era rifiutato: (1) di tradurre in atto pubblico il trasferimento di
uno dei due appartamenti e dei box ad essa attrice spettanti;
(2) di liberare dette unità dal mutuo acceso che essa istante
non aveva chiesto né ottenuto; (3) di costruire un muro di
cinta con relativo cancello di ingresso tra il giardino rimasto in proprietà di essa attrice e la rampa di accesso dalla
via Nuova San Leone al fabbricato destinato all’Ospedale di
Gragnano; (4) di eliminare la servitù di passaggio tra i solai
di calpestio degli altri box ed un suo terreno residuale; (5)
di costruire, come previsto dall’art. 13 della scrittura base,
sette cantinole su suolo dei Mariconda (non avendole realizzate nel nuovo edificio).
Pertanto, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli Antonio Passarelli e la moglie Anna Irollo (in regime di
comunione dei beni) per sentire pronunziare sentenza produttiva degli effetti del preliminare del 13 giugno 1984 e di quel-

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dell’erigendo fabbricato per un prezzo già pagato. Tali con-

lo integrativo del 16 gennaio 1986, con ogni conseguenza di
legge, e sentenza di condanna alla liberazione degli immobili
in questione dai mutui ipotecari nonché alla realizzazione
delle opere suddette ed al risarcimento dei danni da liquidar-

si in separata sede.
Si costituivano in giudizio i coniugi convenuti eccependo
anzitutto il loro difetto di titolarità e di legittimazione
passiva. All’uopo rilevavano che il Passarelli era pervenuto
alla dedotta operazione di permuta come impresa individuale
costituita prima del matrimonio con la Irollo, sicché questa
non aveva mai vantato né vantava alcun diritto sui beni
dell’impresa stessa, ed aveva poi conferito nella CO.GE.PA . Costruzioni Generali Passarelli – s.p.a., con atto per notar
Santangelo del 15 luglio 1991, tutti i diritti di proprietà e
le obbligazioni assunte, talché l’azione dell’attrice avrebbe
dovuto essere proposta nei confronti di tale società.
Subordinatamente, nel merito, sostenevano che il trasferimento dei beni alla Mariconda non era avvenuto proprio per
colpa di questa, in quanto, intendendo vendere a terzi gli immobili, non aveva voluto procedere alla stipula del rogito notarile al fine di evitare gli oneri del doppio passaggio di
proprietà, così come aveva già fatto per l’altro appartamento
che, appunto, era stato trasferito direttamente dall’impresa
Passarelli ai terzi acquirenti. Sostenevano che tale condotta
della Mariconda aveva provocato danni all’impresa Passarelli

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per la sopportazione degli oneri connessi alla permanenza nel
proprio patrimonio dei beni in questione e contestavano inoltre la pretesa di controparte alla eliminazione del mutuo ed
alla cancellazione della relativa ipoteca.

erano state stipulate due scritture private: una concernente
l’apparente promessa di vendita; l’altra afferente il reale
rapporto di permuta ove, all’art. 9, in deroga a quanto convenuto nella prima scrittura, era stabilito che l’impresa Passarelli avrebbe assoggettato a mutuo bancario l’intero fabbricato, ivi compresi i beni da trasferire in permuta. Sicché, non
avendo la Mariconda provveduto alla stipula del contratto, il
Passarelli, che avrebbe dovuto pagare le rate di mutuo fino
alla concorrenza della quota di capitale corrispondente a tali
beni, era stato costretto, per evitare morosità ed azioni esecutive da parte dell’istituto mutuante, a continuare indebitamente a pagare le ulteriori rate.
Per il resto parte convenuta, con riferimento alla servitù
di passaggio, rilevava che, avendo provveduto alla eliminazione del tratto non gradito, era cessata la materia del contendere e, quanto alle altre domande, ne contestava la fondatezza
per varie ragioni. In particolare si opponeva alla pretesa
dell’attrice concernente la costruzione del muro di cinta con
relativo cancello tra il giardino (della Mariconda) e la rampa
di accesso al fabbricato, deducendo che nulla al riguardo era

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04,

A tale proposito i convenuti deducevano che tra le parti

stato pattuito; ed analogamente contestava la pretesa di condanna del Passarelli alla costruzione di sette cantinole su
suolo dell’attrice, adducendo, tra l’altro, che, nella impossibilità di tale realizzazione per mancanza di concessione e-

permutati avrebbero avuto migliori finiture ed una maggiore
superficie rispetto a quelle previste.
Pertanto, in ragione di quanto dedotto, i convenuti, subordinatamente all’eccepito difetto di legittimazione passiva,
chiedevano in via riconvenzionale che il Tribunale, dato atto
dell’esclusiva responsabilità della Mariconda per il mancato
trasferimento dei beni in questione, disponesse con la sentenza sostitutiva del rogito che i beni restassero gravati dal
mutuo esistente, condannando la Mariconda a rimborsare al Passarelli quanto in eccedenza del capitale questi aveva pagato
per interessi, nonché quanto aveva corrisposto per ICI, ISI ed
altri oneri, il tutto con rivalutazione ed interessi; ed ancora chiedevano declaratoria di cessazione della materia del
contendere per le questioni relative alla servitù di passaggio
ed il rigetto delle residue domande o, in subordine, con riferimento alla pretesa di costruzione, ad opera del Passarelli,
delle sette suddette cantinole, la condanna della Mariconda al
pagamento delle migliorie e delle maggiori superfici realizzate in suo favore.

dilizia in capo alla Mariconda, era stato convenuto che i beni

All’udienza del 20 settembre 1994, parte attrice, preso atto della cessazione della materia del contendere in relazione
alla contestata servitù di passaggio, contestava per il resto
le difese dei convenuti, quindi chiedeva ed otteneva di chia-

Questa, regolarmente citata, si costituiva in giudizio facendo proprie le deduzioni e richieste degli originari convenuti.
2. – Con sentenza depositata il 18 marzo 2003, l’adito Tribunale, in accoglimento della domanda: dichiarava trasferiti
da CO.GE.PA . s.p.a. a Maria Immacolata Mariconda la proprietà
dell’appartamento (in Gragnano via Nuova S. Leone n. 54, Sc.
C, piano secondo, int. 4, in catasto alla partita 4959 foglio
15, particella 295, sub 30), di due box nello stesso fabbricato (contraddistinti nell’attuale tabella condominiale dai nn.
11 e 12) e della relativa copertura nonché i diritti sulle
parti comuni dell’edificio; condannava i convenuti, in solido,
a liberare a loro cura e spese gli immobili suddetti dal mutuo
n. 151502301 contratto con l’Istituto Nazionale di Credito Edilizio s.p.a. oltre che dall’ipoteca accesa a garanzia dello
stesso; condannava i convenuti in solido al pagamento della
somma di euro 6.198, con interessi dal 12 ottobre 1999 alla
decisione, quale rimborso per il ripristino del muro di cinta
ad opera direttamente della stessa Mariconda ed in luogo dei
convenuti, compensando detta somma con quella di euro

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mare in causa anche la CO.GE.PA . s.p.a.

10.468,61 dovuta, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, dall’attrice (per imposte, tasse e condominio)
alla controparte; dichiarava il diritto dell’attrice ad ottenere dai convenuti, in solido tra loro, la costruzione su suo-

1/3 (quota spettante all’attrice) di quella necessaria per la
costruzione di sette cantinole non realizzate nel nuovo edificio; condannava, infine, i convenuti al pagamento, in solido,
delle spese processuali.
3. – Avverso tale decisione proponevano appello CO.GE.PA .
s.p.a., il Passarelli e la Irollo nei confronti di Mario, Carmine, Vincenzo, Gabriella e Silvana Canonico, quali eredi di
Maria Immacolata Mariconda, deceduta nelle more.
Si costituivano gli appellati contestando la fondatezza del
gravame e proponendo appello incidentale.
Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria
il 23 febbraio 2009, la Corte d’appello di Napoli:
– ha rigettato l’appello principale;
– ha accolto, per quanto di ragione, l’appello incidentale
e, per l’effetto, correggendo ed integrando il primo capo
della pronuncia impugnata, ha dichiarato trasferita da
CO.GE.PA . s.p.a. a Maria Immacolata Mariconda la piena ed
esclusiva proprietà (a) dell’appartamento in Gragnano via
Nuova S. Leone 54, scala C, piano secondo, int. 4, in catasto alla partita 4959 foglio 15, particella 295 sub 31

lo di essa Mariconda di cantinole pari ad una superficie di

cat. A/2, (b) del box identificato al foglio 15, particella 295, sub 76, cat. C/6, contraddistinto nell’attuale
tabella condominiale con il n. 11, e (c) del box identificato al foglio 15, particella 295, sub 77, cat. C/6,

n. 12 (ex nn. l e 2 box esterni);
– ha confermato nel resto l’impugnata sentenza;
– ha rigettato le ulteriori domande formulate dagli appellanti incidentali;
– ha dichiarato compensate tra le parti, in misura di 1/3,
le spese del grado e condannato CO.GE.PA ., il Passarelli
e l’Irollo al pagamento, in solido, a favore dei Canonico, della restante parte.
3.1. – La Corte d’appello ha rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Irollo, rilevando che
gli immobili apparentemente venduti dai Mariconda ma in realtà
dati in permuta al Passarelli furono da questo acquistati in
regime di comunione dei beni con la moglie e pertanto risultano intestati anche alla Irollo, così come il mutuo fondiario
garantito da ipoteca ed oggetto di contestazione fu concesso
ad entrambi i coniugi.
Quanto alla posizione del Passarelli, la Corte territoriale
ha osservato che il conferimento dell’azienda nella CO.GE.PA .
non libera l’originario imprenditore dalle obbligazioni assunte nei confronti della Mariconda, vale a dire

contraddistinto nell’attuale tabella condominiale con il

dall’obbligazione di trasferire i beni costruiti sia di realizzare le altre opere per le quali si è contrattualmente impegnato.
In ordine alla legittimazione della CO.GE.PA ., la Corte di

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rinunciando alla preliminare eccezione di inammissibilità della sua chiamata in causa, dichiarava di avere “interesse sostanziale alla decisione di merito sia per conseguire finalmente in luogo dell’atto notarile non stipulato . . la sentenza di intestazione ad essa (Mariconda) della proprietà degli immobili in oggetto, sia per conseguire la condanna della
bUriconda a corrispondere tutto quanto sborsato dall’impresa
Passarelli e dalla CO.GE.PA . s.p.a.”, ed in tali termini rassegnava sul punto le sue conclusioni, conformi peraltro a
quelle del Passarelli e della Irollo. Poiché dunque la
CO.GE.PA ., al pari degli altri convenuti, lungi dal contestare
il diritto azionato dalla controparte di acquisire la proprietà dei cespiti costruiti, riconosceva e propugnava tale soluzione della vicenda sia pur confidando (non subordinando)
nell’accoglimento delle proprie ragioni fatte valere in via
riconvenzionale, secondo la Corte d’appello “la richiesta degli appellanti di rigetto della domanda di sentenza sostitutiva degli effetti traslativi della proprietà dei beni di cui
trattasi, si pone in contrasto con le prospettazioni sottoposte al primo giudice dagli stessi convenuti oggi appellanti”,

Napoli ha rilevato che nel giudizio di primo grado la società,

venendo in rilievo “questione e tema d’indagine esplicitamente
abbandonati o meglio incompatibili con il dichiarato interesse
della parte ad una sentenza di ‘intestazione’ della proprietà
dei beni alla Mariconda”.

delle obbligazioni assunte dall’impresa Passarelli, la Corte
d’appello ha in ogni caso osservato che, al di là dell’aspetto
processuale della vicenda, il conferimento di un’azienda individuale in una società comporta, a norma dell’art. 2558 cod.
civ., una successione a titolo particolare nei singoli rapporti contrattuali, con conseguente responsabilità
dell’acquirente per inadempimento dei contratti che non abbiano carattere personale, a prescindere dalla riscontrabilità
delle relative poste passive nelle scritture contabili.
La Corte d’appello ha poi giudicato infondato il profilo di
censura con il quale gli appellanti in via principale hanno
dedotto che non poteva essere emessa sentenza ex art. 2932
cod. civ. riproduttiva degli effetti del contratto preliminare
13 giugno 1984 espressamente dichiarato simulato dalle stesse
parti.
Al riguardo la Corte ha rilevato che, se pure il contratto
preliminare di vendita stipulato tra le parti il 13 giugno
1984 contiene all’evidenza pattuizioni fittizie, tuttavia il
reale rapporto tra le parti, al quale occorre fare riferimento
nella valutazione della vicenda, è cristallizzato nella scrit-

Con riguardo all’asserita inopponibilità alla CO.GE.PA .

tura privata di pari data denominata “Convenzione”, ove i contraenti hanno concordato e definito una permuta il cui contenuto è costituito per un verso dalla vendita al Passarelli,
con atto di notar Santangelo rogato in quella stessa data, del

l’altro verso dall’acquisto di bene futuro, vale a dire di appartamenti e box da realizzare nell’area di risulta. Trattasi
– ha precisato la Corte di Napoli – “non di un preliminare di
vendita ma di un contratto definitivo di permuta che involge
la vendita di un bene presente e quella di cose future per le
quali, a norma dell’art. 1472 cod. civ., la proprietà si trasmette immediatamente nel momento in cui la cosa viene ad esistenza. Sicché in definitiva, ancorché il primo giudice abbia
fatto riferimento nella motivazione dell’impugnata sentenza ad
un ‘preliminare di vendita di cosa futura’ a prezzo interamente pagato e ad una ‘convenzione riepilogativa’ nell’ambito di
contratti collegati, applicando la norma di cui all’art. 2932
cod. civ., cionondimeno la decisione adottata in dispositivo,
quanto dire la ‘dichiarazione di trasferimento’ della proprietà dei beni in questione da CO.GE.PA . s.p.a. a Maria Immacolata Màriconda, costituisce esito della controversia che comunque ed in concreto corrisponde alle valutazioni di questa Corte circa la diversa qualificazione giuridica attribuita al
fatto ed agli atti dedotti in giudizio”. La Corte ha quindi
sottolineato che “se pure la configurazione di un contratto

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vecchio fabbricato da demolire e delle aree circostanti, e per

definitivo di permuta tra bene presente e cosa futura implica
che la proprietà di quest’ultima si trasmette quando essa viene ad esistenza, anziché al momento della sentenza riproduttiva degli effetti di un preliminare di vendita, tale distinzio-

le al quale le parti ricolleghino un qualche interesse”. Su
questa base, la Corte di Napoli ha confermato l’impugnata pronuncia di avvenuto trasferimento dell’appartamento e dei due
box, correggendo ed integrando solo, in accoglimento
dell’appello incidentale proposto dagli eredi di Maria Immacolata Mariconda, gli estremi catastali dei beni stessi.
In ordine al motivo di appello concernente il rigetto della
domanda riconvenzionale della CO.GE.PA . di rimborso delle rate
di mutuo pagate in eccedenza del capitale mutuato (lire
50.000.000), la Corte partenopea è giunta alla conclusione
che, non avendo il Passarelli ottemperato all’obbligo di versare alla contraente la quota capitale di mutuo, come stabilito al punto IX della “Convenzione” di permuta, la pretesa della Màriconda di ottenere i beni liberi da vincoli ed oneri non
Ia■

appare del tutto priva di ragione, giacché proprio
quell’inadempimento del Passarelli impedisce di ravvisare colpa della Mariconda per la mancata stipula del rogito notarile
ed esclude nel contempo la fondatezza della domanda riconvenzionale volta ad ottenere da questa il pagamento di rate, in-

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ne non assume nella fattispecie un rilievo pratico apprezzabi-

teressi ed accessori connessi al mutuo di cui solo i convenuti
hanno beneficiato.
Circa il motivo di appello relativo alla statuizione di
condanna al pagamento, in favore della Mariconda, di lire 12

ne, in luogo dell’impresa Passarelli, del preesistente muro di
cinta, con relativo cancello, tra la residua proprietà
dell’attrice e la rampa di accesso dalla via Nuova S. Leone,
la Corte ha rilevato che, non avendo il Passarelli e la subentrante CO.GE.PA . provveduto al ripristino dello stato dei luoghi come previsto in contratto e come richiesto dalla Màriconda nell’atto introduttivo del giudizio, quest’ultima, preso
atto dell’atteggiamento di rifiuto assunto dai convenuti in
giudizio, vi ha provveduto direttamente, reclamando il rimborso delle somme occorse. Non si tratta – ha rilevato la Corte
di Napoli – di domanda nuova inficiata da decadenza e/o prescrizione, ma, come è pacifico in giurisprudenza, di semplice
emendetio libelli,

essendo stato originariamente richiesto in

giudizio il risarcimento in forma specifica.
Infine, la Corte d’appello ha rigettato il motivo di impugnazione principale con cui gli appellanti hanno censurato il
capo della sentenza che afferma il diritto della Mariconda ad
ottenere da essi la costruzione di cantinole su suolo della
stessa attrice per una superficie rapportata ad 1/3 (quota
spettante alla Mariconda) di quella occorrente per la realiz-

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milioni quale risarcimento per equivalente della ricostruzio-

zazione di sette cantinole; rilevando: che l’obbligo di provvedere alla realizzazione di dette cantinole, previsto nel
punto XIII della Convenzione di permuta, non è stato adempiuto; che dal tenore della relativa pattuizione non emerge che

tà comune dei germani Mariconda; che l’assenza di permesso a
costruire o l’impossibilità di ottenerlo non è stata affatto
dimostrata; che gli asseriti patti intervenuti successivamente
a modifica dell’obbligazione di cui trattasi non trovano in
atti adeguata prova il cui onere incombeva sui convenuti odierni appellanti.
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello, notificata il 3 giugno 2009, la CO.GE.PA ., il Passarelli e la Irollo hanno proposto ricorso, con atto notificato il 14 settembre 2009, sulla base di nove motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo (violazione o falsa applicazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. sulla corrispondenza tra il
chiesto ed il pronunciato. Pronuncia di ufficio su domanda non
proposta dalla parte e contrastante con quella proposta dalla
parte in primo grado e ribadita in secondo grado.
procedendo,

Error in

nullità della statuizione di trasferimento della

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il suolo ove edificare le cantinole dovesse essere di proprie-

proprietà alla Mariconda) i ricorrenti denunciano la non corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ., avendo la Mariconda proposto in
primo grado, ed avendola ribadita anche in secondo grado, una

civ. e con richiesta conforme di statuizione, ed essendo stato
statuito, invece, dalla Corte d’appello, un accertamento di
trasferimento della proprietà con le relative scritture private avvenuto, per quanto riguarda gli immobili da costruire e
dovuti alla Mariconda, allorquando da tanti anni prima della
proposizione del giudizio era stata realizzata la costruzione
dell’edificio.
1.1. – Il motivo non coglie nel segno.
La Corte d’appello di Napoli è stata investita del motivo
di gravame con cui gli appellanti in via principale si dolevano che la domanda della Mariconda avrebbe dovuto essere “rigettata in rito” per essere stata erroneamente proposta adducendo a causa petendl un compromesso e chiedendo una pronuncia
costitutiva ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. in esecuzione
coattiva del preliminare non adempiuto, laddove, non trattandosi di un preliminare, la stessa non avrebbe dovuto promuovere un’azione ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. bensì una diversa domanda di accertamento del trasferimento di proprietà
già avvenuto in suo favore delle unità immobiliari di sua
spettanza sin dall’epoca di costruzione dell’edificio.

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domanda processuale espressamente ai sensi dell’art. 2932 cod.

Nello scrutinare questo motivo, la Corte d’appello – pur
rilevando che nella specie si è di fronte non ad una preliminare di vendita, ma ad un contratto definitivo di permuta che
involge la vendita di un bene presente e quella di cose future

mento in cui la cosa viene ad esistenza, anziché al momento
della sentenza riproduttiva degli effetti del preliminare ha tuttavia evidenziato che tale distinzione “non assume nella
fattispecie un rilievo pratico apprezzabile al quale le parti
ricolleghino un qualche interesse” (così a pag. 12 della sentenza), e ciò tenuto conto del rilievo (sottolineato a pag.
10) che “la CO.GE.PA . $.p.a., al pari degli altri convenuti,
lungi dal contestare il diritto azionato dalla controparte di
acquisire la proprietà dei cespiti costruiti, riconosceva e
propugnava tale soluzione della vicenda”, stante il “dichiarato interesse della parte ad una sentenza di ‘intestazione’
della proprietà dei beni alla Mariconda”.
Di fronte a questa statuizione, con cui la Corte d’appello
ha giudicato la censura di extrapetizione non sostenuta da un
adeguato interesse ad agire, il motivo di ricorso per cassazione – tutto proteso a sostenere che il giudice non può accogliere una domanda

ex art. 2932 cod. civ. nel diverso modo

(accertamento dell’avvenuto trasferimento di proprietà) trasformato di ufficio – è disallineato rispetto alla ratio decidendi, e pertanto va dichiarato inammissibile.

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per le quali la proprietà si trasmette immediatamente nel mo-

2. – Il secondo motivo denuncia “ulteriore nullità della
statuizione di trasferimento della proprietà alla Mariconda
ancora per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non
corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per avere la

proposta dalla Mariconda” di inadempimento della impresa Passarelli alla convenzione del 13 giugno 1984. La sentenza impugnata avrebbe ritenuto in colpa contrattuale l’impresa Passarelli, in base alla convenzione del 13 giugno 1984, in quanto
non avrebbe provveduto al versamento della quota capitale di
mutuo al momento, “concepito di ufficio solo dalla Corte di
appello”, del frazionamento del mutuo. Ad avviso dei ricorrenti, la Mariconda mai avrebbe dedotto, né nel foglio di deduzioni allegato al verbale di udienza del 20 settembre 1994, al
quale la Corte d’appello ha fatto riferimento, né nel corso
dell’istruttoria di primo grado né nelle precisate conclusioni, un inadempimento della impresa Passarelli alla convenzione
del 13 giugno 1984 (nel cui art. IX erano contemplati il mutuo
e le connesse obbligazioni) e che ai sensi di tale convenzione
la quota capitale del mutuo dovesse essere versata alla Mariconda al momento del frazionamento del mutuo. “Non è la stessa
cosa – sottolineano i ricorrenti – negare e rifiutare il mutuo
ed imputare con la domanda processuale un inadempimento
all’obbligo di consegna dei beni senza peso alcuno sancito nel
(simulato) contratto preliminare di vendita del 13 giugno 1984

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Corte d’appello statuito in base ad una ulteriore domanda non

e imputare, poi, in corso di causa – il che non è nemmeno mai
avvenuto nel corso dell’istruttoria di primo grado – un inadempimento, invece, ad un obbligo presupponente la legittimità
del mutuo convenuto nella controdichiarazione denominata ‘con-

prima volta nella comparsa conclusionale del 15 giugno 2002,
la difesa dell’attrice “formulò la nuova imputazione alla impresa Passarelli di non aver versato subito in danaro alla blariconda la quota capitale del mutuo”.
2.1. – Il motivo è infondato.
Sin dall’atto di citazione del 1 0 marzo 1994, con cui la
Mariconda ha chiesto l'”intestazione” a suo favore delle unità
immobiliari e la liberazione delle stesse dal mutuo ipotecario
su di esse acceso, l’attrice ha elencato, tra le inadempienze
del Passarelli, il rifiuto di liberare tali unità dal mutuo:
un mutuo – si è precisato – “che la istante non ha chiesto,
non intende chiedere e non ha ottenuto, mentre il Passarelli
si affanna a pretenderne le relative rate”.
Con la comparsa di costituzione e risposta dei convenuti
Passarelli e Irollo del 12 aprile 1994 è stata richiamata la
“seconda scrittura” che, “in deroga a quanto era stato scritto
nell’apparente compromesso di compravendita”, ha stabilito,
con l’art. IX, “l’assoggettamento, a cura dell’impresa Passarelli, a mutuo bancario dell’intero costruendo fabbricato comprensivo dei beni da trasferire in permuta ai Mariconda”. Di

venzione’ dello stesso giorno 13 giugno 1984″. Soltanto per la

qui la richiesta dei convenuti al Tribunale di “sancire [A,
nell’emettere sentenza sostitutiva del rogito notarile, che
tali beni restano gravati del mutuo esistente e concesso
dall’INCE in conformità di quanto convenuto con l’art. IX del-

con obbligo della attrice di adempiere al pagamento delle connesse rate a partire dal completamento del pagamento effettuato dall’impresa Passarelli del capitale mutuato per tali beni
e con condanna della Mariconda a rimborsare al Passarelli
quanto in eccedenza del capitale ha corrisposto e sta corrispondendo al mutuante per interessi e ogni altro onere del mutuo, nella entità che verrà precisata in corso di causa”.
In questo contesto, l’attrice, con note allegate a verbale
dell’udienza del 20 settembre 1994, ha sottolineato – a fondamento della sua pretesa di intestazione dei beni ed a confutazione della domanda riconvenzionale avversaria – che la clausola contrattuale invocata dai convenuti (art. IX della Convenzione) – a termini della quale “Poiché il Comm. Passarelli
ha preannunciato il proposito di chiedere un mutuo bancario,
resta convenuto espressamente che le quote ricadenti sugli enti immobiliari ceduti in permuta, saranno versate ai Mariconda
in contanti, in guisa che su ogni appartamento possa esserci
il proporzionale debito ipotecario. Ciò, in deroga a quanto
convenuto nei contratti preliminari” legittimava sì
l’accensione del mutuo, ma la stessa non era stata rispettata,

la scrittura inter partes 13/6/84 denominata ‘Convenzione’ e

atteso che il contraente non le aveva versato la corrispondente quota capitale dell’importo riscosso e, lasciando accesa
l’ipotesa, pretendeva indebitamente la restituzione delle rate
pagate all’ente mutuante.

tizione.
Era infatti in discussione, venendo a comporre la materia
del contendere legittimamente introdotta dall’una e dall’altra
parte negli atti di causa, non solo se il Passarelli era autorizzato a contrarre il mutuo e a far iscrivere per la relativa
quota ipoteca sui beni della Wariconda, ma anche se fosse legittima la pretesa del Passarelli di subordinare la disponibilità ad intestare le unità immobiliari alla biariconda al rimborso, da parte di quest’ultima, delle quote di interessi correlati al mutuo.
E la formulazione, nella comparsa conclusionale del 15
giugno 2002, da parte dell’attrice, dell’addebito al Passarelli di non avere provveduto a versare subito in danaro alla blariconda la quota capitale del mutuo, costituisce logico sviluppo di quanto dalla stessa dedotto nelle citate note a verbale dell’udienza di trattazione del 20 settembre 1994, e difesa rispetto alla domanda riconvenzionale avanzata dai convenuti nella comparsa di costituzione e risposta.
3. – Il terzo mezzo lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ., 922 e 1472 cod. civ., non-

Non è dunque configurabile il denunciato vizio di extrape-

ché contraddizione su fatti decisivi tra la motivazione ed il
dispositivo. Il quesito che accompagna il motivo è il seguente: “Considerato che la Corte d’appello ha ritenuto che le
scritture intercorse tra le parti non erano preliminari ma

trasferimento di proprietà in favore della Mariconda per i cespiti da costruire si era già verificato al momento della costruzione avvenuta nel 1989 allorquando esisteva l’impresa costruttrice Passarelli Antonio mentre era inesistente la
CO.GE.PA . s.p.a. costituita solo successivamente con atto per
not. Santangelo del 15 luglio 1991, voglia la Corte di cassazione affermare il principio di diritto che costituisce violazione degli artt. 100 cod. proc. civ. e 922 e 1472 cod. civ.
statuire il trasferimento della proprietà dei cespiti da un
soggetto, nella specie la CO.GE.PA . s.p.a., che, per essere
inesistente al momento del trasferimento di proprietà ritenuto
già avvenuto in epoca antecedente la sua costituzione, non poteva mai avere avuto né, quindi, avere alcuna titolarità dei
cespiti”.
3.1. – Il motivo è privo di fondamento.
Innanzitutto, perché la censura non si correla con la
ratio decidendl, espressa a pag. 10 della sentenza impugnata,
con cui la Corte d’appello dà atto che la CO.GE.PA ., rinunciando alla preliminare eccezione di inammissibilità della sua
chiamata in causa, dichiarava di riconoscere e propugnare la

contratti definitivi di trasferimento di proprietà e che il

soluzione della vicenda nel senso della pronuncia, da parte
del giudice del merito, di una sentenza di intestazione alla
Mariconda della proprietà degli immobili, “sia pur confidando
(non subordinando) nell’accoglimento delle ragioni fatte

In ogni caso, è decisivo osservare che la doglianza non
tiene conto del rilievo – pacificamente risultante dalla comparsa di costituzione e risposta dei convenuti Irollo e Passarelli – che “l’impresa individuale Antonio Passarelli, con
tutti i diritti di proprietà e le obbligazioni assunte, è stata conferita sin dal 15 luglio 1991 con atto per not. Sabatino
Santangelo […] nella società CO.GE.PA . Costruzioni Generali
Passarelli s.p.a.”. Poiché, dunque, al momento della introduzione del processo, la CO.GE.PA . era la società intestataria
dei beni di proprietà Mariconda, correttamente il contraddittorio è stato esteso nei suoi confronti e la pronuncia dichiarativa è stata emessa a suo carico.
4. – Il quarto motivo è articolato in sette censure.
4.1. – La prima – (A) – lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. “ai cui sensi il giudice
deve porre a base della decisione le allegazioni della parte e
non allegazioni inesistenti ad essa attribuite di ufficio”,
nonché “motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria
che non consente di cogliere una ratio decidendi in merito alle deduzioni della parte vertenti sul fatto decisivo della

valere in via riconvenzionale”.

controversia concernente la colpa contrattuale”. Il quesito
conclusivo è il seguente: “Considerato che nella stessa sentenza la Corte d’appello ha riportato a pag. 15

[recte, 13] la

posizione difensiva dei convenuti nell’avere sostenuto che

‘se

latoria, avesse

aderito

al perentorio invito di riceversi

l’intestazione dei beni con atto notarile, avrebbe immediatamente ricevuto anche la quota
all’appartamento in questione’

capitale

del mutuo relativa

e, poi, in contrasto con ciò,

ha attribuito alla stessa parte di pretendere di pagare essa
‘le rate di mutuo sino alla concorrenza della quota capitale’
facendone derivare le conseguenze decisorie, voglia la Corte
di cassazione affermare il principio che viola l’art. 115 cod.
proc. civ. il giudice che decide in base ad allegazioni non
formulate dalla parte ed in contrasto con quelle da essa formulate”.
4.1.1. – Il motivo è infondato.
Di contraddittorietà della motivazione può parlarsi quando
esista un insanabile contrasto interno tra le argomentazioni
complessivamente adottate a sostegno della pronuncia, tale da
non consentire l’identificazione del procedimento logicogiuridico posto a base della decisione.
Nella specie tale vizio non è configurabile, e neppure
sussistono le altre incongruenze e aporie prospettate dai ricorrenti.

la M’ariconda, anziché persistere in una siffatta condotta di-

La sentenza impugnata ha infatti colto il senso e la portata della posizione difensiva articolata dagli appellanti in
via principale, basato sulla pattuizione contenuta nell’art.
IX della scrittura privata denominata Convenzione (“se la Ma-

ria, avesse aderito al perentorio invito di riceversi
l’intestazione dei beni con atto notarile, avrebbe immediatamente ricevuto anche la quota capitale del mutuo relativo
all’appartamento in questione”); ma ha disatteso questa tesi,
rilevando che “essa si pone in netta dissonanza con la funzione economico-sociale dell’intera operazione di permuta ove si
consideri che il prezzo dei beni in questione era stato già
interamente pagato dalla Mariconda”. Difatti – premesso che
nel 1987 il Passarelli e la moglie accesero un mutuo
sull’intero fabbricato provvedendo nel settembre 1988 a frazionarlo di guisa che la quota della Mariconda risultava essere pari a lire 50.000.000, e che tale somma fu trattenuta dai
predetti coniugi e non versata in contanti alla legittima destinataria “[s]olo tale immediato versamento ovvero
l’offerta reale della somma in caso di rifiuto, avrebbe fatto
scattare l’obbligo della Màriconda di pagare le quote di ammortamento ed interessi del mutuo stesso e di addivenire anche
alla formale intestazione degli immobili”.
4.2. – La seconda censura – (B) – del quarto motivo denuncia violazione dell’art. 24 Cost. sul diritto alla difesa e al

riconda, anziché persistere in una siffatta condotta dilato-

contraddittorio. La Mariconda non avrebbe mai dedotto che la
quota capitale del mutuo dovesse esserle versata al momento
del frazionamento del mutuo; tale momento sarebbe stato concepito d’ufficio dalla Corte d’appello. Si chiede che sia affer-

re di ufficio una questione non formulata dalla parte e non
rilevabile di ufficio e decidere in base ad essa la controversia in quanto in tal modo viola il diritto al contraddittorio
ed alla difesa sancito dall’art. 24 Cost. e l’art. 115

[recte,

112] cod. proc. civ. sulla corrispondenza tra il chiesto ed il
pronunziato nonché il divieto per il giudice di introdurre
questioni ed eccezioni non rilevabili di ufficio essendo, invece, tenuto persino quando si tratti di questione rilevabile
di ufficio a sottoporla alle parti onde consentire il contraddittorio e salvaguardare il diritto alla difesa”.
4.2.1. – Anche questo mezzo è infondato, alla luce di
quanto rilevato, retro, con riguardo allo scrutinio del secondo motivo. Ed invero, nel richiamato foglio di deduzioni allegato al verbale dell’udienza del 20 settembre 1994, la difesa
dell’attrice ha dedotto che il Passarelli doveva consegnare le
unità alla Mariconda senza peso alcuno, consegnando alla stessa il corrispondente importo del mutuo riscosso, mentre il
Passarelli ha incassato l’importo del mutuo, non lo ha versato
ed ha lasciato accesa l’ipoteca a favore dell’ente mutuante.

mato il principio di diritto “che il giudice non può introdur-

4.3. – La terza doglianza – (C) – del medesimo quarto motivo prospetta violazione o falsa applicazione delle regole
ermeneutiche di cui agli artt. 1362-1365 cod. civ. ed in particolare del secondo comma dell’art. 1362 cod. civ.; omissione

. troversia;

error in procedendo.

Premettono i ricorrenti: che

nell’art. IX della Convenzione del 13 giugno 1984 venne adoperata per il versamento della quota capitale del mutuo la generica espressione in proiezione futura “saranno versate” senza
precisazione di un termine certo per il versamento; che erano
già stati stipulati sin dal 1989 sei rogiti di trasferimento
di proprietà in favore dei reali terzi acquirenti in rivendita
dai Màriconda dei cespiti di loro spettanza senza che fosse
mai sorta alcuna questione sull’avvenuto versamento delle quote capitali di mutuo nei momenti delle ormai remote stipule
dei rogiti di trasferimento comportanti l’esonero dell’impresa
Passarelli dalle responsabilità, quale intestataria del mutuo
e dei cespiti, per il pagamento delle rate di mutuo; che mai
la difesa della Mariconda ha contestato tale momento del versamento sempre dedotto dalla difesa dei convenuti, rimasto,
quindi, sempre pacifico. Di qui il quesito di diritto secondo
cui “in mancanza della fissazione convenzionale di un termine
certo per un adempimento, il giudice viola le regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362-1365 cod. civ. ed in particolare
il secondo comma dell’art. 1362 cod. civ. allorquando omette

o insufficienza di motivazione su un punto decisivo della con-

di valutare e motivare il dedotto comportamento complessivo
delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto
per determinare la loro comune intenzione”.
4.3.1. – La censura è infondata.

ermeneutica contrattuale stabilite dagli artt. 1362 e ss. cod.
civ., ha ricostruito sulla base del complessivo esame delle
clausole contrattuali la comune intenzione delle parti medesime risultante dall’art. IX della Convenzione, e ne ha dato ampia, logica e argomentata motivazione.
Considerata l’evidenza del tenore letterale del citato
art. IX, tale da non lasciare alcuna perplessità
sull’effettiva portata della clausola, e tenuto conto anche
della funzione economico-sociale dell’intera operazione di
permuta, la Corte distrettuale ha escluso che l’utilizzo nella
richiamata clausola, con riferimento appunto al versamento ai
Mariconda della rispettiva quota capitale di mutuo, del tempo
futuro (“saranno versate”) stesse a significare che detto versamento non poteva che essere riferito cronologicamente al momento della intestazione dei beni. Di qui la duplice conclusione, da parte della Corte d’appello, di (a) esclusione di
colpa della Mariconda per la mancata stipula del rogito, e (b)
di infondatezza della domanda riconvenzionale volta ad ottenere da questa il pagamento di rate, interessi ed accessori connessi al mutuo di cui solo i convenuti hanno beneficiato.

Il giudice del merito, pienamente osservando le norme di

Il motivo di ricorso, anche là dove denuncia il vizio di
violazione e falsa applicazione di norme di legge, si risolve
nel tentativo di una riesame nel merito della ricostruzione,
operata dal giudice del merito, della volontà delle parti tra-

Va in proposito osservato come costituisca principio di
diritto del tutto consolidato presso questa Corte di legittimità quello secondo il quale, con riguardo all’interpretazione
del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito, l’invocato sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene
all’ambito dei giudizi di fatto riservati appunto a quel giudice, ma deve appuntarsi esclusivamente sul (mancato) rispetto
dei canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362 e ss. cod. civ., e sulla (in)coerenza e
(il)logicità della motivazione addotta (così, tra le tante,
Cass., Sez. III, 10 febbraio 2015, n. 2465): l’indagine ermeneutica, è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di
merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per
inadeguatezza della motivazione o per violazione delle relative regole di interpretazione (vizi entrambi impredicabili con
riguardo alla sentenza oggi impugnata), con la conseguenza che
non può trovare ingresso la critica della ricostruzione della
volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca

sfusa nell’art. IX della Convenzione.

nella prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva
degli stessi elementi di fatto esaminati dal giudice a quo.
4.4. – La quarta censura – (D) – del quarto motivo (motivazione contraddittoria che non consente l’identificazione di
denuncia il “contra-

sto tra la negazione ed il rifiuto della Mariconda, persistiti
per tanti anni e dedotti anche a

causa petendi della domanda

processuale, della pattuizione del mutuo rifiutando per tal
motivo la stipula del rogito di trasferimento della proprietà
e, quindi, rifiutando ogni adempimento dall’una e dall’altra
parte alle obbligazioni connesse al mutuo, tra cui quella del
versamento della quota capitale, e poi, in antitesi con la negazione del mutuo, la formulazione, in sconvolgimento
dell’oggetto processuale, di una attribuzione alla controparte
di un inadempimento ad una obbligazione presupponente la legittimità del mutuo dopo averlo rifiutato per circa venti anni”.
4.4.1. – La doglianza è infondata, valendo quanto già esposto retro, al punto 2.1.

una ratio decidendl; error in procedendo)

4.5. – Con la quinta censura – (E) – del quarto motivo si
lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1454 e ss.
e 1219, n. 3, cod. civ. e 115 cod. proc. civ., nonché omesso
esame e motivazione e error in procedendo.

Poiché nell’art. IX

della convenzione del 13 giugno 1984 non venne stabilito alcun
termine certo per il versamento delle quote capitali di mutuo,

0/b,

1.•

mancherebbe, ad avviso del ricorrenti, il presupposto per la
legittima costituzione in mora del debitore. In tale situazione “la parte creditrice, per costituire in mora il debitore,
deve assegnarle un termine ai sensi dell’art. 1454 cod. civ. e


.

civ. non potendo il giudice, in mancanza di ciò, configurare
la indispensabile costituzione in mora del debitore per poterlo poi ritenere in colpa in caso di inadempimento nel termine
assegnato”.
4.5.1. – Il motivo è infondato, perché muove da una lettura dell’art. IX della Convenzione diversa da quella emergente
dalla sentenza impugnata, la quale ha rilevato che l’obbligo
della Mariconda – la quale aveva già interamente “pagato”, con
alienazione del proprio fabbricato e del terreno circostante,
“il prezzo dei beni in questione” – di pagare le quote di ammortamento e di interessi del mutuo stesso poteva scattare solo se fosse stata versata alla Mariconda la quota di mutuo,
pari a lire 50.000.000, gravante, a seguito del frazionamento,
sulla sua unità immobiliare, o se ne fosse stata fatta offerta
reale.
4.6. – La sesta censura – (F) – del quarto motivo è rubricata violazione o falsa applicazione dell’art. 1460 cod. civ.
e dell’art. 115 cod. proc. civ., nonché omessa o insufficiente
e contraddittoria motivazione;

error in procedendo.

Si deduce

che la Corte d’appello, per ritenere in colpa l’impresa Passa-

proporre poi giudizio ai sensi del n. 3 dell’art. 1219 cod.

relli per non aver versato subito alla Mariconda al momento
del frazionamento del mutuo la quota capitale mutuata e la inesistenza di colpa della Mariconda nell’avere rifiutato il
mutuo negandone la legittimità e rifiutando il trasferimento

nell’art. IX della convenzione del 13 giugno 1984 e pur avendo
essa precedentemente usufruito del mutuo in favore dei coniugi
Cassese e Rapacciuolo, suoi acquirenti in rivendita
dell’appartamento con l’esibito rogito per not. Santangelo del
16 maggio 1989, ha fatto ricorso al principio inadimplenti non
est adimplendum in favore della Mariconda. Di tale principio si assume – la Corte d’appello avrebbe fatto applicazione senza però aver proceduto ad accertare e valutare e motivare la
effettiva sussistenza di un inadempimento contrattuale nel
comportamento della Impresa Passarelli sulla scorta delle acquisizioni processuali e, in ogni caso, la effettiva gravità
ed efficienza causale dei rispettivi imputati inadempimenti
rispetto alla finalità complessiva del contratto ed alla realizzazione degli interessi rispettivamente perseguiti.
4.6.1. – La censura è priva di fondamento.
Nell’esaminare il settimo motivo dell’appello principale,
concernente il rigetto della domanda riconvenzionale della
CO.GE.PA . di rimborso delle rate di mutuo pagate in eccedenza
del capitale mutuato, la Corte distrettuale è pervenuta alla
conclusione che l’inadempimento del Passarelli (non avere ot-

della proprietà con il mutuo benché pattiziamente convenuto

temperato all’obbligo di versare alla contraente la quota capitale di mutuo) impedisce, da un lato, di ravvisare colpa
della Mariconda per la mancata stipula del rogito notarile ed
esclude, dall’altro, la fondatezza della spiegata domanda ri-

Considerata la portata degli obblighi risultanti dalle
pattuizioni contrattuali, la Corte territoriale ha così correttamente valutato la prestazione inadempiuta, la responsabilità con riguardo ad essa e l’incidenza sul comportamento della controparte.
4.7. – La settima doglianza – (G) – articolata con il
quarto mezzo denuncia violazione dell’art. 1218 cod. civ. e
omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con essa si
chiede che sia affermato il principio di diritto secondo cui
il rifiuto di un patto contrattuale e, quindi, l’inadempimento
ad esso obbliga l’inadempiente al risarcimento dei danni. La
censura è svolta sulla duplice premessa che la Mariconda ha
rifiutato la stipula del rogito di trasferimento della proprietà dell’appartamento e dei box adducendo il rifiuto del
mutuo insistente sui cespiti negandone la legittimità (pur essendo stato convenuto il mutuo nell’art. IX della convenzione
del 13 giugno 1984 e pur avendo già usufruito del mutuo nella
rivendita dell’appartamento; e che la negazione del legittimo
mutuo e l’inadempimento alla osservanza della pattuizione con-

convenzionale.

trattuale protratti per circa un ventennio ha costituito grave
colpa contrattuale ed ha arrecato ai ricorrenti il danno di
euro 73.276,91 per avere dovuto intanto provvedere, per la loro responsabilità connessa alla persistenza della intestazione

rate di mutuo sino alla completa estinzione di esso in eccedenza alla quota capitale originaria del mutuo e provvedere
altresì alla sua cancellazione nonché al pagamento di ISI, ICI, imposte e tasse e oneri condominiali.
4.7.1. – La censura è infondata, perché muove da una premessa erronea. La denunciata violazione di legge presuppone
una colpa contrattuale della Mariconda che invece il giudice
del merito ha escluso, in considerazione della portata degli
obblighi nascenti dalle pattuizioni intercorse e, in particolare, dal più volte citato art. IX della Convenzione.
5. – Il quinto motivo – relativo alla statuizione di condanna al pagamento del risarcimento per equivalente per la costruzione del muro – si suddivide in sei censure.
5.1. – La prima di esse – (70 – lamenta violazione degli
artt. 100 cod. proc. civ. e 1218 cod. civ. nonché
procedendo. Si

error in

lamenta che l’attribuzione del risarcimento

danni sarebbe avvenuta in favore “del non titolare del diritto
e della pattuizione”. La Corte d’appello avrebbe infatti letto
nell’art. VI della convenzione del 13 giugno 1984 come se il
giardino e il relativo muro con cancello e pilastri fossero di

dei cespiti, al pagamento per circa un ventennio di tutte le

Maria Immacolata Mariconda, laddove essi appartenevano al fratello Giovanni Mariconda.
5.1.1. – Il motivo è inammissibile.
Dal testo della sentenza impugnata – pagg. 15 e 16 – ri-

l’erronea statuizione di condanna al pagamento, in favore della Mariconda, di lire 12 milioni quale risarcimento per equivalente della ricostruzione, in luogo dell’impresa Passarelli,
del preesistente muro di cinta) gli appellanti hanno dedotto:
(a) “la decadenza e prescrizione quinquennale o tutt’al più
decennale della domanda in parola”; (b) che la domanda andava
rigettata perché la Mariconda non aveva mai provato che il muro in questione fosse stato demolito per tutta la sua estensione dall’impresa per esigenze di lavoro; (c) che alcuna valida prova era mai stata fornita dell’asserito costo di costruzione; (d) che un risarcimento per equivalente non poteva
essere pari al valore di un nuovo muro ma solo a valori corrispondenti allo stato di vetustà delle vecchie strutture; (e)
che la liquidazione di lire 12 milioni non è sorretta da adeguata prova e dall’indicazione dei criteri per determinarla;
(f) che la liquidazione per equivalente poteva avvenire solo
se l’esecuzione in forma specifica fosse stata eccessivamente
onerosa per il debitore.
Nessuna censura specifica è stata mossa con riguardo al
profilo, che qui viene proposto, della impossibilità per la

sulta che con l’ottavo motivo di appello (concernente

Mariconda di chiedere il risarcimento del danno per la ricostruzione di un muro appartenente al fratello.
Si tratta di un tema nuovo, attinente al fondamento sostanziale della pretesa risarcitoria azionata, che non può

di una previa sottoposizione al giudice dell’appello.
5.2. – Il secondo submotivo – (B) – denuncia nullità della
statuizione di condanna al risarcimento di danni per omesso
esame e decisione della eccezione di prescrizione. Si afferma
che nell’atto di appello era stata proposta l’eccezione di
prescrizione quinquennale o tutt’al più decennale ai sensi
dell’art. 2946 cod. civ. del diritto al risarcimento dei danni
per asserito inadempimento contrattuale. La Corte d’appello
avrebbe omesso ogni motivazione e decisione della eccezione.
5.2.1. – La doglianza è infondata.
Come risulta dalla stessa narrativa del mezzo di impugnazione, con l’ottavo motivo di appello il Passarelli, la Irollo
e la CO.GE.PA . sottolinearono che la domanda di risarcimento
danni per equivalente doveva essere “dichiarata improponibile
e rigettata” “per decadenza e prescrizione quinquennale o decennale essendo stata formulata dalla controparte per la prima
volta in corso di causa nel foglio di conclusioni allegato al
verbale di udienza del 23/10/2001 e quindi dopo oltre sedici
anni dalla scrittura del 13/6/1984, dopo oltre quattordici anni dal termine dei lavori con l’ultimazione della costruzione

sollevato dinanzi a questa Corte di legittimità, in mancanza

dell’edificio e dopo oltre dodici anni addirittura dal conseguimento della dichiarazione di abitabilità del 13/3/1989 risultante dagli esibiti rogiti di vendita di appartamenti”.
La Corte d’appello, nell’esaminare il motivo di cesura, ha

– che “per espresso patto contenuto nell’art. VI della più
volte richiamata Convenzione di permuta, per facilitare
l’attività di costruzione del nuovo fabbricato il Passarelli fu autorizzato ad utilizzare lo spazio adibito a
giardino di proprietà Mariconda e ad accedere dalla rampa
dal viale di proprietà dell’attrice con l’obbligo di
ripristinare la situazione così come l’aveva trovata prima dell’occupazione”;
– che “il patto in parola più specificamente prevedeva anche
che eventuali danni sarebbero stati risarciti dal Passarelli specie per il rifacimento dei pilastri del cancello
ove fossero stati demoliti o danneggiati”;
– che “non avendo il Passarelli e la subentrante CO.GE.PA .
provveduto al ripristino dello stato dei luoghi come pre-

rilevato:

visto in contratto e come richiesto dalla Mariconda
nell’atto introduttivo del giudizio, quest’ultima, preso
atto dell’atteggiamento di rifiuto assunto dai convenuti
in giudizio, vi ha provveduto direttamente reclamando il
rimborso delle somme occorse”;

oki

- che “non si tratta di una domanda nuova inficiata da decadenza e/o prescrizione, ma, come è pacifico in giurisprudenza, di semplice

emendetio libelli,

essendo stato ori-

ginariamente richiesto in giudizio il risarcimento in

Tale essendo la statuizione della Corte distrettuale, non
sussiste il lamentato vizio di “omesso esame e decisione”.
La Corte – investita dell’eccezione di improponibilità e infondatezza della domanda di risarcimento dei danni per equivalente per decadenza e prescrizione quinquennale o decennale – l’ha rigettata (“non si tratta di domanda nuova inficiata da prescrizione e decadenza”) sul rilievo che, trattandosi di semplice emendetio della domanda di risarcimento
in forma specifica per violazione di obblighi contrattuali
proposta con l’atto di citazione del marzo 1994, a questa
data (e non all’ottobre 2001) andava misurato il decorso del
termine.
5.3. – La terza censura – (C) – del medesimo quinto motivo
prospetta violazione o falsa applicazione degli artt. 115 cod.
proc. civ. e 2697, primo comma, cod. civ., nonché omessa o insufficiente motivazione;

error in procedendo.

Assumono i ri-

correnti che incombeva all’attrice fornire la prova del suo
assunto, contestato dai convenuti, che l’impresa Passarelli
avesse violato la convenzione del 13 giugno 1984 demolendo un
muro con cancello di proprietà di essa Mariconda senza poi so-

– 38 –

forma specifica”.

stituirlo. La Corte di appello avrebbe omesso ogni esame e motivazione delle tredici fotografie dei luoghi esibite dai convenuti già da alcuni anni prima, nell’udienza del 27 maggio
1997, e mai contestate dall’attrice, e che dimostravano, alcu-

go, estraneo all’attività di impresa, con varco esistente creato dalla Mariconda per avere destinato il suolo a parcheggio
delle auto del limitrofo edificio onde consentirne il passaggio. La Corte d’appello avrebbe ignorato l’esito della testimonianza resa dal teste Domenico Fiore, escusso nell’udienza
del 9 maggio 2000.
La quarta censura – (D) – del quinto motivo lamenta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omesso esame e decisione di formulata eccezione, violazione o falsa applicazione
dell’art. 2697, primo comma, cod. civ. sull’assolvimento
dell’onere probatorio, violazione dei principi che regolano la
prova processuale nonché omessa motivazione ed error in procedendo.

Si denuncia che la Corte d’appello avrebbe utilizzato

come fonte probatoria giustificatrice della condanna dei con.
venuti al pagamento di lire 12.000.000 per risarcimento dei
danni una fattura per esecuzione di lavori rilasciata
all’attrice da tale impresa Martone il 12 ottobre 1999 e da
essa esibita ma contestata dai convenuti come atto artificiosamente predisposto privo di ogni valore probatorio nei confronti dei terzi.

– 39 –

ne, il muro ricostruito dall’Impresa e, altre, il diverso luo-

Il quinto submotivo – (E) – del medesimo quinto mezzo prospetta violazione o falsa applicazione dell’art. 1226 cod.
civ. e omessa motivazione. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte
d’appello, nel confermare in via equitativa la statuizione di

ni in lire 12.000.000 per esecuzione asserita dall’attrice di
opere murarie, avrebbe ignorato del tutto, omettendo in proposito ogni motivazione, l’esigenza del presupposto essenziale
stabilito nell’art. 1226 cod. civ. di una Impossibilità, o rilevante difficoltà per la parte, di fornire una prova precisa
del danno.
Con il sesto profilo – (F) – del quinto motivo si lamenta
omessa o insufficiente motivazione su fatto decisivo della
controversia. I ricorrenti rilevano che mancherebbero i presupposti per la liquidazione per equivalente: questa può avvenire solo quando la reintegrazione in forma specifica sia eccessivamente onerosa per il debitore, il che non potrebbe essere configurato nella specie, essendo invece di tutta convenienza economica per l’impresa di costruzioni provvedere essa
direttamente alla esecuzione.
5.3.1. – I submotivi dal terzo al sesto del quinto mezzo da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione sono infondati, per la parte in cui non sono inammissibili.
La Corte d’appello, nell’esaminare le corrispondenti censure articolate contro la sentenza di primo grado, dopo avere

– 40 –

primo grado di condanna dei convenuti al risarcimento dei dan-

ricostruito la portata degli obblighi contrattuali, ha affermato:
– che “la Mariconda, a comprova dello stato dei luoghi e
della fondatezza della sua domanda, ha prodotto nel corso

alcune fotografie che mostrano una vasta apertura nel muro di cinta ed evidenziano la mancanza del cancello”;
– che “i convenuti, odierni appellanti, che hanno negato
l’obbligo contrattuale della ricostruzione del muro, non
hanno mai contestato la situazione dei luoghi quale risultante dalla suddetta documentazione fotografica né
hanno mai contestato di avere utilizzato l’area in fase
di costruzione del complesso determinando il crollo del
muro e del relativo cancello evidentemente per assicurarsi il passaggio e l’uso dei mezzi pesanti e macchinari”;
– che “a fronte della fondata richiesta della Mariconda,
nessun obbligo, ex art. 2058, secondo comma, cod. civ., o
possibilità aveva il giudice di rifiutare il risarcimento
per equivalente e peraltro neppure è dimostrato né è condivisibile l’assunto che l’esecuzione in forma specifica
sarebbe stata meno onerosa per l’impresa di costruzioni”;
che “quanto poi all’entità della somma liquidata in via
equitativa (lire 12 milioni) dal giudice”, è condivisibile “siffatta quantificazione del rimborso dovuto, posto
che è stata valutata la documentazione prodotta dalla

– 41 –

del giudizio di primo grado (udienza del 17 ottobre 2000)

parte, segnatamente la fattura 12.10.99 dell’impresa Martone, e correttamente rilevato che questa conteneva anche
corrispettivi ulteriori rispetto a quelli di cui trattasi”;

non hanno mai formulato specifiche critiche né hanno indicato una diversa valutazione suscettibile di essere apprezzata dal giudicante”.
L’accertamento compiuto dalla Corte di Napoli in punto sia
di an che di quantum è sorretto da una motivazione adeguata e
priva di vizi logici e giuridici.
I giudici del merito hanno tenuto conto, da un lato, non solo delle risultanze fotografiche in atti, ma anche della mancata specifica contestazione, da parte dei convenuti, di avere
utilizzato l’area in fase di costruzione e di avere causato il
crollo del muro e del relativo cancello. Dall’altro lato, la
Corte territoriale ha considerato la fattura proveniente da un
terzo estraneo al giudizio, attestante la spesa sostenuta dal: la Mariconda per il ripristino, al fine di pervenire ad una
quantificazione in via equitativa del danno, considerando anche – anche qui – la mancata indicazione, da parte dei convenuti, di una diversa valutazione suscettibile di essere apprezzata dal giudicante. Infine, hanno escluso la eccessiva
onerosità del risarcimento per equivalente.

01,
– 42 –

– che “peraltro al riguardo i convenuti, odierni appellanti,

Non sussiste la lamentata violazione dell’art. 2697 cod.
civ., perché la Corte territoriale non ha attribuito l’onere
della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta grava secondo le regole dettate da quest’ultima norma (cfr.

Inoltre, la fattura proveniente da un terzo estraneo al giudizio e riferentesi a rapporti tra questo ed una delle parti
in causa va inquadrata fra gli atti giudici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione, indirizzata
all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costituito, con la conseguenza che essa è idonea ad offrire elementi
probatori, liberamente utilizzabili dal giudice per la formazione del suo convincimento (Cass., Sez. Il, 6 gennaio 1982,
n. 10).
Corretto è, d’altra parte, il ricorso al risarcimento del
danno per equivalente, in una fattispecie nella quale, non avendo il Passarelli e la subentrante CO.GE.PA . provveduto al
ripristino dello stato dei luoghi come previsto in contratto e
–._ come richiesto dalla Mariconda nell’atto introduttivo del giu.
dizio, quest’ultima, preso atto dell’atteggiamento di rifiuto
assunto dai convenuti in giudizio, vi ha provveduto direttamente, reclamando il rimborso delle somme occorse.
Per il resto le doglianze, anche là dove denunciano il vizio
di violazione e falsa applicazione di legge o l’erro= in procedendo,

si appalesano inammissibili, giacché – a fronte

– 43 –

Cass., Sez. III, 17 giugno 2013, n. 15107).

dell’anzidetto accertamento compiuto dalla Corte territoriale,
la quale ha individuato le fonti del proprio convincimento e
valutato le risultanze probatorie dando conto dell’Iter logico
e deduttivo seguito – i ricorrenti, lungi dall’evidenziare de-

decisum,

tendono, in realtà, ad una non consentita rivaluta-

zione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una
lettura ad essi favorevole, ma diversa da quella fornita dal
giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le
fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i
fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.
6. – Il sesto motivo (violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ. per non corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato;
nullità della statuizione;

error in procedendo)

premette che

la Mariconda aveva proposto con l’atto di citazione, e ribadir_

to in sede di precisazione delle conclusioni, domanda di condanna dei convenuti alla costruzione di una superficie pari a
sette cantinole, il che implicava un litisconsorzio necessario
con il germano Giovanni per essere entrambi creditori contrattuali della intera prestazione della costruzione di sette cantinole ai sensi dell’art. XIII della convenzione del 13 giugno
1984. Si lamenta che il giudice di primo grado, aggirando il

– 44 –

ficienze intrinseche delle argomentazioni che sorreggono il

litisconsorzio necessario, abbia condannato, invece, i convenuti, in difformità della domanda dell’attrice, alla costruzione di una superficie pari ad un terzo (quota spettante
all’attrice) di quella necessaria per la costruzione di sette

sentenza il motivo di appello con cui si censurava la non corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.
6.1. – Il motivo è infondato.
Per costante giurisprudenza (Sez. Il, 4 ottobre 2011, n.
20311; Sez. I, 20 settembre 2013, n. 21612), ad integrare gli
estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di
un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia
stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col
capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompati-

cantinole, e che la Corte d’appello abbia ignorato nella sua

bile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.
Nella specie è ravvisabile una statuizione implicita di
rigetto al motivo di appello concernente la denunciata “improponibilità ed inaccoglibilità della domanda per mancata partecipazione del germano Giovanni, litisconsorte necessario, componente dell’unica parte contrattuale”.

04,
– 45 –

La Corte d’appello, infatti, esaminando la portata
dell’obbligo di provvedere alla realizzazione delle cantinole,
previsto nel punto XIII della Convenzione di permuta, ha rilevato, smentendo la premessa stessa della contestazione artico-

non emerge affatto che il suolo ove edificare le cantinole dovesse essere di proprietà comune dei germani Mariconda”, risultando anzi “che la posizione creditoria dell’originaria attrice, per quanto attiene alla prestazione in suo favore, è
distinta da quella del fratello come è dato desumere
dall’esplicita previsione delle rispettive proporzioni (1/3 e
2/3) delle superfici occorrenti”.
7. – Il settimo motivo è ripartito in tre profili.
7.1. – Il primo profilo – (30 – deduce violazione o falsa
applicazione degli artt. 1100 e 1362 e

ss.

cod. civ. e 102

cod. proc. civ., nonché motivazione omessa o insufficiente e
contraddittoria. Sostengono i ricorrenti che la dichiarazione
fatta nell’atto di citazione di appartenenza in comune del
suolo, sul quale eseguire la costruzione delle sette cantinole, tra l’attrice ed altro soggetto non partecipante al giudizio nonché la domanda di condanna del convenuto alla costruzione di tutto quanto dovuto nell’insieme con l’altro creditore comportano il litisconsorzio necessario dell’unica parte
contrattuale ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ. Di qui

– 46 –

lata con il motivo, che “dal tenore della pattuzione in parola

l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio e, in mancanza, la nullità della sentenza emessa dal giudice.
7.1.1.- Il motivo è infondato, perché muove da una premessa – la vincolatività dell’obbligo di costruzione delle canti-

agenti come unica parte contrattuale – la cui esattezza è stata esclusa dalla Corte d’appello all’esito di una ricostruzione, congrua e logicamente motivata, della portata del punto
XIII della Convenzione di permuta.
7.2. – Il secondo punto – (B) – del settimo mezzo prospetta violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, primo coma, cod. civ., 31 e 41 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e
10 e 13 della legge 6 agosto 1967,n. 765, nonché motivazione
omessa o insufficiente e irrazionale e contraddittoria su un
punto decisivo della controversia. Avrebbe errato la Corte
d’appello a ritenere incombente ai convenuti, invece che
all’attrice, la prova della legittimità urbanistica della costruzione e ciò, inoltre, pur non avendo l’attrice mai indica- to un suolo e la sua ubicazione territoriale sul quale la costruzione delle cantinole dovesse essere eseguita.
7.2.1. – La Corte d’appello ha ribadito che non era stata
dimostrata, dal Passarelli e dagli altri appellanti in via
principale, l’assenza di permesso a costruire le cantinole o
l’impossibilità di ottenerlo.

– 47 –

nole solo se effettuato su suolo comune dei germani Mariconda,

La censura rivolta contro questa statuizione non è fondata.
Incombeva infatti ai debitori l’onere di provare che
l’inadempimento era stato determinato da impossibilità della

agli stessi.
7.3. – Con il terzo submotivo – (C) – del medesimo settimo
mezzo si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 115
cod. proc. civ., del secondo comma dell’art. 2697 cod. civ. e
del principio del valore probatorio di un fatto pacifico, nonché omessa o insufficiente motivazione delle risultanze della
prova testimoniale ed error in procedendo.

Con esso si deduce

che la controparte non ha mai contestato per tutto il corso
istruttorio di primo grado la deduzione fatta dai convenuti
sin dalla comparsa di risposta di un accordo verbalmente intercorso tra la Mariconda e l’Impresa Passarelli e da questa
eseguito con il quale in compensazione della impossibilità urbanistica di costruire le cantinole di pertinenza dei due appartamenti di spettanza in permuta della Mariconda venne convenuto l’ampliamento del 5% della superficie degli appartamenti stessi nonché l’applicazione ad essi di migliori rifiniture, di parati alle pareti, di infissi anodizzati e di porte
blindate agli ingressi. Affermano i ricorrenti che il fatto
dell’accordo venne confermato nella deposizione del teste Domenico Fiore escusso nell’udienza del 9 maggio 2000. Si lamen-

– 48 –

prestazione derivante da causa oggettivamente non imputabile

ta che la Corte d’appello abbia ritenuto insufficiente la deposizione del solo teste Fiore pur nella situazione di un fatto pacifico sia nella deduzione e sia nella esibita documentazione dell’esecuzione di quanto convenuto e sia nella conferma

zione e prova contraria.
7.3.1. – La censura è inammissibile.
La Corte d’appello – con motivazione priva di mende logiche e giuridiche – è giunta alla conclusione che gli asseriti
patti intervenuti successivamente a modifica dell’obbligazione
discendente dal punto XIII della Convenzione di permuta “non
trovano in atti adeguata prova il cui onere incombeva sui convenuti odierni appellanti”. “A parte il rilievo che in un rapporto negoziale assunto e regolato per iscritto è poco verosimile che le parti abbiano modificato precisi accordi solo verbalmente”, la Corte ha sottolineato: “non vi è in atti alcuna
documentazione idonea a dimostrare, attraverso il raffronto
fra il capitolato ed il realizzato, ciò che in più era stato
conferito alla Mariconda; mentre la prova testimoniale sul
punto, in contrasto peraltro con quanto previsto dall’art.
2723 cod. civ., e segnatamente le dichiarazioni rese dal solo
Fiore Domenico, geometra già dipendente dell’impresa Passarelli ed attualmente della CO.GE.PA . s.p.a., non offrono certezza
sull’asserito patto aggiuntivo in questione atteso che il teste, pur riferendo di migliorie e maggiori superfici nelle u-

– 49 –

resa dal teste Fiore e pur nella mancanza di qualsiasi dedu-

nità immobiliari destinate alla Mariconda, non ha saputo precisare le modalità con le quali i contraenti addivennero a tali nuovi accordi. Ciò assume ancor più rilievo ove si consideri che un aumento di cubatura degli immobili di spettanza dei

zione di permuta senza alcuna controprestazione”.
Tali essendo l’accertamento e la statuizione della Corte
d’appello, i ricorrenti, lungi dal prospettare a questa Corte
un vizio della sentenza rilevante ai sensi dell’art. 360 cod.
proc. civ., invocano, piuttosto, una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale, muovendo così all’impugnata sentenza
censure che non possono trovare ingresso in questa sede, perché la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della
scelta di quelle fra esse ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, involge apprezzamenti di fatti riservati in via
esclusiva al giudice del merito.
In definitiva, i ricorrenti sollecitano questa Corte ad
effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del
giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio
di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e
vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore
di questa o di quella risultanza processuale, quanto ancora le

– 50 –

Mariconda era previsto espressamente dal punto V della Conven-

opinioni espresse dal giudice di appello non condivise e per
ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con
altre più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa po-

gittimità.
8. – L’ottavo motivo si suddivide in tre profili.
8.1. – Con il primo – (A) – si deduce violazione o falsa
applicazione degli artt. 2932 e 177 cod. civ. e 100 cod. proc.
civ. Con esso ci si duole che la Corte d’appello abbia ritenuto passivamente legittimata alla domanda proposta ai sensi
dell’art. 2932 cod. civ. la Irollo, moglie del Passarelli in
comunione legale, pur non avendo essa partecipato alle scritture di compromesso di permuta immobiliare intercorse il 13
giugno 1984 ed il 16 gennaio 1986 tra il marito e la Mariconda. I ricorrenti chiedono che sia affermato il principio secondo cui i diritti di credito sorti dal contratto concluso da
uno dei coniugi, per la loro stessa natura relativa e persona. le, pur se strumentali all’acquisizione di una

res,

non sono

suscettibili di cadere in comunione, sicché, nel caso di contratto preliminare avente ad oggetto immobili in vendita o in
permuta stipulato da uno solo dei coniugi, l’altro coniuge non
può vantare alcun diritto e non è legittimato passivo alla domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 cod. civ.

– 51 –

tessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di le-

8.1.1. – Il profilo di censura è infondato, perché
nell’azione prevista dall’art. 2932 cod. civ. promossa dal
promissario acquirente, per l’adempimento in forma specifica o
per i danni da inadempimento contrattuale, nei confronti del

dei beni, abbia stipulato il preliminare senza il consenso
dell’altro coniuge, quest’ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario del relativo giudizio (Cass., Sez. Un., 24
agosto 2007, n. 17952).
8.2. – Con il secondo punto – (B) – dell’ottavo motivo ci
si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 359
e 184 cod. proc. civ., del principio del contraddittorio e
dell’art. 24 Cost. Si deduce che la difesa della Mariconda dedusse per la prima volta nella memoria di replica finale depositata il 26 aprile 2007 in Corte d’appello una nuova questione secondo cui il Passarelli avrebbe contrattato nei compromessi di permuta immobiliare del 13 giugno 1984 e del 16 gennaio 1986 nella qualità di titolare dell’omonima impresa individuale e per beni costituenti incrementi dell’impresa onde
farne scaturire, pur trattandosi di costituzione dell’impresa
in epoca antecedente al matrimonio, una comunione con la moglie Irollo quale incremento di impresa ai sensi dell’art. 178
cod. civ. Di qui la violazione prospettata, posto che – sostengono i ricorrenti – nelle comparse conclusionali, e tanto
più in quelle di replica finale in corte d’appello, non è con-

– 52 –

promittente venditore che, coniugato in regime di comunione

sentita l’introduzione di nuove questioni non precedentemente
formulate.
8.2.1. – La censura è priva di fondamento.
Sin dall’atto di citazione del marzo 1994 con cui la Mari-

che costei è stata evocata in quanto moglie del Passarelli “in
regime di comunione dei beni e per quanto riguarda il trasferimento di cui al rogito 13/6/1984 notar Santangelo”.
La possibilità di inquadrare la comunione nell’art. 177,
lettera a), cod. civ. o nell’art. 178 cod. civ. involge un
problema di inquadramento giuridico; sicché non costituisce
ampliamento del

thema decidendum la deduzione, nelle memorie

di replica dell’attrice, che il Passarelli avrebbe contrattato
nei compromessi di permuta nella qualità di titolare
dell’omonima impresa individuale.
D’altra parte, il giudice del merito non ha esaminato alcuna questione nuova: si è limitato a riconoscere – respingendo l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della I-


rollo – che gli immobili apparentemente “venduti” dai Mariconda ma in realtà dati in permuta al Passarelli furono da questo
acquistati, peraltro senza alcun riferimento all’impresa di
costruzioni di cui era titolare, in regime di comunione dei
beni con la moglie e pertanto risultano intestati anche alla
Irollo.

– 53 –

conda ha convenuto in giudizio la Irollo è stato specificato

8.3. – Con il terzo punto – (D), in realtà (C) dell’ottavo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione
dell’art. 178 cod. civ. Si sostiene: (a) che i beni immobili
compromessi dal coniuge imprenditore non sarebbero suscettibi-

partecipante al compromesso neanche sotto il profilo di una
strumentalità all’esercizio dell’impresa ai sensi dell’art.
178 cod. civ., per cui non sussisterebbe la legittimazione
passiva della moglie in un’azione proposta ai sensi dell’art.
2932 cod. civ.; e (b) che la comunione al coniuge dei beni ed
incrementi dell’impresa è condizionata e rapportata dall’art.
178 cod. civ. alla loro sussistenza al momento dello scioglimento di questa, di talché, anche allorquando non si tratti di
una scrittura preliminare ma di un contratto definitivo, non
sussisterebbe, nella persistenza del matrimonio, per il coniuge non partecipante alla contrattazione, alcuna titolarità dei
beni né, quindi, alcuna legittimazione passiva nell’azione
proposta ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.
8.3.1. – Il profilo di censura è infondato.
Valgono, al riguardo, in primo luogo, le ragioni già esposte ai fini del rigetto del primo e del secondo profilo di
censura di questo stesso motivo.
Inoltre, la Corte d’appello ha correttamente evidenziato
che dai titoli risulta che l’acquisto è avvenuto in comunione:

– 54 –

li di cadere in comunione coniugale con l’altro coniuge non

e tanto basta a ritenere sussistente la legittimazione passiva
della Irollo.
9. – Con il nono motivo i ricorrenti denunciano violazione
o falsa applicazione degli artt. 2560 e 922 cod. civ. e 100

Passarelli, non più titolare del diritto di proprietà sugli

immobili, conferiti alla società CO.GE.PA . Si chiede che sia
affermato il principio che l’art. 2560 cod. civ. concerne la
responsabilità per i debiti dell’Impresa conferita e può dar
diritto, quindi, ove si tratti di immobili, al risarcimento
dei danni nei confronti del conferente ma non determina la
conservazione nel conferente di un diritto di proprietà sugli
immobili acquisiti dall’impresa conferitaria per cui nessuna
legittimazione passiva per il conferente sussiste per una domanda processuale di trasferimento di proprietà di un immobile
della cui proprietà non ha più alcuna titolarità.
9.1. – Il motivo è infondato, perché il conferimento degli
immobili, da parte del Passarelli, nella CO.GE.PA . non lo libera dagli obblighi di intestazione nei confronti della permutante che il medesimo aveva assunto. Correttamente, pertanto,
il medesimo è stato convenuto in giudizio e, altrettanto correttamente, la Corte d’appello, nel confermare la sentenza del
Tribunale, ne ha riconosciuto la legittimazione passiva, trovando applicazione la norma dell’art. 2560 cod. civ., non ri-

– 55 –

cod. proc. civ., contestando la legittimazione passiva del

sultando che la creditrice abbia consentito alla sua liberazione.
10. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, se-

mut QUESTI

La Corte rigetta il

MOTIVI

ricorso e

condanna i ricorrenti, in

solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute
dai controricorrenti, che

liquida

in complessivi euro 3.200,

di cui euro 3.000 per compensi, oltre a spese generali e ad
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 17

guono la soccombenza.

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