Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15036 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. I, 28/05/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 28/05/2021), n.15036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

sul ricorso n. 4796/19 proposto da:

-) S.M., elettivamente domiciliato a Roma, p.za dei Re di Roma

n. 52 (c/o avv. Spanò), difeso dall’avvocato Placido Mineo, in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno, in persona del ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato a Roma, via dei Portoghesi n. 12,

rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona 10.7.2018 n.

1309;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M. (nella sentenza impugnata: ” M.”), cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto, essendo membro del partito di opposizione, era stato fatto oggetto insieme ai suoi familiari di aggressioni e ferimenti da parte di aderenti al partito di governo.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento S.M. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Ancona, che la rigettò con ordinanza 11 maggio 2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Ancona con sentenza 10 luglio 2018.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perchè nel Paese, d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 non potesse essere concessa sia perchè il richiedente non aveva allegato nè dimostrato specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”; sia perchè la mera situazione di povertà economica del paese di origine non legittima la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, a meno che tale situazione di povertà non raggiunga livelli tali da compromettere in modo grave i diritti umani del richiedente.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da S.M. con ricorso fondato su un motivo.

Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta il vizio di omesso esame del fatto, ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Nonostante tale intitolazione, nell’illustrazione del motivo sono giustapposte varie censure, così riassumibili:

a) la Corte d’appello ha omesso di valutare l’attendibilità del racconto del richiedente asilo alla luce dei criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5;

b) la Corte d’appello ha erroneamente escluso che il rimpatrio del richiedente possa esporre quest’ultimo a gravi rischi per la sua incolumità;

c) la Corte d’appello non ha considerato che l’odierno ricorrente “da lungo tempo ha intrapreso un percorso di integrazione nel nostro paese, sfociato in regolari e duraturi contratti di lavoro”.

1.1. La censura a) è inammissibile per totale difetto di illustrazione. La censura b) è inammissibile perchè investe un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

La censura c) è inammissibile per una duplice ragione: sia ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., dal momento che essa prospetta l’omesso esame d’un fatto, e la denuncia di tale vizio è preclusa dalla circostanza che nei gradi di merito vi sono state due pronunce conformi; sia ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto il ricorrente non indica da quali atti risultino le suddette circostanze, e quando tali atti siano stati prodotti.

2. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna S.M. alla rifusione in favore del Ministero dell’interno delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.100, oltre spese prenotate a debito;

(-) dà atto che sussistono in astratto i presupposti previsti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se risultasse dovuto nel caso specifico.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

 

 

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