Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15036 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. I, 15/07/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 15/07/2020), n.15036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1094/2019 proposto da:

O.L., rappresentato e difeso dall’Avv. Vittorio

Sannover, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Foggia, in virù di mandato in calce al ricorso per cassazione;

ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di BARI n. cronol. 8090/2018 del 9

novembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/07/2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.L., nato nel (OMISSIS), ha proposto ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale competente del 6 aprile 2018, che aveva rigettato la domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e le domande di protezione sussidiaria e umanitaria.

2. Il richiedente ha dichiarato di avere lasciato il paese perchè il suo datore di lavoro lo voleva morto; che prima aveva rifiutato di frequentare la scuola islamica, come gli aveva chiesto il suo datore di lavoro, perchè sua madre non voleva che si convertisse da cristiano alla religione islamica; che poi si era rifiutato di sposare la figlia del suo datore di lavoro e di avere lasciato il lavoro; che il datore di lavoro aveva mandato dei ragazzi per picchiarlo e che la madre si era rivolta alla polizia.

3. Il Tribunale ha rigettato il ricorso, rilevando che il richiedente non era comparso all’udienza camerale e ciò non consentiva ulteriori verifiche sulla fondatezza dell’istanza di protezione e ritenendo insussistenti i presupposti per le chieste tutele.

4. O.L. ricorre in cassazione con quattro motivi.

5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo O.L. lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, non avendo applicato il Tribunale il principio dell’onere probatorio attenuato e per non avere valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

2. Con il secondo motivo O.L. lamenta l’omessa valorizzazione di prove e riscontri perchè il Tribunale non aveva indicato le sicure fonti internazionali prese a riscontro della situazione del luogo d’origine.

3. Con il terzo motivo O.L. lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, art. 14, lett. c), D.Lgs. n. 251 del 2007, non avendo il Tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino derivante da una situazione di violenza indiscriminata.

4. Con il quarto motivo O.L. lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6, mancando del tutto l’esame della sussistenza dei requisiti per la protezione umanitaria.

4.1 I motivi possono essere trattati congiuntamente per connessione e vanno accolti.

Ciò che rileva, infatti, è la mancata indicazione delle fonti internazionali, a fronte delle specifiche fonti indicate dal ricorrente, in ragione delle quali il Tribunale ha escluso che vi fosse un conflitto armato rilevante per il riconoscimento eventuale della protezione sussidiaria, dovendosi applicare il principio secondo il quale “In tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto.” (Cass. n. 11312 del 26/04/2019).

Chiara è, sul punto, anche la più recente giurisprudenza di legittimità, a tenore della quale il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “Ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” va interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione delle informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti nella richiesta di protezione internazionale, non potendo per contro il cittadino straniero lamentarsi della mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi riferita a circostanze non dedotte, ai fini del riconoscimento della protezione (Cass., 20 aprile 2019, n. 9842; Cass., 21 novembre 2018, n. 30105).

Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere inteso nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione ” (Cass. n. 13449 del 17/05/2019).

Nel caso in esame, la statuizione sul punto risulta assertiva e priva di sia pur minimi riferimenti alle fonti consultate, con la conseguenza che la doglianza va accolta.

5. In conclusione la decisione impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Bari in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Bari, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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