Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15034 del 21/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 21/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 21/07/2016), n.15034

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3430/2014 proposto da:

COMPULAB S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, (c.f. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE PARIOLI 44, presso l’avvocato MASSIMILIANO TERRIGNO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BIAGIO RICCIO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DEUTSCHE BANK S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FILIPPO CASTALDI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3382/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato B. RICCIO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato F. CASTALDI che si

riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per la rimessione alle SS.UU., in

subordine accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 2 ottobre 2013, ha dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, la quale ha dichiarato a sua volta inammissibile la domanda proposta dalla Compulab s.r.l. in liquidazione contro la Deutsche Bank s.p.a., volta alla condanna della medesima alla restituzione della somma di Euro 128.487,83, con riguardo al rapporto di conto corrente bancario concluso sin dal 1985.

La corte territoriale ha ritenuto che l’impugnazione fosse tardiva, in quanto la sentenza di primo grado fu notificata il 19 luglio 2011 e la notificazione dell’atto di appello fu tentata sì l’ultimo giorno utile, ossia il 3 ottobre 2011, e, tuttavia, il domiciliatario della banca risultò trasferito, onde la successiva notificazione effettuata al difensore Rainone in data 18 ottobre 2011 è tardiva.

Avverso questa sentenza propone ricorso la soccombente, sulla base di un motivo. Resiste con controricorso l’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli art. 170 e 330 c.p.c., perchè l’orientamento seguito dalla corte del merito è stato ormai superato dalla C.S., la quale ha più volte ormai chiarito che nessuna decadenza in tal caso è imputabile al notificante, ove egli, come nella specie, abbia provveduto con sollecita diligenza a rinnovare la notificazione.

2. – Il ricorso non può essere accolto.

2.1. Secondo il principio espresso dalle Sezioni unite di questa Corte, nel caso in cui la notificazione di un atto processuale da compiere entro un termine perentorio non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, quest’ultimo, ove se ne presenti la possibilità, ha la facoltà e l’onere di richiedere la ripresa del procedimento notificatorio, e la conseguente notificazione, ai fini del rispetto del termine, avrà effetto fin dalla data della iniziale attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un tempo ragionevolmente contenuto, tenuti anche presenti i tempi necessari, secondo la comune diligenza, per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (Cass., sez. un., 24 luglio 2009, n. 17352).

Tale principio, in sostanza, applica alla fattispecie i criteri della non imputabilità alla parte del mancato assolvimento di un suo onere processuale (cfr. art. 184-bis c.p.c. e, quindi, art. 153 c.p.c., comma 2).

L’operare di tale condivisibile principio presuppone, pertanto, che il notificante, il quale si dolga in sede di legittimità della declaratoria di inammissibilità dell’atto intempestivamente notificato, deduca e provi i singoli tempi del procedimento notificatorio, tentato e non andato a buon fine, ed, infine, perfezionato, con riguardo ai suoi vari momenti: la richiesta della prima notificazione; la conoscenza del suo esito negativo; la ripresa del procedimento notificatorio; il momento del positivo esito finale.

Va precisato, inoltre, che l’avvocato notificante è tenuto, tanto più ove la legge gli imponga dei termini di notificazione di atti a pena di decadenza, ad attivarsi con la diligenza professionale al fine di prevedere e prevenire eventi del tutto usuali (come il trasferimento di uno studio legale domiciliatario), senza che sia da ciò esonerato per la mera esistenza di un dato magari risalente nel tempo (qual è una remota elezione di domicilio), ponendo in essere tutte quelle cautele doverose che la diligenza professionale gli impone, come quella di non attendere l’ultimo giorno utile per il compimento di un atto tanto rilevante (dovendosene, in caso contrario, assumere i rischi) e di verificare ex ante l’indirizzo di destinazione ai fini della regolare notificazione.

Solo alla luce di tutti questi elementi, forniti dal richiedente, il giudice potrà invero valutare la non imputabilità al medesimo della decadenza dal potere di impugnazione – esaminati i modi ed i tempi dei predetti passaggi notificatori – ed attribuire eventualmente efficacia alla notificazione positivamente compiuta sin dal momento del primo tentativo non andato invece a buon fine.

Ne consegue che, anche nel quadro dell’introduzione di una norma sulla rimessione in termini di carattere generale ed applicabile perciò ai termini di impugnazione (art. 153 c.p.c., comma 2, peraltro introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, dopo l’inizio del presente giudizio), non può ritenersi dipendere da causa non imputabile una decadenza, la quale avrebbe potuto essere evitata con il diligente inizio e completamento della procedura di notificazione ad opera della parte.

2.2. Nella specie, la ricorrente non ha allegato alcunchè in ordine ai singoli tempi del procedimento notificatorio, con difetto già di autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c. (da rispettare anche in ipotesi di error in procedendo: fra le altre, Cass. 30 settembre 2015, n. 19410), limitandosi a dedurre unicamente di avere tentato la notificazione al difensore domiciliatario, indicato dalla banca nella sua comparsa di risposta in primo grado.

Dalla sentenza impugnata risulta che la sentenza del tribunale fu notificata dalla banca il 19 luglio 2011; che la notificazione dell’atto di appello fu richiesta da Compulab s.r.l. all’ufficiale giudiziario l’ultimo giorno utile, ossia il 3 ottobre 2011, presso il procuratore domiciliatario della banca indicato nel giudizio di primo grado, il quale però risultò trasferito; che l’atto di appello fu notificato il 18 ottobre 2011 al difensore in Salerno, oltre il termine di decadenza dal potere di impugnazione.

Nulla, invece, come esposto, la ricorrente deduce, neppure quanto alla data in cui fu restituita la relata negativa ed a quella in cui la medesima “riprese” il procedimento notificatorio; mentre la controricorrente evidenzia come la comparsa di risposta indicava il domicilio eletto nel lontano 2005.

La sentenza impugnata, pertanto, ha fatto corretta applicazione dei principi esposti ed il ricorso deve, di conseguenza, essere respinto.

3. – Le spese seguono la soccombenza.

Deve provvedersi altresì all’accertamento di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, applicabile ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge, avvenuta il 30 gennaio 2013.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori, come per legge.

Dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016

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