Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15034 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15034 Anno 2014
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 9689-2012 proposto da:
EUROMEAT SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA
VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati BODRITO ANDREA, MARONGIU
2014

GIOVANNI giusta delega in calce;
– ricorrente –

667
contro

AGENZIA DELLE DOGANE;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 02/07/2014

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– con troricorrente e ricorrente incidentale –

EUROMEAT SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA
VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati BODRITO ANDREA, GIANNI
MARONGIU giusta delega in calce;
– controricorrente a ricorso incidentale g 4-CiziAark
Co »q«
e•
avverso la sentenza n. 15/2011 della
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97a »IO 1it4

nalurnu,

depositata il 01/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/02/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BODRITO che ha
chiesto un rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia e l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto del principale, accoglimento
incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il

contro

rigetto del

ricorso principale e del

ricorso

incidentale.

,

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Piemonte con sentenza 1.3.2011 n. 15 ha
rigettato l’appello proposto da EUROMEAT s.p.a. e confermato la decisione di prime

Alessandria della Agenzia delle Dogane nei confronti della società Nordfood s.r.1.,
Filotrade sii., Cibus s.r.1., Futurcarni s.r.l. Eurofood s.r.1., quali obbligati principali, e
nei confronti di EUROMEAT s.p.a., quale obbligata solidale, aventi ad oggetto i
maggiori diritti doganali dovuti in relazione ad operazioni di importazioni di carne
bovina congelata da Paesi extracomunitari in regime di contingente tariffario di cui al
reg. CE n. 954/2002 ed al reg. CE n. 780/2003, per le quali era stata indebitamente
fruita l’aliquota daziaria agevolata al 20%, essendo risultato all’esito delle indagini
condotte dalla Guardia di Finanza, compendiate nel PVC in data 27.10.2005, che le
società che avevano utilizzato i certificati AGRIM erano tutte collegate, e di fatto gestite
tramite accordi di tipo fiduciario, da EUROMEAT s.p.a., in quanto le partecipazioni
sociali erano riferibili a componenti della medesima famiglia Signori di Castelvetro
Piacentino: era quindi emerso che la società “capogruppo” EUROMEAT, che aveva già
partecipato alla assegnazione del contingente I°, aveva conseguito attraverso le società
satelliti vantaggi fiscali ed economici non consentiti, atteso che i predetti regolamenti
comunitari (art. 9co4 reg. n. 954/2902 ed art 9co5 reg. n. 780/2003) ricollegavano alla
esistenza di “legami tra le società richiedenti” ex art. 143 reg. CEE n. 2454/93 una
espressa condizione ostativa al rilascio di ulteriori quote (rappresentate dai certificati
AGRIM) del contingente alla importazione a dazio agevolato.
I Giudici territoriali esaminando partitamente i singoli motivi di gravame dedotti
dalla società appellante : 1-ritenevano adeguatamente motivata la decisione di prime
cure; 2-reputavano inconcludente, alla stregua della disciplina regolamentare
comunitaria di cui all’art. 221 CDC, la distinzione tra decadenza e prescrizione
I
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. t.
Stefano OOvieri

cure che aveva riconosciuto legittimi i cinque avvisi di rettifica emessi dall’Ufficio di

prospettata dalla società ormai unificata nell’art. 84 TULD; 3-ritenevano infondata la
eccezione di nullità, peraltro di uno soltanto tra gli avvisi di rettifica per difetto di
sottoscrizione autografa, sia in considerazione della non essenzialità di tale requisito, sia
in quanto l’atto era stato rinotificato correttamente alla società; 4-individuavano nella
partecipazione di EUROMEAT s.p.a. alla condotta irregolare delle società collegate il
fondamento ex artt. 38 TULD e 201 CDC della responsabilità solidale per le
obbligazioni doganali; 5-non ravvisavano violazione del contraddittorio nella fase
amministrativa definita con la redazione di un PVC; 6-non ritenevano pregiudiziale
all’accertamento in revisione a posteriori, la revoca da parte del Ministero per le Attività
Produttive o l’accertamento della nullità dei certificati AGRIM rilasciati in difetto dei
requisiti di legge, nè ritenevano ostativa alla pretesa doganale la pronuncia penale di
assoluzione degli amministratori societari dal reato di contrabbando.

La società ha impugnato la sentenza di appello, non notificata, con ricorso per
cassazione deducendo cinque mezzi ai quali ha resistito con controricorso la Agenzia
delle Dogane, proponendo contestuale ricorso incidentale condizionato affidato ad un
motivo.
La Società ha depositato controricorso al ricorso incidentale condizionato e memoria
illustrativa.

Motivi della decisione

1.

Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 11

Dlgs n. 374/1990 e del principio di obbligatorietà del contraddittorio amministrativo
doganale, in relazione all’art. 360co l n. 3) c.p.c.

1.1

La ricorrente assume la illegittimità degli avvisi di accertamento in rettifica in

quanto non sarebbe stato osservato il principio di assicurazione del preventivo
contraddittorio nella fase antecedente la emissione dell’atto impositivo, che troverebbe
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tic. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. st.
vieri
Stefano

..

_

applicazione anche in materia doganale come affermato dalla Corte di Giustizia con
sentenza 18 dicembre 2008, in causa C-349107, Sopropè.

1.2 La società ricorrente ritiene che il vizio denunciato, anche se non dedotto nei
precedenti gradi di merito, può essere esaminato “ex officio” dalla Corte in quanto con
esso viene fatta valere una violazione del diritto comunitario, conseguente ad una

resa su rinvio pregiudiziale, alla quale va riconosciuta efficacia vincolante per i Giudici
degli Stati membri, configurandosi, quindi, nel caso di specie una ipotesi tipica di “jus
superveniens” direttamente conoscibile del Giudice della controversia in corso.

1.3

Il motivo, da ritenersi ammissibile (la sentenza della Corte di Giustizia è sopravvenuta

alla decisione di primo grado e, se pure la questione non è stata sollevata in grado di appello dalla
società ricorrente, tuttavia non sussistono preclusioni alla rilevabilità anche di ufficio per la prima
volta in sede di legittimità, essendo tenuto anche il Giudice di ultima istanza a verificare la
compatibilità della norma nazionale con quella comunitaria sopravvenuta risultante dalla sentenza
interpretativa del Giudice UE che opera in modo analogo allo “jus superveniens”: Corte cass. n.
11642/2010; id. V sez. 3.4.2013 n. 8060; id. V sez. 5.4.2013 n. 8399) è palesemente infondato,

sia in diritto che in fatto, dovendo richiamarsi sul punto gli argomenti già svolti nei
precedenti di questa Corte V sez. in data 9.4.2010 n. 8481 ed in data 13.9.2013 n.
20964, nonchè in data 5.4.2013 n. 8399.

1.4

La doglianza della parte ricorrente è formulata in modo del tutto avulso dalla

disciplina normativa vigente “ratione temporis”; occorrendo rilevare che la disciplina
procedimentale di cui all’art. 12 della legge n. 212/2000 non trovava -e non trova-,
comunque, applicazione al procedimento di revisione doganale che è regolato da uno
“jus speciale”.
L’art. 11 comma 7 ed 8 del Dlgs n. 374/1990, nel testo vigente “ratione temporis”,
prevedeva infatti che, quando dalla revisione eseguita d’ufficio dell’accertamento
divenuto definitivo (ancorchè le merci che hanno formato l’oggetto siano state lasciate alla libera
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ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. est.
Stefano 1Jivieri

interpretazione delle norme del CDC fornita con pronuncia del Giudice comunitario,

disponibilità dell’operatore o siano già uscite dal territorio doganale) emergono inesattezze,

.. – omissioni, o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, “l’ufficio
procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato

notificando apposito avviso” di rettifica motivato (comma 1, 5 e 6). Entro trenta giorni
dalla data della notifica dell’avviso, l’operatore può contestare la rettifica ed in tal caso
viene redatto apposito verbale dall’Ufficio doganale

“ai fini della eventuale

previsti dagli artt. 66 ss. del TU delle disposizioni legislative in materia doganale
approvato con DPR 23 gennaio 1973 n. 43”.

I procedimenti amministrativi cui rinvia

la norma consentono proprio la instaurazione, in via preventiva, del pieno contraddittorio
con il contribuente, atteso che :
a) l’art. 66 TU n. 43/1973 prevede che l’operatore presenti ricorso gerarchico
avverso l’avviso di rettifica “producendo i documenti ed indicando i mezzi di
prova ritenuti utili”
b) dal combinato disposto degli art. 70 u.c. e 76co1 del TU n. 43/1973 emerge che
solo all’esito dell’indicato procedimento amministrativo contenzioso -nel caso di
decisione parzialmente o totalmente sfavorevole al ricorrente gerarchico- si determina la

“definitività” dell’avviso di accertamento in rettifica ed il contribuente è
legittimato ad esperire il ricorso giurisdizionale ex art. 21 Dlgs n. 546/1992
avverso l’atto impositivo.
Il procedimento amministrativo in questione, pertanto, era preordinato a garantire un
contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto alla impugnazione in sede
giurisdizionale dell’atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre
tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, deducendo le prove opportune, al fine di
sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela della Amministrazione doganale e quindi
l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica. La decisione del ricorso
amministrativo gerarchico, intesa dalla legge quale condizione per l’acquisto del
requisito di “definitività” dell’avviso di accertamento (nozione che si ricollega alla
distinzione tra “atti amministrativi non definitivi”,

nei confronti dei quali sono esperibili solo i

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ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. e t.
Stefano Ovieri

instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie

ricorsi amministrativi, e “atti amministrativi definitivi”

immediatamente impugnabili avanti l’AG,

che trova fondamento nella disciplina del DPR 24.11.1971 n. 1199 e succ. mod., e che differisce
sostanzialmente dalla nozione, propriamente tributaria, di “definitività dell’atto impositivo” che
esprime, invece, la “incontestabilità del rapporto obbligatorio tributario”

conseguente alla

mancata impugnazione dell’atto impositivo nel termine di decadenza ovvero al giudicato formatosi
in esito ai ricorsi giurisdizionali proposti avverso l’atto di accertamento impositivo), riconduce il

nell’alveo dell’unitario del procedimento di accertamento tributario doganale, diretto alla
formazione del provvedimento finale che, in quanto atto “definitivo” e quindi produttivo
di effetti lesivi della sfera patrimoniale del contribuente, può da questi essere
immediatamente impugnato avanti il Giudice tributario (in relazione a tale specifico aspetto
della disciplina del procedimento di revisione doganale trovano, pertanto, giustificazione i
precedenti di questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 10280 del 21.4.2008 e Sez. 5, Ordinanza n. 4996 del
2.3.2009 secondo cui “in materia di diritti doganali, la mancanza del procedimento amministrativo
di revisione (di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 374 del 1990) non determina di per sè la caducazione
della pretesa impositiva, se motivata nellman” e nel “quantum”, atteso che – anche alla luce della
giurisprudenza comunitaria – non è rinvenibile nell’ordinamento il diritto soggettivo dell’operatore
ad un previo procedimento amministrativo e al compiuto svolgimento delle sue fasi, una volta che
gli sia riservato di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le proprie ragioni a
garanzia della tutela immediata della sfera dei propri diritti”,meglio precisato, in motivazione, nel
secondo arresto in cui si rileva che “l’ufficio procede alla rettifica redigendo “avviso di
accertamento suppletivo e di rettifica” costituente la decisione amministrativa che comunica
l’obbligazione al soggetto passivo (an) con la contabilizzazione “a posteriorrdell’importo dei dazi
ancora dovuti (quantum) e che può essere alternativamente impugnata instaurando l’apposito
procedimento previsto per la risoluzione delle controversie doganali (D.P.R. 23 gennaio 1973, n.
43, artt. 66 e segg.) ovvero promuovendo ricorso giurisdizionale………ciò nondimeno la mancanza
di quella procedura non renderebbe di per sè illegittima la pretesa fiscale monitoriamente azionata
in assenza di avviso di rettifica [ndr. idpst azionata senza l’osservanza del procedimento
amministrativo di cui all’art. 11 Dlgs n. 374/1990].

Questa Corte ha infatti stabilito (Cass.

19915/06) che la elisione del procedimento amministrativo non porterebbe comunque alla
caducazione ipso iure della pretesa impositiva non essendo rinvenibile nell’ordinamento il diritto
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Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. t.
Stefano vieri

procedimento contenzioso (quale sub-procedimento eventuale e non necessario)

soggettivo del contribuente ad un previo procedimento amministrativo interno ed al compiuto
svolgimento delle sue fasi restando sempre “eventuale” l’instaurazione della controversia
doganale e riservato all’operatore di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le
proprie ragioni a garanzia di una tutela immediata della sfera dei proprio diritti”).

La “specialità” della disciplina normativa dell’accertamento doganale -con
conseguente inapplicabilità dell’art. 12 della legge n. 212/2000- trova, peraltro, ulteriore

Statuto del contribuente, disposto con l’art. 1 co2 del decreto legge 24.1.2012 n. 1

conv. in legge 24.3.2012 n. 27 che ha eliminato ogni dubbio in proposito, aggiungendo
al predetto comma 7 dell’art. 12 della Legge n. 212/2000 un ulteriore periodo volto a
precisare definitivamente che il procedimento che regola gli accertamenti in materia
doganale è disciplinato in via esclusiva dall’art. 11 Dlgs 8.1.1990 n. 374 (“Per gli
accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’art. 34 del Testo
unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973 n. 43, si applicano le disposizione dell’art.
11 del decreto legislativo 8 novembre 1990 n. 374”).
In conclusione, deve ritenersi che il sistema del TU n. 43/1973 , cui rinviava l’art. 11
Dlgs n. 374/1990 nel testo applicabile “ratione temporis”, realizzava, attraverso il
procedimento contenzioso amministrativo, una forma anticipata di contraddittorio pieno,
che, in seguito, è venuta ad essere sostituita da una diversa modalità di assicurazione
della garanzia del contraddittorio (assimilabile a quella già prevista dall’art. 12 comma 7 legge
n. 212/2000) ma soltanto a far data dalla entrata in vigore del DL 24 gennaio 2012 n. 1
(art. 1 comma 1) convertito nella legge 24.3.2012 n. 44 che ha introdotto il comma 4 bis

all’articolo 11 Dlgs n. 374/1990, prevedendo che in caso di “revisione di ufficio”, ovvero
all’esito di “accessi — ispezione – verifiche”, all’operatore deve essere, rispettivamente,
notificata ovvero consegnata “copia del verbale delle operazioni compiute”: dalla data
della ricezione della notifica o dalla data della consegna decorre il termine di gg. 30
entro il quale l’operatore interessato “può comunicare osservazioni e richieste……che
sono valutate dall’Ufficio doganale prima della notifica dell’avviso di cui al successivo
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Cons. est.
ivieri
Stefan

conferma nell’intervento legislativo, modificativo del comma 7 dell’articolo 12 dello

comma 5” (e cioè della notifica avviso di rettifica), intervento normativo che è stato
– successivamente completato dall’art 12 comma 1 del decreto legge 2.3.2012 n. 16

conv. in legge 26.4.2012 n. 27 (recante “disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficienza e potenziamento delle procedure di accertamento”) con l’abrogazione del

comma 7 e parzialmente del comma 6 dell’art. 11 del Dlgs n. 374/1990 e la conseguente

1.5 Risulta dunque infondata la censura laddove intenderebbe desumere una ipotetica
incompatibilità tra la disciplina normativa nazionale (art. 11 Dlgs n. 374/1990) e la
pronuncia interpretativa resa in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte di Lussemburgo
in data 18.12.2008 causa C-349/07, considerato che la prima già prevedeva una forma di
garanzia del contraddittorio anticipato con l’operatore doganale.

1.6 Nel caso di specie, peraltro, la fase procedimentale del contraddittorio anticipato è
stata comunque assicurata.
Risulta dagli atti, infatti, che il provvedimento impositivo è stato adottato in esito alle
verifiche eseguite dalla Guardia di Finanza anche nei confronti di ELTROMEAT s.p.a. i
cui risultati sono stati compendiati nel PVC in data 27.10.2005, consegnato alla parte
contribuente Euromeat s.p.a. (come prescritto all’art. 52co4 Dpr n. 633/1972 al quale rinvia
l’art. 11co4 Dlgs n. 374/1990 nel testo vigente “ratione temporis”). Ne segue che, all’esito

della verifica fiscale, la società contribuente è stata comunque messa in grado di
esercitare il dritto di difesa (anche ai sensi dell’art. 12 comma 4 e 7 della legge n. 212/2000),
bene avendo potuto presentare osservazioni e formulare rilievi nel corso ed al termine
delle operazioni di indagine condotte nei suoi confronti. In proposito la società
ricorrente si è limitata soltanto ad ipotizzare un difetto di instaurazione del
contraddittorio in relazione alle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza nei confronti
delle altre società “collegate”: ma se, per un verso, non risulta allegato in concreto
alcuno specifico pregiudizio al diritto di difesa, non avendo la società indicato quali
elementi di conoscenza dei fatti impositivi non le sarebbero stati comunicati all’esito
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RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. st.
Stefano Oìfvieri

eliminazione del sistema dei ricorsi amministrativi contenziosi in materia doganale.

delle indagini fiscali, né quali rilievi o nuovi elementi di difesa avrebbe potuto
preventivamente fornire alla Amministrazione doganale, dall’altro verso la stessa parte
ricorrente ha del tutto omesso di riferire se e quali determinanti elementi, di fatto o di
diritto, relativi alle indagini e verifiche condotte dai verbalizzanti nei confronti delle
singole società “collegate”, non siano stati trasfusi nel verbale di verifica ad essa
consegnato, e siano stati, invece, “a sorpresa” posti a fondamento della pretesa fiscale,

contraddittorio e spiegare le proprie difese (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 6621 del
15/03/2013 in ordine alla natura sostanziale e non meramente formale del pregiudizio che deve
essere conseguito alla lesione del contraddittorio anticipato, in quanto tale suscettibile di
determinare l’annullamento dell’avviso di rettifica doganale).

Nè assume rilievo, al riguardo,

la mancata partecipazione della società contribuente EUROMEAT s.p.a. alle attività di
verifica svolte nei confronti delle società “collegate”. La netta distinzione tra la “fase
delle indagini istruttorie” e la “fase del contraddittorio” con il contribuente, è stata
chiaramente messa in evidenza dalla stessa Corte di Giustizia con la sentenza
22.10.2013 causa C-276/12, Sabou, laddove -con riferimento alla acquisizione da parte delle
autorità fiscali di informative rese mediante audizione di terzi residenti in altro Stato membro-

ha

affermato in modo inequivoco che “il rispetto dei diritti di difesa del contribuente, non
esige la partecipazione di quest’ultimo alla richiesta di informazioni inoltrata dallo
Stato membro richiedente allo Stato membro richiesto. Esso non esige nemmeno che il
contribuente sia sentito nel momento in cui le ricerche che possono includere
l’audizione di testimoni sono effettuate nello Stato membro richiesto, nè prima che
quest’ultimo trasmetta informazioni allo Stato membro richiedente”, rimanendo quindi
esclusa la configurabilità di un diritto del contribuente ad essere informato della richiesta
di acquisizione dati, od a partecipare alla formulazione della domanda di assistenza
rivolta allo Stato membro richiesto, o ancora alla audizione dei testi assunti a verbale
delle autorità dello Stato membro richiesto (sent. cit. punti 40-46).
Pertanto se la doglianza della ricorrente deve ritenersi -evidentemente- infondata,
ove volta a lamentare una mancata partecipazione della società “capogruppo” alle
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ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con est.
Stefan
livieri

senza che essa abbia potuto previamente prenderne conoscenza al fine di esercitare il

indagini svolte nei confronti delle società “collegate” (esulando del tutto tale partecipazione
istruttoria dalla “fase del contraddittorio” ), osserva il Collegio che la censura mossa al

Giudice di appello appare d’altra parte gravemente carente in ordine al requisito di
autosufficienza, laddove fosse intesa a contestare la mancata preventiva conoscenza di
ipotetici presupposti in fatto ritenuti determinanti per fondare la pretesa fiscale rivolta
nei confronti della “capogruppo”, non essendo stato neppure indicato l’elemento di

contezza, nè tanto meno il pregiudizio subito all’esercizio preventivo del diritto di
difesa.
Rileva, inoltre, il Collegio, costituire dato di fatto acquisito ed incontestato nel
processo che l’attività di indagine della Guardia di Finanza ha dato luogo alla
trasmissione di “notitia criminis” ed all’inizio del procedimento penale, per reato di
contrabbando, nei confronti di amministratori e di rappresentanti legali delle società del
Gruppo che è stato definito con sentenza in data 24.6.2009 del GUP del Tribunale di
Piacenza di non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste: tanto è sufficiente ad
escludere la necessità di un autonomo formale procedimento volto alla anticipazione del
contraddittorio con il contribuente, atteso il principio di diritto affermato da questa Corte
secondo cui, nel caso di fatti generatori di imposta per i quali si proceda penalmente,
l’Amministrazione fmanziaria non è tenuta a seguire il procedimento disciplinato
dall’art. 11 comma 5 ss., Dlgs n. 374/1990, in quanto le esigenze di garanzia del
contraddittorio e di esercizio del diritto di difesa del contribuente ricevono assicurazione,
nella massima pienezza, dalle norme processuali penali (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza
n. 20361 del 20/09/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 7836 del 31/03/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 4510
del 21/03/2012).

2. Il secondo motivo con il quale si assume la omessa od insufficiente motivazione
della sentenza di appello, in relazione all’art 360co 1 n. 5 c.p.c., essendosi limitati i
Giudici di appello a fondare la responsabilità solidale di EUROMEAT s.p.a. sul disposto
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Cons est.
Stefano livieri

indagine determinante del quale la società contribuente non avrebbe avuto preventiva

degli artt. 38 TULD e 201 [recte 202] CDC, deve essere esaminato unitamente all’unico

motivo di ricorso incidentale con il quale la Agenzia delle Dogane censura la sentenza
di appello per avere pronunciato sull’analogo motivo di gravame proposto dalla società
appellante quando, invece, lo stesso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile
essendo state introdotte questioni nuove in violazione dell’art. 57 Dlgs n. 546/1992.

Dall’esame comparativo del motivo dedotto dalla società con il ricorso introduttivo e
del successivo motivo di gravame (trascritti nel ricorso incidentale alle pag. 19-22), non
emergono divergenze sostanziali e risulta quindi di difficile comprensione la censura
formulata dalla ricorrente incidentale: in entrambi i motivi in primo e secondo grado,
infatti, la società interviene a criticare il fondamento in fatto e diritto della pretesa
fiscale, con riferimento quindi al merito dei fatti costitutivi del rapporto obbligatorio
doganale, essendo del tutto irrilevante al riguardo che la critica mossa in primo grado
riguardi la insufficienza motivazionale degli avvisi di accertamento in rettifica, in quanto
con tale riferimento, la società non intende limitarsi a far valere la invalidità dell’atto
impositivo per difetto del requisito di validità formale, ma come chiaramente evidenziato
nel prosieguo della esposizione del ricorso introduttivo intende piuttosto denunciare la
insussistenza dei fatti costitutivi della pretesa (“la mera indicazione delle norme invocate
dalla Dogana …., di per sè sole, ed in assenza di elemento probatorio alcuno idoneo a ritenerle
applicabili alla presente fattispecie, non consente di esercitare compiutamente il diritto alla difesa
nel merito”), censura meramente reiterata -e dunque non ampliata o modificata- con il

motivo di gravame formulato con l’atto di appello, laddove si contesta che possano
essere fatte valere nei confronti della “capogruppo” pretese doganali in ordine alle quali
il presupposto impositivo (importazione merci) si era verificato nei confronti di soggetti
giuridici diversi (le società collegate).

2.2 Infondato il motivo di ricorso incidentale è altresì infondato il secondo motivo del
ricorso principale.
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C s. est.
livieri
Stefa

2.1 li motivo di ricorso incidentale è infondato.

2.3 La ricorrente omette del tutto di considerare che, indipendentemente dalla qualifica
di importatore attribuita al soggetto giuridico che introduce in modo irregolare la merce
nel territorio doganale comunitario (e nei cui confronti soltanto, quindi, -in quanto detentore
dei titoli AGRIM- avrebbe potuto essere adottato il provvedimento di revoca dei titoli), è

chiamato a rispondere della medesima obbligazione doganale anche chiunque abbia

irregolare (art. 202 CDC). Tanto è sufficiente a mandare esente la sentenza impugnata
dalla dedotta censura, avendo bene chiarito i Giudici merito il titolo di solidarietà
passiva che giustificava la pretesa doganale anche nei confronti di Euromeat s.p.a., ed
avendo altresì specificato gli elementi circostanziali in base ai quali poteva ritenersi
raggiunta la prova della partecipazione della società “capogruppo” allo schema
organizzativo volto ad aggirare i limiti altrimenti imposti dal contingente alla
importazione (1-copiosa informale documentazione afferente “accordi riservati” infragruppo; 2documenti e-mail dello stesso tenore dai quali emergeva che EUROMEAT s.p.a. indicava assetti e
strategie del Gruppo; 3-controllo delle partecipazioni del Gruppo da parte dei membri della stessa
famiglia Signori che lo esercitavano anche tramite fiduciari: cfr. sentenza CTR pag. 12), elementi

descrittivi della fattispecie concreta che ne consentivano la sussunzione nello schema
normativo previsto dalle disposizioni nazionale e comunitaria sopra indicate.

3. Con il terzo motivo la società ricorrente impugna la sentenza della CTR per nullità
processuale ex art. 360co 1 n. 4 c.p.c., avendo omesso i Giudici di merito, in violazione
dell’art. 112 c.p.c., di pronunciare sul motivo di gravame con il quale era stato dedotto il
vizio di legittimità degli avvisi di rettifica, in quanto emessi in difetto “delle condizioni
applicative dell’art. 11 Dlgs n. 374/1990”: sostiene la società ricorrente che la norma in
questione richiede, per procedere alla revisione dell’accertamento doganale divenuto
definitivo, la esistenza di “inesattezze, omissioni ed errori relativi agli elementi presi a
base dell’accertamento” e dunque non può trovare applicazione nel caso in cui la pretesa

11
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cò. est.
Stefan
livieri

comunque ed a qualsiasi titolo partecipato o contribuito a realizzare tale introduzione

del maggior dazio venga ad essere fondata sul diverso presupposto della asserita
” partecipazione della società alla frode doganale.

3.1 H motivo è manifestamente infondato.

3.2

La CTR ha espressamente esaminato il primo motivo di gravame (con il quale

7 del ricorso introduttivo: cfr. sentenza CTR pag. 6) dichiarandolo infondato sul presupposto

delle specifiche e puntuali argomentazioni svolte dalla CTP (sentenza CTR pag. 10, motivi
della decisione, punto 1): poichè tra le questioni richiamate nel primo motivo di gravame vi

era anche il motivo n. 5 dedotto con il ricorso introduttivo (concernente appunto la
insussistenza delle “condizioni applicative” dell’art. 11 Dlgs n. 374/1990 e dell’art. 78 CDC), la

censura di “omissione di pronuncia” svolta con il ricorso per cassazione appare
all’evidenza priva di pregio, avendo la CTR espressamente statuito anche su tale
questione, con la conseguenza che il parametro normativo del sindacato di legittimità
costituzionale risulta errato (la società avrebbe dovuto eventualmente dedurre il vizio di “error
in judicando”).

3.3 In ogni caso non è dato ravvisare l’ipotizzato illegittimo utilizzo del procedimento
di revisione.
La interpretazione della norma di diritto indicata in rubrica, fornita dalla parte
ricorrente, intesa a circoscrivere a taluni tassativi vizi della dichiarazione/bolletta
doganale l’esercizio del potere di accertamento degli Uffici finanziari, è meramente
capziosa, non tenendo conto del complesso delle norme che regolano la materia.
In proposito è sufficiente rilevare come la onnicomprensiva formulazione dell’art.
11 co5 Dlgs n. 374/1990 (sostanzialmente recepita dall’art. 78, paragr. 3, CDC “quando dalla
revisione.., risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state
applicate in base ad elementi inesatti od incompleti “)

si estenda a qualsiasi ipotesi di

mancata od inesatta contabilizzazione dei diritti doganali, dovendo ritenersi in essa
12
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cs’
est.
Stef. t I ivieri

veniva dedotta la insufficienza motivazionale della sentenza di prime cure in ordine ai motivi da 1 a

unificate tutte le ipotesi attinenti sia agli “errori di calcolo nella liquidazione o di
erronea applicazione delle tariffe” che quelle concernenti “l’erroneo od inesatto
accertamento della qualità, della quantità, del valore o della origine della merce”,
originariamente tenute distinte -quanto allo svolgimento del procedimento amministrativodall’art. 84 comma 1 e 4 del TULD (Dpr n. 43/1973), conclusione che trova dirimente
conferma nella disposizione dell’art. 220 paragr. 1 CDC secondo cui si procede al

importo “non sia stato contabilizzato …o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore
all’importo legalmente dovuto”, indipendentemente quindi se ciò sia o meno dipeso da
un errore od una inesattezza della Amministrazione doganale inerente al calcolo ovvero
inerente alla individuazione e classificazione della merce.

4.

Con il quarto motivo è dedotta la violazione degli artt. 8, 9 e 10 del reg. CE n.

954/2002 e del reg. CE n. 780/2003, in relazione all’art. 360co 1 n. 3 c.p.c..
Sostiene la società ricorrente che l’esercizio del potere di revisione a posteriori
dell’accertamento doganale divenuto definitivo, implicava comunque la preventiva
revoca dei benefici daziari, competenza riservata, unitamente all’accertamento della
falsità dei titoli AGRIM, in via esclusiva al Ministero delle Attività Produttive, in quanto
organismo emittente dei documenti in questione.

4.1

La censura inerente al mancato previo accertamento della falsità dei titoli AGRIM

non trova alcun fondamento, non essendo dato individuare alcuna norma statale o
comunitaria -né la società ricorrente è stata in grado di indicarla- che espressamente
subordini il recupero del dazio alla previa revoca dei titoli AGRIM, limitandosi le norme
dei regolamenti comunitari a disporre che “il riconoscimento” (che costituisce una
condizione di legittimazione per la presentazione da parte della impresa della domanda di
partecipazione alla assegnazione del contingente tariffario) ed i benefici eventualmente già

accordati in virtù del riconoscimento debbono essere revocati qualora il titolo di
legittimazione sia stato concesso “in base a documentazione falsa o fraudolenta” (cfr.
13
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Stef

est.
O ivieri

recupero del dazio risultante da una obbligazione doganale tutte le volte che il relativo

art. 10 reg. CE n. 954/2002), senza che venga anche disciplinato uno specifico

procedimento per il recupero del maggiore dazio doganale dovuto o vengano individuate
le autorità competenti. E non sussiste dubbio alcuno che, in difetto di specifica norma
derogatoria, nell’ambito dell’ordinamento interno le competenze all’accertamento,
liquidazione e riscossione dei dazi, anche se concernenti la importazione di merci
relative a contingentamento tariffario, spettino in via esclusiva alla Autorità doganale

Il motivo si palesa, peraltro, pretestuoso ove si consideri che al tempo della emissione
degli avvisi di accertamento in rettifica, la revoca del “riconoscimento” non era più
attuabile, avendo partecipato le società del Gruppo all’assegnazione delle quote del
contingente tariffario ed avendo già eseguito le relative importazioni della merce,
utilizzando i titoli AGRIM che, pertanto, erano stati restituiti all’organismo emittente
(come emerge dalla nota del Ministero per le Attività Produttive in data 17.10.2005, trascritta a pag.
29 del controricorso e dalla stessa sentenza della CTR, pag. 11 che riporta il contenuto della lettera
in questione).

5.

Il quinto motivo concerne il vizio di omessa motivazione su fatto controverso e

decisivo ai sensi dell’art. 360co 1 n. 5 c.p.c.
La società sostiene che i Giudici di merito non avrebbero fatto alcun accenno nella
motivazione agli elementi probatori determinanti, addotti dalla società, quali, in
particolare, la lettera in data 5.12.2005 del Ministero delle Attività Produttive e la
sentenza penale di assoluzione emessa dal GUP del Tribunale di Piacenza in data
24.6.2009 procedimento nel quale era stata depositata una perizia di parte redatta dal
dott. Fada “attestante l’autonomia e l’indipendenza di tutte le società coinvolte”.

5.1 H motivo è inammissibile, non essendo stato specificato dalla parte ricorrente il
requisito di decisività delle prove il cui esame il Giudice di merito avrebbe pretermesso.

14
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Stef

o1i s. est.
livieti

(Agenzia delle Dogane).

5.2 Premesso che il Giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento
• dalle risultanze probatorie che ritenga più attendibili ed idonee, essendo sufficiente, ai
fini della congruità della relativa motivazione, che risulti che l’accertamento dei fatti si
sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti al giudizio,
considerati nel loro complesso, la quale non richiede la discussione di ogni singolo
elemento o la confutazione di tutte le deduzioni difensive (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza
5229 del 04/03/2011), difetta del tutto il requisito di “decisività” del fatto probatorio

omesso od inesattamente valutato dal Giudice, occorrendo ai fini della ammissibilità
della censura ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c. che la prova od il documento pretermesso sia tale
da inficiare la ricostruzione dei fatti compiuti dal Giudice di merito determinando un
quadro probatorio idoneo, da un lato, a demolire le ragioni poste a fondamento della
decisione impugnata e dall’altro a sovvertire con grado certezza l’esito del giudizio in
senso favorevole alla ricorrente.
Tale requisito difetta del tutto nel caso di specie in quanto:

la lettera in data 5.12.2005 del Ministero delle Attività Produttive si limita a
rilevare come al momento della presentazione delle domande di registrazione,
dalla “documentazione notarile” relativa all’assetto societario delle società non
emergevano elementi di sospetto circa un collegamento societario: ebbene risulta
evidente come l’esame meramente documentale condotto dal Ministero non
appaia affatto incompatibile ed anzi trovi logico riscontro nell’assunto
motivazionale della sentenza tributaria secondo cui la documentazione prodotta
dalle società al Ministero occultava la effettiva situazione di collegamento
societario emersa successivamente dalle indagini (riferibilità delle partecipazioni
societarie ai membri della medesima famiglia Signori; corrispondenza informatica ed
appunti tra le società e la capogruppo Euromeat s.p.a. da cui emergeva che tale società
controllava le satelliti)

15
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Co s. est.
livieri
Stefan

n. 5235 del 09/04/2001; id. Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007; id. Sez. 1, Sentenza n.

la mera invocazione della formula assolutoria della sentenza penale -che anche se
irrevocabile non spiega alcuna efficacia vincolante automatica nel giudizio tributario-

appare del tutto inadeguata (in difetto di specifica e puntuale indicazione dei fatti
accertati ritenuti dimostrativi della assenza di un collegamento societario) a fornire quella

prova decisiva cui è subordinata la ammissibilità del motivo con il quale si
denuncia il vizio ex art. 360co l n. 5 c.p.c.. Ed infatti, tenuto conto che “nessuna

tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa
in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli
stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei
confronti del contribuente” e che pertanto “il giudice tributario non può limitarsi
a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari,
estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del
singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di
valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli
atti (art. 116 cod. proc. civ.), deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito
specifico in cui esso è destinato ad operare” (cfr. Corte cass. V sez. 21.6.2002 n.
9109. Vedi: Corte cass. V sez. 8.3.2001 n. 3421; id. 25.1.2002 n. 889; id. 19.3.2002 n.
3961; id. 24.5.2005 n. 10945; id. 12.3.2007 n. 5720; id. 18.1.2008 n. 1014 -in materia di
fatturazione per operazioni inesistenti: ribadisce che la efficacia del giudicato concerne solo
circostanze fattuali specifiche, ma non può estendersi anche agli elementi di valutazione di
quei fatti-; id. 17.2.2010 n. 3724; id. 8.10.2010 n. 20860; id. 27.9.2011 n. 19786; id.
23.5.2012 n. 8129), ne segue che, corrispondentemente, anche il contribuente che

intenda avvalersi nel giudizio tributario della pronuncia penale -concernente fatti
rilevanti per la obbligazione tributaria- a lui favorevole, non può limitarsi ad invocare,

con il motivo di ricorso, la applicazione di tale pronuncia, ma è tenuto, per non
incorrere nella dichiarazione di inammissibilità della censura, ad esplicitare quali
tra i fatti materiali accertati in sede penale debbano ritenersi determinanti ai fini
dell’accertamento da compiersi nel giudizio tributario
16
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con est.
Stefano 1ivien

automatica autorità di cosa giudicata può più attribuirsi nel separato giudizio

stessa sorte deve riservarsi anche alla “perizia contabile” depositata nel giudizio
penale: nella esposizione del motivo la parte ricorrente si limita esclusivamente ad
affermare che il Giudice di merito non ha tenuto conto delle risultanze di tale atto.
Orbene, indipendentemente dalla inefficacia probatoria di un documento a
contenuto valutativo formato ad iniziativa della stessa parte che intende
avvalersene, qualora in ipotesi dalla perizia fossero emersi fatti non contestati

giudizio-, bene avrebbe allora dovuto la parte ricorrente individuarli in modo
chiaro e preciso, specificandone il carattere dirimente sotto il profilo probatorio,
in quanto idonei ad escludere i “legami” di cui all’art. 143 reg. CEE n. 2454/1993
o comunque tali da inficiare la precisione e congruenza delle altre prove
valorizzate dalla CTR (“accordi riservati”; corrispondenza informatica; detenzione delle
partecipazioni societarie) ai fini dell’accertamento della organizzazione del sistema

fraudolento di riconoscimento delle quote dei contingenti di importazione oltre i
limiti consentiti dai regolamenti comunitari. Non avendo la ricorrente assolto a
tale onere rimane preclusa ogni ulteriore verifica da parte della Corte della
decisività della prova.

6. La parte ricorrente nella memoria illustrativa depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
ha prospettato la esigenza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art.
267 TFUE di una serie di questioni relative alla interpretazione dell’art. 143 reg. CEE n.
2454/1993, dell’art. 220 reg. CEE n. 2913/1992, degli artt. 9 e 10 reg. CE n. 954/2002.

6.1

Premesso che “secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione

tra la Corte e i giudici nazionali, stabilita dall’art. 267 TFUE, spetta esclusivamente al
giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la
responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle
particolari circostanze della causa dinanzi ad esso pendente, sia la necessità di una
pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la
17
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. ciAg.Dogane

Co s. est.
Stefano Olivieri

dalla Amministrazione doganale -e tali da potersi pertanto ritenersi dimostrati in

rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte” (cfr. sentenze Corte di giustizia 14
dicembre 2006, causa C-217105, Confederación Espailola de Empresarios de Estaciones de
Servicio, punto 16; id. 2 aprile 2009, causa C-260/07, Pedro IV Servicios, punto 28: id.
7.12.2010, causa C-439108, VEBIC, punto 41: ed è appena il caso di rilevare che fin dalla
sentenza della Corte giustizia 6.10.1982 causa C-283/81, CILFIT s.r.1., punto 10 -avente ad

oggetto la interpretazione dell’art. 177 del Trattato CE di Roma del 1957, trasfuso nell’art. 234 del

l’obbligo” di rimessione della questione pregiudiziale statuito nei confronti del giudice nazionale
le cui decisioni non siano impugnabili nell’ordinamento interno, non implicava una “deminutio”
rispetto all’ambito di discrezionalità riservata agli giudici nazionali in ordine alla valutazione della
necessità di una pronuncia pregiudiziale sulla questione di interpretazione delle norme comunitarie
sollevata da una della parti in giudizio: “…tali giudici non sono pertanto tenuti a sottoporre alla
Corte una questione di interpretazione delle norme comunitarie sollevata dinanzi ad essi se questa
non è pertinente, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in
alcun modo influire sull’esito della lite”), e premesso che tale verifica di rilevanza appare

tanto più pregnante alla stregua della consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia
secondo cui questa “può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale
sollevata da un giudice nazionale quando, in particolare, risulta manifestamente che
l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice nazionale non ha alcuna
relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale…” (cfr. Corte giustizia
sentenza 7 gennaio 2003, causa C-306/99, BIAO punto 89, sentenza 7 dicembre 2010, causa
C-439/08, VEBIC, punto 42; id. sentenza 20.10.2011, causa C- 396/09, Interedil s.r.l. in liq.,

punto 23; id. sentenza 5 luglio 2012, Geistbeck, C-509/10, punto 48),

osserva il Collegio

quanto segue.

6.2 Con le prime due questioni e con la sesta questione pregiudiziale la società intende
richiedere al Giudice di Lussemburgo se la nozione di “legame” prevista dall’art. 143
reg. esec. CDC sia tassativa, dovendo quindi essere escluse ipotesi diverse da quelle
espressamente considerate dalla norma, e se “una situazione quale quella oggetto della
presente causa e dianzi descritta possa essere ricondotta ad una o più di quelle elencate
dal predetto art. 143”. Inoltre se i principi di libertà d’impresa e di proporzionalità
18
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Ateett.
jil
Ste o livieri

Trattato UE di Maastricht del 1992, e quindi nell’attuale art. 267 del TFUE- è stato chiarito che

impongano di interpretare restrittivamente la norma comunitaria nel senso che la
limitazione dalla stessa stabilita debba applicarsi soltanto ai casi in essa espressamente
previsti.
I quesiti non appaiono rilevanti ai fini della decisione in ordine alla concreta
fattispecie controversa, in quanto sono fondati su un assunto di fatto indimostrato, e cioè
che nel caso concreto il Giudice di merito abbia accertato un “legame” non ricompreso

La società non fornisce alcuna indicazione di tale “ipotesi diversa di legame”,
limitandosi ad insistere, nella memoria, sulla asserita assenza di elementi probatori
dimostrativi di tale “legame” ex art. 143 reg. esec. CDC, venendo quindi a travestire in
forma di questione pregiudiziale un accertamento di mero fatto che concerne la attività
di valutazione probatoria riservata al Giudice di merito. Non è supportata, infatti, da
alcuna specificazione dei passaggi motivazionali della sentenza di appello ovvero dalla
indicazione di altri elementi circostanziali, l’allegazione secondo cui “il Giudice di
appello.., ritiene di potere interpretare l’art. 143 in via estensiva, individuando dunque
ipotesi di legame che non sono previsti dalla norma…” (cfr. memoria pag. 16).
Il Giudice di merito ha ritenuto sussistere la condizione ostativa alla assegnazione di
quote del contingente tariffario ritenendo provato che tutte le società satelliti facevano
parte di un gruppo riconducibile, in virtù di “accordi riservati” stipulati con gli
amministratori fiduciari di dette società, ai membri della medesima famiglia Signori, i
quali, anche attraverso Euromeat s.p.a., risultavano essere di fatto gli effettivi gestori
delle attività svolte dalle società del gruppo, come emergeva dai dati rinvenuti negli
archivi informatici (e-mail, appunti ecc.) ed acquisiti dai verbalizzanti, che
evidenziavano assetti e strategie volti ad aggirare il rispetto delle disposizioni vigenti in
materia doganale. Ne segue che, comunque si riguardi la vicenda in questione,
l’accertamento del “legame” compiuto dai Giudici di merito, integra tanto la ipotesi
contemplata dall’art. 143 paragr. 1, lett. g) reg. CEE n. 2454/1993, ove si consideri che
attraverso i detti “accordi fiduciari”, le persone appartenenti alla famiglia Signori
controllavano insieme indirettamente gli amministratori delle società del gruppo; quanto
19
RG n. 9689/2012
tic. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con st.
ieri
Stefano

tra le ipotesi contemplate dalla norma comunitaria.

la ipotesi contemplata dalla lettera h) della medesima norma, ove il “legame” debba
intendersi riferito ai nessi intercorrenti tra gli stessi membri della famiglia Signori ai
quali era riconducibile la gestione della società del gruppo.
E’ dunque infondata l’asserzione della società secondo cui la CTR avrebbe applicato
la norma comunitaria oltre i casi in essa previsti/ e conseguentemente risultano
manifestamente irrilevanti le questioni pregiudiziali prospettate in ordine alla tassatività

6.3 Tanto la terza, quanto la quarta questione pregiudiziale (con le quali si chiede se lo
scopo dell’art. 9 reg. n. 954/2002 sia quello di ammettere al contingente solo “veri importatori”, e se
l’art. 10 del medesimo regolamento legittimi la revoca dei benefici per la sola esistenza di un
“legame” ex art. 143 reg. 2454/93) appaiono anch’esse manifestamente irrilevanti in quanto:

a) per un verso non è oggetto di controversia la “ratio legis” delle limitazioni previste
dal regolamento comunitario che disciplina il contingente, non essendo posto in dubbio
dalla CTR che alla assegnazione delle quote possono partecipare soltanto “veri
kI

importatori” (cfr. tredicesimo considerando frég. n. 954/2002: il vero importatore “deve essere
pertanto attivamente impegnato nell’acquisto, nel trasporto e nella importazione delle carni
congelate”): la CTR non ha, infatti, negato che le società del gruppo avessero agito come

importatori, ma ha ritenuto che le stesse non avessero titolo a partecipare alla
assegnazione delle quote, perchè dovevano essere considerate operatori economici non
autonomi ma “fittizi” (cfr. sesto e settimo considerando), avendo agito non in proprio ma
secondo le direttive e nell’interesse della società capofila EUROMEAT s.p.a., alla quale
veniva ceduta la merce da quelle importata a dazio agevolato, e comunque trattandosi di
operatori che avevano presentato domande di assegnazione del contingente sebbene
società “legate” ai sensi dell’art. 143 reg. 2454/93i

t,a.

decisione della CTR non è

dunque intervenuta a negare che le società satelliti abbiano effettivamente eseguito le
operazioni di importazioni quanto piuttosto ad accertare che tali società non avevano
agito esclusivamente in proprio, ma nell’interesse esclusivo della capofila Euromeat

20
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. est.
Ste o Olivieri

dell’elenco contenuto nell’art. 143 reg. esec. CDC.

_ s.p.a., ed avevano partecipato alla assegnazione delle quote in relazione di “legame” agli
– altri operatori appartenenti al medesimo gruppo societario
b) anche la questione concernente la individuazione dei presupposti normativi che
legittimano la revoca dei benefici è irrilevante: premesso che la tesi sostenuta dalla
società porterebbe all’assurda conseguenza che solo se la documentazione sia falsa o
fraudolenta può essere disposta la revoca del riconoscimento e dei benefici, mentre se

scoperto al momento della presentazione delle domande avrebbe comportato il rigetto delle
domande) i benefici daziari illegittimamente acquisiti non sarebbero più recuperabili, è

appena il caso di osservare che nel caso concreto non è stato adottato dal Ministero delle
Attività Produttive alcun provvedimento di revoca, sicchè la questione interpretativa che
dovrebbe essere prospettata al Giudice comunitario sarebbe comunque priva di qualsiasi
incidenza sulla decisione adottata dalla CTR e sul regolamento da applicare al rapporto
obbligatorio dedotto in giudizio.

6.4

La quinta questione pregiudiziale (che involge la interpretazione della disposizione

dell’art. 220 paragr. 2, lett. b), del reg. CEE n. 2913/1992 nel testo modificato dal reg. CE n.
2700/2000) è inammissibile in quanto introduce una questione del tutto nuova che esula
i

dall’oggetto del giudizio devoluto alla cognizione dei Giudici di merito, interamente ed
esclusivamente incentrato sulla applicabilità alla fattispecie concreta delle condizioni
ostative al riconoscimento di operatore legittimato a conseguire i titoli AGRIM,
rimanendo pertanto preclusa alla parte ricorrente, in considerazione dei limiti entro cui
deve svolgersi il sindacato di legittimità, la possibilità di un surrettizio ampliamento del
“thema decidendum” attraverso lo strumento della questione pregiudiziale ex art. 267
TFUE. La questione, peraltro, non risulta neppure argomentata dalla società, non
essendo dato individuare a quale asserito errore della PA sarebbe da ricondurre
l’incolpevole violazione della legge da parte del’importatore: a fronte di un accertamento
di cogestione e di riferibilità ai medesimi soggetti delle società satelliti partecipanti alla

21
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Co s. est.
Stefan Olivieri

risulta accertata, dopo l’assegnazione delle quote, la esistenza di un “legame” (che se

4

_ assegnazione del contingente tariffario, non è dato comprendere, infatti, in relazione a
quale situazione di fatto dovrebbe configurarsi la buona fede della società ricorrente.

6.5

La settima questione pregiudiziale (se i principi di libertà d’impresa e proporzionalità

impediscano la revoca dei benefici già concessi “per il solo fatto della presunta esistenza di legami
non meglio identificati e comunque diversi da quelli espressamente previsti dall ‘l’art. 143” anche in

successivo regolamento comunitario), per un verso va incontro allo stesso giudizio di

irrilevanza formulato sopra per le questioni prima, seconda e sesta, non essendo
argomentata in alcun modo la ipotizzata applicazione estensiva od analogica della norma
comunitaria da parte del Giudice di appello; per altro verso si palesa non decisiva
laddove riconosce che la limitazione di cui all’art. 143 reg. esec. CDC era espressamente
prevista dal reg. CE n. 954/2002 e dal reg. CE n. 780/2003, non trovando applicazione
alla fattispecie controversa il reg. CE n. 1203/2004 che non contiene analoghe
disposizioni limitative (tale regolamento, prendendo atto che i precedenti regolamenti non erano
riusciti ad impedire comunque attività speculative da parte degli operatori, ha introdotto un diverso
metodo di gestione “basato su un criterio che valuti i risultati delle importazioni in modo da
garantire che il contingente sia attribuito a operatori professionisti in grado di importare carni
bovine senza indebite speculazioni”: terzo considerando).

6.6

La richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia delle questioni pregiudiziali, come

sopra formulate, deve essere pertanto rigettata

7. In conclusionei il ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato debbono
essere rigettati, con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione delle
spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte :
22
RG n. 9689/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

ons. est.
Stefìto Olivieri

considerazione del venire meno di tale condizione limitativa a seguito della emanazione del

– rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato, e condanna la società
ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in € 35.000,00 per
compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio 24.2.2014

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