Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15033 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15033 Anno 2014
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 1916-2012 proposto da:
EUROMEAT SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA
VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati MARONGIU GIOVANNI, BODRITO
ANDREA giusta delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 02/07/2014

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 67/2010 della COMM.TRIB.REG.
Avw‘xite.
T9Re-15b, depositata il 22/11/2010;

dd

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BODRITO che ha
chiesto un rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia e l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha conclufo per il
rigetto del ricorso.

udienza del 24/02/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Piemonte con sentenza 22.11.2010 n. 67 ha
rigettato l’appello proposto da EUROMEAT s.p.a., ed ha dichiarato legittimo l’avviso di

sulle importazioni di carni congelate da Paesi extracomunitari, in regime di contingente
tariffario previsto dai reg. CE n. 954/2002 e n. 780/2003, eseguite da diverse società che,
a seguito delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, erano risultate tutte “collegate”
e di fatto gestite dalla società contribuente (in quanto le partecipazioni societarie erano
direttamente od indirettamente riferibili ai membri della medesima famiglia Signori di Castelvetro
Piacentino), e che pertanto, non avrebbero potuto ottenere il riconoscimento delle quote

di contingente attesa la espressa condizione ostativa stabilita dall’art. 143 reg. CE n.
2454/1993. La gestione di fatto delle società collegate, accentrata da EUROMEAT
s.p.a., consentiva a questa di partecipare indirettamente alla assegnazione di ulteriori
quote di importazione che altrimenti le sarebbero state precluse e di fruire di indebiti
vantaggi fiscali con ricadute anche sul regime della libera concorrenza nel settore,
venendo a beneficiare la società capogruppo di una illegittima posizione di vantaggio nel
mercato interno e comunitario.
I Giudici territoriali, inoltre , rilevato che l’Ufficio doganale aveva rinunciato in corso
di giudizio all’appello incidentale proposto avverso il capo della sentenza di prime cure
che aveva annullato l’atto di contestazione dell’illecito doganale e di irrogazione della
sanzione pecuniaria di cui all’art. 303 TULD, dichiaravano cessata la materia del
contendere in ordine alla controversia relativa alla sanzione doganale.
Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione la società
contribuente deducendo cinque mezzi ai quali resiste con controricorso la Agenzia delle
Dogane.
La società ha depositato memoria illustrativa.

RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Colk est.
Stefano ivieri

rettifica emesso dall’Ufficio doganale di Alessandria per il recupero del dazio intero

Motivi della decisione

1.

Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 11

Dlgs n. 374/1990 e del principio di obbligatorietà del contraddittorio amministrativo

1.1

La ricorrente assume la illegittimità degli avvisi di accertamento in rettifica in

quanto non sarebbe stato osservato il principio di assicurazione del preventivo
contraddittorio nella fase antecedente la emissione dell’atto impositivo, che troverebbe
applicazione anche in materia doganale come affermato dalla Corte di Giustizia con
sentenza 18 dicembre 2008, in causa C-349/07, Sopropè.

1.2

La società ricorrente ritiene che il vizio denunciato, anche se non dedotto nei

precedenti gradi di merito, può essere esaminato “ex officio” dalla Corte in quanto con
esso viene fatta valere una violazione del diritto comunitario, conseguente ad una
interpretazione delle norme del CDC fornita con pronuncia del Giudice comunitario,
resa su rinvio pregiudiziale, alla quale va riconosciuta efficacia vincolante per i Giudici
degli Stati membri, configurandosi, quindi, nel caso di specie una ipotesi tipica di “jus
superveniens” direttamente conoscibile del Giudice della controversia in corso.

1.3

H motivo, da ritenersi ammissibile (la sentenza della Corte di Giustizia è sopravvenuta

alla decisione di primo grado e, se pure la questione non è stata sollevata in grado di appello dalla
società ricorrente, tuttavia non sussistono preclusioni alla rilevabilità anche di ufficio per la prima
volta in sede di legittimità, essendo tenuto anche il Giudice di ultima istanza a verificare la
compatibilità della norma nazionale con quella comunitaria sopravvenuta risultante dalla sentenza
interpretativa del Giudice UE che opera in modo analogo allo “jus superveniens”: Corte cass. n.
11642/2010; id. V sez. 3.4.2013 n. 8060; id. V sez. 5.4.2013 n. 8399) è palesemente infondato,

sia in diritto che in fatto, dovendo richiamarsi sul punto gli argomenti già svolti nei
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RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. st.
Stefano ivieri

doganale, in relazione all’art. 360co l n. 3) c.p.c.

precedenti di questa Corte V sez. in data 9.4.2010 n. 8481 ed in data 13.9.2013 n.
20964, nonchè in data 5.4.2013 n. 8399.

1.4

La doglianza della parte ricorrente è formulata in modo del tutto avulso dalla

disciplina normativa vigente “ratione temporis” occorrendo rilevare che la disciplina
i
procedimentale di cui all’art. 12 della legge n. 212/2000 non trovava -e non trova-,

“jus speciale”.
L’art. 11 comma 7 ed 8 del Dlgs n. 374/1990, nel testo vigente “ratione temporis”,
prevedeva infatti che, quando dalla revisione eseguita d’ufficio dell’accertamento
divenuto definitivo (ancorchè le merci che hanno formato l’oggetto siano state lasciate alla libera
disponibilità dell’operatore o siano già uscite dal territorio doganale) emergono inesattezze,

omissioni, o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, “l’ufficio
procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato

notificando apposito avviso” di rettifica motivato (comma 1, 5 e 6). Entro trenta giorni
dalla data della notifica dell’avviso, l’operatore può contestare la rettifica ed in tal caso
viene redatto apposito verbale dall’Ufficio doganale

“ai fini della eventuale

instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie
previsti dagli artt. 66 ss. del TU delle disposizioni legislative in materia doganale
approvato con DPR 23 gennaio 1973 n. 43”.

I procedimenti amministrativi cui rinvia

la norma consentono proprio la instaurazione, in via preventiva, del pieno contraddittorio
con il contribuente, atteso che :
a) l’art. 66 TU n. 43/1973 prevede che l’operatore presenti ricorso gerarchico
avverso l’avviso di rettifica “producendo i documenti ed indicando i mezzi di
prova ritenuti utili”
b) dal combinato disposto degli art. 70 u.c. e 76co 1 del TU n. 43/1973 emerge che
solo all’esito dell’indicato procedimento amministrativo contenzioso -nel caso di
decisione parzialmente o totalmente sfavorevole al ricorrente gerarchico- si determina la

“definitività” dell’avviso di accertamento in rettifica ed il contribuente è
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RG n. 1916/2012
tic. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. st.
Stefano ivieri

comunque, applicazione al procedimento di revisione doganale che è regolato da uno

legittimato ad esperire il ricorso giurisdizionale ex art. 21 Dlgs n. 546/1992
avverso l’atto impositivo.
Il procedimento amministrativo in questione, pertanto, era preordinato a garantire un
contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto alla impugnazione in sede
giurisdizionale dell’atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre
tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, deducendo le prove opportune, al fine di

l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica. La decisione del ricorso
amministrativo gerarchico, intesa dalla legge quale condizione per l’acquisto del
requisito di “definitività” dell’avviso di accertamento (nozione che si ricollega alla
distinzione tra “atti amministrativi non definitivi”,

nei confronti dei quali sono esperibili solo i

ricorsi amministrativi, e “atti amministrativi definitivi”

immediatamente impugnabili avanti l’AG,

che trova fondamento nella disciplina del DPR 24.11.1971 n. 1199 e succ. mod., e che differisce
sostanzialmente dalla nozione, propriamente tributaria, di “definitività dell’atto impositivo” che
esprime, invece, la “incontestabilità del rapporto obbligatorio tributario”

conseguente alla

mancata impugnazione dell’atto impositivo nel termine di decadenza ovvero al giudicato formatosi
in esito ai ricorsi giurisdizionali proposti avverso l’atto di accertamento impositivo), riconduce il

procedimento contenzioso (quale sub-procedimento eventuale e non necessario)
nell’alveo dell’unitario del procedimento di accertamento tributario doganale, diretto alla
formazione del provvedimento finale che, in quanto atto “definitivo” e quindi produttivo
di effetti lesivi della sfera patrimoniale del contribuente, può da questi essere
immediatamente impugnato avanti il Giudice tributario (in relazione a tale specifico aspetto
della disciplina del procedimento di revisione doganale trovano, pertanto, giustificazione i
precedenti di questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 10280 del 21.4.2008 e Sez. 5, Ordinanza n. 4996 del
2.3.2009 secondo cui “in materia di diritti doganali, la mancanza del procedimento amministrativo
di revisione (di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 374 del 1990) non determina di per sè la caducazione
della pretesa impositiva, se motivata nellman” e nel “quantum”, atteso che – anche alla luce della
giurisprudenza comunitaria – non è rinvenibile nell’ordinamento il diritto soggettivo dell’operatore
ad un previo procedimento amministrativo e al compiuto svolgimento delle sue fasi, una volta che
gli sia riservato di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le proprie ragioni a

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ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con est.
Stefano livieri

sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela della Amministrazione doganale e quindi

garanzia della tutela immediata della sfera dei propri diritti”,meglio precisato, in motivazione, nel
secondo arresto in cui si rileva che “l’ufficio procede alla rettifica redigendo “avviso di
accertamento suppletivo e di rettifica” costituente la decisione amministrativa che comunica
l’obbligazione al soggetto passivo (an) con la contabilizzazione “a posteriori”dell’importo dei dazi
ancora dovuti (quantum) e che può essere alternativamente impugnata instaurando l’apposito
procedimento previsto per la risoluzione delle controversie doganali (D.P.R. 23 gennaio 1973, n.

di quella procedura non renderebbe di per sè illegittima la pretesa fiscale monitoriamente azionata
in assenza di avviso di rettifica [ndr. idst azionata senza l’osservanza del procedimento
amministrativo di cui all’art. 11 Dlgs n. 374/1990].

Questa Corte ha infatti stabilito (Cass.

19915/06) che la elisione del procedimento amministrativo non porterebbe comunque alla
caducazione ipso iure della pretesa impositiva non essendo rinvenibile nell’ordinamento il diritto
soggettivo del contribuente ad un previo procedimento amministrativo interno ed al compiuto
svolgimento delle sue fasi restando sempre “eventuale” l’instaurazione della controversia
doganale e riservato all’operatore di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le
proprie ragioni a garanzia di una tutela immediata della sfera dei proprio diritti”).

La “specialità” della disciplina normativa dell’accertamento doganale -con
conseguente inapplicabilità dell’art. 12 della legge n. 212/2000- trova, peraltro, ulteriore
conferma nell’intervento legislativo, modificativo del comma 7 dell’articolo 12 dello
Statuto del contribuente, disposto con l’art. 1 co2 del decreto legge 24.1.2012 n. 1

conv. in legge 24.3.2012 n. 27 che ha eliminato ogni dubbio in proposito, aggiungendo
al predetto comma 7 dell’art. 12 della Legge n. 212/2000 un ulteriore periodo volto a
precisare definitivamente che il procedimento che regola gli accertamenti in materia
doganale è disciplinato in via esclusiva dall’art. 11 Dlgs 8.1.1990 n. 374 (“Per gli
accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’art. 34 del Testo
unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973 n. 43, si applicano le disposizione dell’art.
11 del decreto legislativo 8 novembre 1990 n. 374”).
In conclusione, deve ritenersi che il sistema del TU n. 43/1973 , cui rinviava l’art. 11
Dlgs n. 374/1990 nel testo applicabile “ratione temporis”, realizzava, attraverso il
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RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. t.
Stefano CIìwieri

43, artt. 66 e segg.) ovvero promuovendo ricorso giurisdizionale …… …ciò nondimeno la mancanza

_ procedimento contenzioso amministrativo, una forma anticipata di contraddittorio pieno,
che, in seguito, è venuta ad essere sostituita da una diversa modalità di assicurazione
della garanzia del contraddittorio (assimilabile a quella già prevista dall’art. 12 comma 7 legge
n. 212/2000) ma soltanto a far data dalla entrata in vigore del DL 24 gennaio 2012 n. 1
(art. 1 comma 1) convertito nella legge 24.3.2012 n. 44 che ha introdotto il comma 4 bis

all’articolo 11 Dlgs n. 374/1990, prevedendo che in caso di “revisione di ufficio”, ovvero
notificata ovvero consegnata “copia del verbale delle operazioni compiute”: dalla data
della ricezione della notifica o dalla data della consegna decorre il termine di gg. 30
entro il quale l’operatore interessato “può comunicare osservazioni e richieste……che
sono valutate dall’Ufficio doganale prima della notifica dell’avviso di cui al successivo
comma 5” (e cioè della notifica avviso di rettifica), intervento normativo che è stato
successivamente completato dall’an 12 comma 1 del decreto legge 2.3.2012 n. 16

conv. in legge 26.4.2012 n. 27 (recante “disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficienza e potenziamento delle procedure di accertamento”) con l’abrogazione del

comma 7 e parzialmente del comma 6 dell’art. 11 del Dlgs n. 374/1990 e la conseguente
eliminazione del sistema dei ricorsi amministrativi contenziosi in materia doganale.

1.5 Risulta dunque infondata la censura laddove intenderebbe desumere una ipotetica
incompatibilità tra la disciplina normativa nazionale (art. 11 Dlgs n. 374/1990) e la
pronuncia interpretativa resa in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte di Lussemburgo
in data 18.12.2008 causa C-349/07, considerato che la prima già prevedeva una forma di
garanzia del contraddittorio anticipato con l’operatore doganale.

1.6 Nel caso di specie, peraltro, la fase procedimentale del contraddittorio anticipato è
stata comunque assicurata.
Risulta dagli atti, infatti, che il provvedimento impositivo è stato adottato in esito alle
verifiche eseguite dalla Guardia di Finanza anche nei confronti di EUROMEAT s.p.a. i
cui risultati sono stati compendiati nel PVC in data 27.10.2005, consegnato alla parte
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all’esito di “accessi — ispezione – verifiche”, all’operatore deve essere, rispettivamente,

contribuente Euromeat s.p.a. (come prescritto all’art. 52co4 Dpr n. 633/1972 al quale rinvia
l’art. 11co4 Dlgs n. 374/1990 nel testo vigente “ratione temporis”).

Ne segue che, all’esito

della verifica fiscale, la società contribuente è stata comunque messa in grado di
esercitare il dritto di difesa (anche ai sensi dell’art. 12 comma 4 e 7 della legge n. 212/2000),
bene avendo potuto presentare osservazioni e formulare rilievi nel corso ed al termine
delle operazioni di indagine condotte nei suoi confronti. In proposito la società

contraddittorio in relazione alle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza nei confronti
delle altre società “collegate”: ma se, per un verso, non risulta allegato in concreto
alcuno specifico pregiudizio al diritto di difesa, non avendo la società indicato quali
elementi di conoscenza dei fatti impositivi non le sarebbero stati comunicati all’esito
delle indagini fiscali, né quali rilievi o nuovi elementi di difesa avrebbe potuto
preventivamente fornire alla Amministrazione doganale, dall’altro verso la stessa parte
ricorrente ha del tutto omesso di riferire se e quali determinanti elementi, di fatto o di
diritto, relativi alle indagini e verifiche condotte dai verbalizzanti nei confronti delle
singole società “collegate”, non siano stati trasfusi nel verbale di verifica ad essa
consegnato, e siano stati, invece, “a sorpresa” posti a fondamento della pretesa fiscale,
senza che essa abbia potuto previamente prenderne conoscenza al fine di esercitare il
contraddittorio e spiegare le proprie difese (cfr. Corte eass. Sez. 5, Sentenza n. 6621 del
15/03/2013 in ordine alla natura sostanziale e non meramente formale del pregiudizio che deve
essere conseguito alla lesione del contraddittorio anticipato, in quanto tale suscettibile di
determinare l’annullamento dell’avviso di rettifica doganale).

Nè assume rilievo, al riguardo,

la mancata partecipazione della società contribuente EUROMEAT s.p.a. alle attività di
verifica svolte nei confronti delle società “collegate”. La netta distinzione tra la “fase
delle indagini istruttorie” e la “fase del contraddittorio” con il contribuente, è stata
chiaramente messa in evidenza dalla stessa Corte di Giustizia con la sentenza
22.10.2013 causa C-276/12, Sabou, laddove -con riferimento alla acquisizione da parte delle
autorità fiscali di informative rese mediante audizione di terzi residenti in altro Stato membro-

ha

affermato in modo inequivoco che “il rispetto dei diritti di difesa del contribuente, non
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RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con est.
Stefan
livieri

ricorrente si è limitata soltanto ad ipotizzare un difetto di instaurazione del

esige la partecipazione di quest’ultimo alla richiesta di informazioni inoltrata dallo
Stato membro richiedente allo Stato membro richiesto. Esso non esige nemmeno che il
contribuente sia sentito nel momento in cui le ricerche che possono includere
l’audizione di testimoni sono effettuate nello Stato membro richiesto, nè prima che
quest’ultimo trasmetta informazioni allo Stato membro richiedente”, rimanendo quindi
esclusa la configurabilità di un diritto del contribuente ad essere informato della richiesta

rivolta allo Stato membro richiesto, o ancora alla audizione dei testi assunti a verbale
delle autorità dello Stato membro richiesto (sent. cit. punti 40-46).
Pertanto se la doglianza della ricorrente deve ritenersi -evidentemente- infondata,
ove volta a lamentare una mancata partecipazione della società “capogruppo” alle
indagini svolte nei confronti delle società “collegate” (esulando del tutto tale partecipazione
istruttoria dalla “fase del contraddittorio” ), osserva il Collegio che la censura mossa al

Giudice di appello appare d’altra parte gravemente carente in ordine al requisito di
autosufficienza, laddove fosse intesa a contestare la mancata preventiva conoscenza di
ipotetici presupposti in fatto ritenuti determinanti per fondare la pretesa fiscale rivolta
nei confronti della “capogruppo”, non essendo stato neppure indicato l’elemento di
indagine determinante del quale la società contribuente non avrebbe avuto preventiva
contezza, nè tanto meno il pregiudizio subito all’esercizio preventivo del diritto di
difesa.
Rileva, inoltre, il Collegio, costituire dato di fatto acquisito ed incontestato nel
processo che l’attività di indagine della Guardia di Finanza ha dato luogo alla
trasmissione di “notitia criminis” ed all’inizio del procedimento penale, per reato di
contrabbando, nei confronti di amministratori e di rappresentanti legali delle società del
Gruppo che è stato definito con sentenza in data 24.6.2009 del GUP del Tribunale di
Piacenza di non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste: tanto è sufficiente ad
escludere la necessità di un autonomo formale procedimento volto alla anticipazione del
contraddittorio con il contribuente, atteso il principio di diritto affermato da questa Corte
secondo cui, nel caso di fatti generatori di imposta per i quali si proceda penalmente,
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Co4sst.
Stefan Olivieri

di acquisizione dati, od a partecipare alla formulazione della domanda di assistenza

l’Amministrazione finanziaria non è tenuta a seguire il procedimento disciplinato
dall’art. 11 comma 5 ss., Dlgs n. 374/1990, in quanto le esigenze di garanzia del
contraddittorio e di esercizio del diritto di difesa del contribuente ricevono assicurazione,
nella massima pienezza, dalle norme processuali penali (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza
n. 20361 del 20/09/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 7836 del 31/03/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 4510

2. Il secondo motivo concerne il vizio di omessa motivazione su fatto controverso e
decisivo ai sensi dell’art. 360co 1 n. 5 c.p.c.
La società sostiene che i Giudici di merito non avrebbero fatto alcun cenno nella
motivazione agli elementi probatori determinanti, addotti dalla società, quali, in
particolare, la lettera in data 5.12.2005 del Ministero delle Attività Produttive e la
sentenza penale di non luogo a procedere emessa dal GUP del Tribunale di Piacenza in
data 24.6.2009 procedimento nel quale era stata depositata una perizia di parte redatta
dal dott. Fada “attestante l’autonomia e l’indipendenza di tutte le società coinvolte”.

2.1 H motivo è inammissibile non essendo stato specificato dalla parte ricorrente il
requisito di decisività delle prove il cui esame il Giudice di merito avrebbe pretermesso.

2.2 Premesso che il Giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento
dalle risultanze probatorie che ritenga più attendibili ed idonee, essendo sufficiente, ai
fini della congruità della relativa motivazione, che risulti che l’accertamento dei fatti si
sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti al giudizio,
considerati nel loro complesso, la quale non richiede la discussione di ogni singolo
elemento o la confutazione di tutte le deduzioni difensive (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza
n. 5235 del 09/04/2001; id. Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007; id. Sez. 1, Sentenza n.
5229 del 04/03/2011), difetta del tutto il requisito di “decisività” del fatto probatorio

omesso od inesattamente valutato dal Giudice, occorrendo ai fini della ammissibilità
9
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. èt.
Stefano O1vieri

del 21/03/2012).

della censura ex art. 360co l n. 5 c.p.c. che la prova od il documento pretermesso sia tale
da inficiare la ricostruzione dei fatti compiuti dal Giudice di merito determinando un
quadro probatorio idoneo, da un lato, a demolire le ragioni poste a fondamento della
decisione impugnata e dall’altro a sovvertire con grado certezza l’esito del giudizio in
senso favorevole alla ricorrente.

– la lettera in data 5.12.2005 del Ministero delle Attività Produttive si limita a
rilevare come al momento della presentazione delle domande di registrazione,
dalla “documentazione notarile” relativa all’assetto societario delle società non
emergevano elementi di sospetto circa un collegamento societario: ebbene risulta
evidente come l’esame meramente documentale condotto dal Ministero non
appaia affatto incompatibile ed anzi trovi logico riscontro nell’assunto
motivazionale della sentenza tributaria secondo cui la documentazione prodotta
dalle società al Ministero occultava la effettiva situazione di collegamento
societario emersa successivamente dalle indagini (riferibilità delle partecipazioni
societarie ai membri della medesima famiglia Signori; corrispondenza informatica ed
appunti tra le società e la capogruppo Euromeat s.p.a. da cui emergeva che tale società
controllava le satelliti)

– la mera invocazione della formula assolutoria della sentenza penale -che anche se
irrevocabile non spiega alcuna efficacia vincolante automatica nel giudizio tributario-

appare del tutto inadeguata (in difetto di specifica e puntuale indicazione dei fatti
materiali accertati ritenuti dimostrativi della assenza di un collegamento societario) a

fornire quella prova decisiva cui è subordinata la ammissibilità del motivo con il
quale si denuncia il vizio ex art. 360co l n. 5 c.p.c.. Ed infatti, tenuto conto che
“nessuna automatica autorità di cosa giudicata può più attribuirsi nel separato
giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di
assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede
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RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Coi. est.
Stefa Olivieri

Tale requisito difetta del tutto nel caso di specie in quanto:

penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso
l’accertamento nei confronti del contribuente” e che pertanto “il giudice tributario
non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di
reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione
accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi
poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio

rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare” (cfr. Corte cass.
V sez. 21.6.2002 n. 9109. Vedi: Corte cass. V sez. 8.3.2001 n. 3421; id. 25.1.2002 n. 889;
Id. 19.3.2002 n. 3961; id. 24.5.2005 n. 10945; id. 12.3.2007 n. 5720; id. 18.1.2008 n. 1014
-in materia di fatturazione per operazioni inesistenti: ribadisce che la efficacia del giudicato
concerne solo circostanze fattuali specifiche, ma non può estendersi anche agli elementi di
valutazione di quei fatti ; id. 17.2.2010 n. 3724; id. 8.10.2010 n. 20860; id. 27.9.2011 n.

19786; id. 23.5.2012 n. 8129), ne segue che, corrispondentemente, anche il

contribuente che intenda avvalersi nel giudizio tributario della pronuncia penale
concernente fatti rilevanti per la obbligazione tributaria

a lui favorevole, non può

limitarsi ad invocare, con il motivo di ricorso, la applicazione di tale pronuncia,
ma è tenuto, per non incorrere nella dichiarazione di inammissibilità della
censura, ad esplicitare quali tra i fatti materiali accertati in sede penale debbano
ritenersi determinanti ai fini dell’accertamento da compiersi nel giudizio tributario

stessa sorte deve riservarsi anche alla “perizia contabile” depositata nel giudizio
penale: nella esposizione del motivo la parte ricorrente si limita esclusivamente ad
affermare che il Giudice di merito non ha tenuto conto delle risultanze di tale atto.
Orbene, indipendentemente dalla inefficacia probatoria di un documento a
contenuto valutativo formato ad iniziativa della stessa parte che intende
avvalersene, qualora in ipotesi dalla perizia fossero emersi fatti non contestati
dalla Amministrazione doganale -e tali da potersi pertanto ritenersi dimostrati in
giudizio-, bene avrebbe allora dovuto la parte ricorrente individuarli in modo
chiaro e preciso, specificandone il carattere dirimente sotto il profilo probatorio,
11
RG n. 1916/2012
Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. t.
Stefano O1vieri

acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ), deve, in ogni caso, verificarne la

in quanto idonei ad escludere i “legami” di cui all’art. 143 reg. CEE n. 2454/1993
o comunque tali da inficiare la precisione e congruenza delle altre prove
valorizzate dalla CTR (“accordi riservati”; corrispondenza informatica; detenzione delle
partecipazioni societarie) ai fini dell’accertamento della organizzazione del sistema

fraudolento di riconoscimento delle quote dei contingenti di importazione oltre i
limiti consentiti dai regolamenti comunitari. Non avendo la ricorrente assolto )r

decisività della prova.

3.

Con il terzo motivo la società ricorrente impugna la sentenza della CTR per vizio

logico di motivazione ex art. 360co1 n. 5 c.p.c. rilevando la dapoditticitedell’argomento
secondo cui l’attività impositiva andrebbe esente da vizio di violazione dell’art. 11 Dlgs
n. 374/1990, in quanto dalla copiosa documentazione acquisita al giudizio
emergerebbero le “inesattezze” poste a base dell’accertamento. Secondo la ricorrente,
infatti, i Giudici di merito non avrebbero fornito adeguata risposta al motivo di gravame
con il quale era stato dedotto il vizio di legittimità degli avvisi di rettifica, in quanto
emessi in difetto “delle condizioni applicative dell’art. 11 Dlgs n. 374/1990”: tale
norma, secondo la tesi esposta dalla ricorrente, attribuisce agli Uffici doganali il potere
di revisione dell’accertamento divenuto definitivo, esclusivamente in caso di
“inesattezze, omissioni ed errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento” e
dunque non può trovare applicazione nel caso in cui la pretesa del maggior dazio venga
ad essere fondata su un diverso presupposto come la asserita partecipazione della
società alla frode doganale.

3.1

Premesso che la censura, per come prospettata, ha per oggetto un “error in

judicando”, ex art. 360co 1 n. 3 c.p.c., e non un “error facti”, ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c.,
atteso che viene denunciato un tipico errore di sussunzione della fattispecie concreta
(esattamente rilevata nei sui termini fattuali) nello schema astratto della norma di diritto
individuata come applicabile al caso di specie, e considerato che l’errata indicazione del
12
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con est.
Stefano livieri

tale onere rimane preclusa ogni ulteriore verifica da parte della Corte della

parametro del sindacato di legittimità si risolve in un difetto del requisito di specificità
della critica che rende inammissibile il motivo di ricorso (esulando dalle competenze e non
essendo delegabile alla Corte la scelta discrezionale, riservata in via esclusiva alla difensore della
parte ricorrente, del mezzo di censura della sentenza ritenuto conforme agli scopi ed alle esigenze
difensive della parte), in ogni caso il motivo si palesa infondato.

La interpretazione della norma di diritto indicata in rubrica, fornita dalla parte

ricorrente, intesa a circoscrivere a taluni tassativi vizi della dichiarazione/bolletta
doganale l’esercizio del potere di accertamento degli Uffici finanziari, è meramente
capziosa, non tenendo conto del complesso delle norme che regolano la materia.
In proposito è sufficiente rilevare come la onnicomprensiva formulazione dell’art.
11co5 Dlgs n. 374/1990 (sostanzialmente riprodotta nell’art. 78, paragr. 3, CDC “quando dalla
revisione.., risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state
applicate in base ad elementi inesatti od incompleti…1

si estenda a qualsiasi ipotesi di

mancata od inesatta contabilizzazione dei diritti doganali, dovendo ritenersi in essa
unificate tutte le ipotesi attinenti sia agli “errori di calcolo nella liquidazione o di
erronea applicazione delle tariffe” che quelle concernenti “l’erroneo od inesatto
accertamento della qualità, della quantità, del valore o della origine della merce”,
originariamente tenute distinte -quanto allo svolgimento del procedimento amministrativodall’art. 84, comma 1 e 4, del TULD (Dpr n. 43/1973), conclusione che trova dirimente
conferma nella disposizione dell’art. 220 paragr. 1 CDC secondo cui si procede al
recupero del dazio risultante da una obbligazione doganale tutte le volte che il relativo
importo “non sia stato contabilizzato …o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore
all’importo legalmente dovuto”, indipendentemente quindi se ciò sia o meno dipeso da
un errore od una inesattezza della Amministrazione doganale inerente al calcolo ovvero
inerente alla individuazione e classificazione della merce.

4. Anche il quarto motivo con cui la società denuncia vizio di omessa e/o insufficiente
motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c., sul fatto decisivo e controverso della irrilevanza
13
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Coù est.
Stefano livieri

3.2

dei legami societari, attesa la mancata partecipazione della società EUROMEAT alla
assegnazione dei titoli AGRIM relativi alle “sotto quote del contingente IP”, è infondato.

4.1 La CTR, diversamente da quanto ipotizzato dalla società, non ha omesso di
considerare tale argomento difensivo, ma lo ha implicitamente respinto con
l’accertamento della responsabilità diretta delle società satelliti (quali soggetti

EUROMEAT s.p.a. per la medesima obbligazione doganale, avendo riconosciuto i
Giudici territoriali che la società capogruppo aveva “partecipato alla irregolare
introduzione” della carne congelata in quanto, se le materiali operazioni di importazione
erano state effettuate dalle singole società “satelliti” -Cibus 2000 s.r.1., Eurofood s.r.1.,
Eurotrading s.r.1., Filotrade s.r.1., Futurcarni s.r.1., Nord Food s.r.1., per la sottoquota anno 2003;
Fish & Meats s.r.l. e Generai Trade s.r.1., per la sottoquota anno 2004-,

di fatto delle

importazioni veniva a beneficiare la “capogruppo” che tali società gestiva
operativamente esercitando il controllo anche tramite fiduciari.

4.2

L’elemento determinante, che ha costituito oggetto di accertamento in fatto, del

controllo gestionale delle società satelliti da parte dei EUROMEAT s.p.a., fondato sulla
effettiva titolarità delle partecipazioni sociali e sulla riconducibilità delle stesse ai
membri della stessa famiglia, non risulta affatto privo di rilevanza ai fini della ritenuta
violazione della condizione ostativa (legame societario) alla assegnazione delle quote del
contingente II°, ma al contrario integra il presupposto di fatto necessario che consente di
pervenire ad accertare la violazione dei limiti di assegnazione delle quote di contingente
stabiliti dai regolamenti comunitari n. 954/2002 e n. 780/2003 in relazione all’art. 143
reg. CEE n. 2454/1993. La accertata unitarietà della gestione di fatto delle diverse
società satelliti, determina, infatti, il venire meno della “condizione autonoma” richiesta
agli operatori economici per partecipare alle assegnazioni -e che i regolamenti comunitari
intendono salvaguardare, a tutela della concorrenza sul mercato, per evitare che l’accesso
contingentato dia luogo a nocive speculazioni ed alla formazione di posizioni dominanti nel
14
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. st.
Stefano O “vieri

importatori della merce in regime di contingentamento) e della responsabilità solidale di

mercato-, evidenziando la effettiva e sostanziale identità dell’operatore economico che
agisce dietro lo schermo societario di soggetti tra loro collegati (in quanto facenti capo alla
medesima gestione: e dunque perciò stesso partecipanti alla assegnazione delle quote in violazione
dei limiti regolamentari predetti), venendo di fatto a beneficiare dei vantaggio connessi alla

concentrazione delle quote rappresentate dai titoli AGRIM, soltanto formalmente
rilasciati ed intestati a distinti soggetti giuridici.

sottoquote del contingente II° Xnon appare pertanto dirimente ai fini dell’accertamento
della responsabilità solidale della società capogruppo e della responsabilità diretta delle
singole società satelliti per le importazioni eseguite con indebita fruizione del regime
daziario agevolato, sotto il duplice profilo secondo cui “i legami” tra le società satelliti e
la società capogruppo : a) configurano la condizione ostativa prevista dall’art. 143 reg.
esec. CDC alla compartecipazione delle diverse società satelliti alle assegnazioni delle
sottoquote del medesimo contingente; b) individuano la responsabilità solidale della
capogruppo per le obbligazioni doganali assunte dalle società importatrici, in quanto
soggetto che gestisce di fatto, attraverso le società collegate, 1Kintera operazione volta ad
ottenere indebite assegnazioni, in violazione dei limiti stabiliti dall’art. 143 reg. esec.
CDC, di quote alla importazione di carne congelata a tariffa doganale agevolata.

5.

Con il quinto motivo è dedotta la violazione degli artt. 8, 9 e 10 del reg. CE n.

954/2002 e del reg. CE n. 780/2003, in relazione all’art. 360co 1 n. 3 c.p.c..
Sostiene la società ricorrente che l’esercizio del potere di revisione a posteriori
dell’accertamento doganale divenuto definitivo, implicava comunque la preventiva
revoca dei benefici daziari, competenza riservata, unitamente all’accertamento della
falsità dei titoli AGRIM, in via esclusiva al Ministero delle Attività Produttive, in quanto
organismo emittente dei documenti in questione.

5.1

La contestazione inerente al mancato previo accertamento della falsità dei titoli

AGRIM non trova alcun fondamento, non essendo dato individuare alcuna norma statale
15
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons. èt.
Stefano 01 vieri

La mancata diretta partecipazione di EUROMEAT s.p.a. alle assegnazioni delle

o comunitaria -né la società ricorrente è stata in grado di indicarla- che espressamente
subordini il recupero del dazio alla previa revoca dei titoli AGRIM, limitandosi le norme
dei regolamenti comunitari a dispone che “il riconoscimento” (che costituisce una
condizione di legittimazione per la presentazione da parte della impresa della domanda di
partecipazione alla assegnazione del contingente tariffario) ed i benefici eventualmente già

accordati in virtù del riconoscimento debbono essere revocati qualora il titolo di

art. 10 reg. CE n. 954/2002), senza che venga anche disciplinato uno specifico

procedimento per il recupero del maggiore dazio doganale dovuto o vengano individuate
le autorità competenti. E non sussiste dubbio alcuno che, in difetto di specifica norma
derogatoria, nell’ambito dell’ordinamento interno le competenze all’accertamento,
liquidazione e riscossione dei dazi, anche se concernenti la importazione di merci
relative a contingentamento tariffario, spettino in via esclusiva alla Autorità doganale
(Agenzia delle Dogane).
Il motivo si palesa, peraltro, pretestuoso ove si consideri che al tempo della emissione
degli avvisi di accertamento in rettifica, la revoca del “riconoscimento” non era più
attuabile, avendo partecipato le società del Gruppo all’assegnazione delle quote del
contingente tariffario ed avendo già eseguito le relative importazioni della merce,
utilizzando i titoli AGRIM che, pertanto, erano stati restituiti all’organismo emittente
(come emerge dalla nota del Ministero per le Attività Produttive in data 17.10.2005, trascritta a pag.
27 del controricorso).

6. La parte ricorrente nella memoria illustrativa depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
ha prospettato la esigenza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art.
267 TFUE di una serie di questioni relative alla interpretazione dell’art. 143 reg. CEE n.
2454/1993, dell’art. 220 reg. CEE n. 2913/1992, degli artt. 9 e 10 reg. CE n. 954/2002.

6.1

Premesso che “secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione

tra la Corte e i giudici nazionali, stabilita dall’art. 267 TFUE, spetta esclusivamente al
16
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con est.
Stefano ivieri

legittimazione sia stato concesso “in base a documentazione falsa o fraudolenta” (cfr.

giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la
responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle
particolari circostanze della causa dinanzi ad esso pendente, sia la necessità di una
pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la
rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte” (cfr. sentenze Corte di giustizia 14
dicembre 2006, causa C-217105, Confederación Espariola de Empresarios de Estaciones de

7.12.2010, causa C-439/08, VEBIC, punto 41: ed è appena il caso di rilevare che fin dalla
sentenza della Corte giustizia 6.10.1982 causa C-283181, CILFIT s.r.1., punto 10 -avente ad

oggetto la interpretazione dell’art. 177 del Trattato CE di Roma del 1957, trasfuso nell’art. 234 del
Trattato UE di Maastricht del 1992, e quindi nell’attuale art. 267 del TFUE- è stato chiarito che
l’obbligo” di rimessione della questione pregiudiziale statuito nei confronti del giudice nazionale

le cui decisioni non siano impugnabili nell’ordinamento interno, non implicava una “deminutio”
rispetto all’ambito di discrezionalità riservata agli giudici nazionali in ordine alla valutazione della
necessità di una pronuncia pregiudiziale sulla questione di interpretazione delle norme comunitarie
sollevata da una della parti in giudizio: “…tali giudici non sono pertanto tenuti a sottoporre alla
Corte una questione di interpretazione delle norme comunitarie sollevata dinanzi ad essi se questa
non è pertinente, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in
alcun modo influire sull’esito della lite”), e premesso che tale verifica di rilevanza appare

tanto più pregnante alla stregua della consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia
secondo cui questa “può rifìutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale

sollevata da un giudice nazionale quando, in particolare, risulta manifestamente che
l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice nazionale non ha alcuna
relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale…” (cfr. Corte giustizia
sentenza 7 gennaio 2003, causa C-306/99, BIAO punto 89, sentenza 7 dicembre 2010, causa
C-439108, VEBIC, punto 42; id. sentenza 20.10.2011, causa C- 396/09, Interedil s.r.l. in liq.,

punto 23; id. sentenza 5 luglio 2012, Geistbeck, C-509/10, punto 48), osserva il Collegio
quanto segue.

6.2 Con le prime due questioni e con la sesta questione pregiudiziale la società intende
richiedere al Giudice di Lussemburgo se la nozione di “legame” prevista dall’art. 143
17
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con st.
Stefano ìivieri

Servicio, punto 16; id. 2 aprile 2009, causa C-260107, Pedro IV Servicios, punto 28: id.

_ reg. esec. CDC sia tassativa, dovendo quindi essere escluse ipotesi diverse da quelle
espressamente considerate dalla norma, e se “una situazione quale quella oggetto della
presente causa e dianzi descritta possa essere ricondotta ad una o più di quelle elencate
dal predetto art. 143”. Inoltre se i principi di libertà d’impresa e di proporzionalità
impongano di interpretare restrittivamente la norma comunitaria nel senso che la
limitazione dalla stessa stabilita debba applicarsi soltanto ai casi in essa espressamente

I quesiti non appaiono rilevanti ai fini della decisione in ordine alla concreta
fattispecie controversa, in quanto sono fondati su un assunto di fatto indimostrato, e cioè
che nel caso concreto il Giudice di merito abbia accertato un “legame” non ricompreso
tra le ipotesi contemplate dalla norma comunitaria.
La società non fornisce alcuna indicazione di tale “ipotesi diversa di legame”,
limitandosi ad insistere, nella memoria, sulla asserita assenza di elementi probatori
dimostrativi di tale “legame” ex art. 143 reg. esec. CDC, venendo quindi a travestire in
forma di questione pregiudiziale un accertamento di mero fatto che concerne la attività
di valutazione probatoria riservata al Giudice di merito. Non è supportata, infatti, da
alcuna specificazione dei passaggi motivazionali della sentenza di appello ovvero dalla
indicazione di altri elementi circostanziali, l’allegazione secondo cui “il Giudice di
appello…ritiene di potere interpretare l’art. 143 in via estensiva, individuando dunque
ipotesi di legame che non sono previsti dalla norma…” (cfr. memoria pag. 16).
Il Giudice di merito ha ritenuto sussistere la condizione ostativa alla assegnazione di
quote del contingente tariffario ritenendo provato che tutte le società satelliti facevano
parte di un gruppo riconducibile, in virtù di “accordi riservati” stipulati con gli
amministratori fiduciari di dette società, ai membri della medesima famiglia Signori, i
quali, anche attraverso Euromeat s.p.a., risultavano essere di fatto gli effettivi gestori
delle attività svolte dalle società del gruppo, come emergeva dai dati rinvenuti negli
archivi informatici (e-mail, appunti ecc.) ed acquisiti dai verbalizzanti, che
evidenziavano assetti e strategie volti ad aggirare il rispetto delle disposizioni vigenti in
materia doganale. Ne segue che, comunque si riguardi la vicenda in questione,
18
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con st.
Stefano Iivieri

previsti.

l’accertamento del “legame” compiuto dai Giudici di merito, integra tanto la ipotesi
contemplata dall’art. 143 paragr. 1, lett. g) reg. CEE n. 2454/1993, ove si consideri che
attraverso i detti “accordi fiduciari”, le persone appartenenti alla famiglia Signori
controllavano insieme indirettamente gli amministratori delle società del gruppo; quanto
la ipotesi contemplata dalla lettera h) della medesima norma, ove il “legame” debba
intendersi riferito ai nessi intercorrenti tra gli stessi membri della famiglia Signori ai

E’ dunque infondata l’asserzione della società secondo cui la CTR avrebbe applicato
la norma comunitaria oltre i casi in essa previsti/ e t conseguentemente/ risultano
manifestamente irrilevanti le questioni pregiudiziali prospettate in ordine alla tassatività
dell’elenco contenuto nell’art. 143 reg. esec. CDC.

6.3 Tanto la terza, quanto la quarta questione pregiudiziale (con le quali si chiede se lo
scopo dell’art. 9 reg. n. 954/2002 sia quello di ammettere al contingente solo “veri importatori”, e se
l’art. 10 del medesimo regolamento legittimi la revoca dei benefici per la sola esistenza di un
“legame” ex art. 143 reg. 2454/93) appaiono anch’esse manifestamente irrilevanti in quanto:

a) per un verso non è oggetto di controversia la “ratio legis” delle limitazioni previste
dal regolamento comunitario che disciplina il contingente, non essendo posto in dubbio
dalla CTR che all i assegnazione delle quote possono partecipare soltanto “veri
k…/
4i

importatori” (cfr. tredicesimo considerandqrreg. n. 954/2002: il vero importatore “deve essere
pertanto attivamente impegnato nell’acquisto, nel trasporto e nella importazione delle carni
congelate”): la CTR non ha, infatti, negato che le società del gruppo avessero agito come

importatori, ma ha ritenuto che le stesse non avessero titolo a partecipare alla
assegnazione delle quote, perchè dovevano essere considerate operatori economici non
autonomi ma “fittizi” (cfr. sesto e settimo considerando), avendo agito non in proprio ma
secondo le direttive e nell’interesse della società capofila EUROMEAT s.p.a., alla quale
veniva ceduta la merce da quelle importata a dazio agevolato, e comunque trattandosi di
operatori che avevano presentato domande di assegnazione del contingente sebbene
società “legate” ai sensi dell’art. 143 reg. 2454/93f ta decisione della CTR non è
19
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Cons.
Stefano O eri

quali era riconducibile la gestione della società del gruppo.

dunque intervenuta a negare che le società satelliti abbiano effettivamente eseguito le
operazioni di importazioni quanto piuttosto ad accertare che tali società non avevano
agito esclusivamente in proprio, ma nell’interesse esclusivo della capofila Euromeat
s.p.a., ed avevano partecipato alla assegnazione delle quote in relazione di “legame” agli
altri operatori appartenenti al medesimo gruppo societario
b) anche la questione concernente la individuazione dei presupposti normativi che

società porterebbe all’assurda conseguenza che solo se la documentazione sia falsa o
fraudolenta può essere disposta la revoca del riconoscimento e dei benefici, mentre se
risulta accertata, dopo l’assegnazione delle quote, la esistenza di un “legame” (che se
scoperto al momento della presentazione delle domande avrebbe comportato il rigetto delle
domande) i benefici daziari illegittimamente acquisiti non sarebbero più recuperabili, è

appena il caso di osservare che nel caso concreto non è stato adottato dal Ministero delle
Attività Produttive alcun provvedimento di revoca, sicchè la questione interpretativa che
dovrebbe essere prospettata al Giudice comunitario sarebbe comunque priva di qualsiasi
incidenza sulla decisione adottata dalla CTR e sul regolamento da applicare al rapporto
obbligatorio dedotto in giudizio.

6.4

La quinta questione pregiudiziale (che involge la interpretazione della disposizione

dell’art. 220 paragr. 2, lett. b), del reg. CEE n. 2913/1992 nel testo modificato dal reg. CE n.
2700/2000) è inammissibile in quanto introduce una questione del tutto nuova che esula

i
dall’oggetto del giudizio devoluto alla cognizione dei Giudici di merito, interamente ed
esclusivamente incentrato sulla applicabilità alla fattispecie concreta delle condizioni
ostative al riconoscimento di operatore legittimato a conseguire i titoli AGRIM,

rimanendo pertanto preclusa alla parte ricorrente, in considerazione dei limiti entro cui
deve svolgersi il sindacato di legittimità, la possibilità di un surrettizio ampliamento del
“thema decidendum” attraverso lo strumento della questione pregiudiziale ex art. 267
TFUE. La questione, peraltro, non risulta neppure argomentata dalla società, non
essendo dato individuare a quale asserito errore della PA sarebbe da ricondurre
20
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Colk. est.
Stefan Olivieri

legittimano la revoca dei benefici è irrilevante: premesso che la tesi sostenuta dalla

l’incolpevole violazione della legge da parte del’importatore: a fronte di un accertamento
di cogestione e di riferibilità ai medesimi soggetti delle società satelliti partecipanti alla
assegnazione del contingente tariffario, non è dato comprendere, infatti, in relazione a
quale situazione di fatto dovrebbe configurarsi la buona fede della società ricorrente.

6.5

La settima questione pregiudiziale (se i principi di libertà d’impresa e proporzionalità

non meglio identificati e comunque diversi da quelli espressamente previsti dall’art. 143″ anche in
considerazione del venire meno di tale condizione limitativa a seguito della emanazione del
successivo regolamento comunitario), per un verso va incontro allo stesso giudizio di

irrilevanza formulato sopra per le questioni prima, seconda e sesta, non essendo
argomentata in alcun modo la ipotizzata applicazione estensiva od analogica della norma
comunitaria da parte del Giudice di appello; per altro verso si palesa non decisiva
laddove riconosce che la limitazione di cui all’art. 143 reg. esec. CDC era espressamente
prevista dal reg. CE n. 954/2002 e dal reg. CE n. 780/2003, non trovando applicazione
alla fattispecie controversa il reg. CE n. 1203/2004 che non contiene analoghe
disposizioni limitative (tale regolamento, prendendo atto che i precedenti regolamenti non erano
riusciti ad impedire comunque attività speculative da parte degli operatori, ha introdotto un diverso
metodo di gestione “basato su un criterio che valuti i risultati delle importazioni in modo da
garantire che il contingente sia attribuito a operatori professionisti in grado di importare carni
bovine senza indebite speculazioni”: terzo considerando).

6.6

La richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia delle questioni pregiudiziali, come

sopra formulate, deve essere pertanto rigettata.

7. In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato, con conseguente condanna
della parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in
dispositivo.

P.Q.M.
21
RG n. 1916/2012
ric. Euromeat s.p.a. c/Ag.Dogane

Con est.
Stefano Mivieri

impediscano la revoca dei benefici già concessi “per il solo fatto della presunta esistenza di legami

La Corte :
– rigetta il ricorso principale e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese
del presente giudizio liquidate in € 10.000,00 per compensi oltre alle spese prenotate a
debito.

Così deciso nella camera di consiglio 24.2.2014

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