Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15032 del 02/07/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15032 Anno 2014
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: OLIVIERI STEFANO
SENTENZA
sul ricorso 13088-2011 proposto da:
FUTUR CARNI SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA
VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati ODINO LUIGI, GIANNI
2014
MARONGIU, BODRITO ANDREA giusta delega in calce;
– ricorrente –
665
contro
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
Data pubblicazione: 02/07/2014
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 13/2010 della COMM.TRIB.REG.
A4A ‘1?,- c 0,ire
di_Do~ , depositata il 25/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BODRITO che ha
chiesto un rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia e l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
yiÌ
udienza del 24/02/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO
Svolgimento del processo
Con sentenza 25.3.2010 n. 13 la Commissione tributaria della regione Piemonte ha
rigettato l’appello principale proposto da Futur carni s.r.l. e l’appello incidentale
1- Futur Carni s.r.l. unitamente ad altre società -tutte facenti capo ad una medesima ed
unitaria gestione operativa- aveva ottenuto quote del contigente tariffario II° previste dai
reg. CEE n. 754/2002 e n. 780/2003
2- le verifiche condotte dalla Guardia di Finanza avevano evidenziato prove idonee a
dimostrare che la gestione di ben diciannove società, tra cui Futur Carni s.r.1., era di fatto
interamente riconducibile a EUROMEAT s.p.a. ed ai membri della medesima famiglia
Signori di Castelvetro Piacentino (i collegamenti societari erano dimostrati dai rapporti di
partecipazione, dalla presenza dei medesimi soggetti negli organi di governo e gestione delle
società, dai contratti di cessione di quote di partecipazione con patto di ritrasferimento una volta
ottenuto il rilascio dei certificati AGRIM, dalla corrispondenza, anche elettronica, intercorsa tra le
società e da appunti informali da cui emergeva che EUROMEAT s.p.a.impartiva ordini e strategie e
determinava le modalità per accedere ai contingenti tarffari)
3- i “legami” accertati tra EUROMEAT s.p.a. e le altre società, tra cui Futur Carni s.r.1.,
integravano la condizione ostativa, prevista dai predetti regolamenti comunitari e
dall’art. 143 reg. CEE n. 2454/1993, per l’accesso al rilascio dei titoli AGRIM, con
conseguente indebita fruizione del trattamento daziario agevolato previsto per la
importazione di carni congelate da Paesi extracomunitari, rendendosi pertanto legittimo
l’avviso di rettifica dell’accertamento doganale notificato a Futur Carni s.r.l. avente ad
oggetto il maggior dazio dovuto rispetto alla aliquota agevolata illegittimamente
applicata
4- doveva invece essere confermata la statuizione della sentenza di prime cure che aveva
annullato l’atto contestazione dell’illecito e di irrogazione della sanzione pecuniaria ex
art. 303 TULD, in quanto il divieto di partecipazione al contingente tariffario imposto
1
RG n. 13088/2011
ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane
Cots. est.
Stefan Olivieri
proposto dall’Ufficio di Alessandria della Agenzia delle Dogane rilevando che:
. alle società collegate era venuto meno con il successivo reg. CE n. 1203/2004 e dunque
trovava applicazione il principio del “favor rei”.
Avverso tale sentenza, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione Futur Carni
s.r.l. deducendo sei motivi ai quali ha resistito la Agenzia delle Dogane con
controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la nullità della sentenza
1.
impugnata ex art. 360co l n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112
c.p.c., sul primo motivo di gravame (interamente trascritto alla pag. 8 del ricorso per
cassazione) con il quale si censurava la statuizione della decisione di prime cure che
aveva riconosciuto legittimo l’avviso di accertamento in rettifica sebbene privo della
sottoscrizione del soggetto competente ad emettere l’atto impositivo.
1.1
La CTR ha del tutto omesso di prendere in esame e di decidere sullo specifico
motivo di gravame volto a far valere la nullità dell’atto impositivo opposto.
Il rilevato vizio processuale di omessa pronuncia non determina, tuttavia,
l’accoglimento del ricorso con conseguente rimessione della causa al Giudice di rinvio
affinché pronunci sulla questione pretermessa, allorquando si tratti di questione di mero
diritto che non richieda ulteriori accertamenti in fatto, in quanto -secondo la costante
giurisprudenza di legittimità- deve ritenersi consentito a questa Corte, alla stregua di una
interpretazione dell’art. 384co2 c.p.c. costituzionalmente orientata ai principi di
economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost.,
non disporre il rinvio della causa in seguito alla cassazione della sentenza impugnata, e
procedere direttamente alla decisione della causa nel merito (cfr. Corte eass. H sez.
1.2.2010 n. 2313; id. I sez. 22.11.2010 n. 23581; id. sez. lav. 3.3.2011 n. 5139).
2
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ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane
Co est.
Stefanò livieri
La società ha depositato memoria illustrativa.
1.2 Tanto premesso il motivo di gravame pretermesso è infondato, alla stregua della
consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’atto amministrativo (categoria
alla quale debbono essere ricondotti anche gli atti emessi dalla Amministrazione
finanziaria) non è invalido solo perché privo di sottoscrizione, laddove la riferibilità
dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato può
con riferimento averbale di accertamento di infrazione al CdS; id. V sez. 2.3.2007 n. 4923; id. sez.
lav. 10.6.2009 n. 13375 con riferimento ad ordinanza-ingiunzione; id. Sez. 5, Sentenza n. 4757 del
27/02/2009 con riferimento alla cartella esattoriale; id. V sez. 23.2.2010 n.4283 con riferimento ad
avviso di mora; id. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 11458 del 06/07/2012;), essendo peraltro richiesta
l’autografia della sottoscrizione, come elemento essenziale dell’atto amministrativo, nei
soli casi in cui sia espressamente prevista dalla legge (cfr. Corte cass. I sez. 7.8.1996 n.
7234; id. I sez. 24.9.1997 n. 9394; id. III sez. 28.12.2000 n. 16204; id. sez. lav. 15.10.2003 n.
15448; id. I sez. 22.11.2004 n. 21954; id. V sez. 5.8.2004 n. 15048; id. Sez. 5, Sentenza n. 13461
del 27/07/2012, con riferimento alla cartella di pagamento).
1.3 Peraltro riferisce la controricorrente (pag. 9 controric.) che l’avviso di rettifica,
stavolta corredato anche della sottoscrizione del dirigente titolare dell’Ufficio doganale
di Alessandria, è stato nuovamente notificato alla società in data 11.8.2006, circostanza
che non è stata contestata dalla società ricorrente, dovendo ritenersi in conseguenza
carente di interesse il motivo di ricorso per cassazione.
2.
Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 11
Dlgs n. 374/1990 e del principio di obbligatorietà del contraddittorio amministrativo
doganale, in relazione all’art. 360co l n. 3) c.p.c.
2.1
La ricorrente assume la illegittimità degli avvisi di accertamento in rettifica in
quanto non sarebbe stato osservato il principio di assicurazione del preventivo
contraddittorio nella fase antecedente la emissione dell’atto impositivo, che troverebbe
3
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ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane
Con est.
Stefano livieri
essere desunta anche dal contesto dell’atto stesso (cfr. Corte cass. I sez. 21.3.2005 n. 6065
– applicazione anche in materia doganale come affermato dalla Corte di Giustizia con
sentenza 18 dicembre 2008, in causa C-349/07, Sopropè.
2.2 La società ricorrente ritiene che il vizio denunciato, anche se non dedotto nei
precedenti gradi di merito, può essere esaminato “ex officio” dalla Corte in quanto con
esso viene fatta valere una violazione del diritto comunitario, conseguente ad una
resa su rinvio pregiudiziale, alla quale va riconosciuta efficacia vincolante per i Giudici
degli Stati membri, configurandosi, quindi, nel caso di specie una ipotesi tipica di “jus
superveniens” direttamente conoscibile del Giudice della controversia in corso.
2.3
H motivo, da ritenersi ammissibile (la sentenza della Corte di Giusitizia è sopravvenuta
alla decisione di primo grado e, se pure la questione non è stata sollevata in grado di appello dalla
società ricorrente, tuttavia non sussistono preclusioni alla rilevabilità anche di ufficio per la prima
volta in sede di legittimità, essendo tenuto anche il Giudice di ultima istanza a verificare la
compatibilità della norma nazionale con quella comunitaria sopravvenuta risultante dalla sentenza
interpretativa del Giudice UE che opera in modo analogo allo “jus superveniens”: Corte cass. n.
11642/2010; id. V sez. 3.4.2013 n. 8060; id. V sez. 5.4.2013 n. 8399) è palesemente infondato, \;
sia in diritto che in fatto, dovendo richiamarsi sul punto gli argomenti già svolti nei
precedenti di questa Corte V sez. in data 9.4.2010 n. 8481 ed in data 13.9.2013 n.
20964, nonché in data 5.4.2013 n. 8399.
2.4
La doglianza della parte ricorrente è formulata in modo del tutto avulso dalla
disciplina normativa vigente “ratione temporis” occorrendo rilevare che la disciplina
procedimentale di cui all’art. 12 della legge n. 212/2000 non trovava -e non trova-, t
comunque, applicazione al procedimento di revisione doganale che è regolato da uno
“jus speciale”.
L’art. 11 comma 7 ed 8 del Dlgs n. 374/1990, nel testo vigente “ratione temporis”, i
prevedeva infatti che, quando dalla revisione eseguita d’ufficio dell’accertamento
divenuto definitivo (ancorchè le merci che hanno formato l’oggetto siano state lasciate alla libera
4
RG n. 13088/2011
ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane
Coi est.
Stefano livieri
interpretazione delle norme del CDC fornita con pronuncia del Giudice comunitario,
disponibilità dell’operatore o siano già uscite dal territorio doganale) emergono inesattezze,
omissioni, o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, “l’ufficio !
procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato
notificando apposito avviso” di rettifica motivato (comma 1, 5 e 6). Entro trenta giorni
dalla data della notifica dell’avviso, l’operatore può contestare la rettifica ed in tal caso
viene redatto apposito verbale dall’Ufficio doganale
“ai fini della eventuale
previsti dagli artt. 66 ss. del TU delle disposizioni legislative in materia doganale
approvato con DPR 23 gennaio 1973 n. 43”.
I procedimenti amministrativi cui rinvia
la norma consentono proprio la instaurazione, in via preventiva, del pieno contraddittorio
con il contribuente, atteso che :
a) l’art. 66 TU n. 43/1973 prevede che l’operatore presenti ricorso gerarchico
avverso l’avviso di rettifica “producendo i documenti ed indicando i mezzi di
prova ritenuti utili”
b) dal combinato disposto degli art. 70 u.c. e 76co1 del TU n. 43/1973 emerge che
solo all’esito dell’indicato procedimento amministrativo contenzioso -nel caso di
decisione parzialmente o totalmente sfavorevole al ricorrente gerarchico- si determina la
“definitività” dell’avviso di accertamento in rettifica ed il contribuente è
legittimato ad esperire il ricorso giurisdizionale ex art. 21 Dlgs n. 546/1992
avverso l’atto impositivo.
Il procedimento amministrativo in questione, pertanto, era preordinato a garantire un
contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto alla impugnazione in sede
giurisdizionale dell’atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre
tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, deducendo le prove opportune, al fine di
sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela della Amministrazione doganale e quindi
l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica. La decisione del ricorso
amministrativo gerarchico, intesa dalla legge quale condizione per l’acquisto del
requisito di “definitività” dell’avviso di accertamento (nozione che si ricollega alla
distinzione tra “atti amministrativi non definitivi”,
nei confronti dei quali sono esperibili solo i
5
RG n. 13088/2011
ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane
Còis. est.
StefaiM Olivieri
instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie
ricorsi amministrativi, e “atti amministrativi definitivi”
immediatamente impugnabili avanti l’AG,
che trova fondamento nella disciplina del DPR 24.11.1971 n. 1199 e succ. mod., e che differisce
(
sostanzialmente dalla nozione, propriamente tributaria, di “definitività dell’atto impositivo” che
esprime, invece, la “incontestabilità del rapporto obbligatorio tributario”
conseguente alla
mancata impugnazione dell’atto impositivo nel termine di decadenza ovvero al giudicato formatosi
in esito ai ricorsi giurisdizionali proposti avverso l’atto di accertamento impositivo), riconduce il
nell’alveo dell’unitario del procedimento di accertamento tributario doganale, diretto alla
formazione del provvedimento finale che, in quanto atto “definitivo” e quindi produttivo
di effetti lesivi della sfera patrimoniale del contribuente, può da questi essere
immediatamente impugnato avanti il Giudice tributario (in relazione a tale specifico aspetto
della disciplina del procedimento di revisione doganale trovano, pertanto, giustificazione i
precedenti di questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 10280 del 21.4.2008 e Sez. 5, Ordinanza n. 4996 del
2.3.2009 secondo cui “in materia di diritti doganali, la mancanza del procedimento amministrativo
di revisione (di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 374 del 1990) non determina di per sè la caducazione
della pretesa impositiva, se motivata nellman” e nel “quantum”, atteso che – anche alla luce della
giurisprudenza comunitaria – non è rinvenibile nell’ordinamento il diritto soggettivo dell’operatore
ad un previo procedimento amministrativo e al compiuto svolgimento delle sue fasi, una volta che
gli sia riservato di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le proprie ragioni a
garanzia della tutela immediata della sfera dei propri diritti”,meglio precisato, in motivazione, nel
secondo arresto in cui si rileva che “l’ufficio procede alla rettifica redigendo “avviso di
accertamento suppletivo e di rettifica” costituente la decisione amministrativa che comunica
l’obbligazione al soggetto passivo (an) con la contabilizzazione “a posteriori “dell’importo dei dazi
ancora dovuti (quantum) e che può essere alternativamente impugnata instaurando l’apposito
procedimento previsto per la risoluzione delle controversie doganali (D.P.R. 23 gennaio 1973, n.
43, artt. 66 e segg.) ovvero promuovendo ricorso giurisdizionale ………ciò nondimeno la mancanza
di quella procedura non renderebbe di per sè illegittima la pretesa fiscale monitoriamente azionata
in assenza di avviso di rettifica [ndr. idest azionata senza l’osservanza del procedimento
amministrativo di cui all’art. 11 Dlgs n. 374/1990].
Questa Corte ha infatti stabilito (Cass.
19915/06) che la elisione del procedimento amministrativo non porterebbe comunque alla
caducazione ipso iure della pretesa impositiva non essendo rinvenibile nell’ordinamento il diritto
6
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Co s. est.
Stefanò Olivieri
procedimento contenzioso (quale sub-procedimento eventuale e non necessario) i
– soggettivo del contribuente ad un previo procedimento amministrativo interno ed al compiuto
svolgimento delle sue fasi restando sempre “eventuale” l’instaurazione della controversia
doganale e riservato all’operatore di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le
proprie ragioni a garanzia di una tutela immediata della sfera dei proprio diritti”).
La “specialità” della disciplina normativa dell’accertamento doganale
-con
conseguente inapplicabilità dell’art. 12 della legge n. 212/2000- trova, peraltro, ulteriore
Statuto del contribuente, disposto con l’art. 1 co2 del decreto legge 24.1.2012 n. 1
conv. in legge 24.3.2012 n. 27 che ha eliminato ogni dubbio in proposito, aggiungendo
al predetto comma 7 dell’art. 12 della Legge n. 212/2000 un ulteriore periodo volto a
precisare definitivamente che il procedimento che regola gli accertamenti in materia
doganale è disciplinato in via esclusiva dall’art. 11 Dlgs 8.1.1990 n. 374 (“Per gli
accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’art. 34 del Testo
unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973 n. 43, si applicano le disposizione dell’art.
11 del decreto legislativo 8 novembre 1990 n. 374”).
In conclusione, deve ritenersi che il sistema del TU n. 43/1973 , cui rinviava l’art. 11
Dlgs n. 374/1990 nel testo applicabile “ratione temporis”, realizzava, attraverso il
procedimento contenzioso amministrativo, una forma anticipata di contraddittorio pieno, I
che, in seguito, è venuta ad essere sostituita da una diversa modalità di assicurazione
della garanzia del contraddittorio (assimilabile a quella già prevista dall’art. 12 comma 7 legge t
n. 212/2000) ma soltanto a far data dalla entrata in vigore del DL 24 gennaio 2012 n. 1
(art. 1 comma 1) convertito nella legge 24.3.2012 n. 44 che ha introdotto il comma 4 bis
all’articolo 11 Dlgs n. 374/1990, prevedendo che in caso di “revisione di ufficio”, ovvero
all’esito di “accessi — ispezione – verifiche”, all’operatore deve essere, rispettivamente,
notificata ovvero consegnata “copia del verbale delle operazioni compiute”: dalla data
della ricezione della notifica o dalla data della consegna decorre il termine di gg. 30
entro il quale l’operatore interessato “può comunicare osservazioni e richieste ……che
sono valutate dall’Ufficio doganale prima della notifica dell’avviso di cui al successivo
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Co s. est.
Stefan Olivieri
conferma nell’intervento legislativo, modificativo del comma 7 dell’articolo 12 dello
comma 5” (e cioè della notifica avviso di rettifica), intervento normativo che è stato
successivamente completato dall’art 12 comma 1 del decreto legge 2.3.2012 n. 16
conv. in legge 26.4.2012 n. 27 (recante “disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficienza e potenziamento delle procedure di accertamento”) con l’abrogazione del
comma 7 e parzialmente del comma 6 dell’art. 11 del Dlgs n. 374/1990 e la conseguente
2.5 Risulta dunque infondata la censura laddove intenderebbe desumere una ipotetica
incompatibilità tra la disciplina normativa nazionale (art. 11 Dlgs n. 374/1990) e la
pronuncia interpretativa resa in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte di Lussemburgo
in data 18.12.2008 causa C-349/07, considerato che la prima già prevedeva una forma di
garanzia del contraddittorio anticipato con l’operatore doganale.
2.6 Nel caso di specie, peraltro, la fase procedimentale del contraddittorio anticipato è
stata comunque assicurata.
Risulta dagli atti, infatti, che il provvedimento impositivo è stato adottato in esito
alle verifiche eseguite dalla Guardia di Finanza nei confronti di Futur Carni s.r.l. i cui
risultati sono stati compendiati nel PVC in data 21.12.2005 ed in data 1.2.2006,
consegnati alla parte contribuente (come prescritto all’art. 52co4 Dpr n. 633/1972 al quale
rinvia l’art. 11co4 Dlgs n. 374/1990 nel testo vigente “ratione temporis”).
Ne segue che,
all’esito della verifica fiscale, la società contribuente è stata comunque messa in grado di
esercitare il dritto di difesa (anche ai sensi dell’art. 12 comma 4 e 7 della legge n. 212/2000),
bene avendo potuto presentare osservazioni e formulare rilievi nel corso ed al termine
delle operazioni di indagine condotte nei suoi confronti. In proposito la società
ricorrente si è limitata soltanto ad ipotizzare un difetto di instaurazione del
contraddittorio in relazione alle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza nei confronti
della società “capogruppo” EUROMEAT s.p.a. (oggetto del PVC in data 27.10.2005) :
ma se, per un verso, non risulta allegato in concreto alcuno specifico pregiudizio al
diritto di difesa, non avendo la società indicato quali elementi di conoscenza dei fatti
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Stefan livieri
eliminazione del sistema dei ricorsi amministrativi contenziosi in materia doganale.
impositivi non le sarebbero stati comunicati all’esito delle indagini fiscali, né quali
rilievi o nuovi elementi di difesa avrebbe potuto preventivamente fornire alla
Amministrazione doganale, dall’altro verso la stessa parte ricorrente ha del tutto omesso
di riferire se e quali determinanti elementi, di fatto o di diritto, relativi alle indagini e
verifiche condotte dai verbalizzanti nei confronti della società “capogruppo”, non siano
stati trasfusi nel verbale di verifica ad essa consegnato, e siano stati, invece, “a sorpresa”
prenderne conoscenza al fine di esercitare il contraddittorio e spiegare le proprie difese
(cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 6621 del 15/03/2013 in ordine alla natura sostanziale e non
meramente formale del pregiudizio che deve essere conseguito alla lesione del contraddittorio
anticipato, in quanto tale suscettibile di determinare l’annullamento dell’avviso di rettifica
doganale).
Nè assume rilievo, al riguardo, la mancata partecipazione della società
contribuente alle attività di verifica svolte nei confronti della “capogruppo”
EUROMEAT s.p.a.. La netta distinzione tra la “fase delle indagini istruttorie” e la
“fase del contraddittorio” con il contribuente, è stata chiaramente messa in evidenza
dalla stessa Corte di Giustizia con la sentenza 22.10.2013 causa C-276/12, Sabou,
laddove -con riferimento alla acquisizione da parte delle autorità fiscali di informative rese
mediante audizione di terzi residenti in altro Stato membro-
ha affermato in modo inequivoco
che “il rispetto dei diritti di difesa del contribuente, non esige la partecipazione di
quest’ultimo alla richiesta di informazioni inoltrata dallo Stato membro richiedente allo
Stato membro richiesto. Esso non esige nemmeno che il contribuente sia sentito nel
momomento in cui le ricerche che possono includere l’audizione di testimoni sono
effettuate nello Stato membro richiesto, nè prima che quest’ultimo trasmetta
informazioni allo Stato membro richiedente”,
rimanendo quindi esclusa la
configurabilità di un diritto del contribuente ad essere informato della richiesta di
acquisizione dati , od a partecipare alla formulazione della domanda di assistenza rivolta
allo Stato membro richiesto , o ancora alla audizione dei testi assunti a verbale delle
autorità dello Stato membro richiesto (sent. cit. punti 40-46).
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posti a fondamento della pretesa fiscale, senza che essa abbia potuto previamente
,
Pertanto, se la doglianza della ricorrente deve ritenersi -evidentemente- infondata,
ove volta a lamentare una mancata partecipazione della società “collegata” alle indagini
svolte nei confronti della società “capogruppo” (esulando del tutto tale partecipazione
istruttoria dalla “fase del contraddittorio” ), osserva il Collegio che la censura mossa al
Giudice di appello appare d’altra parte gravemente carente in ordine al requisito di
autosufficienza, laddove fosse intesa a contestare la mancata preventiva conoscenza di
nei confronti della “collegata”, non essendo stato neppure indicato l’elemento di
indagine determinante del quale la società contribuente non avrebbe avuto preventiva
contezza, nè tanto meno il pregiudizio subito all’esercizio preventivo del diritto di
difesa.
Rileva, inoltre, il Collegio, costituire dato di fatto acquisito ed incontestato nel
processo che l’attività di indagine della Guardia di Finanza ha dato luogo alla
trasmissione di “notitia criminis” ed all’inizio del procedimento penale, per reato di
contrabbando, nei confronti di amministratori e di rappresentanti legali delle società del
Gruppo avanti il Tribunale Ordinario di Piacenza: tanto è sufficiente ad escludere la
necessità di un autonomo formale procedimento volto alla anticipazione del
contraddittorio con il contribuente, atteso il principio di diritto affermato da questa Corte
secondo cui, nel caso di fatti generatori di imposta per i quali si proceda penalmente,
l’Amministrazione fmanziaria non è tenuta a seguire il procedimento disciplinato
dall’art. 11 comma 5 ss., Dlgs n. 374/1990, in quanto le esigenze di garanzia del
contraddittorio e di esercizio del diritto di difesa del contribuente ricevono assicurazione,
nella massima pienezza, dalle norme processuali penali (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza
n. 20361 del 20/09/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 7836 del 31/03/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 4510
del 21/03/2012).
3.
Il terzo motivo
con cui si censura la sentenza di appello per vizio di
contraddittorietà della motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c., è infondato.
lo
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Cd. est.
StefaA Olivieri
ipotetici presupposti in fatto ritenuti determinanti per fondare la pretesa fiscale rivolta
– La società ricorrente assume che la CTR avrebbe statuito al tempo stesso, in modo
contraddittorio, che le società “satelliti” erano società meramente fittizie e società invece
effettive e realmente operanti sul mercato, collegate alla capogruppo EUROMEAT
s.p.a.. Tale errore logico rifluirebbe sul regime della responsabilità per le obbligazioni
doganali in quanto solo nel secondo caso la sociertà ffintribuote potrebbe essere
3.1 II motivo è infondato.
3.2 H motivo è basato su una “tecnica interpretativa” del contenuto motivazionale della
sentenza di appello< meramente speciosa, in quanto volta a sezionare passaggi
argomentativi estrapolandoli dal contesto ed attribuendo alle espressioni lessicali
col-Unire
attriiMTI semantici che esulano del tutto dal significato ricavabile dal senso logico della
argomentazione complessivamente intesa.
L'intero apparato motivazionale è volto infatti ad accertare la esistenza, tra le società
partecipanti alla assegnazione quote del contingente tariffario e la società capogruppo
EUROMEAT s.p.a., delle condizioni ostative al rilascio dei certificati AGRIM previste
dagli artt. 9co4 del reg. CE n. 954/20002 e 9co5 del reg. CE n. 780/2003 in riferimento
alle ipotesi contemplate dall'art. 143 reg. CE n. 2454/1993.
hltssgn
4klett1 rilievo viene mosso in sentenza sulla mancanza di autonoma soggettività giuridica delle società "collegate", tra cui Futur Carni sii., tanto è che, proprio in
relazione a tale autonomia soggettiva, la CTR giustifica la oggettiva impossibilità per il
Ministero delle Attività Produttive, al momento del rilascio dei titoli AGRIM, di rilevare,
dall'esame della mera documentazione notarile trasmessagli dalle società, il fenomeno
del collegamento di tali persone giuridiche, solo successivamente rivelatosi all'esito
delle indagini della Guradia di Finanza che avevano portato ad acceretare la gestione
unitaria di fatto svolta da EUROMEAT s.p.a. nei confronti di tutte le diciannove società.
La espressione "esistono prove raccolte dalla Guardia di Finanza della fittizietà delle
diciannove società satellite...", non assume, quindi, nel contesto del discorso
11
RG n. 13088/2011
ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane Co s. est.
Stefan Olivieri chiamata a rispondere del maggior dazio. argomentativo della sentenza, il significato di "inesistenza" degli elementi della
organizzazione aziendale, nè tanto meno di quello di "interposizione fittizia" che
intenderebbe desumere la parte ricorrente: non il primo in quanto la CTR non valorizza
tale argomento ai fini della propria decisione, interamente fondata sul "legame"
gestionale tra capogruppo e società collegate; non il secondo, in quanto l'accentramento
della gestione operativa non determina per ciò stesso una diversa titolarità della quota "interposizone fittizia", avendo le società satelliti assunto effettivamente -e non solo
apparentemente- la posizione di parte nel rapporto amministrativo avente ad oggetto
l'assegnazione delle quote (indipendentemente dagli accordi fiduciari stipulati con la
capogruppo o dalla riferibilità delle partecipazioni sociali ai componenti della medesima famiglia,
ipotesi queste che potrebbero caso mai dare luogo al diverso fenomeno della "interposizone reale"). 4. Con il quarto motivo la società deduce il vizio di violazione dell'art. 11 Dlgs n. 374/1990. Sostiene la società ricorrente che la norma in questione richiede, per procedere alla revisione dell'accertamento doganale divenuto definitivo, la esistenza di
"inesattezze, omissioni ed errori relativi agli elementi presi a base dell'accertamento" e
dunque non può trovare applicazione nel caso in cui la pretesa del maggior dazio venga
ad essere fondata sul diverso presupposto della violazione delle disposizioni comunitarie
relative alla partecipazione alle procedure di assegnazione dei contingenti tariffari sulla
importazione di carni bovine congelate, e comunque il potere accertativo dell'Ufficio
doganale sarebbe condizionato alla previa revoca delle quote assegnate da parte del
Ministero delle Attività Produttive. Tale doglianza viene reiterata con il quinto motivo
sotto il profilo della violazione degli artt. 8, 9 e 10 del reg. CE n. 954/2002 e del reg. CE
n. 780/2003, in relazione all'art. 360co l n. 3 c.p.c., ribadendo la parte ricorrente che
l'esercizio del potere di revisione a posteriori dell'accertamento doganale divenuto
definitivo, implicava comunque la preventiva revoca dei benefici daziari, competenza
riservata, unitamente all'accertamento della falsità dei titoli AGRIM, in via esclusiva al 12
RG n. 13088/2011
ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane C s. est.
Stefai1 Olivieri assegnata, risultando peraltro inapplicabile al caso di specie l'istituto della Ministero delle Attività Produttive, in quanto organismo emittente dei documenti in
questione. 4.1 I motivi,che possono essere esaminati congiuntamente sono entrambi infondati.
4.2 La interpretazione della norma di diritto indicata in rubrica, fornita dalla parte doganale l'esercizio del potere di accertamento degli Uffici finanziari, è meramente
capziosa, non tenendo conto del complesso delle norme che regolano la materia.
In proposito è sufficiente rilevare come la onnicomprensiva formulazione dell'art.
11co5 Dlgs n. 374/1990 (sostanzialmente riprodotta nell'art. 78, paragr. 3, CDC!"quando dalla
revisione.., risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state
applicate in base ad elementi inesatti od incompleti...") si estenda a qualsiasi ipotesi di mancata od inesatta contabilizzazione dei diritti doganali, dovendo ritenersi in essa
unificate tutte le ipotesi attinenti sia agli "errori di calcolo nella liquidazione o di
erronea applicazione delle tariffe" che quelle concernenti "l'erroneo od inesatto
accertamento della qualità, della quantità, del valore o della origine della merce",
originariamente tenute distinte -quanto allo svolgimento del procedimento amministrativodall'art. 84 comma 1 e 4 del TULD (Dpr n. 43/1973), conclusione che trova dirimente
conferma nella disposizione dell'art. 220 paragr. 1 CDC secondo cui si procede al
recupero del dazio risultante da una obbligazione doganale tutte le volte che il relativo
importo "non sia stato contabilizzato ...o sia stato contabilizzato ad un livello inferiore
all'importo legalmente dovuto", indipendentemente quindi se ciò sia o meno dipeso da
un errore od una inesattezza della Amministrazione doganale inerente al calcolo ovvero
inerente alla individuazione e classificazione della merce.
Nella specie la società importatrice ha corrisposto il dazio alla importazione in misura
inferiore all'importo legalmente dovuto (non potendo fruire della agevolazione daziaria
prevista per il contingente in ordine al quale aveva indebitamente ottenuto 13
RG n. 13088/2011
ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane Con est.
Stefano livieri ricorrente, intesa a circoscrivere a taluni tassativi vizi della dichiarazione/bolletta - l'assegnazione delle relative quote) e tanto basata ad integrare il presupposto che
legittima l'accertamento in revisione della dichiarazione doganale a posteriori. 4.2 La censura inerente al mancato previo accertamento della falsità dei titoli AGRIM
non trova alcun fondamento, non essendo dato individuare alcuna norma statale o
comunitaria -né la società ricorrente è stata in grado di indicarla- che espressamente dei regolamenti comunitari a disporre che "il riconoscimento" (che costituisce una
condizione di legittimazione per la presentazione da parte della impresa della domanda di
partecipazione alla assegnazione del contingente tariffario) ed i benefici eventualmente già accordati in virtù del riconoscimento debbono essere revocati qualora il titolo di
legittimazione sia stato concesso "in base a documentazione falsa o fraudolenta" (cfr.
art. 10 reg. CE n. 954/2002), senza che venga anche disciplinato uno specifico procedimento per il recupero del maggiore dazio doganale dovuto o vengano individuate
le autorità competenti. E non sussiste dubbio alcuno che, in difetto di specifica norma
derogatoria, nell'ambito dell'ordinamento interno le competenze all'accertamento, t
liquidazione e riscossione dei dazi, anche se concernenti la importazione di merci í,
relative a contingentamento tariffario, spettino in via esclusiva alla Autorità doganale
(Agenzia delle Dogane).
Il motivo si palesa, peraltro, pretestuoso ove si consideri che al tempo della emissione
degli avvisi di accertamento in rettifica, la revoca del "riconoscimento" non era più
attuabile, avendo partecipato le società del Gruppo all'assegnazione delle quote del
contingente tariffario ed avendo già eseguito le relative importazioni della merce,
utilizzando i titoli AGRIM che, pertanto, erano stati restituiti all'organismo emittente
(come emerge dalla nota del Ministero per le Attività Produttive in data 17.10.2005, trascritta a pag.
28-29 del controricorso e dalla stessa sentenza della CTR, pag. 5 che riporta in sintesi il contenuto
della lettera in questione). 14
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ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane Con'k est.
Stefano livieri subordini il recupero del dazio alla previa revoca dei titoli AGRIM, limitandosi le norme ; -* 5. Anche il sesto motivo (erroneamente rubricato come n. 3) con cui la società denuncia vizio di omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360co 1 n. 5 c.p.c., sul
fatto decisivo e controverso della irrilevanza dei legami societari, attesa la mancata
partecipazione della società EUROMEAT alla assegnazione dei titoli AGRIM relativi
alle "sotto quote del contigente IP", è infondato. considerare tale argomento difensivo, ma lo ha implicitamente respinto con
l'accertamento della reponsabilità diretta di Futur Carni s.r.l. (quale soggetto importatore
della merce in regime di contingentamento) e della responsabilità solidale di
EUROMEAT s.p.a. per la medesima obbligazione doganale, avendo riconosciuto i
Giudici territoriali che la società capogruppo aveva "partecipato alla irregolare
introduzione" della carne congelata in quanto, se le materiali operazioni di importazione
erano state effettuate dalle singole società "satelliti" -Cibus 2000 s.r.1., Eurofood s.r.1.,
Eurotrading s.r.1., Filotrade s.r.1., Futurcarni s.r.1., Nord Food s.r.1., per la sottoquota anno 2003;
Fish & Meats s.r.l. e Generai Trade s.r.1., per la sottoquota anno 2004-, di fatto delle importazioni veniva a beneficiare la "capogruppo" che tali società gestiva
operativamente esercitando il controllo anche tramite fiduciari. 5.2 L'elemento determinante, che ha costituito oggetto di accertamento in fatto, del controllo gestionale delle società satelliti da parte dei EUROMEAT s.p.a., fondato sulla
effettiva titolarità delle partecipazioni sociali e sulla riconducibilità delle stesse ai
membri della stessa famiglia, non risulta affatto privo di rilevanza ai fini della ritenuta
violazione della condizione ostativa (legame societario) alla assegnazione delle quote del
contingente II°, ma al contrario integra il presupposto di fatto necessario che consente di
pervenire ad accertare la violazione dei limiti di assegnazione delle quote di contingente
stabiliti dai regolamenti comunitari n. 954/2002 e n. 780/2003 in relazione all'art. 143
reg. CEE n. 2454/1993 La accertata unitarietà della gestione di fatto delle diverse
società satelliti, determina, infatti, il venire meno della "condizione autonoma" richiesta
15
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ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane C s. est.
Stefano li eri 5.1 La CTR, diversamente da quanto ipotizzato dalla società, non ha omesso di agli operatori economici per partecipare alle assegnazioni -e che i regolamenti comunitari
intendono salvaguardare, a tutela della concorrenza sul mercato, per evitare che l'accesso
contingentato dia luogo a nocive speculazioni ed alla formazione di posizioni dominanti nel
mercato-, evidenziando la effettiva e sostanziale identità dell'operatore economico che agisce dietro lo schermo societario di soggetti tra loro collegati (in quanto facenti capo alla
medesima gestione: e dunque perciò stesso partecipanti alla assegnazione delle quote in violazione concentrazione delle quote rappresentate dai titoli AGRIM, soltanto formalmente
rilasciati ed intestati a distinti soggetti giuridici.
La mancata diretta partecipazione di EUROMEAT s.p.a. alle assegnazioni delle
sottoquote del contingente II° x non appare pertanto dirimente ai fini dell'accertamento
della responsabilità solidale della società capogruppo e della responsabilità diretta delle
singole società satelliti per le importazioni eseguite con indebita fruizione del regime
daziario agevolato, sotto il duplice profilo secondo cui "i legami" tra le società satelliti e
la società capogruppo : a) configurano la condizione ostativa prevista dall'art. 143 reg.
esec. CDC alla compartecipazione delle diverse società satelliti alle assegnazioni delle
sottoquote del medesimo contingente; b) individuano la responsabilità solidale della
capogruppo per le obbligazioni deganali assunte dalle società importatrici, in quanto
soggetto che gestisce di fatto, attraverso le società collegate, *intera operazione volta ad
ottenere indebite assegnazioni, in violazione dei limiti stabiliti dall'art. 143 reg. esec.
CDC, di quote alla importazione di carne congelata a tariffa doganale agevolata. 6. La parte ricorrentei nella memoria illustrativa depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c. i
ha prospettato la esigenza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art.
267 TFUE di una serie di questioni relative alla interpretazione dell'art. 143 reg. CEE n.
2454/1993, dell'art. 220 reg. CEE n. 2913/1992, degli artt. 9 e 10 reg. CE n. 954/2002. 6.1 Premesso che "secondo costante giurisprudenza, nell'ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, stabilita dall'art. 267 TFUE, spetta esclusivamente al
16
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ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane est.
C
Stefaib livieri dei limiti regolamentari predetti) venendo di fatto a beneficiare dei vantaggio connessi alla - giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la t responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle
particolari circostanze della causa dinanzi ad esso pendente, sia la necessità di una
pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la
rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte" (cfr. sentenze Corte di giustizia 14
dicembre 2006, causa C-217105, Confederación Espaliola de Empresarios de Estaciones de 7.12.2010, causa C-439108, VEBIC, punto 41: ed è appena il caso di rilevare che fin dalla
sentenza della Corte giustizia 6.10.1982 causa C-283/81, CILFIT s.r.1., punto 10 -avente ad oggetto la interpretazione dell'art. 177 del Trattato CE di Roma del 1957, trasfuso nell'art. 234 del
Trattato UE di Maastricht del 1992, e quindi nell'attuale art. 267 del TFUE- è stato chiarito che
l'obbligo" di rimessione della questione pregiudizionale statuito nei confronti del giudice
nazionale le cui decisioni non siano impugnabili nell'ordinamento interno, non implicava una
"deminutio" rispetto all'ambito di discrezionalità riservata agli giudici nazionali in ordine alla
valutazione della necessità di una pronuncia pregiudiziale sulla questione di interpretazione delle
norme comunitarie sollevata da una della parti in giudizio: " tali giudici non sono pertanto tenuti a
sottoporre alla Corte una questione di interpretazione delle norme comunitarie sollevata dinanzi ad
essi se questa non è pertinente, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non
possa in alcun modo influire sull'esito della lite"), e premesso che tale verifica di rilevanza appare tanto più pregnante alla stregua della consolidata giurisprudenza della Corte di
giustizia secondo cui questa "può rifiutare di pronunciarsi su una questione
pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale quando, in particolare, risulta
manifestamente che l'interpretazione del diritto dell'Unione richiesta dal giudice
nazionale non ha alcuna relazione con la realtà o con l'oggetto della causa
principale..." (cfr. Corte giustizia sentenza 7 gennaio 2003, causa C-306/99, BIAO punto 89,
sentenza 7 dicembre 2010, causa C-439/08, VEBIC, punto 42; id. sentenza 20.10.2011, causa C396/09, Interedil s.r.l. in liq., punto 23; id. sentenza 5 luglio 2012, Geistbeck, C-509/10, punto 48), osserva il Collegio quanto segue. 6.2 Con le prime due questioni e con la sesta questione pregiudiziale la società intende
richiedere al Giudice di Lussemburgo se la nozione di "legame" prevista dall'arrt. 143
17
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ric. FUTUR CARNI s.r.l. c/Ag.Dogane ms st.
Stefano O ivieri Servicio, punto 16; id. 2 aprile 2009, causa C-260/07, Pedro IV Servicios, punto 28: id. reg. esec. CDC sia tassativa, dovendo/ quindi, essere escluse ipotesi diverse da quelle
espressamente considerate dalla norma, e se "una situazione quale quet oggetto della
presente causa e dianzi descritta possa essere ricondotta ad una o più di quelle elencate
dal predetto art. 143". Inoltre se i principi di libertà d'impresa e di proporzionalità
/
impongano di interpretare restrittivamente la norma comunitaria, nel senso che la
limitazione dalla stessa stabilita debba applicarsi soltanto ai casi in essa espressamente I quesiti non appaiono rilevanti ai fini della decisione in ordine alla concreta
fattispecie controversa, in quanto sono fondati su un assunto di fatto indimostrato, e cioè
che nel caso concreto il Giudice di merito abbia accertato un "legame" non ricompreso
tra le ipoyesi contemplate dalla norma comunitaria.
La società non fornisce alcuna indicazione di tale "ipotesi diversa di legame",
limitandosi ad insistere, nella memoria, sulla asserita assenza di elementi probatori
dimostrativi di tale "legame" ex art. 143 reg. esec. CDC, venendo quindi a travestire in
forma di questione pregiudiziale un accertamento di mero fatto che concerne la attività
di valutazione probatoria riservata al Giudice di merito. Non è supportata, infatti, da
alcuna specificazione dei passaggi motivazionali della sentenza di appello ovvero dalla
indicazione di altri elementi circostanziali, l'allegazione secondo cui "il Giudice di
appello.. .ritiene di potere interpretare l'art. 143 in via estensiva, individuando dunque
ipotesi di legame che non sono previsti dalla norma..." (cfr. memoria pag. 16).
Il Giudice di merito ha ritenuto sussistere la condizione ostativa alla assegnazione di
quote del contingente tariffario ritenendo provato che tutte le società satelliti, tra cui
anche Futur Carni s.r.1., facevano parte di un gruppo riconducibile, in virtù di accordi
fiduciari stipulati con gli amministratori di dette società, ai membri della medesima
famiglia Signori, i quali risultavano essere di fatto gli effettivi gestori delle attività svolte
dalle società del gruppo, che esercitavano i poteri direzionali anche attraverso la capofila
EUROMEAT s.p.a. alla quale veniva ceduta dalle società collegate la merce importata a
dazio agevolato, come emergeva dai dati rinvenuti negli archivi informatici (e-mail,
appunti, ecc.) ed acquisiti dai verbalizzanti, che evidenziavano assetti e strategie volti ad
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Stettio Olivieri previsti. -. ; aggirare il rispetto delle disposizioni vigenti in materia doganale. Ne segue che, comunque si riguardi la vicenda in questione, l'accertamento del "legame" compiuto dai
Giudici di merito, integra tanto la ipotesi contemplata dall'art. 143 paragr. 1, lett. g) reg.
CEE n. 2454/1993, ove si consideri che attraverso i detti "accordi fiduciari", le persone
appartenenti alla famiglia Signori controllavano insieme indirettamente gli
amministratori delle società del gruppo; quanto la ipotesi contemplata dalla lettera h) gli stessi membri della famiglia Signori ai quali era riconducibile la gestione della
società del gruppo.
E' dunque infondata l'asserzione della società secondo cui la CTR avrebbe applicato
la norma comunitaria oltre i casi in essa previsti,r e conseguentemente / risultano
manifestamente irrilevanti le questioni pregiudiziali prospettate in ordine alla tassatività
dell'elenco contenuto nell'art. 143 reg. esec. CDC. 6.3 Tanto la terza, quanto la quarta questione pregiudiziale (con le quali si chiede se lo
scopo dell'art. 9 reg. n. 954/2002 sia quello di ammettere al contingente solo "veri importatori", e se
l'art. 10 del medesimo regolamento legittimi la revoca dei benefici per la sola esistenza di un
"legame" ex art. 143 reg. 2454/93) appaiono anch'esse manifestamente irrilevanti in quanto: a) per un verso non è oggetto di controversia la "ratio legis" delle limitazioni previste
dal regolamento comunitario che disciplina il contingente, non essendo posto in dubbio
dalla CTR che allfr assegnazione delle quote possono partecipare soltanto "veri
importatori" (cfr. tredicesimo considerandofteg. n. 954/2002: il vero importatore "deve essere
pertanto attivamente impegnato nell'acquisto, nel trasporto e nella importazione delle carni
congelate"): la CTR non ha, infatti, negato che Futur Carni s.r.l. avesse effettivamente realizzato le operazioni di introduzione della merce assumendo la qualità di importatore,
ma ha ritenuto piuttosto che tale società non avesse titolo a partecipare alla assegnazione
delle quote, perché doveva essere considerata operatore economico non autonomo ma
"fittizio" (cfr. sesto e settimo considerando), avendo agito non in proprio ma secondo le
direttive e nell'interesse della società capofila, e comunque avendo presentato domanda
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Stefan Olivieri della medesima norma, ove il "legame" debba intendersi riferito ai nessi intercorrenti tra di assegnazione quote in relazione di "legame" ai sensi dell'art. 143 reg. 2454/93 con le
altre società del gruppo che avevano presentato analoghe domande; ga decisione della CTR non è dunque intervenuta ad escludere la qualità di importatore di Futur Carni s.r.1.,
ma piuttosto ad accertare che la società non aveva agito esclusivamente in proprio ed
aveva partecipato alla assegnazione delle quote sebbene "legata" ad altri operatori
assegnatari; legittimano la revoca dei benefici è irrilevante: premesso che la tesi sostenuta dalla
società porterrebbe all'assurda conseguenza che solo se la documentazione sia falsa o
fraudolenta può essere disposta la revoca del riconoscimento e dei benefici, mentre se
risulta accertata, dopo l'assegnazione delle quote, la esistenza di un "legame" (che se
scoperto al momento della presentazione delle domande avrebbe comportato il rigetto delle
domande) i benefici daziari illegittimamente acquisiti non sarebbero più recuperabili, è appena il caso di osservare che nel caso concreto non è stato adottato dal Ministero delle
Attività Produttive alcun provvedimento di revoca, sicchè la questione interpretativa che
dovrebbe essere prospettata al Giudice comunitario sarebbe comunque priva di qualsiasi
incidenza sulla decisione adottata dalla CTR e sul regolamento da applicare al rapporto
obbligatorio dedotto in giudizio. 6.4 La quinta questione pregiudiziale (che involge la interpretazione della disposizione dell'art. 220 paragr. 2, lett. b), del reg. CEE n. 2913/1992 nel testo modificato dal reg. CE n.
2700/2000) è inammissibile in quanto introduce una questione del tutto nuova che esula dall'oggetto del giudizio devoluto alla cognizione dei Giudici di merito, interamente ed
esclusivamente incentrato sulla applicabilità alla fattispecie concreta delle condizioni
ostative al riconoscimento di operatore legittimato a conseguire i titoli AGRIM,
rimanendo pertanto preclusa alla parte ricorrente , in considerazione dei limiti entro cui
deve svolgersi il sindacato di legittimità, la possibilità di un surrettizio ampliamento del
"thema decidendum" attraverso lo strumento della questione pregiudiziale ex art. 267
TFUE. La questione, peraltro, non risulta neppure argomentata dalla società, non
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Stefano tvieri b) anche la questione concernente la individuazione dei presupposti normativi che -- essendo dato individuare a quale asserito errore della PA sarebbe da ricondurre
l'incolpevole violazione della legge da parte del'importatore: a fronte di un accertamento
di cogestione e di riferibilità ai medesimi soggetti delle società satelliti partecipanti alla
assegnazione del contigente tariffario, non è dato comprendere, infatti, in relazione a
quale situazione di fatto dovrebbe configurarsi la buona fede della società ricorrente. La settima questione pregiudiziale (se i principi di libertà d'impresa e proporzionalità impediscano la revoca dei benefici già concessi "per il solo fatto della presunta esistenza di legami
non meglio indentificati e comunque diversi da quelli espfressamente previsti 4/all'art. 143" anche
in considerazione del venire meno di tale condizione limitativa a seguito della emanazione del
successivo regolamento comunitario), per un verso va incontro allo stesso giudizio di irrilevanza formulato sopra per le questioni prima, seconda e sesta, non essendo
argomentata in alcun modo la ipotizzata applicazione estensiva od analogica della norma
comunitaria da parte del Giudice di appello; per altro verso si palesa non decisiva
laddove riconosce che la limitazione di cui all'art. 143 reg. esec. CDC era espressamente
prevista dal reg. CE n. 954/2002 e dal reg. CE n. 780/2003, non trovando applicazione
alla fattispecie controversa il reg. CE n. 1203/2004 che non contiene analoghe
disposizioni limitative (tale regolamento, prendendo atto che i precdenti regolamenti non erano
riusciti ad impedire comunque attività speculative da parte degli operatori, ha introdotto un diverso
metodo di gestione "basato su un criterio che valuti i risultati delle importazioni in modo da
garantire che il contigente sia attribuito a operatori professionisti in grado di importare carni
bovine senza indebite speculazioni": terzo considerando). 6.6 La richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia delle questioni pregiudiziali, come sopra formulate, deve essere pertanto rigettata. 7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente condannata alla
t
rifusione delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo. P.Q.M.
21
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SteIno Olivieri 6.5 • La Corte :
- rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del presente
giudizio che liquida in € 20.000,00 per compensi oltre le spese prenotate a debito. Così deciso nella camera di consiglio 24.2.2014