Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15031 del 21/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 21/07/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 21/07/2016), n.15031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14372/2011 proposto da:

I.L. (c.f. (OMISSIS)), R.A.M. (c.f. (OMISSIS)),

R.O. (c.f. (OMISSIS)), R.L. (c.f. (OMISSIS)), nella

qualità di eredi di R.G., elettivamente domiciliate in

ROMA, P.LE MEDAGLIE D’ORO 72, presso l’avvocato CLAUDIO CIUFO,

rappresentate e difese dall’avvocato ROBERTO SPARTI, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLA GIULIANA 44, presso l’avvocato VITTORIO NUZZACI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO NERI SEMINARA, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

R.P., RO.PA.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 486/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 30/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 31 maggio e 11 giugno 1991, R.G. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo la madre L.M. ed i fratelli R.S., P. e Pa., chiedendone la condanna alla corresponsione in suo favore, per la quota di loro spettanza, delle spese per il rifacimento e la copertura del fabbricato di proprietà comune, sito (OMISSIS). A seguito del decesso dell’attore, avvenuto il 10 dicembre 1994, si costituivano in giudizio – con comparsa del 21 maggio 1997 – il coniuge del medesimo, I.L. e le figlie R.A.M., O. e L., facendo proprie le domande proposte in giudizio dal de cuius. La causa veniva definita con sentenza n. 10745/2004, con la quale il Tribunale di Palermo condannava i convenuti al pagamento delle somme che reputava da essi dovute.

2. Avverso la decisione di prime cure proponeva appello R.S., che veniva accolto dalla Corte di Appello di Palermo, con sentenza n. 486/2010, depositata il 30 marzo 2010, con la quale il giudice di seconde cure dichiarava il difetto di legittimazione attiva di Liliana Iacona, e delle figlie R.A.M., O. e L., per non avere le medesime comprovato la loro qualità di eredi di R.G., e per l’effetto rigettava la domanda proposta in giudizio dal de cuius.

3. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto, quindi, ricorso I.L., e le figlie R.A.M., O. e L., quali eredi di R.G., nei confronti di R.S., P. e Pa., affidato a tre motivi.

4. Il solo R.S. ha replicato con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso, I.L., R.A.M., O. e L. denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 299 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Le ricorrenti – eredi di R.G., attore nel giudizio di primo grado, instaurato al fine di ottenere la condanna della madre L.M. e del fratelli R.S., P. e Pa. alla corresponsione in suo favore, per la quota di loro spettanza, delle spese per il rifacimento e la copertura di un fabbricato di proprietà comune – si dolgono del fatto che la Corte di Appello non abbia dichiarato interrotto il giudizio, sebbene, dopo la notifica dell’atto di appello, ma prima dello spirare dei termini per la costituzione, fosse deceduta L.M., convenuta in prime cure e madre di R.G.. Tale evento – ad avviso delle istanti – darebbe, difatti, luogo ad interruzione automatica del processo, ai sensi dell’art. 299 c.p.c., applicabile anche al giudizio di appello, in forza del richiamo operato dall’art. 359 c.p.c..

1.2. Il motivo è infondato.

1.2.1. Deve, invero, osservarsi, al riguardo, che – secondo il costante insegnamento di questa Corte – l’irregolare prosecuzione del giudizio, per l’inosservanza delle norme sull’interruzione del processo, essendo tali norme rivolte a tutelare la parte nei cui confronti si sia verificato l’evento interruttivo, può essere fatta valere soltanto da questa parte, che da quell’evento può essere pregiudicata, e non dalle altre parti, le quali, non risentendo alcun pregiudizio da quell’omissione, non la possono dedurre come motivo di nullità della sentenza, che, ciononostante, sia stata pronunciata (cfr. ex plurimis, Cass. 3929/1984; 6691/1994; 8641/1998; 12980/2002; 24025/2009; 4688/2011).

1.2.2. Ne deriva – con riferimento al caso di specie – che, essendo le istanti eredi dell’attore in prime cure, le medesime non possono considerarsi legittimate a far valere l’evento interruttivo che ha colpito una dei convenuti.

1.3. La censura va, pertanto, disattesa.

2. Con il secondo motivo di ricorso, I.L., R.A.M., O. e L. denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 110, 299 c.p.c. e segg. e art. 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

2.1. Si dolgono le ricorrenti del fatto che la Corte di Appello abbia affermato – peraltro con motivazione del tutto incongrua ed inadeguata – il loro difetto di legittimazione attiva a proseguire il giudizio di prime cure, instaurato dal defunto R.G., per non avere le istanti provato, neppure nel giudizio di appello, nè il decesso del loro dante causa, nè la loro qualità di eredi del medesimo.

La Corte di merito non avrebbe, invero, tenuto conto del fatto che tali circostanze – come, invece, correttamente ritenuto dal Tribunale – dovevano considerarsi del tutto pacifiche in causa, avendo il convenuto R.S. contestato solo tardivamente, in comparsa conclusionale, la legittimazione attiva delle odierne ricorrenti, per non avere queste ultime comprovato la loro qualità di eredi di R.G..

2.2. Il mezzo è fondato.

2.2.1. Dall’impugnata sentenza (p. 6) si evince, infatti, che il convenuto R.S. aveva contestato la qualità di eredi di R.G., in capo a I.L. e ad R.A.M., O. e L., solo “con la comparsa conclusionale del 25/7/2001”. L’eccezione era stata, di conseguenza, considerata tardiva dal Tribunale, la cui pronuncia è stata, per contro, riformata dalla Corte di Appello, secondo la quale le odierne ricorrenti avrebbero comunque dovuto fornire la prova di tale loro qualità, trattandosi di condizione dell’azione che deve essere accertata dal giudice, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del giudizio.

2.2.2. Tanto premesso, va osservato, in proposito, che colui il quale si costituisce in giudizio come successore a titolo universale di una delle parti, ha l’onere di provare detta qualità ed il fatto che non vi siano altri eredi. E tuttavia, secondo il costante insegnamento di questa Corte, il mancato adempimento di tale onere, ove nessuna contestazione sul punto sia stata svolta dalla controparte nelle udienze successive alla costituzione, e neppure in sede di precisazione delle conclusioni, non può essere fatto valere per la prima volta solo nella comparsa conclusionale, o nei successivi gradi del giudizio (cfr. Cass. 2356/1985, riferita proprio alla contestazione della qualità di erede proposta tardivamente in conclusionale; 5640/1990; 5576/1997; 3112/1999; 4381/2009; 25341/2010, anch’essa concernente la contestazione della qualità di erede proposta tardivamente in conclusionale).

2.2.3. Per tali ragioni, dunque, avendo la stessa Corte territoriale dato atto che l’eccezione di difetto di legittimazione attiva delle odierne ricorrenti era stata proposta da uno dei convenuti solo nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, il motivo di ricorso, diretto a censurare la statuizione che ha accolto l’eccezione in parola, non può che essere accolto.

3. Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, con il quale le istanti deducono la sussistenza agli atti della prova della loro qualità di eredi di R.G. in capo alle odierne ricorrenti.

4. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia facendo applicazione del seguente principio di diritto: “il mancato adempimento dell’onere di provare la qualità di erede da parte di colui il quale si costituisce in giudizio come successore a titolo universale di una delle parti, qualora nessuna contestazione sul punto sia stata svolta dalla controparte nelle udienze successive alla costituzione, e neppure in sede di precisazione delle conclusioni, non può essere fatto valere per la prima volta solo nella comparsa conclusionale, o nei successivi gradi del giudizio”.

5. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il secondo motivo ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016

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