Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1503 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/01/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 23/01/2020), n.1503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17796-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BELLELI ENERGY CRITICAL PROCESS EQUIPMENT SRL, BELLELI ENERGY SRL

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo

studio dell’avvocato MANCA BITTI DANIELE, che le rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MISCALI MARIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 458/2014 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 27/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 458/67/2014, depositata il 27.01.2014 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che, rigettando l’appello, confermava l’accoglimento della domanda proposta dalle società Belleli Energy s.r.l. e Belleli Energy CPE s.r.l. avverso il diniego di rimborso delle somme corrispondenti al credito d’imposta maturato dalle contribuenti relativamente all’anno d’imposta 2004.

Il contenzioso traeva origine dalla domanda di rimborso, presentata il 16 dicembre 2010 dalla Belleli Energy quale consolidante della Belleli Energy CPE per crediti d’imposta ai fini Ires, precisando che nella dichiarazione dei redditi relativa al consolidato nazionale e mondiale per l’anno 2005, presentata nell’anno 2008, aveva esposto nel quadro CN19 gli importi a credito quali eccedenze d’imposta. La stessa richiesta, limitatamente ai propri crediti d’imposta, era stata proposta dalla Belleli Energy CPE il 10 ottobre 2010.

L’Ufficio finanziario, constatato che la dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2004 era stata presentata il 16 settembre 2008, e dunque tardivamente, e che i versamenti erano stati eseguiti con modello F24 nel 2004, aveva emesso provvedimento di diniego di rimborso per tardività delle istanze presentate solo nel dicembre 2010, e dunque oltre i termini prescritti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 37 e 38.

Le società, che instavano per il rimborso degli importi a credito, richiesto nella dichiarazione dei redditi seppur ultratardiva, avevano adito la Commissione tributaria provinciale di Brescia, chiedendo anche il riconoscimento degli interessi anatocistici D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 44, e la rivalutazione monetaria. Il giudice di primo grado, riuniti i ricorsi, aveva accolto le domande dei contribuenti, ad eccezione di quella relativa alla rivalutazione monetaria.

L’Agenzia delle entrate aveva impugnato la pronuncia dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che, con la sentenza ora al vaglio della Corte, aveva rigettato l’appello. Il giudice regionale ha affermato che la dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2004, presentata il 16 settembre 2008, nella quale “l’ammontare richiesto a rimborso dalla parte contribuente era stato esposto nella dichiarazione dei redditi (CN 19 – CN 23)”, sia pur ultratardiva, legittimava comunque alla richiesta restitutoria dei versamenti in eccedenza per l’anno 2004, non assumendo rilevanza che le istanze di rimborso, presentante nel 2010, fossero tardive rispetto ai termini prescritti a pena di decadenza dal cit. D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 37 e 38.

L’Agenzia censura la sentenza con due motivi:

con il primo per violazione del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, e del cit. D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 37 e 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’erronea interpretazione della disciplina invocata dal giudice regionale, essendo ininfluente ai fini del rimborso la dichiarazione dei redditi presentata oltre i novanta giorni dalla scadenza del termine;

con il secondo per violazione del cit. D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 44 e 44-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’erronea statuizione in ordine al riconoscimento degli interessi anatocistici.

Ha dunque chiesto la cassazione della decisione, con ogni conseguente statuizione.

Si sono costituite le società, che preliminarmente hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 360-bis c.p.c., per essere la decisione della Commissione regionale conforme alla giurisprudenza della Corte. Nel merito ha contestato le ragioni addotte dall’Agenzia, chiedendo il rigetto del ricorso.

E’ stata depositata dai contribuenti memoria ex art. 380-bis1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Preliminarmente, esaminando l’eccepita inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 360-bis c.p.c., essa non trova fondamento perchè i principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità non trovano piena corrispondenza, per quanto appresso chiarito, nella motivazione della decisione impugnata.

Esaminando allora il merito, il primo motivo è fondato.

L’Amministrazione finanziaria si duole delle ragioni addotte dal giudice regionale a sostegno dell’efficacia della istanza di rimborso, secondo il quale, pur ultratardiva, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7, “ha valore di titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati…. ma anche ai fini della spettanza del rimborso d’imposta, in quanto l’ammontare richiesto a rimborso dalla parte contribuente era stato esposto nella dichiarazione dei redditi che, pur essendo stata presentata tardivamente in data 16/09/2008, è pienamente legittima come atto di richiesta restitutoria d’imposta indebitamente versata”, essendo a tal fine irrilevante la tardiva istanza di rimborso presentata oltre i 48 mesi ai sensi dell’art. 38 cit.

Questa Corte, con riguardo alla disciplina anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 9 – prima della totale abrogazione di quest’ultima norma ad opera del D.Lgs. n. 322 del 1998, art. 9 -, richiamando il testo, secondo il quale la dichiarazione dei redditi tardivamente presentata “costituisce titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati”, ha affermato tuttavia che di essa l’erario non può tenere conto per il rimborso dei crediti d’imposta da essa risultanti, avendo in tal caso il contribuente l’onere di formulare una espressa istanza; detta istanza peraltro può ritenersi validamente rappresentata anche dalla dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, qualora con essa egli non si sia limitato ad esporre il credito d’imposta, ma ne abbia specificamente domandato il rimborso (cfr. Cass., sent. n. 26314/2010; 633/2012).

Il principio può essere tenuto fermo, pur nell’evoluzione della fonte normativa, atteso che anche il cit. D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7, qualificando come omessa la dichiarazione quando presentata oltre il novantesimo giorno dal termine ultimo di presentazione, al pari della precedente disciplina lascia impregiudicato che essa costituisca titolo per la riscossione delle imposte dovute.

Deve peraltro aggiungersi che, pur se l’espressa richiesta di rimborso, contenuta nella dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, faccia luogo alla istanza separata di rimborso, è altrettanto vero che la dichiarazione deve essere depositata non oltre i 48 mesi prescritti dall’art. 38 cit., decorrenti dal versamento dell’acconto, o del saldo delle imposte -se solo con il saldo sia possibile conoscere dell’indebito versamento e dell’insorgenza conseguente del credito d’imposta-. Infatti, proprio perchè la dichiarazione tardiva può contenere la richiesta di rimborso, in sostituzione della presentazione di autonoma istanza, con essa non possono comunque raggiungersi effetti ormai non più raggiungibili con una istanza separata, dovendo altrimenti ammettersi che sia possibile eludere i termini decadenziali fissati dall’art. 38 cit..

Perimetrato dunque l’alveo nel quale è possibile che anche una dichiarazione ultratardiva costituisca il contenitore idoneo alla formulazione di una istanza di rimborso, dalla decisione impugnata si evince che il credito era stato “esposto” nella dichiarazione dei redditi, ma non si afferma che accanto alla sua esposizione le società avessero fatto esplicita richiesta di rimborso. Tale dato, indispensabile, non emerge neppure implicitamente dalla lettura della decisione.

Nel caso di specie occorreva pertanto che le ricorrenti, che affermano di aver richiesto con l’ultratardiva dichiarazione dei redditi il rimborso del credito d’imposta, avessero riprodotto la parte di essa da cui evincere l’espressa richiesta di rimborso e non solo la mera esposizione del credito, indicando in quale atto e in quale parte del fascicolo di primo grado ciò fosse stato riportato. Occorreva anche l’allegazione del momento di esecuzione dei versamenti, al fine di verificare se rispetto ad essi la dichiarazione ultratardiva fosse stata o meno presentata entro i 48 mesi. Ciò non è avvenuto.

Ne discende che il primo atto con il quale incontestatamente è stata fatta richiesta di rimborso risale al dicembre 2010, cioè ben oltre i termini di decadenza decorrenti dal manifestarsi del credito d’imposta.

Il motivo va pertanto accolto.

L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo.

In conclusione il ricorso trova accoglimento e per l’effetto la sentenza va cassata.

Poichè peraltro non vi è necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa anche nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. A tal fine, non avendo i contribuenti dato prova della tempestività della richiesta di rimborso, deve rigettarsi il ricorso introduttivo al diniego di rimborso.

All’esito del giudizio segue la soccombenza delle società nelle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo. Devono invece compensarsi quelle relative ai gradi di merito, tenuto conto dell’esito del processo dinanzi alle Commissioni provinciale e regionale.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo delle società. Condanna le contribuenti alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese di lite, che si liquidano nella misura di Euro 5.000,00 per competenze, ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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