Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1503 del 20/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/01/2017, (ud. 16/11/2016, dep.20/01/2017),  n. 1503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12877-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21/2010 della COMM. TRIB. REG. dell’EMILIA

ROMAGNA, depositata il 19/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, premesso che ” M.A., agente di commercio, aveva chiesto il rimborso dell’Irap versata per gli anni dal 2001 al 2004 compresi”, confermava la sentenza n. 18 del 2009 della Commissione tributaria provinciale di Bologna, che aveva accolto il ricorso del contribuente contro il silenzio rifiuto della Agenzia delle Entrate.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi: 1) nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, lett. g) e art. 21, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale non ha rilevato d’ufficio l’inammissibilità del ricorso con riferimento al periodo di imposta 2004, per il quale il ricorrente non aveva presentato istanza di rimborso; 2) nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per inesistenza della motivazione; 3) motivazione illogica e contraddittoria per travisamento dei fatti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui ha affermato che il contribuente ha svolto la professione di agente di commercio senza alcun elemento di organizzazione.

Il contribuente non ha presentato controricorso e non ha partecipato all’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è inammissibile. La stessa Agenzia delle Entrate afferma di non avere formulato davanti al giudice di merito, di primo grado o di appello, l’eccezione di inammissibilità del ricorso, relativamente all’anno 2004, in quanto l’istanza di rimborso del ricorrente riguardava gli anni dal 2001 al 2003 e non comprendeva l’annualità 2004. Ne deriva che tale eccezione, proposto soltanto con il ricorso per cassazione, è preclusa in questa sede poichè involge necessariamente un accertamento in fatto, non ammesso nel giudizio di legittimità, in ordine al contenuto della richiesta di rimborso presentata dal contribuente.

2. La seconda censura è infondata. La motivazione sussiste nei termini risultanti dal testo della sentenza impugnata, laddove afferma che “l’attività (del contribuente) veniva esercitata senza lavoratori dipendenti, senza collaboratori e con l’impiego di beni strumentali di modesta entità”. Parte ricorrente contraddice la propria censura di mancanza di motivazione deducendo, con il terzo motivo, il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, posto che l’esistenza della motivazione costituisce un antecedente logico rispetto alla deduzione del vizio di contraddittorietà della motivazione.

3. Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia il vizio di “travisamento dei fatti”, il quale può essere dedotto sotto il profilo dell’errore revocatorio e non come vizio di legittimità censurabile con ricorso per cassazione, posto che “l’apprezzamento del giudice del merito, che abbia ritenuto pacifica e non contestata una circostanza di causa, qualora sia fondato sulla mera assunzione acritica di un fatto, può configurare un travisamento, denunciabile solo con istanza di revocazione” (Sez. 3, Sentenza n. 4893 del 14/03/2016, Rv. 639444). Il motivo è ulteriormente inammissibile per violazione del principio di autosufficienza in ragione della mancata allegazione o trascrizione degli atti richiamati, dai quali risulterebbe, ad avviso della ricorrente, il vizio denunciato.

Nulla sulle spese in assenza di attività difensiva del contribuente.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2017

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