Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15029 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15029 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 27415-2009 proposto da:
COMUNE DI GASSINO TORINESE in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.
SEVERANO 35, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO
CIANFONI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato NICOLA DURAZZO giusta delega in calce;
– ricorrente –

2015

contro

2118

GAZZARA MAURIZIO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato
CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;

Data pubblicazione: 17/07/2015

- controrícorrente

avverso la sentenza n. 5/2009 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata 1’11/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2015 dal Consigliere Dott.

udito per il ricorrente l’Avvocato PERFETTI per
delega

dell’Avvocato DURAZZO che si riporta agli

atti;
udito il P.M. in persona del
Generale Dott.

Sostituto Procuratore

PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso

per l’inammissibilità e in subordine il rigetto
ricorso.

del

FRANCESCO TERRUSI;

2’7415-09

Svolgimento del processo
Con sentenza in data 11-2-2009 la commissione tributaria
regionale del Piemonte accoglieva l’appello di Maurizio

Tarsu — rettifica—
superficie
imponibile —
denunzia di
variazione — diniego
— qualificazione
dell’atto impugnato

Gazzara avverso la decisione della commissione tributaria
provinciale di Torino che aveva dichiarato

comunicazione del comune di Gassino Torinese relativa alla
Tarsu dell’anno 2004. Con tale comunicazione il comune,
considerando la denuncia del contribuente finalizzata a
variare la superficie imponibile, aveva confermato una
anteriore iscrizione a ruolo facente riferimento a
superficie maggiore (225 mq.), oggetto di avviso di
accertamento divenuto definitivo per mancata opposizione.
La commissione tributaria osservava che l’atto era da
qualificare come avviso di accertamento, e non come
semplice comunicazione, visto che aveva recato la dicitura
“accerta” e indicato il termine perentorio per il ricorso
dinanzi alla commissione tributaria. Lo riteneva dunque
impugnabile e lo annullava, perché mancante degli elementi
essenziali identificativi della tariffa applicata e della
relativa delibera, dell’indicazione della maggior somma
dovuta per il tributo, con le addizionali e gli accessori,
e dell’avvertenza in ordine alla facoltà di formulare
istanza di accertamento con adesione. Condannava il comune
alle spese processuali.
Il comune propone ricorso per cassazione, affidandosi a due
motivi illustrati da successiva memoria.

di un suo ricorso contro una

Il contribuente replica con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo di ricorso, il comune denunzia la
violazione e falsa applicazione dell’art 70, 2 ° co., e
dell’art. 71 del d.lgs. n. 507-93, in quanto la

diniego alla variazione della superficie imponibile, e
dunque non era tesa a contestare la dichiarazione del
contribuente mediante attribuzione di una base imponibile
diversa da quella già iscritta a ruolo.
Col secondo motivo di ricorso, il comune deduce in ogni
caso il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione della sentenza sul punto decisivo della natura
dell’atto impugnato, che era stato superficialmente
qualificato come avviso di accertamento in base al
riscontro di aspetti formali, senza valutazione del se tali
aspetti avessero effettiva valenza tributaria in quanto
idonei a esprimere una pretesa impositiva specifica.
– E’ fondato il secondo motivo, il cui esame si rivela
assorbente.
La questione di fondo, posta alla commissione tributaria,
era se la comunicazione afferente il diniego di variazione
della superficie imponibile costituisse o meno atto
impugnabile.
La commissione ha risposto affermativamente qualificando
l’atto come accertamento della superficie imponibile. Ma
ciò ha fatto in base a circostanza neutre, come
l’indicazione del termine per ricorrere e l’uso del verbo

2

comunicazione oggetto del processo costituiva un mero

k•

“accerta”. In verità dalla stessa motivazione della
sentenza risulta che la comunicazione era conseguita a
un’iscrizione a ruolo a sua volta conseguente ad
accertamento divenuto definitivo, e che essa comunicazione
non conteneva i dati essenziali a esprimere la pretesa
definitiva quanto all’importo del tributo.
III. – Stando così le cose, la motivazione si rivela non
solo deficitaria, ma anche manifestamente contraddittoria.
Ove un atto atipico non contenga gli elementi della pretesa
fiscale, esso non può valere come surrogato dell’atto
tipico impugnabile.
Secondo un indirizzo ormai consolidato, in tema di
contenzioso tributario l’elencazione degli “atti
impugnabili”, contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del
1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata
in senso estensivo, in ossequio alle norme costituzionali
di tutela del contribuente e di buon andamento della p.a.,
e in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione
tributaria operato con la l. n. 448 del 2001.
Tuttavia per effetto di simile estensione è riconosciuta la
facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso gli atti
adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione
delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la
sorreggono, portino comunque a conoscenza del contribuente
una ben individuata pretesa tributaria.
La ragione è che in tal caso non v’è necessità di attendere
che la stessa pretesa, ove non sia raggiunto lo scopo dello
spontaneo adempimento cui è naturalmente preordinato l’atto

3

.

notificato, si vesta anche della forma

lato sensu

autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente
impugnabili dall’art. 19 citato (v. Sez. 5″ n. 4513-09).
Solo a titolo indicativo, è stato così ritenuto (v. Sez. 5^
n. 21045-07) ammissibile il ricorso alla commissione

Sez. 5^ n. 7344-12 e n. 2616-15); nonché avverso gli avvisi
di recupero di credito di imposta per insussistenza delle
condizioni del beneficio (Sez. 5^ n. 4965-09).
In sostanza,

rientra nel novero dei provvedimenti

impugnabili l’atto con cui l’amministrazione comunica al
contribuente una pretesa tributaria ormai definita,
ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale
intimazione di pagamento sorretta dalla prospettazione in
termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito
bonario a versare quanto dovuto.
IV. – Viceversa, non può considerarsi impugnabile un atto
che manchi della esplicitazione della pretesa detta, e che
– come la commissione tributaria ha affermato nel caso di
specie – non contenga neppure l’indicazione della somma
dovuta per il tributo (con le addizionali e gli accessori).
Ed è anzi privo di ogni costrutto logico-giuridico
affermare l’impugnabilità di un atto sul presupposto della
connotazione contenutistica impositiva e poi annullarlo
perché privo di quella connotazione contenutistica.
L’impugnata sentenza va quindi cassata con rinvio alla
medesima commissione tributaria regionale, diversa sezione,
per nuovo esame.

4

tributaria avverso gli inviti di pagamento (e v. anche

3

La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio
svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito
il primo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le

tributaria regionale del Piemonte.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio
sezione civile, addì 4 giugno 2015.

spese del giudizio di cassazione, alla commissione

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