Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15026 del 21/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 21/07/2016, (ud. 20/05/2016, dep. 21/07/2016), n.15026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2289/2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DI VILLA

CARPEGNA 42, presso l’avvocato ENRICO PETRUCCI, che lo rappresenta e

difende unitamente a se medesimo, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA

DI ROMA – UFFICIO AFFARI CIVILI DEL P.M.;

– intimati –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositato il

04/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2016 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato P.M. che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. P.M. chiedeva al Giudice di Pace di Roma l’annullamento della cartella di pagamento emessa da Equitalia Gerit per il complessivo importo di Euro 1611,27, per sanzioni amministrative-violazioni del codice della strada su verbali di Polizia di Roma Capitale, già Comune di Roma.

All’udienza del 12/2/2003, l’avv. P., rappresentato e difeso anche personalmente, disconosceva la firma sugli avvisi di ricevimento depositati in copia conforme all’originale dalla controparte, per provare la ricezione da parte del destinatario di sei verbali della Polizia Municipale di Roma Capitale, sui quali si fondava la pretesa tributaria; il G.d.P. rinviava all’udienza del 27/9/2013, per consentire la formalizzazione della querela di falso; incardinato detto giudizio con l’atto di citazione notificato a Roma Capitale il 10/7/2013, all’udienza del 27/9/2013, il G.d.P. disponeva che “vista la querela oggi depositata dalla parte ricorrente, il presente giudizio verrà sospeso in attesa del giudizio”; nel giudizio per querela di falso, all’udienza del 13/2/014, il Giudice rinviava per consentire la rinnovazione al PM presso la Procura della Repubblica – Ufficio affari civili, della notificazione dell’atto di citazione, come disposta dalla parte; con ordinanza fuori udienza depositata il 4/4/2014, e comunicata alla parte ricorrente il 6/10/2014, il G.d.P. richiamata la sospensione del 27/9/2013, ha disposto ” la dovuta cancellazione della causa non essendo stato riassunto nel termine di legge”.

Nel giudizio per querela di falso, all’udienza del 25/9/2014, il Giudice, verificata la regolarità delle notifiche e la regolare instaurazione del contraddittorio, rinviava al 26/11/2014, per consentire all’attore di presentare istanza di revoca dell’ordinanza di cancellazione, che, presentata l’8/10/2014, veniva respinta con ordinanza dello stesso giorno, mai notificata alla parte, rilevando il Giudice che “gli istanti non hanno notiziato il Giudice delle questioni solo oggi riportate…”. Ricorre contro ambedue le ordinanze del 4/4/2014 e dell’8/10/2014 sulla base di un solo motivo l’avv. P.; gli intimati non hanno svolto difese.

L’avv. P., che si è costituito personalmente, ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con l’unico mezzo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e art. 297 c.p.c., comma 1, sostenendo che, incardinato ritualmente il giudizio per querela di falso avanti al Tribunale di Roma, non sussistevano i presupposti nè per la cancellazione della causa dal ruolo nè per la declaratoria di estinzione del giudizio, pronunciate dal G.d.P. con le ordinanze in oggetto.

2.1.- Il ricorso è inammissibile.

Il ricorrente impugna le due ordinanze del G.d.P. del 4/4/2014, con cui è stata disposta la cancellazione dal ruolo, e dell’8/10/2014, con cui è stata respinta la richiesta di revoca della precedente ordinanza.

Il ricorso, passato per la notifica il 2/12/2014, è tardivo rispetto al primo provvedimento.

In ogni caso, il contenuto precettivo del provvedimento del 4/4/2014 consiste nella cancellazione della causa dal ruolo, come espressamente indicato, di talchè detto provvedimento è privo del necessario requisito della decisorietà, che ne potrebbe consentire la ricorribilità ex art. 111 Cost..

Ed infatti, come affermato nella pronuncia 27129/2009, il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, per la sua attitudine a consentire la possibile riassunzione del giudizio, è, per definizione, privo del requisito della decisorietà, avendo soltanto carattere ordinatorio, con la sua conseguente inassoggettabilità al ricorso straordinario per cassazione previsto dall’art. 111 Cost., comma 7. Ne consegue anche l’inammissibilità del ricorso come proposto nei confronti della ordinanza reiettiva della richiesta di revoca della cancellazione dal ruolo.

Infine, qualora si volesse ritenere che il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo sia in realtà una pronuncia di estinzione, e quindi abbia carattere decisorio, come sembra adombrare il ricorrente, il ricorso sarebbe comunque inammissibile a ragione del fatto che, come ritenuto nella pronuncia 10369/2014, nei giudizi di opposizione a ordinanza-ingiunzione per sanzione amministrativa, attesa l’applicazione del rito del lavoro disposta del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, artt. 2 e 6, la sentenza del giudice di pace è impugnabile con appello e non con ricorso per cassazione (e lo stesso principio vale per le opposizioni a verbale di accertamento di violazione del codice della strada, D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 7: sull’applicazione di detto disposto alla controversia in oggetto, si richiama l’ordinanza 3283/2015).

Non si dà pronuncia sulle spese, non essendosi costituita Roma Capitale.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016

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