Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15026 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/07/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 15/07/2020), n.15026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6343/2013 R.G. proposto da

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

T.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Ferraro Diego,

con domicilio eletto in Roma, via Giovan Battista Gambino, n. 12,

presso lo stesso avvocato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 102/29/12 depositata il 20 luglio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio

2020 dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle entrate notificò a T.G. un avviso di accertamento parziale, di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis, con il quale accertò la realizzazione – ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b) – di una plusvalenza, non dichiarata, di Euro 142.581,65 mediante la cessione a titolo oneroso, unitamente ad altro comproprietario, con atto del 20 aprile 2004, di un terreno ritenuto suscettibile di utilizzazione edificatoria;

l’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Palermo che rigettò il ricorso della contribuente;

avverso tale pronuncia, T.G. propose appello alla Commissione tributaria regionale della Sicilia (hinc anche: “CTR”), che lo accolse parzialmente, disponendo che la plusvalenza “ven(isse) commisurata al 10% dell’estensione del terreno ceduto”;

la CTR, dopo avere asserito che, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), “occorre che lo strumento urbanistico (Piano Regolatore) preveda, alla data del trasferimento del terreno, l’utilizzo edificatorio dello stesso, in difetto non si ritiene possa legittimamente emergere alcuna plusvalenza”, motivò che, “(n)el caso di specie (…) il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dall’ufficio comunale competente pochi giorni prima della cessione del terreno, ha escluso la conciliabilità dell’utilizzazione edificatoria del terreno con lo strumento urbanistico, a meno di alcune parti (imprecisate sul certificato) ma quantificate dalla ricorrente (nel corso del giudizio di prime cure) in misura del 10%, percentuale non contestata dall’Ufficio. L’inedificabilità appare ampiamente dimostrata dalla documentazione prodotta dall’Appellante, motivo per cui, il Collegio non può non tener conto delle risultanze della stessa. Tuttavia, stante l’ammissione effettuata nel corso del giudizio, si ritiene che la plusvalenza debba essere quantificata sulla base del 10% dell’estensione del terreno, così come dichiarato dalla parte ricorrente”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 20 luglio 2012 -ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 27 febbraio/1 marzo 2013, a un unico motivo;

T.G. resiste con controricorso, notificato il 5 aprile 2013;

la stessa T.G. ha successivamente depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), per avere la CTR erroneamente trascurato che, ai sensi di tale norma, una plusvalenza mediante la cessione a titolo oneroso di un terreno deve ritenersi realizzata anche nel caso in cui, al momento della cessione, lo stesso terreno sia “già stato oggetto di provvedimenti amministrativi volti a renderlo edificabile, sia pur in via non definitiva tanto che non risulta (…) dal certificato di destinazione urbanistica”;

preliminarmente, deve essere rigettata l’eccezione di giudicato, sollevata nella memoria, con la quale T.G. ha invocato l’efficacia in questo giudizio del giudicato “esterno” della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 47/29/13, depositata il 7 marzo 2013, che, nel giudizio tra l’Agenzia delle entrate e T.P. – altro comproprietario del terreno ceduto con l’atto del 20 aprile 2004 – ha disposto che la plusvalenza realizzata mediante tale cessione “ven (isse) commisurata al 10% dell’estensione del terreno ceduto”;

l’efficacia del giudicato “esterno” presuppone necessariamente l’identità, oltre che del petitum e della causa petendi, anche delle parti dei due giudizi (Cass., 25/06/2018, n. 16688);

nella specie, nonostante la comunanza delle questioni di fatto e di diritto controverse, tra il giudizio in cui si è formato il giudicato sostanziale e quello in esame non vi è identità di parti;

poichè ciascuno dei due contribuenti ( T.G. e T.P.) è tenuto solo per la propria parte pro quota, secondo la struttura delle obbligazioni divisibili di cui all’art. 1314 c.c., non sussistendo il vincolo di solidarietà, non è applicabile l’art. 1306 c.c., comma 2, (che consente ai condebitori in solido di opporre al creditore il giudicato intervenuto nel giudizio tra questi e un altro condebitore solidale);

pertanto, il menzionato giudicato non estende i propri effetti in questo giudizio (Cass., 19/05/2017, n. 12668, 22/05/2019, n. 13772, entrambe relative a fattispecie di plusvalenza realizzata mediante la cessione di terreni di proprietà comune di più soggetti);

l’unico motivo di ricorso è fondato;

il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), include tra i redditi diversi che concorrono a formare il reddito imponibile ai fini dell’IRPEF “le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”;

il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che, “(a)i fini dell’applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”;

le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio che, a seguito dell’entrata in vigore di quest’ultima disposizione – di natura interpretativa (e, quindi, applicabile anche alle fattispecie anteriori e ai giudizi in corso; Cass. 30/10/2018, n. 27604) e valevole anche ai fini dell’applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986 – l’edificabilità di un’area dev’essere desunta dalla qualificazione a essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, atteso che, considerati i diversi presupposti dello ius aedificandi e dello ius valutandi, “(I)’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è (…) sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene dev’essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo” (Cass., Sez. U., 30/11/2006, n. 25505);

infatti, la “formalizza (zione)” della vocazione edificatoria di un suolo “in un atto della procedura prevista dalla legislazione urbanistica” comporta che “non sia più possibile apprezzarne il valore sulla base di un parametro di riferimento, come il reddito dominicale, che deve considerarsi superato da più concreti criteri di valutazione economica” (Cass., Sez. U., n. 25506 del 2005);

sulla scorta di tali principi, l’accertamento della fabbricabilità di un’area non può quindi prescindere dalla considerazione di quegli atti della procedura prevista dalla legislazione urbanistica (statale o regionale) che ne formalizzino la vocazione edificatoria, in particolare, di quegli atti che, nel contesto della disciplina di interventi settoriali (in specie, nel campo delle opere e dei servizi pubblici), costituiscano varianti al piano regolatore generale o agli strumenti urbanistici (cosiddette varianti speciali);

la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di questi principi, atteso che, nel negare la fabbricabilità del 90% del terreno sul (solo) rilievo che “il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dall’ufficio comunale competente pochi giorni prima della cessione (…), ha escluso la conciliabilità dell’utilizzazione edificatoria (…) con lo strumento urbanistico”, ha completamente omesso di considerare che – come risulta dalla stessa sentenza – il suddetto terreno era stato interessato da un programma costruttivo per l’edilizia di tipo economico-popolare di cui alla L.R. Sicilia 6 maggio 1981, n. 86, art. 2 (come sostituito dalla L.R. Sicilia 6 aprile 1986, n. 22, art. 25), strumento il quale, ai sensi della L.R. Sicilia 28 gennaio 1986, n. 1, art. 5, comma 6, (articolo richiamato dalla L.R. Sicilia n. 86 del 198, art. 2, comma 1, è “adottat(o) dai comuni, anche in variante degli strumenti urbanistici vigenti”;

la sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, perchè accerti la suscettibilità di utilizzazione edificatoria dell’intero terreno considerando anche se, al momento della sua cessione, esso fosse stato interessato da un programma costruttivo, a norma delle disposizioni di legge regionale sopra indicate, adottato dal comune, nonchè per provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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