Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15026 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15026 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –

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11-

contro

WESTLB EUROPA HOLDING AG, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Sicilia n. 66, presso
l’avv. Francesco Giuliani, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia
n. 28/19/08, depositata il 19 maggio 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio

Data pubblicazione: 02/07/2014

2014 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
uditi l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia per la ricorrente e l’avv.
Roberto Esposito (per delega) per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Paola
Mastroberardino, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la

epigrafe, con la quale, in accoglimento parziale dell’appello dell’Ufficio, è
stato determinato in €. 426.043,37 il rimborso spettante alla WestLB Europa
Holding AG per crediti d’imposta (IRPEF ed IRPEG) relativi agli anni
1985/1988, ad essa ceduti a seguito di cessione di ramo d’azienda.
Il giudice d’appello, per quanto qui ancora rileva, ha ritenuto che: a) era
inammissibile, ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’eccezione
dell’Ufficio, formulata per la prima volta in appello, relativa alla pretesa
necessità di notifica dell’atto di cessione del credito anche al concessionario
della riscossione; b) era infondata l’altra eccezione dell’Ufficio di
inefficacia della cessione ai sensi del d.m. n. 384 del 1997, che vieta la
doppia cessione, in quanto la cessionaria Westdeutsche Landesbank Europa
AG aveva semplicemente mutato la propria denominazione in WestLB
Europa Holding AG.
2. La contribuente resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia l’insufficienza della
motivazione su fatto decisivo della controversia.
Il motivo è inammissibile perché non risponde ai requisiti prescritti, per
la formulazione dei motivi attinenti a tale tipo di vizio, dall’art. 366 bis cod.
proc. civ. (applicabile ratione temporis), come costantemente interpretato
dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale è necessario che il
motivo contenga una chiara e sintetica indicazione — nella specie mancante delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione (Cass. nn. 2652 e 8897 del 2008, 27680
del 2009 e numerosissime successive conformi).
Peraltro, non può non rilevarsi, ad abundantiam, che il fatto in questione,
cioè il mutamento della denominazione sociale della Westdeutsche
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sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in

Landesbank Europa AG in WestLB Europa Holding AG, è stato oggetto di
un accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, rispetto al quale la
ricorrente non deduce elementi decisivi idonei a far ritenere inadeguato o
incongruo l’accertamento medesimo.
2.1. Col secondo motivo, denunciando la violazione dell’art. 57 del d.lgs.
n. 546 del 1992, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere il
giudice a quo ritenuto inammissibile l’eccezione dell’Ufficio, formulata per

di cessione del credito anche al concessionario della riscossione.
Formula il seguente quesito di diritto: “vero che il divieto di nuove
eccezioni in appello di cui all’art. 57 D.Lgs. 546/92 riguarda solo il
contribuente, sicché l’Ufficio tributario può sempre proporre nell’atto di
appello — ammissibilmente — motivo di doglianza fondato su fatto da lui non
dedotto in primo grado, sicché erra (….) il giudice tributario che ritenga
inammissibile, siccome eccezione nuova, il motivo di doglianza contenuto
nell’appello dell’Ufficio (avverso sentenza che ha accolto il ricorso con cui
un soggetto ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi sulla istanza di
rimborso presentata da quel soggetto per un credito d’imposta che egli
assume essergli stato ceduto) con il quale si fa valere — per la prima volta in
giudizio — che la cessione non è efficace non essendo stata notificata, anche,
al concessionario della riscossione dei tributi, ma solo all’Agenzia delle
entrate?”.
2.2. Con il terzo motivo, poi, è nuovamente denunciata, sotto diverso
profilo, la violazione della norma sopra citata, formulando il quesito se sia
“vero che ove un soggetto abbia proposto ricorso avverso il silenzio rifiuto
serbato dall’erario su di un’istanza di rimborso da lui avanzata per un
credito di imposta che egli assume essergli stato ceduto ed il giudice di
primo grado abbia accolto il ricorso, ben può l’Ufficio tributario — senza
incorrere nei divieti posti dall’art. 57 D.Lgs. 546 /92 — appellare deducendo
— per la prima volta in corso di causa — che la cessione dedotta dal
contribuente non è efficace in quanto non notificata al concessionario della
riscossione dei tributi, sicché erra violando l’art. 57 cit. il giudice tributario
di appello che ritenga detta eccezione nuova eppertanto inammissibile”.
2.3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, vanno
accolti nei sensi di seguito precisati.
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la prima volta in appello, relativa alla pretesa necessità di notifica dell’atto

Per quanto concerne i giudizi di impugnazione di atti aventi contenuto
(latamente) impositivo, costituisce principio consolidato quello secondo il
quale il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall’art. 57,
comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, riguarda le eccezioni in senso
tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di
convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia
modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità

giudizio, perché le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a
contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta,
eccezioni in senso tecnico (tra le recenti; Cass. nn. 3338 del 2011, 8316 del
2012 e 14486 del 2013).
Va precisato che l’Ufficio, in tal caso, è soggetto al divieto di proporre
nuove “domande”, posto dal comma 1 del medesimo art. 57, inteso nel
senso che in appello l’Amministrazione non può mutare i termini della
contestazione, deducendo motivi e circostanze diversi da quelli contenuti
nell’atto di accertamento: la novità della domanda deve essere verificata in
stretto riferimento alla pretesa effettivamente avanzata nell’atto impositivo
impugnato e, quindi, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso
indicati, poiché il processo tributario, in quanto rivolto a sollecitare il
sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è
strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso, nel
quale l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale, e la sua pretesa
è quella risultante dall’atto impugnato, sia per quanto riguarda il petitum sia
per quanto riguarda la causa petendi; ne consegue che, per eccepire
validamente la inammissibilità dell’appello per novità della domanda, è
necessario dimostrare che gli elementi dedotti in secondo grado
dall’Amministrazione non sono stati evidenziati neppure nel processo
verbale di constatazione e nel conseguente avviso di accertamento oggetto
dell’impugnazione (tra le altre, Cass. nn. 25909 del 2008, 10806 del 2012).
Diverso è il caso, come quello di specie, in cui oggetto di impugnazione
è il silenzio rifiuto formatosi su un’istanza di rimborso presentata dal
contribuente: in tale ipotesi, infatti, l’attore, anche in senso sostanziale, è
quest’ultimo, con la conseguenza che il divieto di proporre nuove eccezioni
in appello grava sull’Ufficio.
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dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in

MENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/19%
N. 131 TAB. ALL. B.

MATERIA TRIBUTARIA
A tal riguardo, la giurisprudenza si è ormai costantemente orientata nel

senso di ritenere che l’Ufficio può ben difendersi anche in appello, nel senso
che, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare e di provare i fatti ai
quali la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda,
le argomentazioni con le quali l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la
qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese,
come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salvo la

1133 del 2009, 21314 del 2010, 29613 del 2011).
Alla stregua di tale giurisprudenza, nella fattispecie deve ritenersi che la
questione relativa alla necessità, ai fini dell’efficacia della cessione del
credito, della sua notificazione anche al concessionario della riscossione
vada qualificata come mera difesa, in quanto configurata come
contestazione della sussistenza, in tutti i suoi elementi, del fatto costitutivo
del diritto al rimborso del credito ceduto.
3. In conclusione, vanno accolti il secondo e il terzo motivo e rigettato il
primo; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi
accolti e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria
regionale della Lombardia, la quale procederà a nuovo esame della
controversia, uniformandosi ai principi sopra enunciati, oltre a provvedere
sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo, rigetta il primo, cassa la
sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per
le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della
Lombardia.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2014.

formazione del giudicato interno (cfr., ex aliis, Cass. nn. 11682 del 2007,

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