Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15024 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 15/07/2020), n.15024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1821-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ 2804 S.r.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato DI MATTEO GIANNI, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale estesa in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 138/35/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 27/5/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto parzialmente l’appello della G.R.P. Gruppo Roma Pubblicità S.r.L. (attualmente Società 2804 S.r.L.) avverso la sentenza n. 266/16/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in rigetto del ricorso proposto avverso avviso IRES IRAP 2005;

la contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con unico mezzo la ricorrente denuncia, in rubrica, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1988, art. 86, nonchè del D.P.R. n. 917 del 1988, art. 83, in relazione all’art. 2425-bis c.c., come modificato dal D.Lgs. n. 310 del 2004, art. 16” lamentando che la CTR abbia dichiarato la plusvalenza –

generata dalla cessione, mediante operazione di sale and lease back, di un immobile della società contribuente ad una società di leasing – tassabile pro quota per gli anni di durata della locazione finanziaria e non nell’anno di realizzo;

1.2. la censura è infondata;

1.3. in merito alle modalità di imputazione della plusvalenza da sale and lease-back va premesso che trattasi di un contratto di impresa “socialmente tipico” in forza del quale un’impresa vende un bene strumentale ad una società finanziaria, la quale ne paga il prezzo e contestualmente lo concede in locazione finanziaria alla stessa impresa venditrice, verso il pagamento di un canone e con possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto per un prezzo normalmente molto inferiore al suo valore (cfr. Cass. n. 5438/2006);

1.4. nel caso in esame non è contestata la causa illecita del contratto, tantomeno la finalità elusiva di obblighi tributari con esso perseguita, sicchè l’operazione deve ritenersi posta in essere per soddisfare reali esigenze di liquidità d’impresa, ed invero la questione oggetto di esame riguarda solo ed esclusivamente le modalità di computo, a fini fiscali del corrispettivo ricevuto dal venditore;

1.5. come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. Pen. 35294/2016), secondo principi che il Collegio ritiene pienamente condivisibili, le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite, in base all’art. 2425-bis c.c., u.c., in funzione della durata del contratto di locazione;

1.6. il T.U.I.R. non prevede espressamente nulla al riguardo;

1.7. l’art. 86 T.U.I.R. prevede, infatti, soltanto che le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono a formare il reddito se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate, ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni le plusvalenze concorrono a formare il reddito in quote costanti non oltre il quarto anno successivo alla cessione, a condizione che il contribuente faccia questa scelta con la dichiarazione annuale, altrimenti la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’anno in cui è stata realizzata;

1.8. nel caso di specie, poichè l’immobile ceduto era posseduto da meno di tre anni, l’amministrazione finanziaria ha attribuito per intero la plusvalenza al reddito maturato nell’anno 2005;

1.9. il Collegio ritiene che la disciplina relativa alle plusvalenze patrimoniali da cessione di beni d’impresa non sia applicabile a quelle derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria ai venditore;

1.10. il contratto di sale and lease back ha, infatti, una causa diversa dal contratto di vendita puro e semplice, trattandosi si tratta di un contratto unico, complesso con causa finanziaria non scomponibile nei suoi elementi;

1.11. le diverse modalità di iscrizione nel bilancio delle relative plusvalenze, in ossequio ai principi contabili internazionali, ne sono la prova (e la relativa conseguenza);

1.12. la causa finanziaria del contratto impedisce di assimilare (a fini fiscali) la somma ricevuta dal concedente al corrispettivo dell’acquirente, ed il fatto che il legislatore tributario non abbia disciplinato la specifica materia non può essere motivo per trarne la conseguenza dell’inapplicabilità ad esso della ripartizione pluriennale, anche a fini fiscali, della plusvalenza ottenuta con la cessione del bene, ben potendo valere l’esatto contrario;

1.13. tale criterio di imputazione – nel silenzio del legislatore fiscale ed in assenza di una specifica norma tributaria derogatoria dei principii generali di derivazione e di imputazione per competenza – è l’unico espressamente previsto e non v’è ragione alcuna per disattenderlo, visto che quando l’ha voluto il legislatore tributario ha espressamente rimodellato a proprio uso e consumo i corrispondenti istituti del diritto civile e commerciale;

1.14. va poi evidenziato che le modalità di contabilizzazione delle plusvalenze derivanti da contratto di sale and lease back sono stabilite dal principio contabile IAS 17 (International Accounting Standards) in vigore dal 1 gennaio 2005;

1.15. i principi contabili IAS sono ispirati al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma (per un riferimento si veda il D.M. 1 aprile 2009, n. 48, art. 2, comma 2) e fatti propri dal Reg. (CE) 19/07/2002, n. 1606/2002 (Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo all’applicazione di principi contabili internazionali), cui a sua volta fa riferimento l’art. 83 T.U.I.R. ai fini della determinazione del reddito complessivo imponibile;

1.16. sebbene tali principi non si applichino ai soggetti che non redigono il bilancio in base ad essi (cd. soggetti non IAS), è agevole osservare che non v’è motivo alcuno per disattendere principi generali non espressamente derogati dalla legislazione tributaria ed anzi tradotti in precisa norma di legge aderente alla sostanza del negozio (art. 2425-bis c.c., u.c.);

1.17. occorre sul punto aggiungere che la possibilità, concessa al contribuente, di “diluire” negli anni la plusvalenza ottenuta dalla cessione di beni costituisce una deroga al criterio di competenza di cui all’art. 109 T.U.I.R., il che giustifica (e spiega) l’onere di effettuare la scelta nella dichiarazione dei redditi (art. 86 TUIR, comma 4);

1.18. la ripartizione della somma finanziata per la durata del contratto di sale and lease back, invece, è coerente con la causa effettiva del contratto, sicchè l’assimilazione di tale finanziamento al corrispettivo derivante da una normale compravendita costituisce un’ingiustificata forzatura che non trova una espressa codificazione e impedisce pericolose applicazioni analogiche anche degli oneri dichiarativi previsti, ad altro fine, dall’art. 86 TUIR, comma 4;

1.19. ne consegue che va esente da censure la sentenza impugnata essendo stato correttamente calcolato il reddito di impresa ripartendo la plusvalenza per la durata del contratto;

2.1. va parimenti disatteso il ricorso incidentale con cui si lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 3, il rigetto delle doglianze circa l’errata deduzione nell’esercizio 2005 di tutto il costo rappresentato dal canone di leasing iniziale;

2.2. la censura è infondata dovendo darsi qui continuità al principio affermato da questa Corte, in una vicenda del tutto analoga a quella qui vagliata, nelle sentenze n. 9559, n. 9560 e n. 9561 del 2011 (poi seguita da Cass. n. 9096 del 2012, n. 5349 del 2014, n. 4043 del 2015 e n. 25785 del 2017), secondo cui ai fini dell’IRPEG sui redditi di impresa e con riguardo ai costi deducibili per beni conseguiti in locazione finanziaria, a seguito della modifica normativa prevista dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 103, lett. c) e 109, il cd. maxicanone, corrisposto con il pagamento della prima rata, va contabilizzato interamente nell’esercizio di competenza;

2.3. sono infine inammissibili, per difetto di specificità del ricorso ex art. 366 c.p.c., le rimanenti doglianze circa la non riconosciuta inerenza del costo esposto nella fatture emesse dalla società Spot Holding S.r.L. e dalla Publivideo Produzioni S.r.L., lamentando la contribuente che la prodotta documentazione attestasse, al contrario, l’inerenza dei costi e l’effettiva esistenza delle operazioni commerciali;

2.4. il ricorrente che denunci il difetto o l’erroneità nella valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha infatti il duplice onere di: 1) indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale); 2) di fornire al contempo alla Corte elementi sicuri e puntuali per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (cfr. Cass. SU

nn. 8569/2013, 15477/2012, 5698/2012, 22726/2011);

2.5. nella specie, risulta omessa la trascrizione del contenuto della richiamata documentazione sulla quale lo stesso ricorso incidentale si fonda e tale incombente, come si è detto, è previsto dall’art. 369 c.p.c., n. 4, a pena di improcedibilità;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, vanno respinti sia il ricorso principale che quello incidentale;

4. stante la parziale reciproca soccombenza è opportuno compensare integralmente le spese di lite;

5. rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dalla Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater del relativo al raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese di lite.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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