Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15021 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15021 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 17895-2009 proposto da:
IMMOBILIARE TRE D SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DOMENICO BARONE 31, presso lo studio
dell’avvocato ENRICO BOTTAI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ALESSANDRA BIANCHI
giusta delega a margine;
– ricorrente contro
COMUNE DI LARI in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA TIGRE’ 37,
presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CAFFARELLI,

Data pubblicazione: 17/07/2015

rappresentato e difeso dall’avvocato GIANFRANCO
MARINAI giusta delega a margine;
controricorrante

avverso la sentenza n. 20/2008 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 15/07/2008;

udienza del 04/06/2015 dal Consigliere Dott. LUCIO
NAPOLITANO;
uditi per il ricorrente gli Avvocati BIANCHI e BOTTAI
che hanno chiesto in via preliminare trasmissione
atti alla Corte Costituzionale, nel merito si
riportano e chiedono l’accoglimento, alle ore 11,25
l’Avvocato BOTTAI deposita note di udienza;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAFFARELLI
per delega dell’Avvocato MARINAI che ha chiesto il
rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

R.G.N.
17895/09

Il Comune di Lari notificò in data 2012.2005 alla società immobiliare TRE D
S.r.l. avviso di accertamento per il recupero di ICI ritenuta dovuta e non
versata per l’anno d’imposta 2000, relativamente ad alcuni immobili di
proprietà di quest’ultima siti nel territorio di detto Comune.

decadenza dell’ente locale dalla pretesa impositiva con riferimento all’anno
d’imposta in oggetto e l’illegittimità della determinazione dell’imponibile ICI,
in quanto fondato su rendite improprie, perché superate, nell’anno 2002, da
variazioni seguite a conciliazione giudiziale intervenuta nel giudizio
d’impugnazione avverso 11 avvisi di classamento emessi nel 2001
dall’Agenzia del Territorio, a seguito di riesame sollecitato dalla società
stessa, che assumeva l’erroneità dell’originario classamento risalente all’anno
1991.
La CTP di Pisa rigettò il ricorso della contribuente, che propose appello
avverso la decisione ad essa sfavorevole dinanzi alla CTR della Toscana, che,
con sentenza n. 20/24/08, depositata il 15 luglio 2008, rigettò il gravame.
Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione la società in forza di due
motivi, ulteriormente illustrati da memoria, sollevando altresì questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 67, della L. n. 311/2004, in
relazione agli artt. 25, 3 e 23 della Costituzione, norme da interpretare,
secondo parte ricorrente, nel settore del diritto tributario, alla luce degli artt. 1,
3 e 10 della L. n. 212/2000 (Statuto del contribuente).
Il Comune di Lari resiste con controricorso.
Motivi della decisione

L’atto fu impugnato dinanzi alla CTP di Pisa dalla società, che eccepì la

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce “violazione o falsa
applicazione degli artt. 1, 3 e 10 legge 27 luglio 2000, n. 212 — cosiddetto
Statuto del contribuente — e dell’art. 11 disp. preL codice civile,

ex art. 360,

n. 3 c.p.c.”, assumendo l’erroneità in diritto della pronuncia impugnata che,
nel disattendere l’eccezione di decadenza del Comune dalla pretesa

disposta dall’art. 1 comma 67 della L. n. 311/2004, sebbene sopraggiunta
allorché il termine di decadenza triennale, secondo l’art. 11 del D. Lgs. n.
504/1992 nel testo applicabile ratione temporis, fosse ormai spirato.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per
“violazione o falsa o errata applicazione dell’art. 5 comma 2 del D. Lgs.
30.12.1992, n, 504, ex art. 360 n. 3 c.p.c.”, per non avere ritenuto applicabili
all’anno d’imposta 2000 le rendite attribuite in sede di conciliazione
giudiziale tra le parti nel giudizio seguito all’impugnazione della rendita
attribuita dall’Agenzia del Territorio alle diverse unità immobiliari, ritenuta
erronea.
3. La ricorrente ha altresì sollevato, come si è sopra accennato, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 67, della L. n. 311/2004, in
relazione agili artt. 25, 3 e 23 della Costituzione, norme da interpretare,
secondo parte ricorrente, nel settore del diritto tributario, alla luce degli artt. 1,
3 e 10 della L. n. 212/2000 (Statuto del contribuente).
Tale eccezione andrà, dunque, sul piano logico, esaminata all’esito della
valutazione del primo motivo di ricorso, per l’ipotesi che — così come
formulato — esso non possa essere direttamente accolto.
3.1. 11 primo motivo, così come formulato dalla ricorrente e concluso da
(plurimo) quesito di diritto, trovando ancora applicazione, ratione temporis,
2

impositiva, formulata dalla contribuente, ha riconosciuto validità alla proroga

x

nella presente controversia, l’art. 366 bis c.p.c./ è in primo luogo
inammissibile perché non immediatamente volto a censurare la violazione o
falsa applicazione dell’alt 1 comma 67 della L. n. 311/2004, norma in forza
della cui applicazione il giudice di merito ha escluso che nella fattispecie in
esame si fosse verificata la decadenza dell’ente dalla pretesa impositiva

contribuente richiamate in rubrica e dell’art. 11 delle disp. prel. al codice
civile, che si assumono violate, richiedendosi in sostanza alla Corte, ove le
censure fossero ritenute fondate, una disapplicazione dell’art. I comma 67
della L. n. 311/2004 in forza dei principi posti dalle richiamate norme,
anteriori, di pari grado nella gerarchia delle fonti.
3.2. Qualora, tuttavia, esso sia letto in prospettiva unitaria con l’eccezione
d’illegittimità costituzionale di detta norma come sopra indicata, si deve
ritenere l’eccezione medesima manifestamente infondata, derivandone
l’infondatezza del motivo costruito sulla stessa eccezione.
Invero, questa Corte ha già avuto modo di occuparsi, in tema di ICI, di
disposizioni di proroga di tenore del tutto analogo a quella contenuta dall’art.
1 conama 67 della L n. 311/2004, che testualmente dispone che “in deroga
alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212,
concernente l’efficacia temporale delle norme tributarie, i termini per
l’accertamento dell’imposta comunale sugli immobili che scadono il 31
dicembre 2004, sono prorogati al 31 dicembre 2005, limitatamente alle
annualità d’imposta 2000 e successive”.
In particolare, occupandosi dell’analoga norma di cui all’art. 27 9 0 comma
della L. n. 44812001, che aveva disposto la proroga della notifica degli avvisi
relativi all’IC per gli anni 1998 e seguenti, la Corte (cfr. Cass. civ. sez. V 29
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eccepita dalla società contribuente, ma delle disposizioni dello Statuto del

aprile 2009, n. 10025) aveva osservato che detta norma, disponendo, come
quella qui in esame di cui all’art. l comma 67 della L. n. 311/2004, in
espressa deroga all’art. 3 terzo comma della L. n. 212/2000, che vieta la
proroga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti
d’imposta, non si limitava ad ampliare termini non ancora scaduti, ma, agendo

3.3. Ciò non si pone in contrasto con l’art. 25 Cost., atteso che il principio
d’irretroattività ha rango costituzionale limitatamente alla legge penale,
mentre, per quanto concerne la legge tributaria, le disposizioni dello Statuto
del contribuente, per quanto espressione di principi generali dell’ordinamento
tributario, hanno pur sempre, nell’ambito della gerarchia delle fonti, efficacia
propria di legge ordinaria, al pari della disposizione normativa qui sospettata
d’illegittimità costituzionale dalla ricorrente e non possono fungere quindi da
norme parametro di costituzionalità, come invece addotto dalla ricorrente
(cfr., più di recente, Cass. civ. sez. V 16 gennaio 2015, n. 696).
3.4. Né nella materia tributaria, coperta dalla riserva di legge, in forza dell’art.
23 Cost., la retroattività costituisce di per sé ragione d’illegittimità
costituzionale della norma (cfr. Corte cost. n. 89/1966).
3.5. Ne consegue che in materia fiscale il limite della legittimità, sul piano
costituzionale, dell’introduzione di disposizioni che operino con efficacia
retroattiva, deve cogliersi, sotto il profilo della ragionevolezza, nella verifica
che esse non siano contrastanti con altri valori ed interessi costituzionalmente
protetti (cfr. Corte cost. n. 177/1992).
Parte ricorrente si limita solo ad indicare il parametro di riferimento dell’art. 3
della Costituzione, che sarebbe violato, ma non specifica quali sarebbero gli

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retroattivamente, introduceva nuovi termini rispetto a quelli già decorsi.

l

altri valori costituzionalmente protetti lesi dalla richiamata disposizione di
proroga.
L’eccezione d’illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 67 della L. n.
‘311/2004 va ritenuta pertanto manifestamente infondata, conseguendone il
rigetto del primo motivo di ricorso.

In fatto non è controverso che nel 2001, cioè nell’anno successivo a quello cui
si riferisce l’accertamento impugnato, la società, presentò richiesta di rettifica
di classamento per variazione da categoria C/3 a categoria D/1, proponendo
rendite per l’ammontare complessivo del complesso immobiliare di lire
39.680.000 in luogo di lire 54.850.000, deducendo l’erroneità dell’originario
classamento, a suo tempo non impugnato.
La sentenza impugnata, riportando nella parte espositiva che effettivamente la
richiesta di rettifica fu richiesta nel 2001 dalla società in assenza di modifiche
apportate allo stato dei luoghi, va intesa nel senso che la variazione di
classamento è seguita a richiesta di rettifica per erronea originaria attribuzione
di categoria e classe.
Il provvedimento reso quindi dall’Amministrazione a seguito della richiesta di
rettifica fu impugnato ed il contenzioso definito con sentenza dell’8 febbraio
2002, che diede atto dell’intervenuta conciliazione giudiziale.
L’art. 5 20 comma del D. Lgs. n. 504/1992, per il calcolo della base
imponibile ai fini ICI, per i fabbricati iscritti in catasto, prevede che il valore
dell’immobile è costituito da quello che risulta applicando all’ammontare
delle rendite risultanti in catasto, vigenti al primo gennaio dell’anno
d’imposizione, i moltiplicatori determinati ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. n.
131/1986.

4. Il secondo motivo è invece fondato e va accolto.

La decisione impugnata ha quindi ritenuto che il nuovo classamento
determinato per effetto dell’intervenuta conciliazione giudiziale potesse avere
effetto solo ex nunc.
4.1. Detta statuizione si pone, peraltro, in contrasto con il principio di diritto
espresso da questa Corte in fattispecie del tutto similare (cfr. Cass. civ. sez. V

sez. VI — V ord. 24 luglio 2012, n. 13018), cui il collegio ritiene di dover dare
continuità, secondo cui “in tema di 1C1, la regola desumibile dal succitato art.
5 2° comma del D. Lgs. n. 50471992, secondo il quale le variazioni delle
risultanze catastali hanno efficacia, ai fini della determinazione della base
imponibile, a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del
quale sono state annotate negli atti catastali, non si applica al caso in cui la
modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto
compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle
caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la
rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo
ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di
una diversa rendita con decorrenza dall’originario classamento rivelatosi
erroneo o illegittimo”.
Sicché, riguardo alla fattispecie in esame, il classamento operato solo a
seguito della pronuncia dell’8 febbraio 2002, che recepiva la conciliazione
giudiziale intervenuta tra le parti nel giudizio avente ad oggetto
l’impugnazione proposta dalla società avverso il classamento attribuito nel
2001 a seguito di richiesta di rettifica in autotutela dell’originario classamento
ritenuto erroneo dalla contribuente, doveva trovare applicazione con

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30 dicembre 2009, n. 27906 e, più di recente, in senso conforme, Cass. civ.

ICI impugnato dalla contribuente, ciò che, del resto, si pone in piena sintonia
con la funzione dichiarativa dell’accatastamento.
5. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al secondo motivo
accolto e la causa rinviata a diversa sezione della CTR della Toscana che,
applicando il principio di diritto sopra espresso, provvederà al calcolo della

dell’avviso di accertamento impugnato onde accertare la legittimità o meno
della pretesa impositiva dell’Ente, statuendo anche in ordine alle spese del
presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, rigettato il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa a
diversa sezione della CTR della Toscana, che provvederà anche in ordine alle
spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 giugno 20
Il Con gliere estensore

base imponibile per l’IC con riferimento all’anno d’imposta oggetto

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