Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15020 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. I, 07/07/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 07/07/2011), n.15020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.A. (c.f. (OMISSIS)), P.S. (c.f.

(OMISSIS)), PI.AN. (CF. (OMISSIS)),

P.G. (c.f. (OMISSIS)), P.R. (c.f.

(OMISSIS)), P.O. (c.f. (OMISSIS)),

selettivamente domiciliati in ROMA, P.ZA S. GIOVANNI 26 – SC. A-INT.

7, presso l’avvocato CUGINI LANFRANCO, rappresentati e difesi

dall’avvocato MADEDDU MARINELLA, giusta procura speciale per Notaio

Dott.ssa PAOLA GHIGLIERI di VILLACIDRO (CAGLIARI) – Rep. n. 22.823

del 12.3.2009;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI VILLACIDRO (c.f. (OMISSIS));

– intimato –

avverso la sentenza n. 155/2004 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 12/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato MARINELLA MADEDDU che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 21.06.2005, P.V., A., S., R., An., O., G. e G.M. adivano il Tribunale di Cagliari chiedendo che il Comune di Villacidro fosse condannato al risarcimento dei danni da cd. accessione invertita, dipesi dall’irreversibile trasformazione del loro terreno edificabile, esteso mq 9.940. Esponevano che per la realizzazione del Piano di zona per l’edilizia economico popolare in “regione Gutturu Abis”, il loro bene era stato assoggettato sia a procedimento di occupazione d’urgenza quinquennale (decreto sindacale n. 1 del 12.01.1988), intervenuta il 9.02.1988, e scaduta il 9.02.1995 (a seguito di proroga biennale), e sia a procedimento di espropriazione, conclusosi con l’adozione del decreto di esproprio n. 5 del 15 maggio 1995. Assumevano l’ininfluenza sull’assetto proprietario di tale decreto ablativo, dal momento che le opere previste nel suddetto piano di zona erano state già realizzate almeno in parte nel corso dell’occupazione legittima, periodo durante il quale l’espropriante si era limitato a determinare, offrire e depositare presso la Cassa DDPP l’indennità provvisoria di esproprio.

Il Comune di Villacidro contestava la fondatezza della domanda e veniva a sua istanza autorizzato a chiamare in causa la Regione autonoma della Sardegna, cui addebitava la responsabilità da intempestiva adozione del decreto ablativo e che si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda svolta dall’ente nei suoi confronti. Con sentenza del 20.06 – 6.11.2000, il Tribunale adito, sulla base anche dell’esito della disposta CTU, riteneva che in effetti alla scadenza del periodo di occupazione temporanea si era verificata l’accessione invertita dedotta dalle parti attrici e condannava il Comune di Villacidro al risarcimento dei relativi danni, liquidati ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, in L. 364.685.000, oltre agli interessi legali, respingendo la domanda di garanzia svolta dall’ente locale nei confronti della Regione Sardegna.

La sentenza di primo grado veniva appellata in via principale da V., A., S., Rosa,.Annunziata,.Ottavio e P.G. ed in via incidentale dal Comune di Viliacidro, che censurava anche il rigetto della domanda di garanzia da lui proposta nei confronti della Regione.

Con sentenza del 12.03- 12.05.2004, la Corte di appello di Cagliari, anche richiamato a chiarimenti il CTU (ing. S.) nominato in primo grado, respingeva sia l’appello principale dei P. che l’appello incidentale del Comune, compensando le spese processuali.

La Corte osservava e riteneva per quanto ancora rileva:

che dovesse essere confermata l’intervenuta accessione invertita per essersi verificata l’irreversibile trasformazione dei terreni degli attori a seguito dell’esecuzione delle opere pubbliche nel periodo di occupazione legittima, alla scadenza del quale l’illecito ben era stato datato che non era fondato il motivo dell’appello principale inerente all’entità del liquidato risarcimento perchè:

a) non era possibile il ricorso al metodo sintetico comparativo, per l’utilizzo del quale anche con riguardo all’indennità determinata nel decreto di esproprio, mancavano gli elementi di fatto da porre a suo fondamento, non dimostrati nemmeno dai danneggiati b) stante l’impossibilità del ricorso al diverso metodo sintetico comparativo, corretta era stata l’adozione da parte del ctu del metodo analitico, applicato in precedenza anche dal CTU (ing M.) nominato nel diverso processo di determinazione dell’indennità di occupazione legittima c) non poteva essere recepito il maggior valore indicato nel decreto di esproprio, in tesi aderente alla valutazione resa dall’UTE, perchè tale provvedimento oltre ad essere privo di efficacia, in quanto adottato dopo la scadenza dell’occupazione legittima, durante la quale si era verificata l’accessione invertita, non forniva alcuna specificazione in ordine al criterio seguito per la determinazione del valore delle aree ablate, sicchè non poteva essergli attribuito neanche un valore indiziario d) non poteva nemmeno essere recepito il maggior valore indicato nella sentenza inerente all’indennità di occupazione legittima, in quanto questa pronuncia, data la diversità di oggetto, non esplicava alcuna efficacia in questo processo e dato che la questione inerente a tale indennizzo era stata definita tra le parti con accordo a carattere transattivo successivo alla medesima sentenza.

Avverso la sentenza resa dalla Corte di appello A., S., R., An., O. e P.G. hanno proposto ricorso per Cassazione fondato su un unico motivo e notificato il 27.06.2005 al Comune di Villacidro, che non ha svolto attività difensiva. I P. hanno anche depositato memoria in cui invocano l’applicazione dello jus superveniens conseguente alle declaratorie d’incostituzionalità di cui alle sentenze nn 348 e 349 del 2007, rese dalla Corte Costituzionale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso i P. denunziano “Violazione del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, convertito con modificazioni nella L. n. 359 del 1992, come introdotto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 65, (art. 360 c.p.c., n. 3), violazione dell’art. 194 c.p.c. e art. 196 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.” Contestano la congruità del liquidato risarcimento, dolendosi dell’omesso immotivato ricorso per la relativa quantificazione al metodo sintetico comparativo, che assumono più attendibile rispetto al metodo analitico ricostruttivo, nonchè della mancata rinnovazione della CTU, dell’avere il CTU omesso di considerare che entrambe le parti avevano concordato sul valore di L. 175.000 al mq per aree consimili e del fatto che la Corte distrettuale abbia trascurato tale elemento nonchè negato rilievo all’indennità di esproprio indicata del decreto ablativo, determinazione che non era stata discrezionale ma ancorata a criteri legali ed affidata ad indagini di mercato svolte dagli uffici competenti.

Il motivo non merita favorevole apprezzamento.

La Corte distrettuale ha puntualmente e logicamente esposto le ragioni per le quali era stato impedito l’utilizzo del metodo sintetico comparativo, peraltro non dotato di valore preminente ai fini della valutazione delle aree edificabili (cfr in tema, cass. n. 9312 del 2006; n. 1161 del 2007, n. 12771 del 2007), nonchè chiarito perchè non fosse recepibile l’entità dell’indennità di esproprio stabilita nel decreto ablativo, e di contro le censure sollevate dai ricorrenti si risolvono in inammissibili, generiche critiche e in rilievi in parte anche privi di autosufficienza o non involgenti le specifiche argomentazioni che sorreggono le avversate conclusioni, inerenti pure alla non vincolatività della determinazione contenuta nel provvedimento espropriativo. D’altra parte il giudice non è tenuto a disporre una nuova indagine peritale se ritiene che la relazione tecnica acquisita e le altre risultanze di causa offrano elementi sufficienti di giudizio, ma è tenuto unicamente ad esprimere le ragioni del proprio convincimento in termini tali da consentire, come nella specie è avvenuto, il controllo del processo logico adottato per pervenire ad esso.

Peraltro, poichè con il gravame i ricorrenti hanno posto in discussione l’entità del risarcimento, già da loro impugnata in appello (in tema cfe cass. 2010/15835), la sentenza resa dalla Corte di merito impugnata deve essere sul punto cassata con rinvio, a seguito del nuovo quadro normativo determinatosi per effetto della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 349 del 2007, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 5 bis, comma 7 bis, introdotto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 65, disciplinante il risarcimento dovuto in caso di occupazioni illegittime di suoli per cause di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996. In tema di occupazione appropriativa, il vuoto normativo venutosi a creare in conseguenza di detta sentenza n. 349 del 2007, è stato dal legislatore colmato con la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. e), il quale ha sostituito la norma transitoria di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, comma 1, disponendo che “Nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene” e tale disposizione è applicabile ai giudizi in corso in cui, come nel caso di specie, sia ancora in discussione il “quantum” del risarcimento (cfr, tra le altre, cass. 2008/8384; 2008/7258; 2007/26275).

Conclusivamente si deve cassare in parte qua la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, che adotterà nuove determinazioni attenendosi al principio di diritto esposto ed a cui si rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta i due motivi di ricorso e decidendo sullo stesso cassa nei limiti di cui in motivazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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