Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15020 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15020 Anno 2014
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: GRECO ANTONIO

IFtAP

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POZZATO PAOLO, rappresentato e difeso dall’avv. Paola Bottini ed

elettivamente dcadciliato in Rana presso l’avv. Giovanni
Chiaramonte in vicolo dei Chiodaroli n. 15;

ricorrente

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura .generale dello Stato
presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;

controricorrente

avverso la sentenza della Cbandssione tributaria regionale
della Lombardia n. 73/41/08, depositata il 24 setteffibre 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 6 diceMbre 2013 dal Relatore Cans. Antonio Greco;
udita l’avvocato dello Stato Gianna De Socio pPr la
cantroricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Paola Mastróberardino, che ha concluso per
l’inamnissibilità del ricorso.

Data pubblicazione: 02/07/2014

SVOLSDIUM DEL PROCESSO

Paolo Pozzato, dottore commercialista, propone ricorso per
cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato con successiva
memoria, nei confronti della sentenza della Commissione
tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo l’appello
dell’Agenzia delle entrate, gli ha negato il diritto al rimborso
dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000, 2001, 2002 e
2003.

tema

DELIA DECISICNE

Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 52
del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il ricorrente si duole sia
stata ritenuta ammissibile l’autorizzazione ad appellare
dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano 5, rilasciata e
depositata successivamente all’appello da autorizzare, e
precisamente all’udienza di discussione, portante un numero ed
una data diversi dall’autorizzazione citata nell’appello ma non
allegata allo stesso.
Il motivo è infondato.
Nel processo tributario, come questa Corte ha affermato,
“la disposizione dell’art. 52, camma secondo, del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, secondo la quale gli uffici periferici del
dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze e gli
uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla
proposizione dell’appello principale, rispettivamente, dal
responsabile del servizio del contenzioso della competente
direzione generale delle entrate e dal responsabile del servizio
del contenzioso della carpetente direzione compartimentale del
territorio, non è più suscettibile di applicazione una volta
divenuta operativa – in forza del d.M. dell’economia 28 dicembre
2000 – la disciplina recata dall’art. 57 del d.lgs. 30 luglio
1999, n. 300, che ha istituito le agenzie fiscali, attribuendo ad
esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza
esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero delle
finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti
giuridici, poteri e competenze, da esercitarsi secondo la
disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia. A
seguito della soppressione di tutti gli uffici ed organi

2

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

ministeriali ai quali fa riferimento l’art. 52, comma secondo,
del d.lgs. n. 546 del 1992, infatti, da tale norma non possono
farsi discendere condizionamenti al diritto delle agenzie (nella
specie, l’Agenzia del demanio) di appellare le sentenze ad esse
sfavorevoli delle commissioni tributarie provinciali” (Cass.,
sez. un., 14 gennaio 2005, n. 604).
Con il secondo motivo censura la sentenza, denunciando
violazione di legge, per aver ritenuto esistente l’autonoma
operi da solo, senza dipendenti e collaboratori, servendosi
soltanto di alcuni beni, come un pc, il mobilio d’ufficio ed
un’autovettura Fiat ad uso promiscuo, e ricorrendo
saltuariamente, per le competenze estranee al proprio lavoro, ad
altri professionisti con proprio studio separato e diverso dal
proprio.
Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione.
Il secondo motivo del ricorso è fondato.
La ratio déciabncii della sentenza impugnata – secondo cui
“comunque sussiste il requisito dell’autonoma organizzazione, non
essendo l’attività professionale in questione vincolata a
coordinamento e controllo altrui; di talché, trattandosi di
prestazioni prettamente intellettuali che richiedono comunque
l’utilizzo di immobilizzazioni tecniche, esse vanno razionalmente
organizzate, di guisa che non può disconoscersi l’assoggettamento
ad IRAP”, e secondo cui, a “far pensare che di certo il
contribuente si avvaleva di una sia pur minima organizzazione,
che costituisce il presupposto indispensabile per procedere
all’applicazione dell’imposta” sono l’entità di voci come “gli
importi dei compensi dichiarati”, il valore complessivo dei beni
strumentali utilizzati e l’elevato importo dei compensi
corrisposti a terzi – non è conforme al consolidato principio
affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del
combinato disposto degli artt. 2, comma l, primo periodo, e 3,
coma l, lettera

c),

del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446,

l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49,
coma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso
dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di
attività non autonomamente organizzata: il requisito della

3

organizzazione per il caso di specie di un commercialista che

”autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice
di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se
congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia,
sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non
sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad
altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo l’id

quod plerumque

accidit,

il minimo

indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che
richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle
condizioni anzidette (ex plurinds, Cass. n. 3676, n. 3673, n.
3678, n. 3680 del 2007).
Il motivo va pertanto accolto, assorbito l’esame del terzo
motivo, mentre va rigettato il primo motivo, la sentenza
impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può
essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso
introduttivo del contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si
liquidano come in dispositivo, mentre vanno compensate fra le
parti le spese dei gradi di merito, per l’incertezza all’epoca
del quadro degli orientamenti giurisprudenziali di riferimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, assorbito
il terzo, e rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata
e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del
contribuente.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese del
giudizio, liquidate in euro 2.000, oltre ad euro 200 per esborsi,
e dichiara compensate fra le parti le spese per i gradi di
merito.
Così deciso in Roma il 6 dicembre 2013.

DEPOSITATOINCANCELLERIA
IL

L.7,2 116, 2014.

organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di

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