Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15017 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. I, 07/07/2011, (ud. 02/05/2011, dep. 07/07/2011), n.15017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.V. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIALE TIRRENO 24 6, presso l’avvocato DI FELICE RENATO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MACE’ GIOVANNI, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTORIO AL VOMANO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso

l’avvocato CARONE FABIANI ACHILLE, rappresentato e difeso

dall’avvocato REFERZA PIETRO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 285/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 18/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/05/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato FRANCO PATELLA, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ANTONIO RUGGERO BIONDI,

con delega, che ha chiesto l’inammissibilità o rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 22.03.2002, il Tribunale di Teramo respingeva per intervenuta prescrizione dell’azionato diritto, la domanda proposta con atto di citazione notificato il 1.07.1993, da N.V. nei confronti del Comune di Montorio al Vomano, volta ad ottenere il risarcimento danni subiti a seguito dell’occupazione sine titulo del terreno in sua proprietà, esteso mq 4210, in Catasto alla P. 5275, F 37, p-lla486, utilizzato dall’ente convenuto per realizzarvi impianti sportivi. Con sentenza dell’8.03- 18.04.2005, la Corte di appello di L’Aquila respingeva il gravame del N. inerente sia alla ritenuta prescrizione della sua pretesa risarcitoria e sia al mancato esame della sua domanda subordinata d’indebito arricchimento. La Corte territoriale osservava e riteneva:

che si verteva in caso di occupazione acquisitiva, integrata dall’irreversibile trasformazione del terreno, destinato alla realizzazione dell’opera pubblica che il Comune, avendo eccepito la prescrizione del diritto azionato dall’appellante, aveva l’onere di dimostrare che le opere erano state compiute nel quinquennio antecedente la notifica dell’atto di citazione, onere debitamente assolto tramite produzioni documentali, ammissibili in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

che con delibera consiliare n. 153 del 29.12.1979, il Comune aveva approvato il progetto esecutivo dei realizzandi impianti sportivi, dichiarati di pubblica utilità, indicando il terreno del N. tra quelli da assoggettare ad occupazione d’urgenza per un triennio decorrente dall’immissione in possesso, avvenuta il 18.12.1980 che con delibera giuntale del 22.02.1984 l’occupazione d’urgenza era stata prorogata sino al 18.12.1985 che nel certificato di ultimazione dei lavori del 14.08.1983, risultava attestato che erano state realizzate tutte le opere di pubblica utilità di cui al progetto oggetto della originaria Delib. n. 153 del 1979 che, inoltre, il 22.08.1988 era stata anche certificata la regolare esecuzione delle opere eseguite, per essere le stessa corrispondenti alle previsioni del progetto principale che non era stato emesso il decreto definitivo di esproprio che dette circostanza oltre che documentate, apparivano incontestate, anche in considerazione delle due relazioni tecniche allegate dall’appellante che, conseguentemente al 1.07.1993, data di inizio del presente giudizio, era incontestabilmente decorso il termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2947 c.c., decorrente dalla verificazione dell’illecito, e ciò tanto considerando il termine prorogato di scadenza dell’occupazione legittima, ossia il 18.12.1985, che il termine di ultimazione delle opere ossia il 14.08.1983;

che, atteso il contenuto dei certificati di ultimazione dei lavori e di loro regolare esecuzione, doveva essere respinta per difetto del requisito della sussidiarietà, la domanda subordinata d’indebito arricchimento, svolta dal N. che infondata era la contestazione del N. secondo cui l’Amministrazione non aveva dimostrato l’epoca esatta in cui il suo terreno era stato occupato e con quali opere Contro questa sentenza il N. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo e notificato il 25.10.2005 al Comune di Montorio al Vomano, che ha resistito con controricorso notificato il 2-6.12.2005 e depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il N. denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115, 116 c.p.c., art. 2727 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti e comunque rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Premesso anche che il primo giudice aveva stabilito quale data d’irreversibile trasformazione del fondo, quella del 27.11.1980, del tutto incongruente, sicchè la prima sentenza non poteva essere confermata, sostiene:

che la produzione documentale di controparte, quand’anche ammissibile, era inidonea a dimostrare la data dell’accadimento e conseguentemente ad individuare l’inizio del termine prescrizionale, dal momento che i certificati non contenevano alcun riferimento al suo fondo, erano generici a differenza del solo verbale d’immissione in possesso, peraltro non rilevante, al pari della sentenza resa tra diverse parti, dal Tribunale di Teramo.

Che la conclusione secondo cui l’opera era stata ultimata prima della scadenza del termine iniziale dell’occupazione temporanea si rivelava contraddittoria rispetto alla ritenuta applicabilità della disposta proroga, in teoria inutile che le sue due relazioni peritali non erano utilizzabili a conforto della pronuncia, perchè contenevano un rilievo aerofotogrammatico dei luoghi, eseguito nell’ottobre del 1983, il quale smentiva che all’epoca della certificata data di ultimazione dei lavori, quest’ultimi concernessero anche il suo terreno. Il ricorso va accolto.

Sebbene, infatti, le censure si risolvano in rilievi critici generici ed in parte anche non pertinenti, tuttavia con esse il ricorrente ha reintrodotto nel dibattito processuale la questione della decorrenza del termine prescrizionale, ragione per cui sul punto non può dirsi formato il giudicato interno. Tale rilievo rende applicabile il condiviso principio di diritto reiteratamente espresso da questa Corte (tra le altre, cass. 2008/22407; 2010/9620;2010/12863; in tema cfr anche cass SU 2003/6853), secondo cui “In tema di occupazione acquisitiva, il termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno vantato dal proprietario del fondo asservito alle finalità dell’opera pubblica non contrasta con l’art. 1 del primo Protocollo della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, essendo un’analoga disciplina prevista per qualsiasi illecito lesivo di diritto soggettivo, anche di rango costituzionale. Peraltro, in mancanza di norme di diritto interno sufficientemente chiare, accessibili, prevedibili, non possono porsi a carico del proprietario dell’immobile irreversibilmente trasformato dalla P.A. le conseguenze derivanti dalla connotazione dell’istituto dell’occupazione appropriativa come illecito istantaneo ad effetti permanenti, sicchè il termine quinquennale della prescrizione non può essere fatto decorrere da epoca anteriore alla data di emissione di tale istituto nella giurisprudenza ed alla sua recezione da parte della L. n. 458 del 1988”.

Nella specie, dunque, il dies a quo del termine quinquennale di prescrizione non poteva in ogni caso farsi decorrere dall’illecito, anteriore alla data (3.11.1988) di entrata in vigore della citata normativa.

Conclusivamente il ricorso deve essere accolto e l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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