Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15017 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15017 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

IRAP

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato
presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;
ricca:rente
contro

r /3
PANINI MASSIMD,

rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Bassoli,

ed elottivamente- domiciliato in Roma presso l’avv. Alberigo
Panini alla piazza Adriana n. 15;
– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
del Tazio n- 68/40/08, depositata il 6 maggio 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27 novembre 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udita l’avvocato dello Stato Paola Zerman per la
ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso per
raccoglimento ricorso.

Data pubblicazione: 02/07/2014

SYCSIIBIENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
affidato ad un motivo, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale del Lazio che, accogliendo
l’appello di Massimo Panini, ingegnere, gli ha riconosciuto il
diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999,
2000, 2001, 2002, 2003, 2004.
Il contribuente resiste con controricorso.
Con l’unico motivo, denunciando omessa motivazione su un
punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, n.
5, cod. proc. civ., l’amministrazione ricorrente lamenta che il
giudice d’appello non abbia sufficientemente motivato la
decisione impugnata con riferimento alla specifica deduzione
dell’amministrazione appellante circa la presenza di beni
strumentali del valore di oltre 150 milioni di lire, omettendo
ogni considerazione in ordine all’evidenziata indicazione nel
modello unico di compensi erogati a personale dipendente per
oltre 135 milioni di lire.
Il motivo è fondato.
Costituisce

infatti

consolidato

principio

nella

giurisprudenza di questa Corte in materia, quello secondo cui, a
norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo
periodo, e 3, coma 1, lettera c), del d.lgs. 15 dicembre 1997,
n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui
all’art. 49, comma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è
escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti
di attività non autonomamente organizzata: il requisito della
“autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice
di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se
congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia,
sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non
sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad
altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo

l’id quod plerumque accidn,

il minimo

indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di
lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che

2

NOMI reuA DEccacte

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D P.R. 26/4/1986

M 131 TAB.ALL.B. –

5
NATERIVINDUTAM%
richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle
condizioni anzidette (ex plurimds, Cass. n. 3676, n. 3673, n.
3678, n. 3680 del 2007).
La

motivazione

dell’accertamento

dell’insussistenza

dell’autonoma organizzazione, nella sentenza impugnata – secondo
la quale “tenuto conto di quanto affermato dalla Corte e
considerato che nella fattispecie non è ravvisabile la condizione

sub b), ovvero l’impiego di “beni strumentali eccedenti, secondo
l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per

l’esercizio di un’attività in assenza di organizzazione”, in
riforma della decisione impugnata dichiara dovuto il rimborso” -,
a fronte della puntuale e circostanziata censura
dell’amministrazione – che ha trascritto nel ricorso i passi
dell’atto di costituzione in appello, indicandone la pagina, nei
quali si rileva tra l’altro, “a titolo di esempio…, che dal
modello unico presentato per l’anno d’imposta 1998 risultano beni
strumentali per lire 164.879.000, compensi per lire 273.358.000,
spese per prestazioni di lavoro dipendente di lire 136.128.000,
mentre dal modello unico presentato per l’anno d’imposta 2000
risultano addirittura compensi per lire 404.806.000” (nel
controricorso,

del resto, si fa parola della “esistenza di una

segreteria di studio”)-, si appalesa come insufficiente e
inadeguata.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va
cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione
della Commissione tributaria regionale per il Lazio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale del Lazio.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2013
Il consigliere estensore

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL

, 2 LIE, 2014

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