Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15012 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. un., 28/05/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 28/05/2021), n.15012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38678/2019 proposto da:

ASM PAVIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 30, presso

lo studio del Dott. ALFREDO PLACIDI, rappresentata e difesa dagli

avvocati PAOLO RE, e FRANCESCO ADAVASTRO;

– ricorrente –

contro

P.A. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44, presso

lo studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato STEFANO SONZOGNI;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI BEREGUARDO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7752/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 12/11/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/04/2021 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO;

lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale Aggiunto Dott.

LUIGI SALVATO, il quale chiede che la Corte dichiari il ricorso

inammissibile.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La P.A. s.r.l., società operante nel settore dei servizi di igiene urbana, proponeva appello avverso la sentenza del TAR Lombardia n. 2746/2018, con cui era stato respinto il suo ricorso per l’annullamento della Delib. con cui il Comune di Bereguardo aveva affidato in via diretta alla società in house ASM PAVIA s.p.a., da esso partecipata insieme ad altri Comuni della Provincia di Pavia, il servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani e dei servizi complementari per un settennio, a decorrere dal 1 marzo 2018 (con Delib. Consiglio Comunale 26 febbraio 2018, n. 9).

In particolare, il citato TAR aveva respinto tutte le censure della società ricorrente con cui si era dedotto:

– che erano mancanti i requisiti per l’affidamento dei servizio secondo il modello dell’in house providing;

– che era stata violata la disciplina di legge relativa agli affidamenti in house di servizi in rete contenuta nel D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 3-bis, comma 1-bis, convertito dalla L. 14 settembre 2011, n. 148;

– che non era stata dimostrazione dei presupposti di legittimità e convenienza economica per l’affidamento in house di un servizio pubblico locale di rilevanza economica, richiesta ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 34, comma 20, convertito dalla L. 17 dicembre 2021, n. 221.

2. Decidendo sull’appello della citata P.A. s.r.l., il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) lo ha accolto con sentenza n. 7752/2019 (pubblicata il 12 novembre 2019) e, per l’effetto, ha annullato l’atto impugnato con il ricorso proposto dinanzi al suddetto TAR.

A fondamento dell’adottata decisione, il Consiglio di Stato, previamente respinte le pregiudiziali eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, ha ritenuto fondato il gravame avuto, in particolare, riguardo alla contestazione sulla duplice valenza delle partecipazioni societarie di ASM, in specie in LGH, sia quale indice sintomatico della vocazione commerciale della stessa ASM, sia con riferimento al requisito attinente alla quota minima di ricavi derivanti dagli affidamenti degli enti soci, violato ed in ogni caso eluso attraverso le attività indirettamente svolte attraverso le società partecipate. In sostanza, con la sentenza di appello, si è affermato che, mediante la partecipazione in LGH e l’accordo di partnership con il nuovo socio industriale A2A” la ASM Pavia aveva una duplice vocazione, di società strumentale allo svolgimento di servizi pubblici da un lato e di operatore di mercato dall’altro, mantenuta dopo la liberalizzazione dei settori relativi alla vendita di gas ed energia elettrica dapprima attraverso il controllo congiunto di maggioranza assoluta in LGH con le altre società pubbliche locali, e poi anche attraverso la partnership strategica con il nuovo socio industriale A2A.

Il giudice amministrativo di appello riteneva, altresì, fondate le argomentazioni dell’appellante sull’insussistenza del concorrente requisito della soglia minima di oltre l’80% di fatturato derivante dagli affidamenti diretti degli enti soci.

3. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso, per motivi di giurisdizione ai sensi dell’art. 110 c.p.a. e art. 362 c.p.c., dinanzi a queste Sezioni unite la ASM PAVIA s.p.a., resistito con controricorso dalla P.A. s.r.l.. L’altro intimato Comune di Bereguardo non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Le difese di entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo proposto la società ricorrente ha invocato l’accertamento e la declaratoria dell’eccesso di potere giurisdizionale per radicale stravolgimento delle regole del rito, con conseguente violazione del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 40, comma 1, lett. d) e comma 2, art. 64, comma 2 e art. 104, nonchè violazione dei canoni dell’effettività della tutela e del giusto processo di cui agli artt. 1 e 2 dello stesso D.Lgs..

Con tale censura la ricorrente ha inteso confutare l’impugnata sentenza del Consiglio di Stato nella parte in cui, da un lato, aveva disatteso le eccezioni di inammissibilità della doglianza riconducibile al citato art. 104, comma 1, c.p.a., per non essere stata la stessa dedotta nel giudizio di primo grado e, dall’altro lato, ritenuta determinante la posizione di controllo di essa ASM Pavia s.p.a. in LGH s.p.a., ancorchè smentita dai documenti esaminati dallo stesso Giudice di appello e posti a fondamento dell’impugnata decisione, uno dei quali, ovvero la Relazione al bilancio 2018 di essa ASM Pavia, irritualmente prodotta nel giudizio di secondo grado.

In sintesi, la ricorrente ha prospettato l’asserito radicale stravolgimento delle denunciate norme di riferimento tale da comportare il dedotto eccesso di potere giurisdizionale, avuto riguardo:

– all’obliterazione del divieto di ampliamento del “thema decidendum” nel giudizio di appello, avendo il Consiglio di Stato statuito sui motivi di doglianza sorretti da nuovi fatti e prospettazioni contrarie a quanto affermato da essa ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio in violazione del divieto dei “nova” previsto dall’art. 104 c.p.a. e della natura illustrativa delle memorie conclusionali e di replica;

– alla oretermissione di ogni regola di corretto inquadramento del fatto, alla luce delle affermazioni di essa ricorrente e del principio di non contestazione di cui all’art. 64, comma 2, c.p.a.;

– al travisamento delle risultanze di fatto offerte in sede processuale, covJto ad un’evidente svista nella lettura ed esame dei documenti acquisiti al processo;

– all’omesso apprezzamento del comportamento processuale della parte appellante, che mai aveva ritualmente denunciato il preteso, e insussistente, difetto in capo ad essa ASM Pavia s.p.a.; ai fini del lamentato affidamento in house, del requisito della prevalenza dell’attività sociale nei confronti degli enti propri soci in conseguenza della pretesa propria situazione di controllo su LGH s.p.a..

Rileva il collegio che il ricorso è inammissibile siccome proposto al di fuori dei limiti di ammissibilità propriamente previsti dall’art. 110 c.p.a. e art. 362 c.p.c., risultando, invero, l’impugnata sentenza censurata per asserite violazioni processuali od erroneità di valutazioni probatorie (come in precedenza riportate), non vedendo, quindi, contestata la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, bensì facendo valere pretesi errores in procedendo ed in iudicando, come tali rimessi alla cognizione del Consiglio di Stato, quale giudice di ultimo grado della giurisdizione amministrativa.

Deve, infatti, ribadirsi quanto più volte affermato da questa Corte secondo cui non sussiste eccesso giurisdizionale quando il giudice svolge attività interpretativa delle norme. Il sindacato delle Sezioni Unite della Cassazione sulle decisioni del giudice amministrativo è, infatti, circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi concernenti l’ambito della giurisdizione in generale o il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione, con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale, cui attengono invece gli “errores in iudicando”, o anche “in procedendo”, i quali esorbitano dai confini dell’astratta valutazione di sussistenza degli indici definitori della materia ed investono l’accertamento della fondatezza o meno della domanda.

In concreto, infatti, con il ricorso in questione la ASM Pavia s.p.a. ha incentrato la complessiva censura sull’asserita violazione del divieto di estensione del “thema decidendum” nel giudizio di appello, sulla ritenuta inosservanza del principio di non contestazione, sul prospettato travisamento delle risultanze fattuali acquisite in sede processuale e sulla supposta mancata valutazione del comportamento processuale dell’appellante P.A. s.r.l..

Trattasi, dunque, di censure attinenti, nel loro complesso, alla denuncia di violazioni di ordine processuale, inerenti all’apprezzamento e all’asserita erronea ricognizione delle risultanze istruttorie, senza, quindi, mettere propriamente in discussione i limiti esterni della giurisdizione amministrativa ed il superamento degli stessi da parte del Consiglio di Stato, con la sentenza oggetto del ricorso.

Costituisce ormai principio consolidato nella giurisprudenza di queste Sezioni unite che in materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del limite esterno della giurisdizione che l’art. 111 Cost., comma 8, affida alla Corte di cassazione – non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche o valutative del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori “in iudicando” o “in procedendo”, senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione o di apprezzamento probatorio, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l’interpretazione delle norme e la valutazione delle acquisizioni probatorie costituisce il “proprium” distintivo dell’attività giurisdizionale.

Il sindacato delle Sezioni Unite della Cassazione sulle decisioni del giudice amministrativo è, infatti, circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi concernenti l’ambito della giurisdizione in generale o il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione, con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione Giurisdizionale, cui attengono invece gli errori di giudizio, o anche di natura processuale, i quali esorbitano dai confini dell’astratta valutazione di sussistenza degli indici definitori della materia ed investono l’accertamento della fondatezza o meno della domanda (tra le molte, Cass., S.U., 29 dicembre 2017, n. 31226; Cass., S.U., 27 aprile 2018, n. 10264). E ciò quale che sia la gravità della violazione, anche ove essa attinga alla soglia del c.d. stravolgimento delle norme ci rifermento, sostanziali o processuali, applicate (cfr., tra le tante e più recenti, SU n. 8311/2019 e SU n. 27770/2020).

A tal proposito si è precisato che alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale – la quale ha carattere vincolante perchè volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse Giurisdizioni dalla Costituzione, nonchè i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8 – il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per “invasione” o “sconfinamento” nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per “arretramento” rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonchè le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione. L’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorchè il Giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento “abnorme o anomalo” ovvero abbia comportato uno “stravolgimento” delle “norme di riferimento”, atteso che in questi casi può profilarsi, eventualmente, un “error in iudicando”, ma non una violazione dei limiti esterni della Giurisdizione.

In questo senso si è anche affermato (cfr. SU 27 giugno 2018, n. 16974) che “è un inaccettabile paralogismo l’affermazione che la mancata o inesatta applicazione di norme di legge determinerebbe la creazione di una norma inesistente e, quindi, l’invasione della sfera di attribuzioni del potere legislativo o amministrativo, con la conseguenza che il controllo sulla giurisdizione non è estensibile alla prospettazione di pure e semplici violazioni o false applicazioni di legge, anche processuale, ascritte al giudice speciale”.

2. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la derivante condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo, mentre non vi è luogo a provvedere circa il rapporto processuale instauratosi tra la stessa ricorrente e il Comune di Bereguardo, rimasto intimato.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

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