Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15011 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. I, 07/07/2011, (ud. 21/04/2011, dep. 07/07/2011), n.15011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – rel. Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. Di VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 3, presso l’avvocato

GIOVANNI TOGNON, rappresentata e difesa dall’avvocato FIORILLO

ERNESTO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il

26/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2011 dal Presidente Dott. DONATO PLENTEDA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso 23 giugno 2008 R.M. chiese alla Corte di appello di Brescia nei confronti del Ministero della giustizia la liquidazione dell’indennizzo in ragione di Euro 38.000,00 per il danno non patrimoniale e di Euro 744.000,00 per il patrimoniale, in conseguenza del ritardo del giudizio presupposto, avviato nei suoi confronti (e nei confronti di alcuni condomini dello stabile da lei occupato) il 20 giugno 1989 presso il tribunale di Milano da altri condomini, nel quale essi convenuti avevano invocato la usucapione in ordine ad un accesso alla via pubblica.

Il giudizio si era concluso in primo grado il 14 luglio 1997; nel secondo grado il 19 gennaio 2004 mentre in cassazione risultava ancora pendente, benchè attivato nel febbraio 2005.

La corte territoriale ha stimato ragionevole la durata di quattro anni per il primo grado, e per l’appello e uno per la cassazione, con l’effetto di liquidare per i residui 12 anni l’indennizzo di Euro 12.000,00, a titolo di danno non patrimoniale, considerando compatibile con i parametri della Corte Europea il criterio del ristoro limitato alla durata eccedente il termine ragionevole adottato dalla Legge Italiana n. 89 del 2001. Ha negato invece fondamento alla richiesta di danno patrimoniale, per l’aggravio di spese legali sostenute nel corso del giudizio, osservando che esse non hanno causa esclusivamente nella scelta di ricorrere all’azione giudiziaria e che il rimborso a norma degli artt. 91 e 92 c.p.c. deve essere richiesto nel giudizio presupposto; mentre ha giudicato priva di qualunque prova la pretesa connessa alla incommerciabilità dell’immobile per effetto della trascrizione della citazione nel giudizio presupposto.

Propone ricorso con due motivi R.M.; resiste con controricorso il Ministero della Giustizia. Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 e degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. e art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, in riferimento alla misura dell’indennizzo.

Rileva che essendo il parametro di liquidazione della Cedu compreso tra Euro 1500,00 e 2000,00 ad anno di durata del processo, la gravità dei fatti esposti avrebbe dovuto attestare la liquidazione sulla misura massima e cioè di Euro 2000,00.

Con il secondo mezzo è denunziata la violazione del predetto art. 2 in relazione al negato indennizzo per danno patrimoniale. Deduce la ricorrente che le spese legali sono commisurate all’attività svolta e la parte non può farsi carico del danno patrimoniale quale conseguenza dell’eccessivo protrarsi del giudizio; del pari, con riferimento alla commerciabilità dell’immobile, pregiudicata dalla domanda trascritta presso la Conservatoria dei registri immobiliari.

Il primo motivo è infondato essendo stato laconicamente riferito a generici parametri Cedu, senza che la pretesa indennitaria sia stata correlata a poste in gioco e a specifiche circostanze giustificatrici della elevazione, in deroga, del parametro minimo che la Corte Europea ha individuato in Euro 1000,00 (v. sul punto Cass. 8521/2008;

402/2009).

Infondato è anche il secondo motivo, atteso che la liquidazione delle spese processuali è attribuita al giudice della causa presupposta, il quale è chiamato ad apprezzare il costo del giudizio nella concretezza delle sue articolazioni anche temporali; mentre l’invocato danno patrimoniale da perdita delle opportunità di alienazione dell’immobile è rimasto mera enunciazione, non essendosi non solo provato ma neanche dedotto che l’immobile sia stato posto in vendita e che i tentativi di alienazione siano stati in concreto vanificati dalla presenza della trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliari.

Le spese seguono soccombenza e si liquidano – ratione valoris, in relazione al petitum – in Euro 5500,00, per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali in Euro 5.500,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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