Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1501 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 25/01/2021), n.1501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7598/2019 r.g. proposto da:

O.J., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Ennio

Cerio, presso il cui studio elettivamente domicilia in Campobasso,

alla via Mazzini n. 112;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO depositato il

24/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 09/12/2020 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.J., nativo della (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Campobasso del 24 gennaio 2019, reso nel procedimento n. 1857/2018, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria o il rilascio del permesso di soggiorno) per motivi umanitari. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

1.1. Quel tribunale ritenne che: i) il racconto del richiedente (che aveva riferito di essere fuggito dalla (OMISSIS) temendo di poter essere arrestato in quanto omosessuale) era risultato inattendibile, perchè caratterizzato da “elementi di contraddizione e di generalità”, non essendo l’ O. “…stato in grado di descrivere la sua omosessualità ed il percorso emotivo che lo ha portato a tale consapevolezza”, nè avendo circostanziato “gli eventi nel tempo e nello spazio” ed avendo precisato di “non aver subito alcuna reale e concreta minaccia nel suo Paese, ma solo di sapere di essere ricercato dalla polizia, senza peraltro provare tale circostanza”; ii) dai rapporti internazionali consultati, specificamente individuati ed indicati, non era emerso che la zona della (OMISSIS) di provenienza dell’ O. fosse oggetto di guerre civili o situazioni di conflitto generalizzato; iii) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, non essendo state dedotti e dimostrati stati patologici, nè specifiche condizioni di vulnerabilità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, in relazione al riconoscimento della protezione internazionale”. Si assume che, in (OMISSIS), “…il semplice fatto di avere rapporti omosessuali (previo pagamento del prezzo ovvero per intimo orientamento sessuale) costituisce reato”, sicchè “il tribunale avrebbe dovuto considerare se il mercimonio non costituisca, di per sè, rischio a trattamento disumano o degradante, ovvero il rischio di subire incarcerazione per qualcosa che in sè, in Italia, non costituisce reato”.

1.1. Tale doglianza si rivela inammissibile perchè mostra di non cogliere appieno la ratio decidendi del decreto impugnato, che, come si è detto, ha ritenuto inattendibile il racconto del richiedente protezione circa la sua stessa condizione di omosessualità, con conseguente irrilevanza dell’accertamento, pretesamente omesso, oggi invocato dal ricorrente.

1.2 Infatti, è sicuramente vero che l’accertamento che il giudice investito di una domanda di protezione internazionale deve effettuare involge la complessiva situazione socio politica del Paese di provenienza del richiedente asilo, soprattutto (ma non solo) sotto il profilo dello specifico rischio da lui lamentato, ma è altrettanto innegabile che l’eventuale omissione di una puntuale verifica concernente, in particolare, quest’ultimo aspetto può assumere rilevanza esclusivamente laddove sulle circostanze fattuali poste a fondamento della dedotta situazione di rischio il richiedente medesimo (diversamente da quanto accaduto nella specie) sia considerato attendibile.

1.2. A tanto deve solo aggiungersi che questa Corte, ancora recentemente, ha ribadito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr., ex multis, Cass. n. 25314 del 2020; Cass. n. 3340 del 2019). Nessuna specifica censura in tal senso è stata sollevata dall’ O., il cui concreto argomentare sul punto nemmeno rispetta le puntuali modalità di deduzione di un siffatto vizio come precisate da Cass., SU, n. 8053 del 2014.

2. Il secondo motivo denuncia “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8”, per avere il tribunale valutato in maniera apodittica la situazione dell'(OMISSIS) della (OMISSIS), non indicando alcuna fonte internazionale qualificata se non un mero richiamo all’ultimo rapporto (2017-2018) di Amnesty International sulla stessa (OMISSIS), ed escludendo l’esistenza di una condizione di pericolo dovuta a violenza diffusa ed incontrollata in modo non sufficientemente adeguato.

2.1. Anche questa doglianza è inammissibile, recando esclusivamente censure di merito finalizzate a sollecitare, in ordine alla sussistenza, nell'(OMISSIS) della (OMISSIS), di una situazione di violenza generalizzata e diffusa derivante da conflitto armato, una diversa valutazione fattuale rispetto a quella operata dal giudice a quo, neppure svolgendo critiche specifiche al preciso rilievo del tribunale secondo cui una siffatta situazione di violenza indiscriminata è presente in (OMISSIS) solo in alcune zone, tra cui non rientra l'(OMISSIS). Questa Corte, peraltro, ha già ripetutamente chiarito che, in tema di protezione internazionale dello straniero, nell’ordinamento italiano la valutazione della “settorialità” della situazione di rischio di danno grave (da effettuare, peraltro, come si è già anticipato, pure sulla base di fonti riguardanti la tipologia di rischio specificamente dedotto, ove sia stato ritenuto attendibile e circostanziato il racconto del richiedente protezione) deve essere intesa, alla stregua della disciplina di cui al D.Lgs. n. 25 del 2007, nel senso che il riconoscimento del diritto ad ottenere lo status di rifugiato politico, o la misura più gradata della protezione sussidiaria, non può essere escluso in virtù della ragionevole possibilità del richiedente di trasferirsi in altra zona del territorio del Paese d’origine, ove egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi, mentre non vale il contrario, sicchè il richiedente non può accedere alla protezione se proveniente da una regione o area interna del Paese d’origine sicura, per il solo fatto che vi siano nello stesso Paese anche altre regioni o aree invece insicure (cfr. Cass. n. 21030 del 2020; Cass. n. 13088 del 2019).

2.2. La giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha già ritenuto che il rapporto di Amnesty International rientra tra le fonti internazionali da cui trarre informazioni sul Paese di provenienza del richiedente protezione (cfr., ex multis, Cass. n. 24940 del 2020; Cass. n. 13253 del 2020; Cass. n. 13449 del 2019). Nè l’odierno ricorrente ha indicato fonti diverse, precedentemente sottoposte all’attenzione del menzionato tribunale, da cui attingere un convincimento differente da quello esplicitato da quest’ultimo (cfr. Cass. n. 29056 del 2019). A tanto deve solo aggiungersi che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati…”, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale, non potendo, per contro, addebitarsi la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte (cfr. Cass. n. 2355 del 2020; Cass. n. 30105 del 2018).

3. Il terzo motivo prospetta “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 ed alla circolare n. 3716 del 30.7.2015 della Commissione Nazionale per il Diritto di asilo”, così censurando il mancato riconoscimento, in favore dell’odierno ricorrente, della protezione umanitaria.

3.1. Pure questo motivo è inammissibile.

3.2. Invero, il carattere “aperto” dei motivi di accoglienza tutelati con la protezione umanitaria non fa venir meno la necessità dell’effettivo riscontro di una situazione di vulnerabilità che deve partire dalla situazione del Paese di origine del richiedente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della sua partenza (cfr. Cass. n. 22764 del 2020, resa in fattispecie affatto analoga).

3.2.1. Nella specie, il decreto impugnato ha escluso, sulla scorta di fonti specificamente indicate, che nella zona di provenienza del richiedente sussistano situazioni di violenza indiscriminata o di deprivazione dei diritti umani fondamentali, nè, tanto meno, il richiedente (giudicato inattendibile quanto alla dedotta sua omosessualità) ha allegato situazioni personali di vulnerabilità tali da giustificare la protezione predetta, essendosi limitato ad invocare una tutela a fronte della situazione generale di insicurezza del Paese d’origine.

3.3. In definitiva O.J., con le odierne censure, per come concretamente (ed affatto genericamente) argomentate, tenta sostanzialmente di opporre alla valutazione fattuale contenuta nel decreto impugnato una propria alternativa interpretazione, sebbene sotto la formale rubrica del vizio di violazione di legge, mirando ad ottenerne una rivisitazione (e differente ricostruzione), in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un ulteriore grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis, Cass. n. 25314 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).

4. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

 

 

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