Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15007 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 15007 Anno 2015
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso, l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
• rapiSteSenta e difende ex lege
– ricorrente contro

Monica Anna, Monica Barbara, Monica Giovanni e
Rovesti Raffaella, in qualità di soci della cessata
società semplice Azienda Agricola “Il Picco”,
elettivamente domiciliati in Roma Via Cola di
Rienzo 180, presso lo studio dell’Avv.to Paolo
Fiorilli, e rappresentati e difesi dal Prof. Avv.to
Marco Miccinesi e dal Prof. Avv.to Francesco
Pistolesi, in forza di procura speciale a margine
del controricorso
controricorrenti e

Società semplice Azienda Agricola “Il Picco”, in
persona del legale rappresentante p.t.,
Intimata e

Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente

Data pubblicazione: 17/07/2015

p.t.,

intimata

avverso la sentenza n. 58/22/2007 della Commissione
Tributaria regionale dell’Emilia-Romagna Sezione
staccata di Parma, depositata il
30/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella

Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avvocato dello Stato, Giancarlo Caselli,
per parte ricorrente, e l’Avv.to Marco Badagliacca,
su delega, per parte controricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso
per il rigetto del primo motivo e l’accoglimento
del secondo motivo.
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di
Monica Anna, Monica Giovanni, Monica Barbara,
Rovesti Raffaella, quali soci della

“cessata”

Azienda Agricola Il Picco, nonché della stessa
società semplice Azienda Agricola Il Picco e della
Regione Emilia Romagna, avverso la sentenza della
Commissione Tributaria Regionale dell’EmiliaRomagna

n.

58/22/2007,

depositata

in

data

30/04/2007, con la quale – in controversia
concernente l’impugnazione, da parte dell’Azienda
Agricola 11 Picco, società semplice derivata da una
società agricola irregolare, ai sensi dell’art.3
comma 68 e ss. 1.662/1996, del silenzio-rifiuto
opposto dall’Ufficio erariale di Parma, in
relazione ad una istanza di rimborso dell’IRAP
versata nell’anno 2002 – è stata riformata la
decisione n. 29/04/2005 della Commissione

pubblica udienza del 2/04/2015 dal Consigliere

Tributaria Provinciale di Parma, che aveva respinto
il ricorso della società contribuente.
In particolare, la società contribuente, che, nella
dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2002
aveva optato, ai sensi dell’art.9 comma 2 d.lgs.
446/1997, per il regime ordinario, di cui all’art.5
dello stesso decreto, di determinazione della base
imponibile ai fini IRAP, indicando tra i ricavi le

anno, di alcuni terreni, divenuti suscettibili di
utilizzazione edificatoria, invocava la non debenza
dell’IRAP versata, sulla base della non
assoggettabilità ad IRAP di detti proventi, siccome
integranti un evento estraneo all’esercizio
dell’impresa agricola.
I giudici d’appello, nell’accogliere il gravame
proposto dai soci della società semplice,
in data 20/12/2004″,

“cessata

Monica Anna, Monica Giovanni,

Monica Barbara, Rovesti Raffaella, hanno sostenuto
anzitutto che,

“formalmente”,

era venuto meno il

carattere di strumentalità, rispetto all’attività
agricola dell’impresa, dei terreni, per effetto
della loro diversa destinazione urbanistica (anche
se, “di

fatto”,

nulla vietava all’azienda “di

continuare ad utilizzarli per l’attività agricola”,
il che era “probabilmente” accaduto fino alla loro
alienazione). Inoltre, ad avviso della C.T.R.,
l’IRAP sui terreni in oggetto, “siccome qualificati
strumentali all’azienda agricola”,
essere comunque applicata

avrebbe dovuto

“al solo aumento di

valore e conseguente plusvalenza – del valore
intrinseco del terreno, prescindendo dalla sua
acquisita edificabilità”.
Gli intimati soci della Azienda Agricola Il Picco
hanno depositato controricorso.

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plusvalenze realizzate con la cessione, in detto

L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex
art.378 c.p.c..
All’udienza del 28/02/2014, è stato disposto rinvio
a Nuovo Ruolo, al fine di acquisire informativa
sulla data esatta di cancellazione della società
dal Registro delle Imprese.
I controricorrenti

hanno depositato memoria ex

art.378 c.p.c., con visura camerale della società.

1. L’Agenzia ricorrente lamenta, con il primo
motivo, un

error in procedendo della sentenza, ex

art.360 n.4 c.p.c., in relazione agli artt.344
c.p.c. e 10,49 e 52 dlgs. 546/1992, invocando la
nullità della sentenza per mancata declaratoria
d’ufficio dell’inammissibilità dell’appello, in
quanto promosso non dalla società semplice, nel
frattempo cessata, in persona dei liquidatori, ma
dai soci, i quali non avevano preso parte al
giudizio di primo grado.
La censura è infondata.
Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 6070/2013) ha
chiarito che “qualora all’estinzione della società,
conseguente alla sua cancellazione dal registro
delle imprese, non corrisponda il venir meno di
ogni rapporto giuridico facente capo alla società
estinta, si determina un fenomeno di tipo
successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni
si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono,
nei limiti di quanto riscosso a seguito della
liquidazione o illimitatamente, a seconda che,
pendente societate, essi fossero o meno
illimitatamente responsabili per i debiti sociali;
b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di
contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed
i beni non compresi nel bilancio di liquidazione

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Considerato in diritto.

della società estinta, ma non anche le mere
pretese, ancorché azionate o azionabili in
giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o
illiquidi la cui inclusione in detto bilancio
avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale
o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da
parte del liquidatore – il quale abbia proceduto
senza prima svolgere alcuna attività volta a far

di ritenere che la società vi abbia rinunciato.”.
In sostanza, il fenomeno successorio dei soci opera
anche nei rapporti attivi, non definiti in sede di
liquidazione del patrimonio sociale

(“Il fatto che

sia mancata la liquidazione di quel beni o di quei
diritti, il cui valore economico sarebbe stato
altrimenti ripartito tra i soci, comporta soltanto
che, sparita la società, s’instauri tra i soci
medesimi, ai quali quei diritti o quel beni
pertengono, un regime di contitolarità o di
comunione indivisa, onde anche la relativa gestione
seguirà il regime proprio della core„titolarítà o
della comunione”).
La Corte ha inoltre osservato che, per ovvie
ragioni di coerenza dell’ordinamento, la medesima
conseguenza sistematica non potrebbe non esser
tratta anche per quel che concerne gli effetti
successori della cancellazione dal registro di una
società di persone, che non abbia liquidato
interamente i rapporti pendenti, quantunque a
questo tipo di società non si applichi la speciale
disposizione del citato secondo comma dell’art.
2495 c.c.. Le S.U. hanno, infine, precisato, sotto
il profilo processuale, che

“la cancellazione

volontaria dal registro delle imprese di una
società, a partire dal momento in cui si verifica

accertare il credito o farlo liquidare – consente

l’estinzione della società medesima, impedisce che
essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta
in giudizio”

e

“se l’estinzione della società

cancellata dal registro intervenga in pendenza di
un giudizio del quale la società è parte, si
determina un evento interruttivo del processo,
disciplinato dagli artt. 299 e segg. c.p.c., con
possibile successiva eventuale prosecuzione o

confronti del soci”.
Da ultimo, peraltro, le stesse Sezioni unite di
questa Corte, tornate ad occuparsi degli effetti
processuali conseguenti al verificarsi di uno degli
eventi previsti nell’art. 299 c.p.c., hanno
affermato la perdurante operatività della regola
dell’ultrattività del mandato difensivo (Cass. civ.
sez. un. 4 luglio 2014, n. 15295). Tale statuizione
– peraltro originata proprio da un’ordinanza di
rimessione che si era interrogata sulla
estensibilità,

alle vicende successorie delle

persone fisiche, dei principi affermati dalla
sentenza n.

6070 del 2013, sopra richiamata,

espressamente in materia societaria ha
definitivamente e completamente

“capovolto il

principio per cui l’esigenza di stabilità del
processo debba intendersi limitata al grado di
giudizio in cui l’evento interruttivo è occorso,
per sancire, nei sensi teste precisati, l’opposta
regola dell’ultrattività del mandato”

(in termini

Cass.23141/2014).
Tanto premesso, i soci della società, cancellata
dal Registro delle Imprese nel marzo 2005, erano,
in ogni caso, legittimati a proporre appello
avverso la decisione di primo grado (intervenuta
nel 2005, allorché già si era verificato l’evento

riassunzione del medesimo giudizio da parte o nel

interruttivo, non dichiarato in detto grado).
2. Con il secondo motivo, l’Agenzia contesta, ai
sensi dell’art.360 n. 3 c.p.c., la violazione e
falsa applicazione dell’art.2425 c.c., nonché degli
artt.5,6,7,9 e 11 comma 3 del d.lgs. 446/1997, per
non avere i giudici d’appello ritenuto che il
ricavato della cessione, dall’azienda agricola ad
un’impresa edile, di terreni, che avevano acquisito
edificabile,

comportava

comunque

una

plusvalenza relativa ad un bene strumentale,
concorrente

alla

determinazione

della

base

imponibile Irap.
La censura è infondata.
2.1. E’ pacifico che l’impresa agricola Il Picco
aveva, ai sensi dell’art.9 d.lgs. 446/1997, optato
per la determinazione della base imponibile, ai
fini IRAP, secondo le norme previste nell’art. 5
dello stesso decreto.
Ora, la base imponibile dell’IRAP, ai sensi del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 4 e 5,
vigente ratione temporis

(anno 2002), è il “Valore

della produzione netta”,

determinata dalla

differenza con riguardo alla somma delle voci in
essa classificabili in base all’art. 2425 c.c.,
comma 1, lett. A)

(“Valore della Produzione”) – che

al n. l elenca i
prestazioni”

“ricavi delle vendite e delle

ed al punto 5

“altri ricavi e

proventi, con separata indicazione dei contributi
in conto esercizio”

e la somma di quelle

classificabili nei costi della produzione di cui
alla lettera B) del medesimo comma, ad esclusione
delle perdite su crediti e delle spese per il
personale dipendente.
Non è dunque richiamata (con conseguente non
considerazione dei relativi valori ai fini della

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natura

determinazione)

la voce E dell’art.2425 c.c.,

“proventi ed oneri straordinari”,
anche (punto 20) i

che ricomprende

“proventi, con separata

indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui
ricavi non sono ascrivibili al n. 5”,

vale a dire,

a titolo esemplificativo, tra l’altro, le
plusvalenze derivanti dalla cessione di beni
strumentali alla normale attività produttiva,

rilevanza rispetto alla totalità dei beni
strumentali utilizzati per la suddetta attività
produttiva, commerciale o di servizi.
Ai sensi dell’art.11 comma 3, d.lgs. 446/1997, nel
testo

vigente ratione temporis,

ai fini della

determinazione della base imponibile ai fini IRAP,
in base al pregresso art.5, tuttavia, concorrono
“le plusvalenze e le minusvalenze relative a
beni strumentali non derivanti da operazioni di
trasferimento di azienda”.
2.2. I controricorrenti ritengono inapplicabile
detta disposizione, in guanto essa fa riferimento a
plusvalenze relative a beni strumentali, tali non
potendosi qualificare invece, essendo intervenuto
mutamento della destinazione in

“edificabili”,

terreni oggetto della cessione de qua.
Ora, la giurisprudenza di questa Corte (Cass.
5366/1999;

Cass.27576/2008;

Cass.

8327/2014;

Cass.3436/2015), con riguardo al regime di
tassazione – IVA o imposta di Registro – cui
assoggettare la cessione a titolo oneroso, da parte
di impresa agricola, di immobile che abbia
acquisito una destinazione (edificatoria) diversa
da quella goduta allorché era stato impiegato
nell’attività produttiva, si e consolidata nel
senso dell’ esclusione dell’applicabilità dell’IVA

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commerciale o di servizi, ma aventi una notevole

all’operazione imponibile. La Corte ha affermato
“assunto il carattere di

che, avendo il terreno

suolo destinato alla edificazione, così perdendo la
qualità di bene strumentale cioè di bene relativo
all’impresa, come desumibile dal coordinato
disposto degli artt.54 e 40 del TUIR (DPR
917/1986)”,

detto bene è

“uscito dalla tipologia

degli atti soggetti ad IVA considerati dall’art.2
(Cass.5366/1999). La determinazione

dell’imprenditore di escludere il bene
(trasformatosi, per effetto di modifica del piano
regolatore, in area destinata all’edificazione)
dalla sua organizzazione, in linea con la sua
mutata valenza economica, ha infatti tolto “in via
definitiva”

ad esso

bene strumentale”,

“il carattere originario di

con conseguente assoggettamento

del relativo atto di cessione all’imposta di
registro.
2.3. Ne deriva che, applicando alla presente
controversia tale orientamento (ed in effetti la
contestazione relativa all’IRAP è anche basata
sull’assoggettabilità ad IVA della cessione dei
detti terreni, come evidenziato dallo stesso
ricorso dell’Agenzia delle Entrate), in punto di
perdita del carattere di strumentalità del bene per
effetto della diversa destinazione (da agricola ad
edificatoria), e tenuto conto del disposto ai
dell’art.5 e dell’art.11 d.lgs. 446/1997,
applicabili alla fattispecie, deve concludersi nel
senso che i corrispettivi derivati dall’alienazione
dei terreni di proprietà dell’Azienda Agricola, non
più qualificabili come beni strumentali
all’esercizio dell’attività agricola, non possono
rientrare nella determinazione della base
imponibile ai fini IRAP.

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DPR 633/1972”

MENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEI, D P, R. 26141191,6
N, 131 TAB. ALL. B. – N.5

MATERIA TiaillititiA
3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.
Le spese processuali, tenuto conto del consolidarsi
della giurisprudenza di legittimità in epoca
successiva alla proposizione del ricorso per
cassazione, vanno integralmente compensate tra le
parti.

La

Corte

respinge

il

ricorso;

dichiara

integralmente compensate tra le parti le spese
processuali del presente giudizio di legittimità.
Deciso in Roma, il

2/04/2015,

e, riconvocatasi in

medesima composizione, il 10/06/2015.

P.Q.M.

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