Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15006 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/07/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 15/07/2020), n.15006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO G.M. – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7583/2013 R.G. proposto da:

L. s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, Auto L. s.r.l. in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, e L.M., elettivamente

domiciliati in Roma, via Montaione n. 48, presso lo studio dell’avv.

Francesco Rivellini, rappresentati e difesi dall’avv. Luca Bisori

giusta procura speciale in calce alla memoria di nomina di nuovo

difensore;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 88/05/12 depositata il 17 settembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 88/05/12 del 17/09/2012 la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto da L. s.r.l. in liquidazione, Auto L. s.r.l. in liquidazione e L.M. (di seguito complessivamente contribuenti), avverso la sentenza n. 126/14/10 della Commissione tributaria provinciale di Firenze (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso dei contribuenti avverso gli avvisi di accertamento a fini imposte dirette, IRAP ed IVA relativi agli anni di imposta 2003 e 2004;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione del coinvolgimento dei ricorrenti in un’operazione fraudolenta (cd. frode carosello) perpetrata a mezzo l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti;

1.2. su queste premesse, la CTR affermava, per quanto ancora interessa in questa sede e con specifico riferimento all’IVA, che: a) “la partecipazione, anche solo colpevole se non intenzionale, della società ricorrente all’operazione sistematica di evasione dell’IVA da parte delle società cedenti risulti oggettivamente avvenuta, anche solo a voler concedere l’ipotesi dell’incauto acquisto, trattandosi di società che potevano essere facilmente individuate come imprese fittizie, prive di organizzazione e dipendenti”; b) il cessionario aveva beneficiato dell’operazione fraudolenta lucrando sul prezzo di acquisto; c) la prova della conoscenza da parte del cessionario dell’evasione fiscale perpetrata dal cedente era in realtà ardua, tanto che il legislatore, con il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 bis, aveva introdotto “una forma di responsabilità oggettiva da parte del cessionario, prevedendo la solidarietà ex lege tra cessionario e cedente in caso di mancato versamento dell’imposta da parte di quest’ultimo, evidentemente a prescindere dalla consapevolezza del primo”;

2. i contribuenti impugnavano la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso i contribuenti deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, nonchè della Dir. 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE, artt. 1 e 167 ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che non vi sarebbe prova in atti della consapevolezza degli stessi in ordine alla sussistenza della frode, sicchè essi avrebbero diritto a detrarre l’IVA di cui alle fatture ritenute soggettivamente inesistenti;

2. il motivo è fondato nei limiti delle considerazioni che seguono;

2.1. come di recente evidenziato dalla S.C., “in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non, solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf. Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018);

4.2. nel caso di specie, la CTR ha ritenuto la consapevolezza della frode in ragione della acclarata fittizietà dei cedenti, ma non ha tenuto conto del fatto che la prova della consapevolezza sia posta dalla legge a carico dell’Amministrazione finanziaria e che la stessa debba essere fornita in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà dell’emittente le fatture;

4.3. ne consegue che il giudice di rinvio dovrà indicare se l’Amministrazione finanziaria abbia effettivamente assolto al suo onere probatorio, indicando gli elementi indiziari su cui poggia la eventuale consapevolezza della frode in capo ai ricorrenti;

5. con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 60 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi l’inapplicabilità della norma richiamata con riferimento agli anni d’imposta per cui è controversia;

6. il motivo è inammissibile;

6.1. la CTR ha richiamato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 bis, al fine di offrire un argomento logico alla propria tesi concernente la difficoltà di fornire la prova della consapevolezza della frode, ma la ratio decidendi della sentenza impugnata non si fonda affatto su tale disposizione;

6.2. ne consegue che non c’è nessun interesse dei contribuenti a impugnare la sentenza in parte qua;

7. con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 113 Cost., comma 3, dell’art. 112 c.p.c., e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, evidenziandosi che l’avviso di accertamento avrebbe fatto riferimento esclusivo alla consapevole partecipazione alla frode dei contribuenti;

8. con il quarto motivo di ricorso si deduce motivazione contraddittoria circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziandosi l’assenza di colpa in capo ai contribuenti;

9. i due motivi restano assorbiti in ragione dell’accoglimento del primo motivo;

10. in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo e assorbiti i restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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