Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15006 del 02/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15006 Anno 2014
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 8529-2012 proposto da:
IZZO ADRIANO ZZIDRN68C27H501C, IZZO ANNA
CATERINA ZZINCT60S51H501A, IZZO ANTONIO
ZZINTN64T12H501K, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato STANTSCIA
NICOLA, che li rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– resistente –

s o°

Data pubblicazione: 02/07/2014

contro
EQUITALIA SUD SPA;

intimata

avverso la sentenza n. 72/14/2011 della COMMISSIONE

1’08/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

Ric. 2012 n. 08529 sez. MT – ud. 21-05-2014
-2-

TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 26/01/2011, depositata

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Roma ha respinto l’appello di Izzo Adriano -appello proposto contro la
sentenza n.138/65/2009 della CTP di Roma che aveva già respinto il ricorso del
predetto contribuente- ed ha così confermato l’avviso di liquidazione imposta di
registro-catastale-ipotecaria relativa alla compravendita di data 29.5.2003 di un
immobile da destinare a prima casa di abitazione, compravendita alla quale l’Agenzia
aveva ritenuto non applicabile il beneficio delle agevolazioni ex art.1 della tariffa
parte prima del DPR 131/1986, siccome aveva qualificato detto immobile come casa
di lusso.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che il termine di decadenza
dell’azione impositiva doveva ritenersi quello risultante dalla proroga prevista
dall’art.11 della legge n.289/2002, applicabile anche ai controlli diretti alla verifica
della sussistenza dei requisiti agevolativi qui in discorso. Per quanto concerne la
motivazione del provvedimento, essa doveva ritenersi adeguata, alla luce del fatto che
l’accertamento era stato adottato sulla scorta di un parere dell’Agenzia del Territorio.
Per il resto, i motivi proposto dovevano considerarsi inammissibili, perché integranti
riproposizione di eccezioni già sollevate nel ricorso introduttivo e respinte con idonea
motivazione dal primo giudice, senza che si fosse adempiuto all’onere di formulare
specifiche critiche alle ragioni addotte nella sentenza impugnata.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia si è difesa con atto finalizzato alla sola partecipazione all’udienza di
discussione.

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letti gli atti depositati

Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione degli art.324
e 112 cpc), dopo avere riprodotto il contenuto delle censure proposte in atto di
appello, la parte ricorrente si duole dell’erronea affermazione fatta dal primo giudice

giudice di appello medesimo omesso di pronunciare sulle censure ritenute
inammissibilmente proposte.
Il motivo appare inammissibilmente proposto, per violazione del canone di
autosufficienza, come di quello di specificità dei motivi di ricorso.
Parte ricorrente ha infatti censurato di erroneità gli argomenti sui quali è fondato il
giudizio di inammissibilità espresso dal giudice di appello, senza specificarne le
ragioni, ma limitandosi semplicemente a riprodurre il contenuto dei motivi di censura
in appello, quasi che detto contenuto abbia da essere suggestivo in sé della specificità
di detti motivi, laddove invece la specificità è il risultato di un raffronto tra il
contenuto delle censure e gli argomenti sui quali si fonda la sentenza di primo grado
(che la parte ricorrente non ha neanche dettagliato, così contravvenendo anche
all’onere di autosufficienza), raffronto che dalla parte ricorrente non è stato in alcun
modo proposto come frutto originale del motivo di impugnazione su cui si fonda il
ricorso introduttivo di questo grado.
Con il secondo motivo di censura (centrato sulla violazione dell’art.324 cpc) la parte
ricorrente — dopo avere evidenziato di avere prodotto nel secondo grado di giudizio la
sentenza n.233/39/2009 della CTP di Roma, adottata in favore di Terribile
Gianfranco (quale parte acquirente dell’immobile nell’atto di cui qui si tratta),
asseritamente passata in giudicato sul punto della inapplicabilità della proroga dei
termini previsti dal menzionato art.11 alla questione della revoca dei benefici di cui
qui si tratta- ha asserito che detto assunto “esplica effetti riflessi di giudicato nel
presente giudizio, considerato che i soggetti coinvolti sono tutti parti del medesimo
rapporto processuale e che la Pubblica Amministrazione ha azionato nei confronti di

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circa la inammissibilità di alcuni dei motivi di appello e si duole inoltre per avere il

tali soggetti il medesimo diritto/credito”, eccezione sulla quale la CTR di Roma
aveva omesso di pronunciarsi, così violando anche l’art.112 cpc.
Anche l’anzidetto motivo di impugnazione risulta proposto con modalità
inammissibili.
Da un canto, infatti, la parte ricorrente non specifica in qual modo il giudicante

disciplina del giudicato “riflesso” ma soltanto la disciplina della “cosa giudicata
formale”, identificandosi il come ed il quando del passaggio in giudicato di una
pronuncia giudiziale.
Per il resto ed ove si debba intendere che il motivo di impugnazione è retto anche
dalla dedotta violazione dell’art.112 cpc, basterà evidenziare che la parte ricorrente
non ha delucidato dove e quando è stata proposta al giudicante la censura che è
fondata sulla produzione (in data 22.11.2010) del documento integrato dalla sentenza
n.233/39/2009 della CTP di Roma, sicchè non risulta rispettato il canone di
autosufficienza del ricorso per cassazione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 15 dicembre 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, attese le ridetta modalità di
costituzione della parte vittoriosa.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 21 maggio 2014

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avrebbe violato l’invocata norma dell’art.324 cpc, nella quale non si rinviene alcuna

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