Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15004 del 28/05/2021

Cassazione civile sez. II, 28/05/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 28/05/2021), n.15004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30640-2019 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA alla VIA G.G. BELLI

27, presso lo studio degli avvocati MICHELE GUZZO e DOMENICO

TOMASSETTI che lo rappresentano e difendono giusta procura in calce

all’atto di costituzione in sostituzione dei precedenti difensori;

– ricorrente –

contro

P.R. DITTA INDIVIDUALE, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CATANIA 69/B, presso lo studio dell’avvocato ELENA

CITTADINI, rappresentata e difesa dall’avvocato PATRIZIO CITTADINI

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4820/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/02/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie delle parti.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale di Frosinone con la sentenza an. 1016 del 24 novembre 2015 rigettava la domanda proposta da C.R. nei confronti di P.R., quale titolare dell’omonima ditta individuale, per il pagamento della somma di Euro 4.4327,74 a titolo di compensi professionali per gli anni 2010 e 2012 e per il primo trimestre 2013, nonchè della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, in ragione del mancato pagamento del compenso per il periodo di rinnovo tacito del contratto.

Avverso tale sentenza ha proposto appello il C. cui ha resistito la convenuta, e la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 4820 del 12/7/2019, ha rigettato il gravame, con la condanna dell’appellante anche al rimborso delle spese di lite.

Quanto al primo motivo di appello, con il quale si deduceva che il Tribunale non avrebbe dovuto esaminare l’eccezione di nullità del contratto d’opera intervenuto tra le parti, in quanto l’eccezione era stata tardivamente proposta dalla convenuta, la sentenza rilevava che il motivo stesso era inammissibile in quanto si limitava a riproporre la tesi dell’annullabilità del contratto per effetto dell’entrata in vigore delle previsione di cui al D.Lgs. n. 139 del 2005.

Tuttavia, il Tribunale aveva ritenuto che il contratto fosse affetto da nullità alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 1418 e 2231 c.c., che contemplano la nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente quando il primo sia privo della prescritta iscrizione all’albo, non potendo vantare alcun diritto al compenso per la prestazione resa.

Nella specie, la sentenza di primo grado, pur dando atto che il rapporto contrattuale si era sviluppato nel corso degli anni, ha però osservato che lo stesso restava assoggettato allo ius superveniens, specie laddove questo si configuri alla stregua di una norma imperativa che ponga dei limiti all’autonomia contrattuale.

Ne derivava che, stante l’intervento della disciplina di cui al D.Lgs. n. 139 del 2005, in tema di riforma della professione di commercialista ed esperto contabile, e tenuto conto che la novella ha determinato la nullità del contratto concluso da soggetto non iscritto ai relativi albi, ciò implicava che per il periodo successivo alla sua entrata in vigore il contratto intervenuto tra le parti era affetto da nullità.

Tale ragionamento non era stato minimamente inciso dalle critiche dell’appellante, che si era limitato ad insistere sulla tesi dell’annullabilità.

In relazione al secondo motivo di appello, che verteva specificamente sulla corretta esegesi del D.Lgs. n. 139 del 2005, la Corte distrettuale richiamava le previsioni della norma de qua, ed in particolare l’elencazione delle attività di cui all’art. 1.

Le prestazioni che erano state affidate al C., che era semplicemente munito del titolo di ragioniere, iscritto presso la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Frosinone al ruolo dei periti e degli esperti della sub categoria Tributi dal 1987, con abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali ed al rilascio del visto di conformità, consistevano nel custodire e mantenere in ordine i libri contabili della P. e nell’approntare annualmente il bilancio, la dichiarazione iva, la dichiarazione dei redditi, e quella del sostituto di imposta, come si ricavava dal tenore del contratto del 19 dicembre 2002.

Trattasi di attività che rientrano tra quelle elencate come di competenza tecnica degli iscritti alla Sezione B Esperti contabili del citato art. 1, sicchè, attesa la mancata iscrizione a tale albo da parte dell’appellante, dovevano reputarsi allo stesso precluse, come ormai stabilito dalla giurisprudenza penale di legittimità.

Correttamente era stata quindi dichiarata la nullità del contratto.

Quanto al terzo motivo, che lamentava l’omessa pronuncia sulla domanda subordinata di arricchimento senza causa, la Corte distrettuale richiamava la giurisprudenza di legittimità che, per il caso di nullità del contratto concluso da professionista privo di iscrizione, esclude, oltre all’azione di pagamento del compenso, anche quella ex art. 2041 c.c.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso C.R. sulla base di quattro motivi.

P.R. resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o errata applicazione degli artt. 1418 e 2231 c.c. e dei principi generali in materia di professioni intellettuali, nonchè dell’art. 348 c.p. per avere la Corte d’Appello ravvisato una riserva di attività professionale in favore degli esperti contabili in base alla sola dizione letterale del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 1, comma 4, lett. a) e b).

La sentenza gravata, ritenendo che le prestazioni richieste al ricorrente rientrassero tra quelle che la legge prevede siano svolte dagli esperti contabili, ha concluso nel senso che le stesse fossero precluse ai non iscritti, con ciò individuando un’ipotesi di riserva esclusiva in assenza di una chiara volontà del legislatore.

Trattasi di soluzione che contrasta con il principio della libertà di esercizio dell’attività lavorativa che può soffrire limitazioni solo in presenza di un’univoca volontà della legge. Erroneamente è stata tratta quindi la conclusione della nullità del contratto oggetto di causa, essendo la soluzione in contrasto anche con la giurisprudenza delle sezioni civili di questa Corte, non potendosi trarre alcuna conclusione in tal senso dall’arresto delle Sezioni Unite penali del 2011.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o errata applicazione del D.Lgs. n. 139 del 2005, art. 1, comma 4, lett. a) e lett. b) per avere la Corte distrettuale ritenuto che tale norma abbia posto una riserva in favore degli esperti contabili per le attività ivi previste, con la violazione o errata applicazione anche dell’art. 348 c.p. e di riflesso 2231 c.c., con riguardo alla nuova fattispecie incriminatrice, quale ritenuta integrare il reato secondo Cass. pen. S.U. n. 11545/2012.

Si ribadisce che la novella del 2005 non ha creato alcuna riserva di attività in favore degli esperti contabili, dovendosi quindi mantenere fermo il principio per cui si tratta di attività liberamente esercitabile anche da parte dei non iscritti.

In particolare, tale ultima sentenza ha previsto come reato l’esercizio di tali attività nel caso in cui la condotta dell’esercente ingeneri nei terzi l’oggettiva apparenza di un esercizio professionale connesso all’iscrizione ad albi, situazione di apparenza che nella specie non sussisteva, avendo il ricorrente sempre esplicitato alla controparte il titolo professionale di cui era in possesso, e di cui la controparte aveva comunque mostrato di essere consapevole.

Avuto riguardo agli anni cui si riferisce la richiesta di pagamento del compenso del ricorrente (2010, 2012 e 2013), alla fattispecie risulta pacificamente applicabile la novella di cui al D.Lgs. n. 139 del 2005, il cui art. 1 così recita:

“1. Agli iscritti nell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, di seguito denominato “Albo”, è riconosciuta competenza specifica in economia aziendale e diritto d’impresa e, comunque, nelle materie economiche, finanziarie, tributarie, societarie ed amministrative. 2. In particolare, formano oggetto della professione le seguenti attività: a) l’amministrazione e la liquidazione di aziende, di patrimoni e di singoli beni; b) le perizie e le consulenze tecniche; c) le ispezioni e le revisioni amministrative; d) la verificazione ed ogni altra indagine in merito alla attendibilità di bilanci, di conti, di scritture e di ogni altro documento contabile delle imprese ed enti pubblici e privati; e) i regolamenti e le liquidazioni di avarie; f) le funzioni di sindaco e di revisore nelle società commerciali, enti non commerciali ed enti pubblici.

3. Ai soli iscritti nella Sezione.

A Commercialisti dell’Albo è riconosciuta competenza tecnica per l’espletamento delle seguenti attività: a) la revisione e la formulazione di giudizi o attestazioni in merito ai bilanci di imprese ed enti, pubblici e privati, non soggetti al controllo legale dei conti, ove prevista dalla legge o richiesta dall’autorità giudiziaria, amministrativa o da privati, anche ai fini dell’accesso e del riconoscimento di contributi o finanziamenti pubblici, anche comunitari, nonchè l’asseverazione della rendicontazione dell’impiego di risorse finanziarie pubbliche; b) le valutazioni di azienda; c) l’assistenza e la rappresentanza davanti agli organi della giurisdizione tributaria di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545; d) l’incarico di curatore, commissario giudiziale e commissario liquidatore nelle procedure concorsuali, giudiziarie e amministrative, e nelle procedure di amministrazione straordinaria, nonchè l’incarico di ausiliario del giudice, di amministratore e di liquidatore nelle procedure giudiziali; e) le funzioni di sindaco e quelle di componente altri organi di controllo o di sorveglianza, in società o enti, nonchè di amministratore, qualora il requisito richiesto sia l’indipendenza o l’iscrizione in albi professionali; f) le funzioni di ispettore e di amministratore giudiziario nei casi previsti dall’art. 2409 c.c.; g) la predisposizione e diffusione di studi e ricerche di analisi finanziaria aventi ad oggetto titoli di emittenti quotate che contengono previsioni sull’andamento futuro e che esplicitamente o implicitamente forniscono un consiglio d’investimento; h) la valutazione, in sede di riconoscimento della personalità giuridica delle fondazioni e delle associazioni, dell’adeguatezza del patrimonio alla realizzazione dello scopo; i) il compimento delle operazioni di vendita di beni mobili ed immobili, nonchè la formazione del progetto di distribuzione, su delega del giudice dell’esecuzione, secondo quanto previsto dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, e con decorrenza dalla data indicata dall’art. 2, comma 3-quater, del medesimo decreto; I) l’attività di consulenza nella programmazione economica negli enti locali; m) l’attività di valutazione tecnica dell’iniziativa di impresa e di asseverazione dei business plan per l’accesso a finanziamenti pubblici; n) il monitoraggio ed il tutoraggio dell’utilizzo dei finanziamenti pubblici erogati alle imprese; o) la redazione e la asseverazione delle informative ambientali, sociali e di sostenibilità delle imprese e degli enti pubblici e privati; p) la certificazione degli investimenti ambientali ai fini delle agevolazioni previste dalle normative vigenti; q) le attività previste per gli iscritti alla Sezione 8 Esperti contabili dell’Albo. 4. Agli iscritti nella Sezione 8 Esperti contabili dell’Albo è riconosciuta competenza tecnica per l’espletamento delle seguenti attività:

a) tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro, controllo della documentazione contabile, revisione e certificazione contabile di associazioni, persone fisiche o giuridiche diverse dalle società di capitali; b) elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarie e cura degli ulteriori adempimenti tributari; c) rilascio dei visti di conformità, asseverazione ai fini degli studi di settore e certificazione tributaria, nonchè esecuzione di ogni altra attività di attestazione prevista da leggi fiscali; d) la funzione di revisione o di componente di altri organi di controllo contabile nonchè, sempre che sussistano i requisiti di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 88, il controllo contabile ai sensi art. 2409-bis c.c.; e) la revisione dei conti, sempre che sussistano i requisiti di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 88, nelle imprese ed enti che ricevono contributi dallo Stato, Regioni, Province, Comuni ed enti da essi controllati o partecipati; f) il deposito per l’iscrizione presso enti pubblici o privati di atti e documenti per i quali sia previsto l’utilizzo della firma digitale, ai sensi della L. 15 marzo 1997, n. 59 e del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e loro successive modificazioni; f-bis) l’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa, di cui al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 34, comma 4.

5. L’elencazione di cui al presente articolo non pregiudica l’esercizio di ogni altra attività professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ad essi attribuiti dalla legge e/o da regolamenti. Sono fatte salve le prerogative attribuite dalla legge ai professionisti iscritti in altri albi”.

La sentenza gravata con accertamento in fatto, non contestato con i motivi di ricorso, ha ritenuto che le prestazioni per le quali viene richiesto il compenso rientrano tra quelle previste dalle lettere a) e b) della sezione B dell’albo relativo agli esperti contabili, traendo da tale corrispondenza la conclusione della nullità del contratto, stante la violazione del precetto penale di cui all’art. 348 c.p.c., in assenza di iscrizione del C. all’albo degli esperti contabili.

Rileva il Collegio che anche di recente le sezioni civili di questa Corte hanno invece affermato la validità di contratti aventi ad oggetto analoghe prestazioni, avendo ad esempio affermato che (Cass. n. 8683/2019) le attività di tenuta delle scritture contabili dell’impresa, di redazione dei modelli IVA o per la dichiarazione dei redditi, di effettuazione di conteggi ai fini dell’IRAP, dell’ICI o di altre imposte, di richiesta di certificati o di presentazione di domande presso la Camera di Commercio, di assistenza e consulenza aziendale nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, non rientrano nell’ambito di quelle riservate ai dottori commercialisti ed ai ragionieri e, quindi, il loro esercizio non è condizionato all’iscrizione nei relativi albi professionali o ad abilitazione (conf. Cass. n. 13342/2018, proprio in relazione ad una vicenda cui risultava applicabile ratione temporis la novella del 2003; Cass. n. 14085/2010). In tali precedenti riecheggia il riferimento ai principi espressi da Corte Costituzionale, n. 418 del 1996, secondo cui, al di fuori delle attività comportanti prestazioni che per legge possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione, per tutte le altre attività di professione intellettuale e per tutte le altre prestazioni di assistenza o di consulenza, vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione, salvi gli oneri amministrativi o tributari.

Trattasi però di affermazioni che appaiono correlate alla previgente normativa di cui al D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, art. 1, comma 1 e u.c., (Ordinamento della professione di dottore commercialista) ed al D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068, art. 1, comma 1 e u.c., (Ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale), e sul presupposto che nelle rispettive parti, che stabiliscono le materie oggetto della professione, non si ponevano in contrasto con il principio della legge di delega 28 ottobre 1952 n. 3060, che esclude una riserva di competenze, essendosi i richiamati articoli limitati a riaffermare che l’elencazione delle attività oggetto delle professioni disciplinate non pregiudica nè l’esercizio di ogni altra attività professionale dei soggetti considerati nè quanto può formare oggetto dell’attività professionale di altre categorie.

Siffatta conclusione, e cioè favorevole alla validità dello svolgimento da parte di non iscritti di attività che connotano tipicamente la professione dei commercialisti e degli esperti contabili, ad avviso del Collegio deve però essere rivista alla luce della successiva evoluzione della giurisprudenza penale di questa Corte, culminata nella decisione presa nella sua più autorevole composizione a Sezioni Unite, e successivamente seguita dalle Sezioni semplici, senza formali dissensi (conf. Cass. pen. 33464/2018; Cass. pen. sez. VI, 24/05/2016, n. 26617; Cass. pen. Sez. III 30/11/2016 n. 14815).

Depone a favore di tale conclusione, come si avrà modo di esporre in seguito, oltre alla condivisione delle ragioni addotte dalle decisioni emesse in sede penale, l’esigenza di coerenza sistematica dell’ordinamento, specialmente nei casi in cui la validità del contratto sia strettamente collegata alla valutazione che dei medesimi fatti sia chiamato a svolgere il giudice penale, non apparendo tollerabile che una condotta ritenuta abusiva, e tale da concretare il reato di cui all’art. 348 c.p., proprio in ragione della conclusione che la condotta sanzionata sia stata posta in essere da chi non era in possesso dei requisiti legali per il suo svolgimento, possa poi ricevere una diversa ed antitetica valutazione in sede civilistica, legittimando l’autore del reato a pretendere il compenso per l’attività ritenuta criminale.

Cass. pen. sez. un., 15/12/2011, n. 11545 ha infatti affermato il principio di diritto per cui le condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti, non integrano il reato di esercizio abusivo delle professioni di dottore commercialista o di ragioniere e perito commerciale, quali disciplinate, rispettivamente, dai D.P.R. n. 1067 e 1068 del 1953, anche se svolte – da chi non sia iscritto ai relativi albi professionali – in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le apparenze di una tale iscrizione, dovendo invece pervenirsi ad opposta conclusione, in riferimento alla professione di esperto contabile, se le condotte in questione siano poste in essere, con le caratteristiche suddette, nel vigore del nuovo D.Lgs. n. 139 del 2005.

La Corte in tale occasione, ha fatto precedere la propria analisi da una disamina della portata applicativa dell’art. 348 c.p., norma volta a tutelare l’interesse generale, di pertinenza della pubblica amministrazione, a che determinate professioni, richiedenti particolari requisiti di probità e competenza tecnica, vengano esercitate soltanto da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità morali e culturali richieste dalla legge e che rinvia, per la sua concreta operatività, ad altre fonti, che, in via di integrazione necessaria, precisino quali sono le professioni soggette alla speciale abilitazione statale e quando il loro esercizio debba considerarsi “abusivo”.

Nel successivo sviluppo della motivazione, la sentenza in esame ha ritenuto di dover poi aderire al più recente orientamento che, superando quello tradizionale, che riteneva che gli atti inclusi nella “protezione” penale accordata dall’ordinamento fossero solo quelli attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, a far data da Cass. pen. Sez. 6, n. 49 del 08/10/2002, 2003, Notaristefano, Rv. 223215, aveva invece opinato nel senso che, ai fini della norma incriminatrice in esame, assumessero rilevanza tutti gli atti comunque “caratteristici” di una data professione, ricomprendendosi fra gli stessi, oltre agli atti ad essa attribuiti in via esclusiva – per i quali la sentenza de qua richiama le definizioni di “tipici” o “propri” o “riservati”, e il cui compimento, come si è visto, integra il reato, anche se avvenga in modo isolato e gratuito -, anche quelli che la sentenza definisce “relativamente liberi”, nel senso che chiunque può compierli a titolo occasionale e gratuito, ma il cui compimento (strumentalmente connesso alla professione) resta invece “riservato” se avvenga in modo continuativo, organizzato e remunerato.

Le Sezioni Unite penali, dopo aver illustrato la disciplina relativa alle professioni contabili vigente all’epoca dei fatti ed anteriore a quella che rileva in questa sede, hanno optato per la soluzione estensiva sposata dal più recente orientamento, e ciò al fine di recuperare le ragioni sostanziali della norma incriminatrice, in un’ottica che tenga nel giusto conto la ratio della stessa e il contesto normativo in cui è destinata a operare, ma sia nel contempo rispettosa del principio di tassatività.

In tal senso, gli atti caratteristici “relativamente liberi” di una determinata professione, non attribuiti ad essa in via esclusiva, qualificano comunque la medesima e non possono, quindi, essere svolti, da chi non vi sia abilitato, in un modo che ne costituisca di fatto esercizio, e cioè in forma stabile, organizzata e retribuita. In tal modo la tutela penale è estesa, dal singolo atto di per sè riservato, allo svolgimento “sistematico” (riservato solo in quanto tale) di atti qualificanti (anche se singolarmente non riservati), ma con riferimento a quelle attività che, pur quando non siano attribuite in via esclusiva, siano però qualificate nelle singole discipline, con previsione, beninteso, puntuale e non generica (in rispetto, quindi, del principio di tassatività), come di specifica o particolare competenza di una data professione. E’ stato infatti ritenuto che quando tali attività siano svolte in modo continuativo e creando tutte le apparenze (organizzazione, remunerazione, ecc.) del loro compimento da parte di soggetto munito del titolo abilitante, le stesse costituiscano espressione tipica della relativa professione e ne realizzino quindi i presupposti dell’abusivo esercizio, sanzionato dalla norma penale.

La sentenza ha però avuto cura di precisare che la condotta “abituale” ritenuta punibile in tale ricostruzione deve essere posta in essere con le oggettive apparenze di un legittimo esercizio professionale, perchè solo a questa condizione, in presenza di atti non riservati per se stessi, si viola appunto il principio della generale riserva riferita alla professione in quanto tale, con correlativo tradimento dell’affidamento dei terzi. Ne consegue che quando tali apparenze mancano, sia per difetto di abitualità, organizzazione o remunerazione, sia perchè il soggetto agente espliciti in modo inequivoco che egli non è munito di quella specifica abilitazione e opera in forza di altri titoli o per esperienza personale comunque acquisita, si è fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 348 c.p..

Ancorchè la fattispecie esaminata concernesse condotte poste in essere ancora sotto la vigenza delle norme anteriori a quelle invece qui applicabili, la Corte ha altresì chiarito che “il successivo D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139, emanato in attuazione della delega conferita al Governo con la L. 24 febbraio 2005, n. 34, art. 2, ha sostituito i D.P.R. n. 1067 del 1953, e D.P.R. n. 1068 del 1953, istituendo l’Albo unificato dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, e, oltre a una elencazione di attività comune alle due categorie (riproducente quella già relativa ai commercialisti secondo il D.P.R. n. 1067 del 1953), ha previsto un lungo elenco di altre attività di riconosciuta competenza tecnica dei soli iscritti alla Sezione A (Commercialisti) e un elenco di attività di riconosciuta competenza tecnica degli iscritti alla Sezione B (Esperti contabili) dell’Albo, fra le quali sono state incluse le seguenti: “a) tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro, controllo della documentazione contabile, revisione e certificazione contabile di associazioni, persone fisiche o giuridiche diverse dalle società di capitali; b) elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarle e cura degli ulteriori adempimenti tributari”.

Pur non recando più la L. Delega n. 39 del 2005, la previsione, già presente nella L. Delega 28 dicembre 1952, n. 3060, secondo la quale (criterio direttivo sub a) “la determinazione del campo delle attività professionali non deve importare attribuzioni di attività in via esclusiva”, e pur essendosi, nel D.Lgs. n. 139 del 2005, riformulata la clausola di salvezza per i soggetti non iscritti all’Albo oggetto dei decreto in un modo che sembra riferirsi solo ai professionisti iscritti in altri Albi (“Sono fatte salve le prerogative attualmente attribuite dalla legge ai professionisti iscritti in altri albi”), non si ravvisano ragioni formali (in relazione alle espressioni usate) o sostanziali (in relazione alla natura della professione di esperto contabile) per ritenere che l’inserimento nell’elenco comune agli iscritti alle due Sezioni e nell’elenco separato relativo agli iscritti alla Sezione B comporti ora l’attribuzione in via esclusiva delle relative attività.

Tuttavia la specifica inclusione delle attività di tenuta e redazione dei libri contabili, fiscali e del lavoro, e di elaborazione e predisposizione delle dichiarazioni tributarie e cura degli ulteriori adempimenti tributari, nell’elenco di quelle riconosciute di competenza tecnica degli iscritti alla sezione B consente però ora senz’altro di ritenere, alla stregua delle conclusioni sopra assunte, che lo svolgimento di esse, se effettuato da soggetto non abilitato con modalità tali da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse dallo stesso provenienti, le apparenze dell’attività professionale svolta da esperto contabile regolarmente abilitato, è punibile a norma dell’art. 348 c.p..

Il principio di diritto enucleato è stato quindi il seguente: “Le condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti, non integrano il reato di esercizio abusivo delle professioni di dottore commercialista o di ragioniere e perito commerciale, quali disciplinate, rispettivamente, dal D.P.R. n. 1067 del 1953, e D.P.R. n. 1068 del 1953, anche se svolte – da chi non sia iscritto ai relativi albi professionali – in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le apparenze di una tale iscrizione; a opposta conclusione, in riferimento alla professione di esperto contabile, deve invece pervenirsi se le condotte in questione siano poste in essere, con le caratteristiche suddescritte, nel vigore del nuovo D.Lgs. n. 139 del 2005”.

Va altresì osservato che la decisione delle Sezioni Unite ha avuto altresì modo di evidenziare come la conclusione raggiunta non si ponesse in contrasto con la giurisprudenza costituzionale alla quale pur si è fatto cenno in precedenza (Corte Cost. n. 418/1996), ritenendo che alla luce delle questioni devolute in quell’occasione al giudice delle leggi, le sue affermazioni si erano interamente e costantemente mantenute sul piano dei problemi inerenti alle attribuzioni esclusive di specifiche attività, da escludere in assenza di univoche indicazioni in contrario (ed escluse in concreto in riferimento ai DD.PP.RR. presi in considerazione), rimanendo quindi fuori dal suo ambito la questione della possibile rilevanza, ai fini dell’applicabilità dell’art. 348 c.p., dello svolgimento di specifiche attività attribuite a una professione soggetta ad abilitazione non in via esclusiva, ma sotto il profilo della particolare competenza tecnica, attuato (da un non abilitato) in forma sistematica e con le oggettive apparenze del possesso del relativo titolo, e da ritenere, (solo) per e in tali modalità, “riservato” alla professione stessa.

Inoltre, e ciò appare particolarmente rilevante ai fini della questione posta all’esame del Collegio, è stato esaminato il potenziale contrasto con la posizione di segno contrario assunta dalla giurisprudenza civile della stessa Corte, evidenziando come i precedenti intervenuti sul punto (Cass. Sez. 2 civ., n. 21495 del 12/10/2007, Rv. 600035; Cass. Sez. 2 civ., n. 15530 del 11/06/2008, Rv. 603748; Cass. Sez. 2 civ., n. 14085 del 11/06/2010, Rv. 613443), si erano pronunciati su attività che non erano incluse all’epoca nelle elencazioni specifiche delle attività qualificate come di particolare competenza delle professioni commerciali, e che erano comunque svolte nell’esercizio della professione di consulente del lavoro e, quindi, senza l’indotta apparenza di un esercizio facente capo a soggetto abilitato a professione commerciale.

Ritiene il Collegio di condividere, attesa la persuasività degli argomenti offerti dalla decisione delle Sezioni Unite penali, l’approdo alla quale queste sono giunte e che pertanto anche ai fini dell’applicazione della previsione di cui all’art. 2231 c.c. debba affermarsi il seguente principio di diritto:

Le condotte di tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti, nel vigore del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139, integrano il reato di esercizio abusivo delle professione di esperto contabile, se svolte da chi non sia iscritto ai relativi albi professionali, in modo continuativo, organizzato e retribuito, tale da creare, in assenza di indicazioni diverse, le apparenze di una tale iscrizione.

La soluzione del giudice di appello se risulta essersi conformata a tali principi nella parte in cui ha tratto la conclusione che il reato di cui all’art. 348 c.p. può configurarsi anche in conseguenza dell’esercizio di attività non riservate in via esclusiva agli iscritti ad un albo professionale, è però pervenuta alla nullità del contratto intervenuto tra le parti sulla base del solo riscontro della coincidenza tra le attività svolte dal C. e quelle elencate all’art. 1, comma 4, lett. a) e b), senza peritarsi altresì di verificare se la condotta in concreto tenuta dal C. avesse creato l’apparenza dell’iscrizione, soprattutto avuto riguardo alla circostanza, pur riferita in sentenza, che il ricorrente era in possesso del titolo di ragioniere ed era iscritto presso la Camera di Commercio di Frosinone al ruolo dei periti e degli esperti della sub categoria Tributi.

Manca quindi il riscontro ad opera del giudice di merito di tutti gli elementi ai quali l’ordinamento ricollega, alla luce della suesposta evoluzione giurisprudenziale, la nullità del contratto relativo allo svolgimento delle attività tipiche della professione dell’esperto contabile, sicchè in accoglimento dei motivi proposti, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, per nuovo esame alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione che si atterrà al su riportato principio di diritto, onde compiere anche le necessarie verifiche in fatto.

3. Il terzo motivo di ricorso, che denuncia la violazione ed erronea applicazione dell’art. 342 c.p.c. per avere la Corte dichiarato inammissibile il primo motivo di appello per difetto dei requisiti di specificità, è infondato.

Lo stesso ricorrente riconosce che il motivo di appello era sostanzialmente riproduttivo della memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5, nella quale si adduceva la tardività dell’eccezione di invalidità del contratto sollevata dalla convenuta, sul presupposto che la patologia della quale era affetto il contratto fosse riconducibile all’annullabilità, e non anche alla nullità.

Il Tribunale aveva di converso posto in evidenza le ragioni per le quali invece l’assenza in capo al C. del requisito dell’iscrizione all’albo professionale determinava la nullità del contratto, ed anche in relazione ad un rapporto di durata intrattenuto da epoca anteriore alla novella del 2005, sicchè è incensurabile la valutazione fornita in punto di difetto di specificità del motivo di appello riconoscendo la stessa difesa del ricorrente a pag. 29 che nessuna censura specifica era stata mossa quanto all’inquadramento del vizio del contratto nel novero delle nullità.

4. La cassazione della sentenza impugnata, per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, determina poi l’assorbimento del quarto motivo che denuncia la falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. circa il mancato riconoscimento dell’indennizzo per arricchimento senza causa della P., trattandosi chiaramente di domanda subordinata al riscontro della nullità del titolo contrattuale vantato dal ricorrente.

5. Il giudice del rinvio, come sopra designato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie i primi due motivi di ricorso nei limiti di cui in motivazione, rigetta il terzo e dichiarato assorbito il quarto, accoglie i primi due motivi di ricorso nei limiti di cui in motivazione, rigetta il terzo e dichiarato assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione Civile, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2021

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